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Autore: Eneri_Mess    25/12/2020    1 recensioni
«Ohi» sussurrò Chuuya, allarmato. «Ti prego, non svegliarlo. Ho bisogno di almeno un’altra ora di tranquillità.»
Odasaku assentì, ma senza smettere con le sue carezze lievi.
Questa storia partecipa al Secret Santa 2020 di Fanwriter.it
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota importante: sono implicite le dinamiche dell’omegaverse anche se non vengono menzionate.
Dazai è un Omega, mentre Chuuya è un Alpha e per Odasaku sono ancora combattuta tra Beta o Alpha. 

Numero parole: 1385
Questa storia partecipa al Secret Santa 2020 di Fanwriter.it

Storia dedicata a: Europa91


This tiredness taste like happiness 


 

A Michela,
davvero, grazie per tutto
il sostegno quotidiano,
per l'entusiamo e l'amore
verso ciò che scrivo.
Buon Natale 



 

Il calore del caminetto si irradiava piacevolmente per il salone, con un tepore ben diverso da quello dei termosifoni, a cominciare dall’odore che emanava e che si mescolava a quello delle candele aromatizzate accese in precedenza. Nella grande stanza la luce principale era spenta e tutto era toccato dal bagliore rosso delle fiamme. 

Chuuya si assicurò che il fagottino che aveva in braccio fosse ben saldo contro il proprio petto e si chiuse la porta del corridoio alle spalle, facendo il più piano possibile. Due delle presenze più chiassose della casa avevano finalmente trovato pace e non sarebbe stato lui, con un rumore accidentale, a spezzare quella quiete finalmente ristorata. 

A piedi nudi sul parquet, lanciando ogni tanto qualche occhiata alle guanciotte rosate che spuntavano dal fagotto di coperte, si avvicinò alla zona del camino. 

«Dorme davvero?» chiese in un bisbiglio scettico mentre si sedeva per terra a gambe incrociate, la schiena contro il divano, un sospiro di goduria nel sentire il tepore della legna ardente pervaderlo. 

Odasaku abbassò il libro che stava leggendo per lanciare un’occhiata a Dazai, sdraiato sul tappeto con la testa sulle sue gambe. I disordinati capelli castani gli coprivano il viso, lasciando solo le labbra visibili. Annotò quanto fossero diventate lunghe le sue ciocche, per poi spostare lo sguardo e percorrere tutto il suo corpo ranicchiato. 

«Sì, dorme» confermò, per poi osservare le coperte in cui era avviluppata Miko. «Anche lei?»

Chuuya esibì un sorrisetto orgoglioso che fece scomparire l’ombra della stanchezza dal suo volto.

«Ho passato quasi un’ora a cullarla. Dormirà fino all’ora di cena.»   

Odasaku annuì, ancora il libro basso e lo sguardo che tornò su Dazai. Le sue dita scivolarono nella morbidezza dei suoi capelli, facendogli spuntare un sorriso, mentre il detective addormentato mugugnava. 

«Ohi» sussurrò Chuuya, allarmato. «Ti prego, non svegliarlo. Ho bisogno di almeno un’altra ora di tranquillità.» 

Odasaku assentì, ma senza smettere con le sue carezze lievi. 

«È spossato, starà così fino all’ora di cena anche lui.» 

Chuuya fissò scettico Dazai, ascoltando il suo respiro, ma ci mise diversi secondi per convincersene. Cercava di non darlo a vedere, ma i nuovi ritmi che stavano affrontando erano anche peggio di quelli della Port Mafia sotto assedio. Non poteva credere che una creaturina di meno di cinquanta centimetri potesse rivoluzionare in modo totale la vita di tre persone. 

Sospirò, risistemando Miko contro il petto e scostando con le dita i lembi della coperta in un cui l’aveva avvolta. Era impossibile non emozionarsi nel guardarla. Così piccola, con le guanciotte color pesca e quell’accenno di capelli ramati che erano il suo marchio di fabbrica. Se c’era qualcosa di buono che avrebbero mai potuto combinare lui e Dazai era lì, addormentata tra le proprie braccia. E nessuno - primi fra tutti loro - ci avrebbe mai scommesso. 

Chuuya si lasciò scivolare di lato finché non incontrò la spalla di Odasaku e sospirò di nuovo, in pace con l’universo. 

«Rimango così per un po’» disse piano, lanciandogli uno sguardo, a cui il più grande annuì. Poi gli occhi gli caddero sul libro. 

«Che cosa leggi?»

«Lo Schiaccianoci.»

«Che allegria… Cosa avete deciso per Natale?» 

Odasaku interruppe di nuovo la lettura per fare mente locale. 

«Yosano-sensei e Naomi hanno convinto il Presidente ad affittare una sala per festeggiare. Domani con Kunikida-kun e Atsushi andiamo a vedere alcuni posti, mentre gli altri si occuperanno del catering e degli addobbi.» 

«Mmmh…» meditò Chuuya, massaggiando la schiena a Miko che si stava agitando leggermente. «Ordinate montagne di roba a base di granchio e avrete una chance che Dazai non si defili prima ancora che inizi la festa. Le rare volte che l’ho visto partecipare a qualcosa organizzato dalla Port Mafia era previa minaccia di Mori-san, e prima di fine serata c’era sempre un corto circuito o qualcosa che andava a fuoco.» 

«Volevo chiederti di poter tenere Miko con me quella sera. Non penso che andrà lontano così.»

In un primo momento, Chuuya lo guardò spaesato senza afferrare. Quando la realizzazione si fece strada nella sua mente, la sua espressione si crucciò un po’, per una pazienza appena esasperata.

«Primo, non mi è mai passato dalla mente di portarla con me alla Port Mafia» sospirò, fissando la bimba che dormiva tranquilla con la boccuccia appena aperta. «Finché posso, voglio tenerla lontana da lì.»

Per quanto sia la mia casa e la mia famiglia, omise, o almeno ci provò, perché quel discorso era già venuto fuori sottilmente anche con Dazai e sapeva che gli si leggeva in faccia. Era un controsenso quanto un rimandare l’inevitabile. Tra lui e Dazai potevano fare a gara a chi avesse il sangue più nero, ma questo non significava che Miko sarebbe dovuta essere come loro, nata per quella vita fatta di ombre e sangue. 

«Secondo, sei suo padre quanto lo sono io. Ne abbiamo già parlato. Sulla carta Miko è di Dazai, biologicamente fino a tre mesi fa sarebbe potuta essere sia mia che tua. Non sei da meno in nessun caso» si impuntò, sporgendo leggermente il labbro senza accorgersene e strusciando la testa contro la sua spalla. «Se non hai cambiato idea.» 

Odasaku si sporse e gli lasciò un bacio tra i capelli. Prese un respiro più lento, meditabondo. 

«Devo ancora abituarmi all’idea» confessò piano, ma senza esitazioni. Come una constatazione che aveva lasciato da parte per troppo tempo. 

Chuuya rise appena di un’allegria liberatoria. 

«Solo tu? Abituato?»

L’ironia nella sua voce non era per nulla derisoria, se non verso se stesso. 

«Da dove si comincia ad abituarsi a noi tre in una relazione stabile e poi a Dazai che porta a termine una gravidanza perché lo vuole, senza secondi fini?» 

Ebbe un secondo scoppio di risate sommesse malamente, che sarebbero potute essere isteriche quanto liberatorie. Era davvero stanco, ma le sensazioni positive che provava erano totalizzanti. 

«Per anni, per me sei solo stato l’amico di Dazai, quel tizio misterioso che riusciva a tenerlo buono e che l’ha fatto cambiare. Ora siamo una famiglia.» 

Scosse la testa di nuovo, stringendosi Miko al petto per poter sentire concreta quella realtà che a parole ancora lo rendeva incredulo, nonostante la stanchezza fosse reale, nonostante la felicità fosse tangibile. 

«Quindi» riprese, scostandosi un poco per poter guardare in faccia Odasaku. «Non farti paranoie o-»

Odasaku si era chinato a chiudere la distanza tra di loro, una mano ancora tra i capelli di un Dazai che, per una volta, non fingeva di dormire, e l’altra libera dal libro per stringere a sé Chuuya. 

Dopo un’iniziale sorpresa, il Dirigente ricambiò con trasporto, godendosi quel momento riscaldato non soltanto dal tepore del camino, ma da ciò che di più importante aveva vicino a sé. 

«Dio» sospirò roco, riprendendo fiato. «Potremmo lasciarli qui e andare di là in camera» suggerì piano, leccandosi le labbra e lanciando uno sguardo carico a Odasaku. 

Si scambiarono un secondo bacio, più coinvolgente del primo, premendosi l’uno contro l’altro tanto che a Chuuya sfuggì un gemito involontario. 

Due mugugni identici li bloccarono sul nascere. Dazai e Miko si erano appena lamentati, nello stesso istante, facendo temere loro di averli svegliati. Chuuya controllò la bambina, mentre Odasaku scrutò Dazai. Entrambi i loro respiri erano ancora profondi e regolari. 

«Non sono d’accordo con la tua idea» constatò Odasaku in tono tiepido, nel suo modo di esprimere il divertimento. 

«Guastafeste» borbottò Chuuya, occhieggiando Dazai con sospetto. «Il suo subconscio lo sa. Quello non dorme mai.» 

Poi la sua attenzione tornò sulla figlia, guardando il suo visetto innocente con un’espressione combattuta. 

«Dannazione» si arrese all’evidenza. «Ha pur sempre metà dei suoi geni, dovevo aspettarmelo.»

Odasaku riprese il libro, ma non scostò la mano dal fianco di Chuuya. 

«Stavamo parlando di Natale.» 

«Seh» sbuffò l’altro, risistemandosi con la testa appoggiata sulla spalla del maggiore e ingoiando di malavoglia i propositi sconci che gli erano balenati in testa. O forse non del tutto. 

«Io voto per una babysitter e un harness per Dazai, di quelli costrittivi pieni di cinghie. Lo leghiamo e lo lasciamo lì.»

«Riuscirebbe a liberarsi lo stesso.»

«Mphf. Sì, prevedibile. Ma nel tempo che ci impiegherebbe potrebbe stare a guardare noi e godersela lo stesso.»

«… non è un’idea così cattiva, Lumaca.»

Mormorò Dazai con uno sbadiglio. 

«Che altro mi sono perso?»


 

   
 
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