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Autore: DigitalGenius    25/12/2020    1 recensioni
Garfield arrossì lievemente. Non poté evitare che il cuore gli si fermasse, nel guardarla, anche se non era la vera Raven.
«Allora, cosa ti porta qui?» gli domandò lei sorridendo.
Garfield dischiuse le labbra per risponderle. All’improvviso tutti i suoi piani, tutti i discorsi a cui aveva pensato per riportare Raven tra i Titans, sembravano inutili. Chinò lo sguardo e strofinò per terra una suola della scarpa.
Sentiva quegli occhi addosso a sé e quello sguardo lo trafiggeva.
«Dov’è che sono le altre emozioni? Potrei parlare con alcune di voi?» esordì all’improvviso agitando le punte delle orecchie.
Coraggio scrollò le spalle. Il sorriso le si spense mentre si avvicinava al bordo del precipizio su cui si trovavano. «Loro non verranno» annunciò rassegnata. «Si vergognano»
«Perché dovrebbero?» le domandò il ragazzo seguendola. «Sono sempre il buon vecchio Beast Boy, credevo di piacere almeno alla metà di loro»
«Tu ci piaci» lo tranquillizzò lei nel vederlo quasi nel panico. Gli sorrise. «Diciamo che non sono pronte ad incontrarti. O almeno non lo sono la maggior parte di loro»
«Perché?» domandò Garfield mogio. «Perché loro no e tu sì?»
«Perché?» ripeté lei. «Perché io sono il Coraggio»
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven, Robin, Starfire
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO



Le emozioni altrui non l'avevano abbandonata neanche un momento, mentre era stata incosciente; l’avevano avvolta, le avevano indicato in ogni momento chi era al suo fianco.

Aveva sentito Lilith e Jeremy, in loro una leggerezza anomala, come se tutto il peso del mondo non fosse più in grado di colpirli e ferirli. Aveva avvertito Dick, la preoccupazione mista al rimbecco causato dalla sua fuga ed al suo chiudersi in se stessa assieme alla sua famiglia di sangue. Kori era stata come un sole e si era fermata tanto, per tutto il tempo in cui aveva percepito la sua presenza non era riuscita a sentire altro che felicità, sollievo, certezza il futuro sarebbe stato fantastico. Ogni volta che l’amica si allontanava quel buonumore e quell’ottimismo restavano in parte con lei, colmandola di un tepore da cui non avrebbe mai voluto separarsi. Di solito poi arrivava Victor, i cui sentimenti rispecchiavano più la preoccupazione e la consapevolezza di essere la persona che avrebbe dovuto occuparsi della sua salute. In lui non c'era felicità, ma una calma sincera e stabile che, Raven lo avvertiva, rispecchiava il sollievo per la sua altrettanto stabile situazione di salute.
Ma la presenza più confortante era quella di Garfield, che andava a trovarla spesso assieme Lilith, i due emanavano sempre un tornado di complicità di cui quasi non riusciva a capacitarsi. Le sarebbe piaciuto sentire anche cosa avessero da dirsi, conoscere il modo in cui si erano adattati l'uno all'altro, invece doveva stare lì in attesa, accontentandosi di quel briciolo di mondo esterno che i suoi poteri riuscivano a portarle attraverso la sua incoscienza.

Tutto questo la cullò a lungo, mentre il tempo passava senza che lei riuscisse a tenerne il conto. I giorni trascorsi avrebbero potuto essere solo un paio oppure centinaia, avrebbe potuto pensare di essere lì da pochi secondi, se non avesse riconosciuto l’alternarsi di quelle auree.

Arrivò il giorno in cui accanto a quelle emozioni, perlopiù distante ed ovattato, avvertì il calore del letto su cui era distesa e la morbidezza invitante delle coperte e del materasso, una sensazione così piacevole che quasi non avrebbe voluto mai privarsene. Era passato molto tempo dall'ultima volta che si era svegliata con quella sensazione e non era più abituata a sentire l'odore delle frittelle di Victor prima ancora di riaprire gli occhi, rimase immobile a bearsi di quel sogno con il timore che potesse svanire. La coscienza tornò pian piano, le ricordò per prima cosa che la torre non era più la sua casa da tanto tempo, poi che aveva due fratelli minori a cui pensare.

All'improvviso svanì ogni ricordo delle emozioni che le avevano tenuto compagnia mentre guariva, avrebbero potuto essere solo un sogno, un'illusione che la sua mente aveva creato per mantenere la calma mentre il suo corpo cancellava ogni ferita. Si mise a sedere e scoprì che nell'ansia del momento non aveva letto la presenza al suo fianco, ma Victor era lì e le sorrise con calore, poi si sporse verso di lei e l'aiuto a togliersi di dosso gli elettrodi che fino ad allora avevano monitorato i suoi segnali di vita.

«Eccoti qua, finalmente.» disse.

Raven avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma avvertiva la gola secca e tossì.

Pronto per quella evenienza, Victor versò dell'acqua nel bicchiere che stava sul comodino e glielo porse, attendendo pazientemente che lei bevesse.

Continuava a fissarla, fregandosene altamente del fatto che avrebbe potuto darle fastidio, dello sguardo di rimprovero che Raven stessa era sicura di avere negli occhi e destinava proprio lui.

Il suo calore, il suo sollievo, la sua felicità, erano ora palesi, tanto che a Raven si strinse al cuore.

Avrebbe dovuto trovare, ed al più presto, il modo giusto per fare a lui ed agli altri le sue scuse, per ringraziarli di essersi occupati dei suoi fratelli in sua assenza, e poi cercare un posto per tutto per loro per evitare di dare gli amici altro disturbo.

Victor le posò una mano calda sulla fronte, «Non hai più la febbre», le disse.

Raven neppure si era accorta di averla avuta.

Poi Victor le premette una mano sullo stomaco, dove il coltello l'aveva colpita.

«La ferita si è rimarginata già da una settimana, senti ancora dolore?» le chiese ancora.

Raven scosse il capo, fisicamente si sentiva bene, ma era ancora un po' scossa. Come aveva potuto permettere che Belial la imbrogliasse così? Come aveva potuto lasciare che si infilasse nella sua mente e la manipolazione così?

Avrebbe dovuto avvertire quali fossero i suoi scopi, la sua malvagità, proprio lei che si era sempre vantata di avere un potere pressoché infallibile. Ora non riusciva più a fidarsi ad esso, aveva la sensazione che i sentimenti che avvertiva da Victor e dagli altri nel resto della torre fossero solo ciò che lei voleva avvertire.

Voleva alzarsi, assicurarsi di poter camminare ed avere tutte le funzionalità del proprio corpo al proprio posto, odiava l'idea di pesare sui Titans dopo ciò che aveva fatto loro.

Mise i piedi per terra e si alzò, le ginocchia tremavano mentre lei si sorreggeva alla testiera del letto per evitare di cadere giù. Un brivido più forte degli altri la scosse e Victor la tenne su per i gomiti aiutandola a restare in equilibrio.

«Non affaticarti, non c'è nessuna fretta.» le disse.

Raven scosse capo, aveva fretta eccome.

«Prenditi il tempo che ti serve, rimettiti in forze, poi parleremo. Garfield già parla di una serata pizza, i tuoi gusti sono sempre gli stessi?»

Raven provò a trattenere un sorriso, quando le sue gambe si abituarono di nuovo a sostenere il peso del suo corpo e riuscì a reggersi da sola domandò: «I miei fratelli?»

«Di sopra con gli altri», rispose Victor.

«I miei vestiti?» chiese allora.

Victor le indico il fagottino posto sulla sedia alle sue spalle, era una vecchia tuta che aveva lasciato alla torre quando, mesi prima, aveva scelto di allontanarsi. Era pulita, profumata, tutto quello che le serviva per sentirsi a casa.

Victor la lasciò da sola per permetterle di cambiarsi, e si chiuse la porta le spalle. Quando ebbe fatto, Raven lo raggiunse al piano superiore.

L'ascensore si aprì sulla sala principale, erano tutti lì ad aspettarla, la tavola era imbandita, vasetti di marmellata e di crema di nocciole erano sulla tovaglia, i piatti straripavano di frittelle, muffin e waffle, quasi come se Victor non fosse riuscito a decidersi su cosa preparare per colazione..

Le braccia di Lilith furono subito attorno a lei, tanta la felicità della ragazzina era da farla fluttuare ad alcuni centimetri da terra, Raven sentiva bene quell'emozione. La strinse a sua volta, non l'avrebbe più lasciata andare.

Non staremo qui per moto, non disturberemo, avrebbe voluto dire. Invece rimase in silenzio e lasciò che gli altri le facessero spazio al loro tavolo con una naturalezza che le diede l'impressione di non essere mai andata via. Perfino Jeremy e Lilith sembravano essere a loro agio, prendevano waffle, frittelle, marmellata e burro di arachidi senza chiedere, si riempirono i bicchieri di aranciata e succo di frutta fino all'orlo e bevvero senza preoccuparsi di sporcare la tovaglia. L'unica cosa che fece Dick quando vide Lilith soffermarsi osservare il suo waffle fu passarle il tubetto di panna montata pronta. Lei gli sorrise e quasi lo svuotò sulla sua colazione.

Non la sgridarono, non le rinfacciarono nulla, questo fece quasi sentire Raven ancor più in colpa.

Il suo piatto rimase vuoto davanti a lei, mentre tutti si servivano. Non sapeva cosa dire.

Poi Victor le passò una porzione di ogni cosa, le avvicino un bicchiere e domandò: «Succo o latte?»

«Magari entrambi» replicò Garfield. «Non latte di soia» aggiunse poi «Neanche ci provo più a proporvelo.»

L'affermazione la fece sorridere, ma non riusciva a togliersi dalla testa l’idea di stare facendo loro un torto a far finta di nulla. Lo cercò, eppure non riuscì a trovare un solo grammo di rancore nei suoi confronti, nessun cenno di aver perso per sempre ciò che prima c’era tra loro.

«Garfield mi ha preparato una stanza bellissima!» raccontò Lilith, il mento sporco di panna ed un sorriso che le illuminava il viso. Non ricordava di averla mai vista e sentita così felice.

Poi guardò Jeremy, che era concentrato sul suo waffle a triplo strato, era tranquillo, non c’era un solo grammo di disagio e timore, in lui.

«Non è nulla di che,» replicò Garfield. «Ho solo pensato che le avrebbe fatto piacere un po’ di verde.»

Raven quasi non sentì le sue parole, ma nel sentimento di protezione e affetto che il ragazzo stava sviluppando nei confronti dei suo fratelli avrebbe potuto crogiolarsi per tutta la vita.

«Te la faremo vedere, prima di pranzo.» aggiunse Lilith, che quasi saltellava sulla sedia. Il suo piatto si sollevò, i bicchieri oscillarono. Lilith sospirò e cercò di calmarsi. «Scusate.» disse allora.

Ancora una volta nessuno la sgridò.

Raven si piegò sul tavolo, si torse le dita, sarebbe stata solo una questione di tempo prima che i poteri di Lilith combinassero qualcosa che non avrebbero dovuto, che quelli di Jeremy facessero saltare in aria qualcos’altro e finissero per ferire qualcuno.

«Non era necessario.» sussurrò.

Il sorriso dei ragazzi si spense, le orecchie di Garfield si piegarono indietro mentre la sua espressione accompagnava la sua delusione crescente. Per Raven fu come avvertire di sprofondare nelle sabbie mobili.

«Beh,» fece il ragazzo «Tutti hanno bisogno di una stanza in cui dormire, no?»

Raven annuì. «Ma non possiamo imporvi la nostra presenza.» replicò.

Eppure il desiderio di tornare alla torre e poter avere con sé tutte le persone a cui teneva era grande, quasi soffocante, solo la speranza degli amici di tenerla a sua volta con loro - lei ed i suoi fratelli - le permise di tornare a respirare.

«Nessuna imposizione.» chiarì Dick incrociando le braccia. «Ma questo posto non è lo stesso senza di te.»

Raven fece un cenno verso i suoi fratelli. «Loro non si sanno ancora controllare bene.»

«Un motivo in più per restare.» concluse Victor.

Kory, che fino a quel momento si era limitata a mescolare la maionese con il burro di arachidi, versò l’intruglio sulle sue frittelle e aggiunse: «E potremo organizzare serate pizza, pigiama party, iscriverci a corsi di cucina.»

Rassegnata, Raven consumò la propria colazione.

Più tardi, dopo che Lilith le ebbe fatto vedere la sua nuova camera, Raven ritornò alla propria. La ritrovò perfettamente in ordine, già pronta per tornare ad accoglierla, e la borsa con le poche cose che aveva portato via quando se n’era andata era già sul letto.

«Jeremy e Kori hanno accompagnato Lilith e Jeremy a prendere le vostre cose il giorno dopo che vi abbiamo portati qui.» spiegò Garfiel affiancandola sull’uscio. «Davvero vorresti andartene?»

Raven ignorò la domanda. «Non mi aspetto di cancellare quello che ho fatto, né che possiate dimenticarlo.»

Lui le si fece più vicino. «Rae, noi capiamo. Eri sotto l’influsso di quel demone, non è colpa tua.» «Ma sono io che gliel’ho permesso, non avrei dovuto lasciare che mi soggiogasse.» replicò Raven. Garfield scosse il capo. «Non potevi impedirlo, non ne avevi il controllo.»

Sospirò, avrebbe voluto potergli dare ascolto, smettere di avvertire quel senso di colpa, ma farlo avrebbe in qualche modo sminuito il suo abbandono e non voleva questo.

«Rae,» la chiamò Garfield. Le prese la mano e ne posò il palmo contro il proprio petto, all’altezza del suo cuore. «Ti sembra che io ce l’abbia con te? Sei tu l’empatica, dovresti capirlo subito.»

Raven avvertiva il battito del cuore di lui, i suoi sentimenti fluirono in lei e lei li accolse, incapace di contrastarli, desiderosa di averli con sé per sempre, e non c’era traccia di rancore o qualunque altro sentimento negativo. In Garfield trovò pace, nessun cenno che avesse anche solo provato ad odiarla e ad essere arrabbiato con lei, un amore tiepido che la avvolse, la speranza di avere la possibilità di un futuro insieme, anche solo come amici.

Gli sorrise. «Nessun rancore.»

«Nessun rancore.» confermò lui. Poi si fece serio e aggiunse: «Senti altro?»

Raven sorrise, l’insicurezza che il ragazzo aveva iniziato ad irradiare le fece avvertire le gambe molli e le guance calde.

«Uhm… Forse sì, in effetti.» lo stuzzicò.

Le orecchie di lui si agitarono contro i suoi capelli, il cuore batteva forte contro la sua mano, lo avvertiva bene anche se tra lei ed esso c’era la cassa toracica.

«Ok….» fece lui. La voce era flebile, trasudava incertezza tanto quanto la sua anima. «beh… Allora?» domandò timoroso.

Raven spostò la mano sulla sua guancia e gli accarezzò la gota, poi si sporse verso di lui e si alzò in punta di piedi. Lui aveva appena realizzato ciò che stava per fare, quando lei lo baciò.


***



Mi dispiace, mi dispiace davvero. Ero convinta di aver postato questo epilogo lo scorso anni e invece non l’avevo fatto.

  
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