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Autore: Alexys_Tenshi    27/12/2020    4 recensioni
[Tear disease!AU | OS | Hidan | DeiSaso (accennato)]
La voce artificiale che annuncia l’arrivo del treno in stazione non la sente sul serio, riesce a percepire con la coda dell’occhio gli ideogrammi che scorrono sullo schermo in fondo al vagone. Quando scende e la luce del sole sembra troppo forte per lui, porta la mano davanti agli occhi per qualche secondo.
“Hidan! Sbrigati!” la voce squillante di Deidara sovrasta tutto il resto, soprattutto quando gli sfila dall’orecchio una cuffia e lo fa sussultare. Non pensa davvero di essere pronto ma si gira lo stesso verso il ragazzo.
Gli occhi azzurri di Deidara sono più scuri, quasi spenti. Anche i capelli raccolti in una coda, adesso non hanno il colore del grano. Tutto è avvolto da una leggera patina che impedisce ai colori di risplendere. Almeno il suo sorriso è bello come sempre.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara, Hidan | Coppie: Sasori/Deidara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Note: Come ogni anno torno per il 27/12 a postare un'altra storia che probabilmente finirà nel dimenticatoio. Oggi mi sono accorta che non scrivo praticamente MAI. Leggo tantissimo ma le parole non sanno più formare nulla di concreto.

In questa OS abbiamo un
unrequited love da parte di Hidan. Hidan è sempre un po' sfigato nelle mie storie ma è uno dei miei personaggi preferiti. Inoltre, abbiamo questa misteriosa sorella (a cui non ho trovato un nome) che sta emergendo sempre più tra i miei headcanon.
Per la "Tear disease" ringrazio Dhiskey Nil per avermela fatta scoprire. Sotto vi lascio la sua spiegazione. E' la prima volta che scrivo su questo tema e non so proprio cosa dire. All'inizio doveva prendere tutta un'altra piega ma si sa, le mie storie fanno un po' quello che vogliono loro.

Ah, si passa dal presente al passato... spesso! E' una cosa voluta. OOC giustificato? Sorry not sorry.

In queste note sembro odiosa, lo so.


Il titolo è preso dalla canzone "05410 (ん)" dei RADWIMPS.

Tear disease!AU: quando una persona prova un amore non corrisposto inizia a piangere lacrime che si trasformano in stelle colorate (o varianti) e col progredire della malattia si perde la visione dei colori o addirittura la vista.

 

A Sil,
dopo 9 anni siamo ancora qui.
Buon compleanno amica mia.

 


If that answer is "no", what should I do?

(Should I cry? Should I die? Or go crazy and then fly.)
 

Le parole della canzone dei RADWIMPS vengono urlate nelle sue orecchie. Fin da quando ne ha memoria, Hidan ha avuto il brutto vizio di ascoltare la musica al massimo volume anche quando indossa le cuffie. Adora immergersi completamente nella musica, nei testi e nelle vibrazioni che sembrano entrare fin dentro il cuore.

Il profilo della città prende il posto della campagna che fino a quel momento regnava oltre il vetro sporco del finestrino. Hidan stringe il telefono tra le mani e lascia scorrere l’indice sullo schermo per leggere l’ultima notifica di Instagram.

La voce artificiale che annuncia l’arrivo del treno in stazione non la sente sul serio, riesce a percepire con la coda dell’occhio gli ideogrammi che scorrono sullo schermo in fondo al vagone. Quando scende e la luce del sole sembra troppo forte per lui, porta la mano davanti agli occhi per qualche secondo.

“Hidan! Sbrigati!” la voce squillante di Deidara sovrasta tutto il resto, soprattutto quando gli sfila dall’orecchio una cuffia e lo fa sussultare. Non pensa davvero di essere pronto ma si gira lo stesso verso il ragazzo.

Gli occhi azzurri di Deidara sono più scuri, quasi spenti. Anche i capelli raccolti in una coda, adesso non hanno il colore del grano. Tutto è avvolto da una leggera patina che impedisce ai colori di risplendere. Almeno il suo sorriso è bello come sempre.

“Cavolo Dei, non urlarmi nell’orecchio!” gli risponde mentre lo spinge leggermente per allontanarlo. Quel tocco gli rilascia una scarica di adrenalina, deve contenersi per non poggiare ancora una volta la mano sulla sua pelle.

“Vuoi farmi perdere tempo? Finalmente sei a casa e dobbiamo recuperare settimane intere di cazzeggio! Sei fortunato che hai ancora un po’ di tempo prima dell’inizio dell’anno scolastico o ti saresti fatto due palle dentro quella stanza bianca e asettica. Che poi mi domando perché non posso venire a trovarti… proprio io che sono il tuo migliore amico!”

Ha sempre parlato a ruota libera, soprattutto con lui. Deidara si sposta un ciuffo dal viso e si morde la pellicina vicino un unghia. Hidan nota che indossa un nuovo bracciale nero - almeno il nero non è cambiato - ed è così concentrato sulla sua figura che tutto il resto sembra passare in secondo piano.

Poco dopo lo nota. Sasori è dietro il ragazzo e si avvicina sempre più. La sua figura snella sembra ancora più piccola negli abiti larghi che indossa. Hidan distoglie lo sguardo per un secondo. Deve farsi forza gli hanno detto. Cerca di non far trasparire il disagio e spera che i suoi occhi non lo tradiscano.

Sasori sorride al nuovo arrivato prima di portare un braccio sulle spalle di Deidara. Solo quel tocco crea in Hidan una sensazione di malessere.

“Bentornato” sussurra Sasori guardandolo negli occhi. In quel momento una scintilla esplode nel suo petto e Hidan capisce la forza di quello sguardo. 

 

 

La prima volta che le piccole stelle colorate si sono mischiate con le sue lacrime ha urlato. Sua sorella è entrata subito nella sua stanza ed ha osservato muta quello strano fenomeno. Le piccole stelle rosse erano sparse sul pavimento di legno, il corpo di un Hidan di soli tredici anni era scosso dai singulti. Sua sorella lo stava stringendo forte e gli sussurrava parole di conforto per farlo calmare. La luce rossa delle stelle ricordavano un fuoco in grado di bruciare tutto. Rosso. Rosso. Rosso. Rosso.

Il dottore che lo aveva visitato aveva diligentemente spiegato alla sua famiglia che il bambino soffriva di una rara malattia chiamata “tear disease”. Erano stati condotti pochissimi studi - con altrettanti pochi successi - su questo strano caso. Sembrava che chi ne fosse affetto potesse avere ripercussioni sulla vista. Le lacrime si tramutavano in stelle - fredde al tocco e colorate. Stavano cercando un collegamento tra i colori delle stelle e le varie fasi della malattia. Causa scatenante: un amore non corrisposto.

Dal suo letto di ospedale. Hidan non era in grado di comprendere cosa avesse fatto scattare quella reazione. Stava solo parlando al telefono con il suo migliore amico e all’improvviso… quello strano dolore e quelle stelle.

Le stelle che lo hanno accompagnato fino ad oggi.

 

Il pezzo di pizza è così caldo che gli fa scottare la lingua. Impreca e cerca di prendere una delle bottiglie di birra dall’altra parte del tavolo. Sarebbe stato meglio bere dell’acqua ma la cucina gli sembra troppo lontana da raggiungere. La voce dei suoi amici gli riempie le orecchie e la risata di Deidara gli scalda il cuore.

Sono tutti e tre sul divano, troppo stretto, provando a tenere in equilibrio i cartoni della pizza sulle loro gambe mentre le patatine sono posate sul tavolo basso, insieme a bottiglie di birra e sigarette.

Una serata tra amici, niente di meglio dopo quasi un mese passato tra test ed esiti negativi. Peccato che con loro non potrebbe passare troppe ore vista la sua situazione. Il medico gli ha severamente vietato gli incontri con la causa della sua malattia. Certo, come se Hidan potesse dal nulla eliminare dalla sua vita Deidara dopo anni passati insieme ogni giorno.

“... e poi Sasori ha attivato la marionetta e tutti si sono spaventati!” termina Deidara ridendo a crepapelle. Il suo ragazzo lo segue annuendo con la testa. I loro corpi sono così vicini, la pelle che si sfiora al minimo movimento, il calore che emanano sembra far esplodere Hidan.

Sa che non avrebbe dovuto accettare la proposta di Deidara. Non dopo essere uscito dall’ospedale da poco. Una ricaduta non gli farebbe per niente bene. Eppure, Hidan è quasi eccitato da questa sfida. Dimostrare che lui è finalmente più forte della malattia.

Ci pensa da qualche tempo, potrebbe provare a sconvolgere tutto e far vedere al resto del mondo che si sta sbagliando. Che la sua condizione non è così tragica e quelle linee che scendono sempre più verso lo zero in verità possono risalire e lui sarebbe una persona sana.

“Se solo i colori tornassero come prima…” mormora prima di finire di mangiare, prendere un lungo sorso di birra e lasciare la bottiglia vuota accanto al divano.

Sente lo sguardo di Sasori su di sé e cerca di concentrarsi unicamente sulla partita di basket che la tv sta trasmettendo e che nessuno vuole realmente vedere.

 

Le stelle erano verdi. Di un verde scuro, che gli metteva molta tristezza. Erano aumentate rispetto alle ultime volte che ha pianto per Deidara.

Chiuso nello stretto bagno della scuola, i vestiti bagnati di lacrime e pieni di stelle, il respiro corto e gli occhi chiusi.

Hidan aveva cercato il suo migliore amico per tutto l’edificio, voleva pranzare con lui e parlargli di una festa a cui aveva davvero voglia di andare - sperando che sua sorella non avrebbe fatto troppe storie.

Il ragazzo sembrava introvabile. Non riusciva neanche a contattarlo con il telefono e stava davvero iniziando a spazientirsi.

Da un po’ di tempo a questa parte Deidara gli sembrava diverso, come se qualcosa fosse sempre nei suoi pensieri e a scuola passava ore al telefono. Peccato che poi quando dovesse rispondere a lui fosse irraggiungibile. Il pensiero sfiorò la mente di Hidan ma la sua condizione gli impediva di avere un quadro preciso della situazione.

Finalmente una chioma bionda comparve quando Hidan girò l’angolo che portava ai giardini della scuola. Perché non ci aveva pensato prima?

Stava per chiamarlo e farsi vedere alzando un braccio quando notò che non era solo.

Un ragazzo dai corti capelli rossi gli era vicino - troppo vicino - tanto da far sfiorare i loro visi.

Fu Deidara a baciarlo. Prima sorrise, lo prese per il colletto della divisa e fece scontrare le loro labbra.

In quel momento tutto era crollato. Le lacrime avevano iniziato a scorrere lungo le sue guance e il tipico dolore dovuto alle stelle iniziava a presentarsi. Le gambe gli tremavano e fare il primo passo gli era costato uno sforzo enorme. Gli altri invece erano rapidi, l’unica cosa importante era fuggire via da quella scena che gli si riproponeva davanti agli occhi. La vista si era offuscata per via delle lacrime, e l’unico posto più vicino dove poter stare solo era il bagno al piano terra. Scontrandosi con alcuni studenti, senza neanche chiedere scusa, Hidan si rinchiuse nel primo cubicolo vuoto e attese. Attese che le lacrime terminassero e le stelle illuminassero tutto.

 

Dopo quell’evento i colori avevano iniziato a sbiadirsi. In ospedale gli avevano detto che la malattia si stava aggravando e con il tempo avrebbe potuto avere gravissime ripercussioni come perdere la vista in poco tempo.

Per molti mesi aveva pensato che sarebbe stato meglio perderla invece di vedere Deidara con quello stupido di Sasori. L’odio che covava nel suo cuore si riversava nelle sue lacrime. Come primo colore a non essere più riconoscibile ai suoi occhi era stato il rosso. proprio il colore dei capelli di Sasori. Chissà se era stata una coincidenza.

“Non puoi continuare così” gli ripeteva sua sorella mentre lo guardava sdraiato in un letto di ospedale. Spesso lo accompagnava alle visite di controllo oppure lo salvava quando si faceva del male.

Con il tempo aveva iniziato a sostituire il dolore emotivo con quello fisico. Un giorno era stato trovato svenuto con una bruciatura lungo tutto il braccio sinistro. Una notte, svegliatasi da un brutto sogno e scesa in cucina per recuperare la borraccia con l’acqua, aveva notato movimenti strani in cucina. Dopo aver preso coraggio era sbucata nella stanza a suon di “fermo ladro” ma aveva trovato suo fratello con un coltello tra le mani.

“Sembra tutto inutile” aveva risposto Hidan con aria stanca. Le stelle a seccarsi sulla pelle del viso e gli occhi spenti.

 

Al ritorno a casa sua sorella lo abbraccia forte e poi gli dà uno schiaffo.

“Potevi avvisarmi stupido fratello! Ieri sera ho provato a chiamarti ma avevi il telefono spento e non sei tornato a dormire”. Lo incenerisce con uno sguardo. Hanno lo stesso colore degli occhi e sembra di rispecchiarsi in sé stesso ogni volta che si guardano.

“Si era scaricato e poi, come puoi vedere, sono vivo e vegeto” gli risponde indicando la sua figura. La smorfia che si dipinge sul volto della ragazza è il massimo che può ottenere in questo momento.

“Meno male che ho chiamato quell’idiota bombarolo di Deidara”. Un sorriso appare sulle labbra di Hidan, sempre divertito dai soprannomi poco carini che la ragazza affibbia al suo migliore amico.

Le colpisce la spalla con la sua, un gesto che hanno fatto fin da piccoli per far capire che la situazione è sotto controllo.

 

Un ritmico bussare alla porta lo riporta alla realtà. Controlla l’orario sullo schermo del telefono e scopre che sono le cinque di pomeriggio. Dev’essersi addormentato dopo pranzo. Ancora intorpidito si passa una mano tra i capelli e sul viso. Non faceva un sonno così profondo da un bel po’ di tempo.

“Fammi entrare” la voce di Deidara lo fa risvegliare del tutto. Scende dal letto e corre ad aprire.

Il giovane entra nella stanza come un uragano. Apre la finestra, prende dalla tasca dei jeans neri il pacchetto di sigarette e ne accende una. Hidan è leggermente sorpreso, lo raggiunge e senza dire nulla si siede sul letto, in attesa.

“Sasori mi ha detto del tuo problema… o meglio, della causa del tuo problema. Perché me lo hai tenuto nascosto? E…” il fiato sembra essersi esaurito per un attimo.

I secondi scorrono, la cenere della sigaretta cade sul pavimento ma Hidan non lo fa notare. Si morde il labbro inferiore e cerca di calmare il caos nella sua mente. Sente già le lacrime che desiderano uscire e non vuole assolutamente che Deidara lo veda in questo stato.

“Come fa a saperlo?” domanda semplicemente.

“Ha detto che una volta ti ha visto. Eravamo usciti per andare al pub di Kisame. Era Novembre dello scorso anno, credo. Ad un tratto lui era andato a recuperare la giacca di pelle in macchina e ti ha visto. Eri nascosto dietro un furgone ed una strana luce ti circondava. Dopo quella sera è stato molto attento. Sai, lui è una persona che osserva molto più di me. Ha unito i pezzi ed eccoci qui… inoltre, ieri ha chiamato tua sorella e ha urlato cose come ‘lascia in pace mio fratello perché è solo colpa tua’ io non avevo capito ma a Sasori erano brillati gli occhi per questa epifania.”

Dopo il racconto entrambi tacciono.

“Cazzo” impreca il biondo sbattendo un piede a terra. “Tutto questo tempo ed hai continuato a starmi vicino! Sei un pazzo suicida!”

Il cuore perde un battito. Non ha mai visto Deidara così furioso. Stringe i pugni e fa lunghi respiri per reprimere parolacce che vorrebbe vomitare addosso al suo migliore amico.

“Dei io… non volevo farti preoccupare ancora di più. Non puoi capire quanto faccia male questa cosa!” risponde finalmente Hidan alzandosi. Forse è stato il movimento repentino, ecco perché la testa gli gira e sembra che la vista gli si appanni leggermente.

“Certo, perché così puoi soffrire da solo e far morire di paura tua sorella ogni volta che passi del tempo con me! Sei un incosciente del cazzo ed io che non sono riuscito a vedere i segnali”.

“Forse perché pensavi soltanto a stare con Sasori! Sasori qui, Sasori lì, esco con lui, andiamo a letto insieme, saltiamo la scuola, freghiamocene di quello che pensa Hidan tanto non può mica morire!”

Il volto di Deidara si fa sempre più cupo.

“Sasori è il mio ragazzo, tu sei il mio migliore amico! Non è colpa mia se sei sempre stato innamorato di me! Non me lo hai neanche detto! Come diavolo potevo capirlo? Io ti voglio un bene dell’anima, tu sei la persona che mi conosce meglio di tutti!” urla avvicinandosi fino ad avere una distanza così ravvicinata che anche Hidan, nella sua situazione, riesce perfettamente a vedere anche i minimi particolari del suo viso.

Il cuore di Hidan batte sempre più forte. Un rumore che gli martella nel cervello, gli riempie le orecchie. Il sangue sembra scorrere più velocemente fino a recargli prurito alle braccia e alle gambe. I colori sembrano sparire sempre più. Una gradazione di grigio prende il posto del biondo e del rosa.

“Cosa avresti risposto? Se ti avessi chiesto di stare con me?” respira con la bocca aperta, le pupille si stringono, le dita graffiano la pelle dei palmi. Un ronzio inizia a risuonare nelle orecchie.

“Ti avrei detto che… beh, io credo che avrei risposto…” è cauto Deidara, non vuole ferirlo. Sa che con quelle parole lo spezzerebbe. In fondo è una delle persone a lui più care.

“Dimmi la verità” sussurra Hidan sfidandolo. Gli prende il polso e lo stringe, forse per avere un appoggio, per non crollare a terra. Toccare Deidara, però, sembra farlo stare peggio. Ma lui - come già detto - sembra essere un masochista. Stringe ancora più forte la presa.

“Sai bene la risposta” prova ad allontanarlo per recuperare spazio. Nota che c’è qualcosa che non va nel ragazzo. Vede i suoi occhi spegnersi.

 “Voglio sentirtelo dire!” continua mentre le prime lacrime calde gli rigano le guance.

Deidara chiude gli occhi e “non starei mai con te, mi dispiace” ammette.

Li riapre solo quando non sente più la pressione sul suo polso ed un cupo bagliore nero riempie la stanza. Per Deidara è un’esperienza surreale. Prova a toccare Hidan su una spalla ma quest’ultimo riesce soltanto a portare le mani sul suo viso prima di cadere a terra, avvolto dalle stelle nere. Nero come tutto il resto.



Credeva di poter prendere per il culo questa stupida malattia. Credeva di poter riavere di nuovo una vista perfetta, senza imperfezioni e con ogni colore al posto giusto. Sarebbe tornato a casa e avrebbe dimenticato l’amore che provava per Deidara. Sarebbe bastato un altro ragazzo al suo posto. Si era convinto dopo ore passate a fissare la luna piena, in una delle tante notti insonni. Ormai non poteva succedere nulla tra loro quindi perché non mettersi l’anima in pace?

Voleva sempre fare il duro ma quando le lacrime - quel tipo di lacrime - arrivavano a fargli visita durante le giornate - o le infiniti notti in solitudine - sembrava che la sua corazza potesse sciogliersi come burro fuso.

 Aveva sempre avuto una stupida speranza, aveva immaginato che tutto questo fosse uno stupido scherzo. Adesso tutto ciò che poteva vedere era il nulla. Nero come l’abisso. Ad occhi chiusi o aperti il colore era sempre quello.

Sentiva, però, i singhiozzi di sua sorella accanto a lui, con la mano stretta nella sua. Le preghiere rivolte a divinità che forse neanche ascoltavano per fargli riacquistare la vista. Come se i miracoli potessero accadere sul serio.

 “Perdonami” le dice cercando di metterle una mano tra i capelli. Chissà se ricorderà per sempre i capelli albini della sorella, come fossero più chiari dei suoi e sempre tagliati male. “Perdonami per tutto questo, me lo merito”.

Non era stato abbastanza forte e adesso le conseguenze erano arrivate al limite massimo. Almeno era ancora vivo. Dopo quel tremendo dolore credeva davvero di morire: la stretta al cuore, la gola stretta in una morsa, la testa che stava esplodendo, lo svenimento. Gli occhi di Deidara nei suoi, terrorizzati.

Non avrebbe più rivisto Deidara. Non avrebbe più visto nulla.

Come un memento la vista è andata via. Le parole della canzone che lo aveva ossessionato per settimane gli rimbombano nella testa.

   
 
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