Late night talks

 
L’arrivo dell’estate aveva portato a Londra nuvole cariche di acqua e una brezza che più si addiceva alle prime settimane di ottobre. Su Grimmauld Place la pioggia cadeva incessante da quasi un’ora e la fioca luce dei lampioni non rendeva giustizia alle graziose villette del quartiere.
Remus Lupin, rabbrividendo nel suo maglione rattoppato, si allontanò dalla finestra e da quell’atmosfera angosciante che sembrava rincorrerlo ovunque andasse. O, più probabilmente, era la sua stessa natura, doppia e sofferente, a spegnere anche la più piccola scintilla di luce in cui incappava.
Da quando aveva preso a gironzolare intorno a lui, persino i capelli di Tonks erano diventati grigi.
Un movimento un po' goffo, proveniente dal divano, gli fece ricordare che era sempre stata nel salone della Villa insieme a lui, e che forse aveva passato tutto quel tempo a osservarlo, mentre a sua volta lui si accertava che nessun essere incappucciato sbucasse da un qualsiasi angolo del quartiere.
Si aspettò una battuta, una presa in giro scherzosa e priva di malizia, quasi ci sperava. E invece rimase zitta, con le gambe strette al petto, in un atteggiamento innocente che gli ricordava quanto più piccola fosse rispetto a lui e a quanto,  in un modo tutto suo, stesse metabolizzando gli eventi degli ultimi giorni.
Si sentì osservato ma si obbligò a non ricambiare il suo sguardo, improvvisamente accerchiato da dubbi, insicurezze e speranze a cui non voleva aggrapparsi ma che puntualmente ricercava quando il dolore si affievoliva e tornava ad essere un normale essere umano, con dei sentimenti e delle emozioni autentiche.
«Se hai bisogno di qualcosa, mi trovi al piano di sopra.»
Non era quello che voleva dirle ma solo ciò che le insicurezze nei suoi confronti riuscirono a mettere insieme.
Non ebbe il bisogno di guardarla, né di una sua risposta, per sapere che l'aveva delusa o rattristata ancora di più, ma al momento non poteva offrirle nient'altro che non fosse amarezza o dolore, e lei non meritava nessuna delle due cose.
 
 
Mezz'ora più tardi la trovò ancora lì, accovacciata sul divano mentre agitava pigramente la bacchetta in chissà quale fantasia incantata. Non volle indagare, ma per un attimo gli parve di intravedere una piccola sfumatura viola tra i suoi
capelli grigi, prima di spegnersi di nuovo.
Non le diede tempo di rimanerci male, semplicemente le mise una tazza di cioccolata calda sotto il naso sperando che la accettasse senza fare troppe domande.
Il suo volto abbandonò l’apatia e all’improvviso si riempì di curiosità.
«Quando…? Credevo fossi andato di sopra.»
«Bevi e basta, d'accordo?» tagliò corto lui, ignorando l'imbarazzo che stava provando.
«L'hai preparata tu?» chiese Tonks sollevando un sopracciglio.
«L'ho preparata io, sì.»
La giovane afferrò finalmente la tazza e si prese qualche secondo per respirare l’aroma intenso della cioccolata. «Interessante, non è che stai cercando di drogarmi e poi uccidermi una volta che sarò in coma?»
Remus sbuffò divertito «Magari la prossima volta, se continui a fare domande. Che ne dici?»
«Non lo faresti mai, tu sei come quel tizio famoso tra i babbani... Billy Wonka, o come si chiama.»
«Billy Wonka?»
«Sì, uno fissato con la cioccolata... me l'ha raccontato Hermione, un tipo strano e un po' paranoico, ma pur sempre una brava persona.»
Remus volle tenere per sé le sue considerazioni a riguardo, ma per una volta decise di fare un passo indietro da sé stesso e uno in avanti verso Tonks.
«Non me ne intendo di storie babbane,» disse prendendo posto al suo fianco sul divano e poggiando stancamente la testa sullo schienale «ma la cioccolata arriva dove non arrivo io e so per esperienza personale che dopo averla bevuta ti sentirai meglio.»
Si voltò appena verso di lei e incrociò il suo sguardo appena lucido «Sto già meglio…e non l'ho neanche assaggiata, pensa un po'.»
I suoi capelli erano ancora di un grigio spento, eppure sembravano brillare di una luce nuova e non era sicuro che i suoi armeggi con la bacchetta c’entrassero qualcosa.
Per un po’ rimasero in silenzio, avvolti da una quiete che affrontavano entrambi per la prima volta dopo la battaglia al Ministero. Un vuoto che toccavano per mano solo adesso e che faceva più rumore che mai.
«Non avremmo potuto salvarlo, Tonks» disse improvvisamente Remus.
La vide sussultare e capì che stava pensando la stessa cosa.
«Lo so.»
Non trovò la forza per opporsi al suo gesto e lasciò che adagiasse la testa sulla sua spalla, offrendole il calore di cui avevano bisogno entrambi. A un tratto la sentì mormorare qualcosa, senza però capirla.
«Come?»
«Ho detto: grazie per non avermi chiamato Nymphadora.»

 *

 
 
 
 
 
NdA
Buonasera fandom!
Alla veneranda età di ventisei anni e nell’anno più funesto di sempre riesco ad approdare su questi lidi con la solita fortuna che mi contraddistingue: affezionarmi a due personaggi con una storia meravigliosa e che a tempo debito muoiono malamente :’)
Scherzi a parte, o forse no, Remus Lupin si è guadagnato un posticino nel mio cuore da ormai diverso tempo e per me è stato un piacere enorme scrivere di lui (e Tonks), soprattutto perché sono passati mesi dalla mia ultima pubblicazione su Efp.
Temo inoltre di essere andata un po’ OOC, ma vi chiedo di essere clementi con me visto che non ho mai, mai, mai scritto su questo fandom. Se però lo preferite, lanciatemi pure addosso un cestino di arance :’)
 
Approfitto di queste note per fare anche un saluto alle mie bagarozze preferite: Leila91 e _Lightning_ che in questi mesi mi hanno sempre supportata tantissimo nonostante la mia presenza su Efp si sia drasticamente ridotta. Ciao amiche, e grazie <3
 
Ora che vi ho ammorbato abbastanza, chiudo le note e vi ringrazio se siete arrivati fin qui, spero che la storia vi sia piaciuta :)
Alla prossima,
 
_Atlas_