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Autore: Esthel_    24/08/2009    1 recensioni
[SagaxNao]'' ...Ti sentii sospirare, aprii gli occhi e ti vidi distrattamente distaccarti dalla spalliera della poltrona, alzarti, spengere la sigaretta nel posa cenere sul comodino, avvicinarti al letto, sedendoti con lentezza, a fissarmi con quei tuoi grandi occhi marroni che sembravano brillare, e i tuoi capelli sembrare oro. Smisi di respirare, senza nemmeno accorgermene, come se ormai fosse un gesto automatico del mio copro. Dovevo incominciare a preoccuparmi? ...''
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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acqua e sale

‘’ Semplici e un po' banali
io direi quasi prevedibili e sempre uguali
sono fatti tutti così
gli uomini e l'amore ’’

.+.+.+.

 

Ricordo solo la pioggia.
Fredda e sottile, cadere incessante sulle nostre teste, tranquilla, con estrema lentezza, a delineare i contorni del tuo viso, freddo e bianco. 
Ricordo come le nostri mani bagnate e gelide,  si riscaldavano tenendosi unite, come si stringevano dal timore di dover perdere improvvisamente il calore dell’altro.
Ricordo  come quella pioggia fosse così dolce sulle tue labbra schiuse, che mi sorridevano quasi tremanti, ogni volta che mi concedevi di  respirare. 
Ricordo gioia, amore, passione.
Ricordo un letto, questo stesso letto.
 Ricordo il sapore della tua pelle mista tra acqua e sale, i tuoi capelli bagnati solleticarmi il collo, il tuo corpo smozzarmi il respiro, il tuo sguardo sconnettermi la mente, le tua labbra bruciarmi la pelle.
E poi calore.

 

Tepore.
Un tepore mi invadeva in quella stanza illuminata di un colore rassicurante, caldo, dorato, in quella sera d’inverno. Le coperte mi coccolavano amorevolmente nel loro abbraccio, regalandomi un po’ di sollievo e conforto, chiudendo gli occhi e lasciarmi libero di sonnecchiare, sconnettendo la mente per un po’ .
Credo che sobbalzai quando sentì il rumore della porta sbattere, quando avvertii il tuo passo essere stranamente pesante, come incominciasti a fare così fastidiosamente rumore, urtando o sbattendo la prima cosa che ti ritrovavi davanti. Fui costretto ad alzarmi, ma appena lo feci sentii la testa girarmi e la schiena farmi male.
Mi stropiccia gli occhi, mi voltai alla mia destra e vidi come la città nera fosse contornata da miliardi di puntini luminosi e colorati. 
E come un fantasma, feci la tua comparsa. Non avevi nemmeno bussato, non avevi nemmeno fatto il ben che minimo rumore questa volta, perché sapevo che ti divertivi a farmi perdere un paio di battiti del  mi cuore, a stravolgermi a tuo piacimento. E non mi avevi nemmeno guardato.
Ti seguii con lo sguardo, ti vidi quasi sprofondare sulla poltrona rossa di fianco al mio letto, proprio vicino alla vetrata, a contemplare perplesso la città, quella città che man mano ci uccideva, con la sua vita frenetica, i suoi ritmi, i suoi doveri e i suoi obblighi.
Accendesti una sigaretta, chiusi gli occhi, mandasti la testa contro lo schienale della poltrona rossa, e lasciasti che una nuvoletta di fumo uscisse dalle tue labbra, alzando una mano a massaggiarti la tempia. Eri nervoso.

<< Cosa c’è? >> chiesi a voce roca, quella poca voce che mi era rimasta.
<< Ho mal di testa >> risposi distaccato.
<< Per questo sei tornato prima dalle prove? >>
<< Non solo >> una risposta vaga, irritato.
Annuii lentamente, distaccando lo sguardo dalla tua figura, e scese il silenzio tra noi, accompagnato da un lieve ricordo di pioggia.
<< Tu come stai? >> mi domandasti tutt’un tratto, distrattamente.
<< La febbre è scesa. Ora sto meglio >>
Silenzio, occhi ancora persi nel vuoto.
<< Non dovevamo giocare come idioti sotto la pioggia >> borbottasti.
<< E’ stato bello invece >> risposi, sorridendoti lievemente, rapidamente. Era impossibile sorriderti sinceramente davanti a tale espressione spenta e distaccata, era come se mi trasmettessi le tue stesse emozioni, sensazioni.  

Cominciavo davvero a non capire gli esseri umani e l’amore.
Siamo fragili, imprevedibili e banali. Non è vero, Saga?

Distaccai nuovamente lo sguardo su  di te, adagiai la testa sullo schienale del letto e chiusi gli occhi, restando in silenzio una manciata di minuti.
<< Saga? >>
Nessuna risposta.
Continuai.
<< Saga…Potrei venire a conoscenza degli altri motivi per cui sei tornato prima, e così irritato? Potrei cercare di aiutarti in qualche modo? >> sussurrai.
Ti sentii sospirare, aprii gli occhi e ti vidi distrattamente distaccarti dalla spalliera della poltrona, alzarti, spengere la sigaretta nel posa cenere sul comodino, avvicinarti al letto, sedendoti con lentezza, a fissarmi con quei tuoi grandi occhi marroni che sembravano brillare, e i tuoi capelli sembrare oro.
Smisi di respirare, senza nemmeno accorgermene, come se ormai fosse un gesto automatico del mio copro.
Dovevo incominciare a preoccuparmi?
<< Aiutami e basta, non cercare di scoprire cosa mi turba, cosa mi tormenta, qualcosa di irrazionale e futile >> feci una pausa. Io ero incapace di muovermi.
<< Curami, aiutami >> sussurrasti, sibilando perfettamente l’ultima parola.
Credo di essere diventato una statua di cera, ferma e immobile con il respiro arrestato e lo sguardo perso, vuoto.
Ero nuovamente caduto sotto il tuo incantesimo.
Saga, il mago.
<< Ti aiuterò >> ero riuscito a risponderti, strozzato e senza fiato.

Non osasti aspettare nemmeno un minuto, che avvertii immediatamente il calore della tua mano sulla mia pelle, afferrare e intrecciare delle ciocche dei miei capelli, sentire il tuo fiato caldo sfiorarmi le guance come un sottile solletico, e guastare il sapore delle tue labbra. Mi feci stendere rapidamente sul letto, ti posizionasti sopra di me e capì immediatamente che ero ormai caduto  nella tua morsa, nella tua salda presa da qui la parola scampo non esisteva, non aveva nessun significato. Presi entrambe le mie braccia e le unisti, bloccandole con una tua mano, con forza, mente l’altra prese ad esplorare il mio corpo, sollevando il leggero tessuto della mia maglia che lo copriva, facendo aderire più perfettamente la tua pelle sulla mia, con decisione. La tua lingua aveva intrappolato la mia, le tua labbra ancora una volta mi avevano impedito di riprendere fiato anche solo per 3 secondi, la mia schiena si era inarcata in avanti, scontrandosi con il tuo corpo, la mia testa andò al indietro, lasciandomi fuggire un lieve lamento ovattato dalle tue labbra.
Stavi incominciando a sconvolgermi.
Concedendomi il dono di respirare  improvvisamente,  per ricadere sulla mia pelle, a creare percorsi immaginari con le tue labbra, le tue mani.
Impazzivo, il respiro era incontrollabile.  
Mi prendi, mi blocchi, facendomi  male e poi godere.
Mi rapisci e mi sconvolgevi a piacimento.
Afferrandomi in modo  alternato come le corde del tuo basso.
Facendomi esplodere e impazzire come nei tuoi assoli.
Il calore  e l’odore della tua pelle nuda mi inebriavano la mente, mi stordivano. Il peso del tuo corpo mi schiacciava, mi sfiniva, le mie mani sembravano graffiare le tua schiena, come a volerti sentire ancora più vicino, più dentro al mio corpo, in fondo all’anima. I respiri impazziti, erano sincronici, si fondevano in un unico suono.
Non osasti lasciarmi nemmeno impercettibilmente quando usciti dentro di me, mi tenevi ancora saldo per i fianchi, non lasciandomi ancora nessuna via di fuga. Eri imprevedibile.

<< Devi guarire presto, Nao. Odio andare in sala prove senza di te >> sussurrasti, ancora ansimanti tra l’incavo del mio collo, e i tuoi capelli solleticarmi le guance. << Non lasciarmi ancora >> aggiunsi poi, implorante.  Sorrisi ironico.
<< Nessun simile pensiero mi ha mai attraversato questa povera mente malata, Saga >> ridacchiai, ritrovando fiato.
<< Ho bisogno di te, Saga. Sei la mia spina dorsale che mi tiene in piedi a questo mondo >>.
 Ti vidi alzarti, osservarmi attentamente con i tuoi capelli color sabbia in rivolta, la tua pelle diafana brillare sotto la luce dorata, e le labbra rosse sfoggiare un sorriso sghembo.
<< E tu il cuore che mi tiene ancora in vita >> soffiasti, prima di depositare un leggero bacio sula mia fronte.
Ma alla fine, sono sempre io a pagare le pene di questo amore che mi stravolge l’anima, e mi fa innamorare di te.     

  
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