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Autore: GiuliaNieri97    26/12/2020    0 recensioni
Un incontro diplomatico interrotto, un insediamento da difendere... una giornata come tante nel commonwealth.
Peccato che sia il 25 dicembre. In quel giorno, che duecento anni dopo l'attacco atomico è solo un giorno come gli altri, per l'ultimo sopravvissuto i ricordi si fanno quasi insostenibili.
Una mano amica però forse è quel che serve a cacciare la malinconia.
Presenza di alcuni termini scurrili.
Fic natalizia pubblicata in ritardo xD
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Paladino Danse, sole survivor maschio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Cavaliere Nate a rapporto. L'attaccoo di supermutanti é stato sventato. Quattro morti ealtrettanti feriti, i medici li hanno già visitati. Ho i dettagli della prognosi” Nate allunga una mano, passando al suo superiore una cartelletta. “I Minutman hanno fornito il loro supporto, e la fattoria é salva. É tutto" Termina il suo rapporto. Mentre parla, lo sguardo vaga sul vecchio aeroporto, le carcasse degli aerei ormai irrecuperabili, mescolate alle postazioni degli uomini della confraternita, suoi compagni, crea uno strano contrasto, un luogo dove la carcassa del vecchio mondo incontrava il nuovo.
Sotto un aereo traballante, una coppia di novizi sta arrostendo qualcosa, e i loro schiamazzi arrivano fino a loro, troppo lontani per capire cosa si dicano, abbastanza vicini da cogliere il cameratismo tra loro.
Con una smorfia, celata dalla pesante armatura che indossa, l'uomo si porta una mano sul petto, tributando il saluto al paladino Danse, segnalandogli di aver concluso il suo rapporto.
Questa maledettissima giornata è finalmente finita! Si sorprende a pensare, osservando il tramonto incendiare l'orizzonte. L'ennesima giornata di merda.
"Ben fatto cavaliere". Il paladino, anche lui rivestito di un’armatura simile, ricambia il gesto. "Puoi andare" replica con il suo tono tranquillo, mentre si volta, dirigendosi verso uno dei supporti per armature, iniziando a togliersi il casco.
"Paladino Danse. Quali sono i miei ordini adesso? Pattugliamento? Devo dirigermi verso un qualche avamposto? Ci sono ancora gli accordi con i Minutman da rivedere. Oppure, una squadra che ha bisogno di supporto..." lo incalza, avvicinandosi a lui. Era dalla mattina che cercava di tenersi impegnato, non voleva tempo per pensare, non quel giorno!
Il paladino si volta con calma, osservando il sottoposto, con aria scettica "Direi che per oggi non ci sono altri ordini. Hai svolto un buon lavoro. Riposa. Un soldato stanco non serve a nessuno" termina semplicemente, afferrando il supporto per aiutarsi a uscire da quell'ingombrante armatura. Il cavaliere aveva temuto quel momento per tutto il giorno, ma adesso che scelta ha? Non può certo discutere gli ordini. Quindi, titubante, segue il suo esempio.
L'odore della carne cotta, portato da un filo di vento, solletica gentilmente le sue narici, adesso che non ha più il casco, con il suo sistema di filtraggio dell’aria, riesce a sentirlo. Per reazione, il suo stomaco inizia a borbottare. Comprensibile, visto che il suo ultimo pasto completo era stato la colazione.

Quel giorno, era iniziato come tutti gli altri. Alzatosi all'alba, aveva controllato l'orologio del suo pip-boy, e con un tuffo al cuore aveva letto la data.
Cercando di non pensarci, si era preparato per l'adunata mattutina, aveva ricevuto i suoi ordini. Presiedere come parte neutrale all'incontro tra Preston e Maxson, per stipulare un accordo tra confraternita e Minutman. Il financial district di Boston era stato designato come luogo per l’incontro. Una zona neutrale, al momento. Al loro arrivo, Preston era già lì. Seduto su un muretto, accanto a lui, il segno tracciato con il gesso un cerchio con al centro una X. Maxson non poteva saperlo, e il cavaliere Nate non lo aveva avvertito, ma quello era un segno dei Railroad. In particolare, un segno che indica un pericolo. Se Preston lo aveva tracciato, poteva significare solo una cosa: che era riuscito ad avvertirli. Ancora ricorda l’occhiata indagatrice che Maxson gli aveva scoccato, intercettando il suo sospiro sollevato, ma lui si era limitato a scrollare le spalle.
Sfortunatamente, la trattativa, che non stava andando per il meglio, era stata interrotta bruscamente da una richiesta di soccorso da parte di Chestnut Hillock, dove alcuni coloni si erano stabiliti da poco. A Nate si era gelato il sangue. Quei coloni... erano sintetici fuggiaschi! Se Maxson lo avesse anche solo sospettato! Ancora adesso, al sicuro e con la situazione risolta, un brivido corre lungo la sua spina dorsale. Non sa con quale sangue freddo aveva preso parola. “Il fiume che passa non lontano rende la zona ideale per l'agricoltura, e le case, seppur prebelliche, sono in condizioni accettabili. Sono costruite sulla spiaggia. Tuttavia alcuni Mierluk in passato vi avevano nidificato, rendendo arduo un insediamento lì. Adesso sono stati cacciati, i nidi e le uova distrutte.” aveva riassunto rapidamente la situazione a Maxson.
A sentire dalla richiesta, la fattoria nascente, a poche ore di cammino da lì, era stata attaccata dai supermutanti, e mentre Maxson tornava sul Prydwim per chiamare rinforzi, lui e Preston erano andati in avanscoperta. I civili si erano barricati nelle case, e cercavano di resistere all’aggressione con qualsiasi mezzo. Ma i nemici, armati di mitragliatrici, continuavano inesorabilmente ad avanzare. Questa era stata la situazione al loro arrivo. E tuttavia, i due soccorritori erano guerrieri abili ed esperti, e soprattutto, abituati a tali situazioni, in grado di raggiungere una buona sintonia.

"Coprimi!" Aveva urlato Nate, mentre lui, forte della sua armatura atomica, che lo rendeva pressoché invulnerabile, prendeva il suo fucile al plasma per intercettare gli invasori. E poi, solo il caos della battaglia. I colpi assordanti, i gemiti dei nemici uccisi, le incitazioni dei coloni... Lo scontro era stato breve, e si era fortunatamente concluso a favore degli umani. “Preston, va avanti, rassicura i coloni. Io mi occupo di trasportare i feriti. E di contare i morti” aveva ordinato, facendo l’occhiolino all’altro. Non era servito altro perché l’amico capisse.
Avrebbe voluto, e dentro di se sentiva che avrebbe dovuto, essere lui a rassicurare quelle persone, a prepararle all’arrivo della confraternita, ma non poteva. La scatola nera della sua armatura atomica avrebbe registrato ogni parola, sarebbe stato troppo rischioso.
Tre morti. Cinque feriti, di cui uno molto grave. Un sintetico che aveva l’aspetto di una ragazza, probabilmente sui vent’anni, che piangeva per la paura e per il dolore. Era rimasto al suo fianco fin quando quella non aveva chiuso gli occhi.
Quando erano arrivati i rinforzi della confraternita, e soprattutto, il loro personale medico, i morti erano saliti a quattro.
Avevano scavato una fossa per seppellirli, il resto del pomeriggio era continuato pattugliando l'area e rinforzando le difese. Aveva mangiato qualche bacca, giusto per abitudine, ma non aveva fame. Non riusciva mai a mangiare nulla dopo una battaglia, e quel giorno era anche peggio. Da quando si era svegliato, il suo stomaco era come chiuso da una morsa. Aveva piazzato altre barricate, e costruito una nuova torre d’osservazione, più alta, in modo da dare una visuale ancora migliore. Non doveva succedere mai più che i nemici arrivassero tanto vicini.
Quando ebbero finito di mettere l’area in sicurezza era ormai sera. Preston si sarebbe trattenuto nell’insediamento, mentre loro sarebbero tornati all'aeroporto.

E adesso, ecco arrivata la sera. Non aveva più scuse, doveva affrontarlo. Il 25 dicembre. "Buon Natale Nate" mormora amaramente a sé stesso, salendo in quella che un tempo era stata la stazione meteorologica dell'aeroporto. I soldati raramente consideravano quell’area, non dopo che gli scibi la avevano dichiarata agibile ma priva di interesse. Non aveva acceso le luci. Voleva restare da solo.
La porta della stanza si apre docile, con solo qualche scricchiolio, e Nate si ritrova in quello che sembrava essere stato uno studio a giudicare dalle sofisticate attrezzature rotte, la scrivania rovesciata, la polvere, sopra tutto. Sembra che due secoli prima ci fosse passato un uragano. Nate si sedette. Per terra. Una mano si infilò nella tasca. Un vecchio olonastro. Vecchio quasi quanto lui. La plastica scolorita, e ossidata, in alcuni punti si era spezzata, facendo intravedere i circuiti sottostanti. Spicca sopra tutto, come una cicatrice, un pezzo di scotch. L'inchiostro nero, fresco, una scrittura fatta da una mano tremante. "Nora e Shoun"
Nate se lo rigira fra le mani per qualche istante, poi con delicatezza lo inserisce nel suo pip-boy. La registrazione inizia. Uno stridio acuto e una voce dolce, e divertita. "Oups! Hahahaha no, non toccare. Ecco fatto. Prova a parlare. Sì, proprio quì! Dai, forza." Di sottofondo, dei versetti da neonato, e la sua dolce risata. Nate chiude gli occhi, appoggiando la testa alla parete, mentre, nella memoria gli tornavano le immagini di quella che, un tempo, era la sua vita. "Bravo! Ciao tesoro! Ascolta, non serve che io e Shoun ti diciamo che sei il papà più bravo del mondo, ma lo facciamo lo stesso. Sei gentile, affettuoso, simpaticissimo! Ah-ah! Proprio così E paziente. Molto paziente. Hai la pazienza di un santo, come diceva mia madre. Stare tutti insieme… con Shoun, é stato un anno fantastico, però sono convinta che il meglio debba ancora arrivare! Ci saranno cambiamenti, certo. Grandi e piccoli. Tu tornerai a lavorare da bravo cittadino, mentre io dovrò rispolverare la mia laurea in legge. Ma tutto ciò che faremo, per quanto impegnativo, lo faremo per la nostra famiglia. Adesso saluta Shoun! Ciao ciao! Sai dire ciao ciao? Ciao tesoro. Ti adoriamo!" Il viso di sua moglie, il suo sorriso, mentre stringe, stringeva il loro piccolo, gli torna alla mente senza che lui possa fare nulla per impedire ai ricordi di travolgerlo, lasciandosi sommergere, per una volta, senza resistere. Era stanco di resistere. Si lascia colmare da quella strana sensazione, dolce e triste allo stesso tempo.
Non se ne è reso conto, ma adesso le lacrime stanno correndo sul suo volto, e adesso, non è più in grado di fermarle. Stringe maggiormente gli occhi, portandosi una mano a coprire il viso e li rivede davanti a sé. Shoun, ricorda il dolce peso del suo bambino quando lo tiene, lo teneva fra le braccia. Quel bambino che è, era il suo allegro fagottino. Lo ricorda mentre osservava ridendo la giostrina sulla culla. E la sua adorata Nora, i capelli castani, il modo sensuale in cui si appoggia, si appoggiava, agli stipiti delle porte, la fossetta che si forma, si formava sulla sua fronte quando è, era preoccupata. Sembra ieri. Erano passati oltre duecento anni.
"Cavaliere" la voce di Danse lo coglie di sorpresa, facendolo sussultare, strappandolo bruscamente ai suoi ricordi.
"Paladino" un leggero astio nel suo tono "ci sono ordini per me?" Domandò, cercando di mascherare il risentimento per essere stato sorpreso in un momento di debolezza.
Danse esita. "No... Solo... Ti ho visto salire qui, e volevo assicurarmi che stessi bene" afferma, accompagnando le sue parole ad uno sguardo preoccupato, qualcosa, nell'atteggiamento del compagno, gli fa cambiare idea. E’ solo preoccupato per lui, non è lì per giudicarlo "Non volevo ascoltare, ma..." Lo vede esitare, e con un sospiro, il cavaliere gli fa cenno di sedersi al suo fianco. "Gradirei che tutto questo restasse confidenziale... Danse" ammette abbassando il capo, usando solo il nome dell’altro, per sottolineare la sua richiesta.
Coglie il suo sguardo confuso, che lo incalza a continuare. "Prima della guerra... Questo giorno era un giorno dedicato alla... famiglia" non riesce a impedire alla voce di incrinarsi sull'ultima parola. Non riesce a sostenere lo sguardo dell'altro mentre le parole sgorgano quasi da sole. "Duecento anni. Ancora non ci credo. Ogni giorno vado a letto e non faccio che ricordare com'era il mondo prima. Ogni volta, ogni singola mattina quando mi sveglio non riesco a non pensare, a non sperare che sia stato solo un incubo." Nate si prende la testa fra le mani per loro sono passato duecento anni, per me solo pochi istanti! Sa che non dovrebbe permettersi di crollare così, che sarà difficile poi, rimettere insieme i pezzi, ma non quel giorno, non il giorno di Natale... "E invece è vero. È tutto fottutamente vero. E io... Io... La vault-tech voleva sperimentare gli effetti della criostasi. E noi non lo sapevamo. Non lo sapevamo! Credevamo saremo stati al sicuro! Che ci avrebbero protetto dalle bombe! E invece... E poi… Sono arrivati loro! L'istituto! Ha ucciso mia moglie. Ha rapito mio figlio. E io... Io sono solo un vecchio Danse! Un vecchio che viene da un'altro mondo!" Un profondo respiro, ha bisogno di aprirsi con qualcuno, di tirare fuori tutto il dolore, tutti quei dubbi che gli lacerano l’anima. È stanco. “Perché? Perché sono entrato in quel maledetto vault? Perché hanno preso mio figlio? Perché non sono morto con gli altri?". Ma non riesce a continuare. I singhiozzi rendono le sue parole incerte, mentre le lacrime continuano a scendere. Le mani tremano mentre armeggia con il pip-boy. Il nastro viene estratto con delicatezza, come si trattasse di una reliquia. Lo è.
Danse gli mette una mano sulla spalla. Per lungo tempo rimangono così, silenziosi. Poi è l'altro a prendere parola "Non ho le risposte che cerchi" ammette "Posso solo dirti di non arrenderti. Tu... Ho sentito cosa hai fatto oggi. E so che gli abitanti del Commonwealth ti vedono come un eroe. Tu sei importante per questa gente. Ho visitato gli insediamenti, e lì sono in molti a parlare di te con speranza." Termina, con un sospiro, per un attimo esita. "Non sei solo. E tranquillo. Manterrò il segreto." aggiunge, alzandosi in piedi. "E ora andiamo. Siamo in ritardo per la cena."
"Davvero, grazie Danse. Ma... Non ho fame. Vai avanti. Ti... raggiungo poi." Risponde, abbassando il capo. Non ce la fa a rialzarsi in quel momento, vuole solo restare solo e lasciarsi andare ancora un po’ ai ricordi, alla malinconia. Ma quello pare capire fin troppo bene il suo stato d’animo
"É un ordine cavaliere." Aggiunge, nel tentativo di convincerlo, tendendogli la mano. Nate la fissa per un lungo istante. Non è solo. Adesso lo realizza. Non è solo. Ha degli amici in questo nuovo mondo, e uno di loro, gli ha appena teso la mano. Con un sorriso triste accetta l’aiuto del paladino Danse, aggrappandosi a lui per rialzarsi ed insieme si allontanano verso la base...

   
 
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