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Autore: XI Dottore    24/12/2020    1 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo qualsiasi che finisce catapultato in un altro mondo. Qui dovrà affrontare numerose sfide e difficoltà nel tentativo di ritornare al suo mondo dalla sua famiglia.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' passata circa un'ora da quando mi sono separato da Jeff, cavalco seguendo una strada che serpeggia in mezzo a pianure incontaminate: erba verde, qualche gruppo di alberi qua e la con gli animali che girano liberi. A quanto pare sono in una zona libera da case, persone o una vera e propria civiltà. So che Jeff mi ha lasciato molte cose da studiare durante il viaggio, ma per questo primo giorno voglio godermi un po' il viaggio, la sensazione di libertà da ogni pensiero che questo paesaggio mi regala: niente paura di fallire una missione, di morire in qualche combattimento o altro...solo il vento tra i capelli e il mio cavallo...lo chiamerò Rell, suona bene come nome. All'orizzonte inizio a vedere delle sagome sia a terra che in aria, mentre mi avvicino inizio a metterle a fuoco, ci sono due guardie posizionate davanti ad un passaggio a livello. Dei droni volano in linea retta lateralmente al posto di blocco, mai uno di fianco all'altro, tutti con la propria zona assegnata. Mi fermo poco prima del passaggio a livello in una zona delimitata da un rettangolo disegnato per terra mentre una guardia mi si avvicina.

“Buongiorno”.

“Buongiorno, scenda dal cavallo e favorisca i documenti”.

“Si certo, sono nel borsone”.

Scendo da cavallo e inizio a cercare nel primo dei due borsoni posti sui lati del cavallo, agganciati alla sella.

“Ha una ragione particolare per attraversare il confine? Non è consuetudine vedere qualcuno cambiare stato”.

“Si, sono un Dottore, mi è stato accordato un viaggio per poter imparare meglio il mio lavoro...”.

“Si si, mi dia il documento, così potrò accertare la sua versione”.

“Solo un attimo che non ricordo dove l'ho messo”.

Nel cercare dentro le borse a momenti inizia venirmi l'ansia. Non ho la minima idea di che forma abbia il documento. Finchè trovo un portadocumenti con dentro una tessera e un documento cartaceo. La guardia a momenti mi strappa di mano tutti i documenti con fare molto spazientito.

“Finalmente. Aspetti qui che controllo e torno”.

Torna dal suo collega con il quale controlla tutti i documenti minuziosamente; per poi tornare da me.

“Allora...Signor Ivanov Igor...consiglio personale, il documento di identità lo tenga separato dai documenti per la dogana, potrebbero chiederglielo molto di frequente”.

Con la mano mi passa la tessera, la prendo e la metto nella tasca interna del cappotto.

“Vedo che ha tutti i documenti in regola e anche quelli per entrare in tutti gli altri Stati; eravamo stati preallertati che un certo Igor sarebbe passato di quà. Altro consiglio personale, tenga un profilo basso, gli stranieri negli altri Stati non sono ben visti né dalle guardie né dalle persone”.

“Lo terrò a mente, la ringrazio. Giusto per essere pronto, non mi hanno spiegato le dogane come funzionano. Quando dovrò cambiare di nuovo stato, troverò una zona simile?”.

“Praticamente si, ovviamente non saranno così tecnologiche da avere droni o altro però diciamo che ognuno ha dei posti di blocco sulle strade e delle pattuglie che perlustrano il resto del confine. Sono passati anni da quando l'ultimo nostro ricognitore ha viaggiato per studiare le frontiere degli altri Stati, magari le cose sono cambiate, quindi non so darti informazioni precise”.

“Grazie mille in ogni caso, se i documenti sono a posto non dovrò preoccuparmi”.

“Dovere. Superato il passaggio a livello ci sono i nostri colleghi dello stato dei Guerrieri che ti faranno qualche domanda e poi potrai procedere”.

“Perfetto. Grazie ancora per le informazioni e buona giornata”.

“Buona fortuna a te per il tuo viaggio...ne avrai bisogno”.

La guardia mi ridà i documenti e si allontana, quella che era rimasta un po' più lontana alza il passaggio a livello e mi fa cenno di passare, data la vicinanza delle guardie straniere, attraverso il passaggio a livello a piedi portando il cavallo con la briglia e mi fermo nella successiva zona delimitata per il controllo. Una guardia esce dalla torretta posta a qualche metro dalla dogana e mi viene in contro.

“Buongiorno signore”.

Il suo accento come il suo abito è completamente diverso da quello a cui ormai mi sono abituato, sembra un asiatico uscito da un film sui samurai: i capelli sono legati in un codino alto e molto lungo, gli occhi a mandorla, la bocca è coperta da una mascherina legata dietro la testa; indossa un'armatura leggera di color rosso sopra a quello che sembra un kimono da uomo con una katana legata al fianco sinistro.

“Buongiorno a lei”.

“Mi può consegnare i documenti?”.

“Certamente”.

Gli passo i documenti.

“Igor...bene...Motivo del viaggio?”.

“Formazione professionale, sono un medico...vorrei studiare i vari tipi di medicina presenti nel continente”.

“E' armato? Data la sua professione non sarà così ingenuo da non sapersi difendere...”.

“Si, certamente. Ho due pistole standard e una katana con me”.

Mentre sto per prendere le pistole dalle fondine ai miei fianchi, noto che la guardia mi scruta molto attentamente. Dopo di che si pronuncia in un piccolo inchino dicendo: “Non serve che me le mostri, non sta mentendo, non vedo variazioni nel suo chi. Può passare signor Igor e benvenuto nella nostra patria”.

(Forte questa cosa del chi, spero di imparare come può essere usato in campo medico).

“La ringrazio e buona giornata”.

 

Risalgo a cavallo e mi rimetto in viaggio lungo la strada. Passo tutta la giornata a cavalcare fino a che il sole non inizia a calare. Non avendo trovato né un ostello né un paesino cerco un posto dove accamparmi. Poco più avanti vedo che la strada si addentra in una foresta piuttosto rada, decido di seguire il sentiero che prosegue tra gli alberi. Al completo calar del sole mi fermo per la notte e mi appoggio sotto la chioma di un albero, accendo un fuocherello e studio qualcosina prima di mettermi a dormire. Ho sempre preferito la notte al giorno, ma penso che per le persone di questo luogo sia sospetto che qualcuno viaggi di notte. Lego il cavallo ad un alberello non troppo grosso, raccolgo qualche rametto trovato in giro e accendo il fuoco (usando un piccolo incantesimo, ma non ditelo a John). Mangio qualcosina dalle razioni che mi hanno dato in dotazione e mi metto a studiare un po' gli appunti di Jeff sulla medicina. Ovviamente non essendo in un'ospedale non potrei mai capire al cento percento che malattia possa avere una persona senza degli strumenti adatti, ma per il primo soccorso penso possa bastare. Mentre leggo gli appunti mi torna alla mente come la guardia alla dogana mi abbia letto il chi per capire se dicevo la verità o meno, chissà quanti tipi di utilizzi diversi possa avere. Improvvisamente sento un rumore provenire alle mie spalle non troppo distante. Mi alzo di scatto, chiudendo gli appunti. Mi guardo intorno cercando di vedere la presenza di nemici, ma non vedo nulla; sento un altro rumore. Decido di andare a controllare, in maniera furtiva inizio a dirigermi verso l'origine del rumore, che si sposta mentre mi avvicino, quasi stesse scappando da me, ad un certo punto inizio a vedere una fioca luce. Arrivo al limitare della foresta, e li lo vedo...un lupo nero contornato da una leggera luminescenza, intento a guardare verso l'orizzonte in cima ad una sporgenza che da su un precipizio.

“Ti aspettavo Igor, finalmente ci incontriamo”.

Dice senza girarsi; mi ha sentito senza neanche guardarmi.

“Chi sei? Come fai a parlare?”.

“Presto lo capirai, sappi solo che sono un amico ed un alleato”.

“Non mi hai risposto alle domande, come ti chiami?”.

“Il mio nome è...”.

Si gira verso di me, noto che ha un occhio giallo e uno azzurro, sulla quale c'è una ciccatrice; le sue labbra si muovono, ma io non sento cosa dice, come se la sua voce non raggiungesse le mie orecchie.

“Scusami...non ho capito...potresti ripetere?”.

Il lupo abbassa la testa e si gira per tornare a guardare verso l'orizzonte.

“A quanto pare non sei ancora pronto, quando conoscerai meglio te stesso torna a cercarmi; forse allora riuscirai a sentirlo”.

“Cosa?? Semplicemente non ho sentito; potresti ri...”.

“Non è questione di sentire o meno, è che non sei pronto alla risposta e quindi non potresti udirlo anche se lo ripetessi cento volte. C'è una persona che vuole parlarti, girati e vai”.

“Ma cosa?”.

Mi giro di scatto e dietro di me non c'è nessuno, mi rigiro ma il lupo è sparito. Che strano. Faccio per tornare indietro ma stranamente non trovo più la strada. L'ansia inizia a salire. Che mi abbiano rubato cavallo e tutto il resto? L'ansia la paura e l'angoscia iniziano a salire, tutto intorno a me diventava sempre più buio e una leggera nebbia inizia a salire. Più cammino più mi sento perso, la foresta rada è diventata fittissima e dall'aria spettrale. Quando mi torna in mente una cosa, questa sensazione è molto familiare. Mi do una manata in fronte perchè solo uno stupido ci avrebbe messo tutto questo tempo a riconoscerla...Aleksander. A quanto pare devo essermi addormentato, ecco perchè quello strano lupo e questo cambiamento nella foresta. Togliendo la mano dalla mia faccia, alzo lo sguardo e lo vedo davanti a me, come quando lo incontrai e tolsi due sigilli per la prima volta. Aleksander se ne sta li, impalato su un albero trafitto da otto paletti bianchi che lo perforano in punti diversi del corpo: due alle caviglie, due ai polsi, uno allo stomaco, uno al cuore, uno sulla gola e l'ultimo in bocca. La foresta è sparita per lasciare posto ad una zona buia priva di qualsiasi cosa. L'unica luce proviene dall'albero alla quale è impalato. È talmente grande da riuscire a tenerlo crocifisso. Come i nostri sguardi si incrociarono, inizia subito a lamentarsi, senza però riuscire a dire parole sensate, farfuglia e basta; gli tolgo i due sigilli che già rimossi ai tempi dell'accademia: bocca e gola. Tossisce e si schiarisce la voce.

“Ma che strani incontri si fanno a notte fonda, ti sei almeno divertito un pochino a vagare nella mia foresta?”.

“Sei una seccatura, ci stavo quasi per cascare nel tuo tranello, non mi renderai mai schiavo del tuo potere così; sappilo”.

“AHAHAHA. Quello era solo un passatempo. Volevo attirare la tua attenzione per liberarmi un pochino da questi sigilli fastidiosi”.

“Ma quale fastidiosi, sono i migliori che ci siano. Contando che li ho leggermente spostati dalla loro posizione per silenziarti un pochino, sono quelli che preferisco”.

“Simpatico. Ma toglimi la curiosità, hai già pensato a come stermineremo tutti i Re per poi uccidere Viktor e ridarmi la libertà?”.

“Dovresti saperlo che non mi dimentico delle promesse fatte. Ma so anche che se ti lascio troppo spazio, te ne approfitteresti per cercare di sottomettermi e liberarti prima del tempo”.

“Così mi offendi...come potrei mai fare una cosa del genere? Io poi? Sono un angioletto, non vedi l'aureola?”.

“Noooo...per niente. Seconda cosa, non uccideremo i Re, li porteremo tutti dalla nostra parte”.

“Lo sai...che con quel gingillino che ti porti sulla schiena...potremmo ucciderli tutti...in un colpo solo...vero?”.

“Preferisco comunque di no”.

“Mi dispiace interrompere la nostra conversazione. Ma penso che dovresti svegliarti adesso...o morirai”.

Mi sveglio di soprassalto, il sole appena sorto, Rell nitrisce per attirare la mia attenzione. Il fuocherello che avevo acceso è spento, il bracciale ancora acceso, ma la cosa più strana è che c'è una nube di fumo diffusa per tutta l'area. In lontananza si sentono delle grida. Salgo su Rell e mi dirigo a gran velocità verso le grida, sperando che la confusione copra il mio arrivo. Dopo una manciata di minuti esco dalla foresta e li vicino vedo un piccolo villaggio, composto da una manciata di case, alcune delle quali vanno a fuoco. Una piccola recinzione in legno circonda il villaggio, non è molto alta, ma abbastanza da provare a capire cosa succedesse senza essere visto. Lego Rell ad un albero e furtivamente mi avvicino. Scavalco il recinto dietro una casa abbastanza alta che mi permette di non essere visto. In un carretto ben appartato, c'è uno strano tizio, che puzza tremendamente di vino e dorme russando leggermente sotto una coperta. Lo ignoro e continuo ad avvicinarmi. Sulla via principale ci sono una cinquantina di persone tutte legate e inginocchiate in piccoli gruppi. In piedi ci sono una decina di uomini, tutti in kimono nero e armatura rossa, con il volto coperto e armati. Al centro della contesa ci sono due persone: un brigante in kimono nero, senza armatura, con il volto scoperto e due katane, una per fianco e un'altra persona vestita con abiti poveri, inginocchiato a testa china.

“Signor capo Izo...Allora...è scaduto il termine. Io ed il mio gruppo...stiamo aspettando da voi il pagamento per la vostra protezione”.

“Ma quale protezione, l'unica cosa che fanno i vostri uomini è arrivare al villaggio, pretendere cibo e bevande gratis. Per non parlare che importunate sempre le nostre donne...e se ciò non bastasse voi pretendete un tributo troppo alto per il nostro piccolo villaggio”.

Il capo dei briganti ridacchia e dietro di lui partono tutti i suoi uomini.

“Su su, queste sono cose normalissime...il vostro villaggio è sotto la mia giurisdizione; è normale che i miei uomini debbano rifocillarsi. Poi senza di noi, voi non potreste far fronte ad eventuali briganti. Siete un piccolo villaggio sul confine, cosa potete pretendere in caso di aggressione; la capitale non manderebbe mai uomini così lontano”.

“Siete voi i briganti, noi non abbiamo mai chiesto la vostra protezione e non pagheremo questa volta. Sono pronto a combattere”.

Il capovillaggio Izo seppur tremante si alza e abbozza una posa da combattimento aspettandosi una reazione dal capo dei briganti, che puntualmente scoppia a ridere.

“Sei simpatico sai? Tu verme senza spina dorsale vorresti combattere contro di me? AH! Facciamo così, ti manderò contro uno dei miei uomini, se vinci per questa volta vi lascerò andare e ci rivedremo tra un mese. Se perdi prenderemo tutto quello che avete e ci prenderemo anche qualche donna...Sai, i miei uomini non hanno bisogno solo di cibo e bevande”.

Tutto il gruppo di briganti scoppia a ridere. Uno degli uomini vicino a lui esclama: “Bravo capo. Così si parla, facciamogli il culo alla svelta”.

L'uomo a volto scoperto lo fulmina con lo sguardo, spegnendo il suo entusiasmo.

Al che Izo esclama: “Va bene, accetto”.

Il capo dei briganti fa un cenno con la testa e uno degli sgherri di soppiatto lo prende alle spalle colpendolo con l'elsa della katana sulla nuca, stendendo Izo. Mentre se la ride inizia a colpirlo con una serie di calci prima al fianco, poi sulla schiena.

“E tu volevi combattere, sei solo spazzatura”.

Mentre il tizio mascherato continua a malmenare il poveretto a terra, il capo dei briganti si avvicina sguainando una katana.

“Mi dispiace ti è andata male, adesso mi prendo le donne...il cibo...e la tua vita”.

Le persone legate iniziano a urlare e piangere disperati. L'uomo alza la katana per sferrare il colpo finale...vengo attraversato da un istinto molto forte. La mia mente pensa solamente a frasi di scusa verso John e Jeff. Le mie mani estraggono le pistole, scatto in avanti correndo, sparo allo sgherro vicino a Izo prendendolo sulla spalla, facendogli cadere la katana, e al capo dei briganti che però para il colpo con la spada. Altri colpi viaggiano verso qualsiasi soggetto mascherato che si posa sulla mia vista; sparo con una cadenza di fuoco bassa per non colpire gente innocente, ma dopo i primi due colpi a sorpresa gli sgherri iniziano a scappare evitando i colpi e contrattacando con le frecce. Durante la corsa sfondo la porta di una casa da usare come riparo.

“Calma, calma...FERMATEVI TUTTI”.

Mentre il tipo parla, ricarico le pistole; purtroppo non sono in un film dove i caricatori sono infiniti. Mi apposto appoggiando la schiena leggermente in diagonale contro il muro che mi separa dai briganti, in modo da controllare sia loro di fuori che l'interno della casa.

“Tu nella casa, di grazia, chi saresti? Con le tue strane armi...hai ferito i miei uomini...ne sei consapevole?”.

I briganti nel mentre si sono schierati tutti dietro il loro capo, in formazione pronti a scagliarmi una pioggia di frecce.

“Per te sono l'uomo sbagliato nel posto sbagliato e nel momento sbagliatissimo a quanto pare...”.

(cerco di darmi un tono importante, magari lo spavento e va via)

“Facciamo così, non so chi sei e non mi interessati saperlo, quindi alza i tacchi e vattene...magari non verrò a cercarti in futuro”.

“Facciamo che TU lasci in pace questa povera gente e io non vi ammazzo tutti dove siete”.

“AHAH! Sei simpatico, mi piaci, hai fegato. Se non sai nemmeno chi sono queste persone, che te ne frega di loro. Vai via, dammi retta, siamo dieci contro uno, ma anche se fossi solo io sarebbe più che sufficiente”.

“Mi dispiace amico, non posso”.

(ma che diamine mi passa per la testa, devo essermi rimbecillito tutto di un colpo).

Sparo un colpo verso di lui, sporgendomi per un secondo dal buco dove prima c'era la porta. All'ultimo secondo riesce a defletterlo con la katana ed il proiettile colpisce uno dei suoi uomini dietro di lui, trafiggendolo al collo.

“Perchè continui a fare la testa di cazzo? Dimmi solo questo”.

“Perchè è gentile...e misericordoso...solo questo. Non posso sopportare i bulli che aggrediscono e uccidono della povera gente”.

“Insomma perchè sei una testa di cazzo...secondo me non sei neanche della zona straniero. Non sai chi sono io. Facciamo così, tu metti giù quelle armi esci fuori e mi affronti uno contro uno. Se vinco io ti uccido, se vinci tu ce ne andiamo per la nostra strada; ci stai?”.

“Te sei bravo a proporre accordi che poi non rispetterai, come minimo verrò attaccato da...”.

Un uomo aveva fatto il giro della casa ed entrando dal retro mi aggredisce armato di katana urlando. Lo sento all'ultimo secondo, schivo il fendente per miracolo che finisce per incastrarsi contro il muro, lo colpisco con il calcio della pistola dietro la nuca e lo scaravento di fuori con un calcio.

“Come volevasi dimostrare non sei di parola”.

“Non puoi biasimarmi per averci provato. Parola di samurai che non ci saranno altri trucchetti del genere”.

A quanto pare mi ha preso per fesso.

“Va bene, esco fuori. Fai riporre le armi ai tuoi sgherri e fagliele calciare via”.

“Fatelo. In fretta”.

“Ma capo...”.

“Fallo o ti taglio la testa all'istante”.

Tutti gli sgherri lasciano via gli archi e si allontanano. Rinfodero le pistole ed esco allo scoperto. Mi avvicino guardandomi intorno, scavalcando il tizio steso prima.

“Un'altra condizione per te bandito, combatteremo a mani nude, non mi piace la spada”.

“Va bene ragazzino. Finalmente ti vedo in faccia. Non dovresti stare a casa a succhiare il latte, ancora?”.

“Mi stai dando del poppante? Quando te le avrò suonate non farai più lo sbruffone”.

Mi avvicino a lui con passo sicuro, ci separano una trentina di passi, lui bisbiglia qualcosa al suo secondo e tutti si allontanano.

“Bene ragazzino, mostrami quello che sai fare”.

Mi metto in posa da combattimento.

“Ti lascio la prima mossa dato che sei il grande capo della banda”.

“Te ne pentirai ragazzino, ti farò fuori in un colpo solo”.

Non conoscendo la sua forza e dalla sua stazza, meglio evitare colpi diretti. Adesso ci dividono una ventina di passi. Inizia a correre e sferra un calcio volante, lo schivo di lato, lui continua con dei pugni indirizzati al viso, li paro tutti e poi lo colpisco al ventre, indietreggia, ma sembra di aver colpito il portone della casa di prima.

“Ma quella carezza cos'era? Sarà uno spasso ucciderti”.

“Mi sto solo scaldando”.

Il combattimento va avanti per molti minuti, il mio avversario è più lento di me, la sua tecnica è rozza, sferra pugni e calci in maniera imprecisa ma la sua stazza li fa sembrare come macigni che si abbattono su di me; il solo schivarli o pararli non basta. Inizio ad essere stanco. Dato che i colpi sembrano non avere effetto, colpisco a ripetizione sempre nello stesso punto: il viso. Ad ogni suo pugno, calcio o testata seguiva uno o due dei miei colpi al suo viso.

“Sai ragazzino, mi sto divertendo con te, sei forte. Sapessi sfruttare il chi come me probabilmente avrei già perso. Ma...ahimè...non lo sai fare, quindi ho vinto io. Se ti arrendi e mi giuri fedeltà ti risparmierò, uno come te può tornarmi utile”.

“Devi aver preso troppi pugni in faccia se pensi che mi unirò a te”.

“Hai il fiatone ormai, sei sicuro di voler continuare?”.

“Sicurissimo”.

Devo eventualmente provare ad accecarlo e provare un colpo sul naso e sulla nuca...magari funziona. Improvvisamente il capo estrae le katane e mi guarda.

“Ma se estrai le armi è sleale, lo sapevo che non avresti rispettato i patti”.

Qualcuno mi colpisce alle spalle facendomi cadere a terra. Prima che possa fare qualsiasi cosa per difendermi, mi immobilizza a pancia in giù stando sopra di me puntandomi una katana sulla schiena. Il capo dei briganti si avvicina e mi appoggia le katane sulla collottola; facendo il minimo della pressione necessaria per farmi sanguinare e sentire dolore.

“Bene straniero, vedo che se ti stanchi i tuoi sensi perdono di acume. Hai combatuto bene, ma ora devi andare all'altro mondo”.

Alza una spada verso il cielo e guardando i cittadini esclama:

“Vedete, questo è quello che succede a chi si mette contro di me”.

Prima di morire sarebbe il caso di usare la magia. Mentre sto per scagliare un incantesimo sento una voce strascicata dietro di me esclamare:

“Dieci passi in linea retta: pugno spezza montagne”.

Il tizio che dormiva sul carro dietro la casa, colpisce il capo dei briganti con un pugno fulmineo in pieno viso, spuntando dal nulla, facendolo volare via, per poi alzare di peso l'uomo sopra di me e scaraventarlo verso gli altri briganti. L'uomo indossa una kesa arancione mostrando mezzo busto scoperto(come se fosse un monaco shaolin) con un pantalone giallo e dei sandali di paglia. Da terra vedo che è pelato, porta una collana con grosse perle al collo ed ha una folta e lunga barba scura. Sulla fronte un pallino rosso. Dopo pochi secondi inizia a barcollare.

“Ne Hai Avuto Abbastanza...O...hic...Devo Ricominciare?”.

Il capo dei briganti si rialza palesemente dolorante e sanguinante dal naso.

“C'è ne andiamo, ma sentirete ancora parlare di noi. Andiamocene”.

Tutti i briganti iniziano a scappare senza neanche raccogliere le armi; sparendo all'orizzonte. Il pelato cade a terra faccia avanti. Inizia a russare... Almeno vuol dire che sta ancora bene.

   
 
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