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Autore: AngelCruelty    24/12/2020    1 recensioni
Storia partecipante alla challenge "Secret Santa Challenge" indetta da Lita_EFP sul forum di EFP
Dal testo: "Jacopo aveva sedici anni quando la vide per la prima volta. Lei era alta, bionda e taciturna. Entrò nell'autobus di fretta con i capelli appiccicati alla faccia, bagnaticci."
La storia di due sconosciuti su un autobus.
Dedicato a Carme93 e a chiunque si sia innamorato almeno una volta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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One last stop

 

Jacopo aveva sedici anni quando la vide per la prima volta.

Lei era alta, bionda e taciturna. Non riuscì a vedere il colore dei suoi occhi durante quel giorno piovigginoso.

Entrò nell'autobus di fretta con i capelli appiccicati alla faccia, bagnaticci. Si sedette sul sedile avanti a quello in cui era posizionato lui e iniziò a guardare fuori dal finestrino. Jacopo fissò il riflesso nel vetro per lunghi minuti, notando quanto fosse bianca la sua pelle, quanto fosse maledettamente carino quel piccolo neo sulla guancia, e quanto fossero sottili e delicate le sue labbra. Si sentiva attirato da quell'immagine come se stesse fissando il riflesso della luna sulla superfice di un lago. Lo stupido gioco del seguire con lo sguardo le gocce di pioggia che si poggiavano sul vetro correndo veloci su di esso, fu sostituito dal seguire i movimenti di lei che si preparava a scendere alla prossima fermata; lei che scappava via veloce com'era arrivata, silenziosa come una goccia di pioggia su un vetro.

 

*

Il giorno successivo la pioggia era battente, più fitta e spaventosa, e Jacopo si sedette nello stesso sedile del giorno prima. Guardò il vetro e ricordò con estrema vividezza ogni singolo dettaglio di quella sconosciuta. Improvvisamente, si accorse di essere alla fermata in cui lei era salita e il suo cuore battè all'impazzata. Volse lo sguardo alle porte ed eccola, anche quel giorno salì e Jacopo si sentì pieno di gioia e emozione. Portava un impermeabile giallo che le copriva i capelli stavolta, ma le punte spuntavano fuori ed erano zuppe, e Jacopo non riuscì a fare a meno di sorridere. Lei, forse sentendosi osservata, lo guardò dritto negli occhi. Colto di sorpresa, il ragazzo si sentì investito da una sensazione di colpevolezza e arrossì. Si costrinse allora a guardare il vetro con un'espressione neutra. Dopo qualche secondo però, quando non si sentiva più addosso i suoi occhi, sorrise: erano celesti come il cielo sereno che gli era mancato nelle ultime settimane.

 

*

 

Un mese dopo Jacopo aveva imparato a riconoscere il suono dei suoi passi quando saliva e lui era di spalle.

Conosceva l'odore dei suoi capelli bagnati quando pioveva e quello dei suoi vestiti puliti quando il cielo era sereno e lei riusciva a non inzupparsi di acqua piovana annegando gli odori in quelli della tempesta.

Sapeva che era una delle poche persone che ancora si alzava quando vedeva un anziano in piedi sul mezzo, e Jacopo aveva preso ad imitarla, rimanendo in piedi esattamente come lei e guardandola distrattamente mentre tentava buffamente di non cadere alle frenate dell'autista.

Conosceva le fossette che le si creavano sulle gote quando rideva a un messaggio sul cellulare, e sapeva che il suo nome era Angelica, perchè lo aveva intravisto sullo schermo del telefono quando aveva aperto l'app di facebook.

Sapeva che viveva nei pressi di un famoso hotel, perchè saliva lì tutti i giorni. Probabilmente frequentava un'accademia, perchè scendeva sempre alla stessa fermata e aveva spesso le dita sporche di mina di matita.

Conosceva lo sfondo del suo telefono: una meravigliosa forestra selvaggia e incontaminata.

Conosceva il suono della sua voce, che usava solo per chiedere permesso, e più raramente, per inviare degli audio alle amiche.

 

*

 

Mesi dopo, Jacopo conobbe la paura di passare un giorno su quell'autobus senza di lei.

Lui era seduto sul fondo del mezzo, e lei non c'era alla fermata. L'autista accelerò e lui, d'istinto, si voltò per cercarla nei dintorni. La vide correre incontro al bus e una sensazione di sollievo lo invase, poi lui urlò al conducente di fermarsi con il cuore che batteva all'impazzata. L'idea di farsi portare via mentre lei veniva lasciata indietro gli serrò lo stomaco come se fosse la cosa peggiore che potesse capitargli. Quando l'autista rallentò e aprì le porte del mezzo, Jacopo si sentì rilassato, rinato, e non appena la vide salire gli sorrise per la prima volta, finalmente completo. Lei ricambiò il sorriso e lui si sentì sulle nuvole.

 

*

Su quel bus ci fu un giorno davvero cupo per Jacopo. Angelica non si limitò a chattare con le amiche, ma rispose ad una chiamata con un luccichio negli occhi. Al ragazzo bastò notare quella luce per sentirsi perso e capire. Era la stessa che vedeva allo specchio quando pensava a lei. La guardò insistentemente, incapace di distogliere lo sguardo, mentre chiacchierava in maniera assidua e continuava a ridere imbarazzata, ad ascoltare la voce dall'altra parte del telefono con interesse e le gote rosse. Quelle gote così bianche e pallide, rosse per qualcun altro. Anche le guance di Jacopo arrossirono, ma nel suo caso il sentimento era profondamente diverso. Provava rabbia, e non sapeva nemmeno lui se era diretta verso di lei, verso il ragazzo che la corteggiava, o sè stesso che non era stato capace. Quel giorno c'era il sole che splendeva ovunque, tranne che su Jacopo, che si sentiva risucchiato in un buco nero.

 

*

I giorni passavano e lei saliva sempre alla solita fermata, con il telefono già in mano e il sorriso innamorato stampato sul viso. Jacopo imparò a sedersi di spalle, perchè la vista di quella felicità lo riempiva di una sensazione dolce amara. Vederla ridere era bello, perchè era raro che lo facesse, prima. Ma sapere che qualcun altro era la causa della sua felicità lo faceva sentire invisibile. Lo era sempre stato, infondo.

 

*

Qualche mese passò, e quando le porte si aprirono e i suoi passi avanzarono fino al primo sedile libero, Jacopo non sentì la sua risata leggera e la sua voce sbarazzina. La sentì tirare su con il naso e sussurrare qualcosa di incomprensibile con voce spezzata. Allora si voltò e notò i suoi occhi velati di lacrime. Rimase a guardare la scena di come lei diceva addio al suo primo amore, con un sentimenti contrastanti che vorticavano dentro di sè. Vederla piangere lo spezzò, ma poi pensò "Lui non ti merita, Angelica. Lui non vede quello che vedo io, ne sono certo". Qualche giorno dopo, rimase in piedi per tutto il tragitto fino alla fermata di lei. Quando salì aspettò che si sedesse, e poi la raggiunse. Aveva deciso di parlarle, di corteggiarla, di guarire il suo cuore martoriato e aiutarla ad andare avanti insieme, come facevano tutti i giorni nelle strade trafficate fino alla meta. Sempre avanti. Con il cuore in gola si schiarì la voce: "Ciao." disse semplicemente.

Lei non rispose.

Lui provò a ripetere, ma lei continuava a guardare fuori dal finestrino come se lui non esistesse. Allora la guardò meglio, e notò che quel giorno indossava le cuffie. Sicuramente stava ascoltando della musica triste, una di quelle canzoni da rottura che lui aveva aggiunto alla propria playlist durante quei mesi in cui l'aveva vista innamorata di un altro. Con un po' di delusione decise di lasciarla in pace, aveva bisogno del suo tempo.

 

*

 

Due mesi dopo non aveva ancora trovato il momento adatto per parlarle. Ormai sapeva che la sua migliore amica si chiamava Anita, e si erano tatuate una A2 sul polso, che lei aveva tenuto avvolto in una pellicola trasparente per un paio di settimane.

Conosceva il suo nuovo sfondo del telefono: la foto di un cagnolino che doveva aver adottato da poco, perchè negli ultimi tempi il suo cappotto era sempre pieno di peli bianchi che cercava inutilmente di scrollarsi di dosso, rendendosi adorabile agli occhi di Jacopo.

Conosceva il suo vizio di grattarsi il tatuaggio nervosamente quando litigava con la sua amica. Era tornato a guardarla sorridere, e questo era abbastanza per renderlo felice e spensierato come una volta.

*

Un giorno soleggiato, come di consueto, Jacopo si voltò per vederla salire sul bus, cercando di incrociare il suo sguardo nella speranza di trovare un appiglio, una scusa per approcciarla. Ma lei non c'era. Con leggero dispiacere tornò a guardare la strada, forse si era ammalata... il giorno successivo però, lei mancò nuovamente e lui iniziò a preoccuparsi. Attese ancora, pazientemente, ma lei non salì nemmeno il giorno dopo, nè quello dopo ancora. Il ragazzo non aveva idea di come rintracciarla, ma aveva paura le fosse successo qualcosa, temeva di non rivederla mai più.

Passarono i mesi e lei non si fece più viva, la ragazza che aveva osservato crescere, vivere, soffrire e ridere era sparita e lui non sapeva che il suo nome. Le giornate di Jacopo trascorsero lente, e mai come allora si sentiva triste e solo. Non avevano mai parlato, si erano scambiati due o tre sorrisi in tre anni di viaggi insieme... eppure c'era qualcosa che lo rendeva estremamente legato a quella persona. Lo sapeva, e aveva avuto un assaggio di ciò che poteva significare per lui perderla quando si era fidanzata, eppure non aveva agito. L'aveva vista andare via e non aveva fatto niente. Niente. E ora ne pagava le conseguenze, agendo in un mondo spento e monotono fatto di persone che salgono e scendono da un autobus. Persone diverse ogni giorno. Persone uguali. Ma nessuna come lei.

 

*

Jacopo stava camminando con le mani nelle tasche, il suo fiato caldo creava piccole nubi attorno al suo volto. L'aria era gelida e stava nevicando. I suoi stivali si immergevano nella neve morbida e lo facevano sprofondare. Guardava le proprie impronte e tirava avanti, cercando di raggiungere un negozio per delle commissioni natalizie dell'ultimo minuto. Poi alzò lo sguardo e la vide: Angelica era alla fermata dell'autobus vicino all'accademia, in piedi, tremante. Non appena la vide si immobilizzò, paralizzato dalla sensazione che solo lei era riuscita a dargli anche solo con la sua presenza nella stanza. Lei si voltò verso di lui e il suo sguardo teso per il freddo si addolcì in un sorriso: "Hey, tu sei il tipo dell'autobus sulla Flaminia!" disse.

Lei lo aveva riconosciuto... il cuore gli si riempì di gioia, e mai più avrebbe lasciato sfuggire l'ultima possibilità di conoscerla meglio: "Sì, sono proprio io. E tu sei la ragazza che saliva all'Hermitage..." rispose andandole incontro con la mano tesa.






Note Autrice: Questa fanfiction è stata scritta per una challenge "Del Babbo Natale segreto", dunque per una persona che non conosco sulla base di una sua breve descrizione di ciò che avrebbe voluto leggere a Natale. I fandom proposti non li conoscevo, tranne Harry Potter ma non voleva la generazione di Harry, la nuova non la conosco e sui Malandrini non ho avuto la buona ispirazione. Quindi mi sono buttata su una storia originale, evitando ciò che non le piaceva e mettendo un lieto fine come richiesto. Inoltre avevo letto alcune storie di questa persona e mi ero accorta che i temi adolescenziali le stanno a cuore, quindi ho provato a confezionarle questo regalino... spero verrà apprezzato almeno un poco e buon Natale a tutti!

 

  
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