Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Gaia Bessie    28/12/2020    14 recensioni
In un futuro in cui Draco Malfoy è morto, Hermione scrive una lettera alla sé stessa del passato con un solo scopo: riuscire a salvarlo.
Oggi, hanno trovato Lucius Malfoy impiccato nel proprio studio al Manor.
«Potremmo andare insieme, ad Hogsmeade, ti va?».
Ti prego, Hermione, non invitarlo a passeggiare per Hogsmeade con te per nessun motivo al mondo.
[Seconda classificata al "Falling in and out of love" contest indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP.]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Attenzione: la storia presenta riferimenti al suicidio, se siete particolarmente sensibili a tale argomento, saltate a piè pari. 
La storia è parzialmente ispirata dal Manga Orange, ma non fa spoiler sulla trama.
Ambientazione: settimo anno, post-guerra.



L’autunno non esiste, ti dirà, e allora comprenderai che sarà già abbastanza disperato per divenire cumulo di foglie e macerie.
Draco ha il cuore in tempesta e tu non ne hai idea, non l’avrai mai, di quanto quel vento possa esser lama tagliente e pensiero incessante, dentro di lui. Portalo via da sé stesso, oppure a dicembre smetterà di esistere come l’autunno stesso.
H.
 
Hermione rigira il foglio di pergamena tra le mani, sgomentata.

 
L’autunno non esiste (Foglie accartocciate)
 
 
L’amore e la morte cambiano ogni cosa.
(Khail Gibran)
 

[10 ottobre]
 
Cara Hermione,
Questo pomeriggio, troverai Draco Malfoy seduto in biblioteca, da solo: siederà lì ogni giorno, d’ora in poi, e tu lo vedrai piangere sui libri in silenzio. Quindi, ti prego, oggi
 
«Malfoy?» Hermione scivola su una sedia, senza fare rumore. «Va tutto bene, tu stai…».
Le mancano le parole. Perché Draco Malfoy, nell’angolo più remoto e nascosto di tutta la biblioteca di Hogwarts, sta piangendo. Singhiozzi silenziosi lo scuotono, privandolo del respiro, e sporco di rosso è quel viso diafano, come lo sguardo macchiato ancora dall’ultima ombra di lacrime che lei non fa in tempo a vedere, ma di cui annusa la presenza a marchiarlo sottopelle.
La guarda. Spaventato, colto sul fatto, Malfoy le restituisce una smorfia incerta e s’asciuga l’ultimo residuo di pianto dal viso – è dimagrito, constata lei, ogni mano è una foglia secca che s’infrange lungo il confine delle ossa.
«Non sono affari tuoi, Granger» tossisce, atono. «Sto bene, non devi mostrarmi la tua pietà. Qui non c’è nessuno a guardarti, comunque».
«Non è pietà» lo riprende lei, compitamente. «Ma penso che nessuno meriti di piangere da solo, nascosto da libri di… da quando segui Babbanologia, Malfoy?».
A lui esce un sorriso, che è più un’incrinatura sul suo viso arrossato, ma dura così poco che lei non saprebbe dire se l’ha vista per davvero o se l’è solamente immaginata.
«Da quando mia madre ha salvato il culo a Potter» ribatte, pensieroso. «E ha deciso che le convinzioni dei Purosangue sono valide quanto cartastraccia».
«Una scelta valida» constata lei, rimangiandosi un sorriso che le increspa il viso. «Tua madre è perseverante, Malfoy».
Draco ride, questa volta sul serio, non v’è più traccia di lacrime sul suo volto, sebbene esso preservi una traccia di sofferenza ancora visibile controluce.
«Mia madre ci seppellirà tutti quanti, Granger» risponde lui, ironicamente. «Sicuramente, seppellirà almeno me e mio padre».
 
non parlargli.
Puoi farlo per tutti i giorni che verranno, anche più volte al giorno: quel che ti chiedo è, oggi, di lasciarlo stare. Non ha bisogno di te, sei davvero l’ultima persona di cui avrà bisogno oggi.
 
«Come mai ti sei rinchiuso qui, da solo?» gli domanda, istintivamente. «Oggi è una bella giornata, avevamo il permesso di andare ad Hogsmeade».
Lui sospira, stremato. S’è costruito un castello di pergamena e cartastraccia, piegata in santini, di fronte a sé: come se la parola scritta riuscisse a confortarne i pensieri e, allora, legger bulimicamente fosse l’unica via per riscoprirsi vivo – persino uno stupidissimo manuale di Babbanologia.
«Non era giornata» risponde, semplicemente. «E tu perché sei qui a domandarmi perché sono rinchiuso nel tuo stesso posto?».
 
Non la capirai subito, quell’implicazione, ma Malfoy conosce perfettamente il dolore che si prova nel perdere un genitore.
Oggi, hanno trovato Lucius Malfoy impiccato nel proprio studio al Manor.
 
«Potremmo andare insieme, ad Hogsmeade, ti va?».
 
Ti prego, Hermione, non invitarlo a passeggiare per Hogsmeade con te per nessun motivo al mondo.
 
***
 

[15 ottobre]
 
Sparirà per quattro giorni, prima di resuscitare al quinto secondo le Scritture: per quattro giorni ti domanderai che fine abbia fatto, perché lo vedrai ovunque e da nessuna parte. Tu non puoi saperlo, ma in quei giorni è tornato ad aiutare sua madre a seppellire suo padre, e ne tornerà cambiato.
Se avrai fatto come ti ho scritto, nei giorni precedenti, Lucius sarà ancora vivo. Se così non fosse, vuol dire che hai parlato con Draco e, lui, è venuto a Hogsmeade con te.
Avete passato un bel pomeriggio e t’è sembrato stranamente normale, come se il passato avesse improvvisamente smesso di contare: siete stati investiti dal vento gelido, una valanga di foglie secche imbevute di pioggia, è stato bello.
Ma, mentre voi passeggiavate per Hogwarts, suo padre esalava i suoi ultimi respiri. Avrebbe potuto impedirlo?
Io questo non posso saperlo ma, e di questo ne sono certa, se lui non fosse venuto a Hogsmeade con te, sarebbe tornato a casa per il compleanno di suo padre (e ha scelto di non farlo: qualcosa, in questo mondo, dovrà pur significare).
 
«Sei sparito».
Lo dice come amara constatazione, mentre un brivido di terrore le frammenta la colonna vertebrale in sussurri. Ha letto la lettera, Hermione, e non v’ha creduto.
Ma adesso Draco Malfoy la guarda con uno sguardo così perso che lei non sa cosa fare, cosa dirgli, se non pensare che sia vero – è il viso di un ragazzo che ha appena perso il padre, e lei non ha fatto niente per impedirlo.
Ha ignorato quella lettera, uno scherzo di cattivo gusto. Eppure. Eppure il dubbio che Lucius Malfoy si possa davvero esser strozzato con le proprie mani non l’abbandona, lo vede scolpito nello sguardo assente di suo figlio e, allora, un frammento di rimpianto le avvelena un po’ il cuore.
«Non pensavo avresti sentito la mia mancanza» commenta lui, con una vena d’ironia che ne sfigura la voce. «Non siamo nemmeno amici, Granger, al massimo provi una pietà che è… fuori misura».
«La pietà muove il mondo» constata lei, con un sorriso che vorrebbe essere divertito. «Ma non hai risposto alla mia domanda».
«Non era una domanda» la rimbecca lui, chiudendo il tomo su cui stava studiando. «Era un’affermazione».
 
Ti sembrerà strano, ma cercherà di non farti comprendere quanto stia soffrendo: imparando a conoscerlo, lo capirai. Che in realtà quella notizia l’ha dilaniato, insieme alla consapevolezza di non aver potuto far niente per impedirlo.
Penserà a quando ha sorriso, durante la vostra prima passeggiata ad Hogsmeade, e se ne pentirà con tutto sé stesso.
Stai con lui, Hermione. Anche se ti respingerà in ogni modo che conosce, ti prego, non lasciarlo scivolare via.
 
«Non sparire più» lo rimbecca lei, sorridendo. «Pensavo ti avesse inghiottito la piovra del Lago Nero, o qualcosa di simile».
Lui ride, nell’ennesimo suono rotto e spezzato che il suo corpo è in grado di produrre – e che, forse, è il medesimo sono ch’ha fatto il suo cuore, quattro giorni prima.
«Noi non siamo amici, Granger» sussurra, a capo chino. «Non so cosa tu possa fartene, di me».
 
***
 

[20 ottobre]
 
Oggi sarà un giorno importante, per Draco: tu non lo sai – non te lo ha detto – ma oggi è il compleanno dell’unica persona di cui si sia mai innamorato.
Asteria Greengrass ha quindici anni e non un pensiero in testa: è figlia dei Purosangue meno Purosangue in tutta la società magica e, in quanto tale, detesta i Mangiamorte con tutta sé stessa. E, anche se Malfoy non ne ha idea, detesta segretamente anche lui.
Le chiederà di uscire.
Fai in modo che non lo faccia, Hermione: in due modi differenti, ma in qualche modo complementari, ve ne pentirete entrambi. Anche se ancora non te ne puoi ancora rendere conto.
 
«Ti sei pettinato, Malfoy?» Hermione ride, ha i capelli raccolti in uno chignon disordinato. «Hai un appuntamento o lo hai fatto per me?».
Perché disordinata è la sua psiche che cerca di decifrare quella lettera, quelle istruzioni, e ancora fatica a crederci. Eppure, la notizia della morte di Lucius Malfoy è stata riportata dal Profeta e, anche se lui non ha mai detto una parola in merito, lei sa che Draco ha presenziato ai funerali senza versare una lacrima. Forse, non ne avrebbe avuto la forza.
La vede ancora, quella profonda incrinatura nel suo sguardo, lasciata lì da quel senso di profonda impotenza che deve averlo assalito. Hermione la vede e se ne dispiace: se solamente avesse dato credito a quella lettera, trovata per caso nel proprio libro di Pozioni, allora…può ancora salvarlo da sé stesso, si dice. Può coglierlo come una foglia secca e ridargli luce e speranza, se mai lui dovesse permetterle di avvicinarsi (ancora).
«Sei egocentrica, Granger» risponde lui, a disagio. «Mi sembra ovvio che non farei niente del genere per te, ti odiavo fino all’altro ieri».
Lei ride.
È vero, pensa: se non avesse ricevuto quella missiva allora, forse, a lui non si sarebbe mai avvicinata con quella dolcezza un po’ amara che ha caratterizzato le loro discussioni fino a quel momento. In qualche modo che non comprende, la possibile morte di Draco Malfoy le tocca l’anima in un punto nascosto, invisibile, che duole e sanguina e s’apre come una porta verso un altro mondo, quello dove vivono loro.
Sono passati dieci giorni, da quando Hermione ha aperto quel plico di fogli, e ha compreso che aveva solamente un compito da svolgere: rendere felice Draco Malfoy, salvarlo da sé stesso. Eppure, per buona parte del suo tempo, lui è solamente inquieto. Non depresso o distrutto, ma ha qualcosa che lo carica come una molla e lo spinge a farsi male da solo.
«Implica che oggi non mi odi più» gli fa notare, con un sorrisetto consapevole. «Facciamo progressi».
Lui alza gli occhi al cielo. «Solo perché sei dannatamente insistente» le risponde, divertito. «E irritante, e…».
Lei lo interrompe con un sorriso divertito, togliendogli ogni parola. Draco sospira, scombinandosi i capelli, fino a quel momento pettinati all’indietro – Hermione non gliel’ha detto, ma non gli donano affatto – e le lancia uno sguardo pieno di sottintesi.
«La morte cambia tante cose» commenta infine, atono. «Non credi?».
Il sorriso di Hermione è stiracchiato, come i suoi pensieri: per una volta, o per un istante soltanto, anche a lei mancano le parole.
Anche l’amore, vorrebbe dirgli, ma non ne ha il coraggio: Malfoy ha uno sguardo talmente solo e disperato da impedirle di pronunciare quella parola. Lo capisce in quel momento che, in fondo, lo sa anche lui che quel pomeriggio Asteria Greengrass gli risponderà che lo odierà per tutta la vita che potrà vivere.
I Mangiamorte non amano, distruggono e basta – dirà così, con il bel viso contorto dallo sdegno – e tu sei uno di loro.
Lo è davvero?
 
Lei dirà di sì.
 
«Malfoy» lo chiama, tirandolo leggermente per una manica, facendolo voltare con aria perplessa. «Non andare».
Lui la osserva come fosse impazzita, ha la mente piena di cotonose fantasie su una ragazzina dal cuore congelato, e le restituisce tutti i dubbi che segretamente l’assaltano. Hermione abbassa il capo, disorientata – non può permettergli di andare da lei – ma non molla la presa sulla sua camicia.
«Sei impazzita, Granger?» le domanda, ma ha una vena di preoccupazione che gl’infetta lo sguardo. «Cosa c’è che non va?».
Lei sospira, ha la lettera che le brucia nella tasca come un avvertimento, e non riesce a lasciarlo andare via. Lo terrebbe per sempre con sé, se potesse, se significasse poterlo salvare da quei pensieri che affilati gli affettano la mente in sfilacci.
Fuori piove. È la giornata peggiore di quell’ottobre irreale, pensa, e sarà l’inizio di una serie di piogge che irriverenti annaffieranno le ferite, annacquando il sangue purissimo di lui e quello sporco e imperfetto di lei. Come foglie appesantite dall’acqua cadranno, senza fine e, allora, toccheranno il fondo bagnato di un terreno inumidito di tempesta.
 
Draco ha il cuore in tempesta, Hermione, anche se a malapena se ne rende conto. Basterebbe una minuscola, ulteriore, incrinatura per mandarlo in frantumi con uno scroscio di pioggia.
Non lasciarlo andare dalla Greengrass.
 
«Non andare» ripete, lei, a capo chino.
È una supplica che ferisce l’orgoglio, quella, ma non può nemmeno permettergli di andare via, ferendo entrambi. In verità, Hermione non ha paura delle ferite (quelle la vita le ricuce), ma teme di vederlo crollare davanti ai propri piedi, con il viso e il cuore squarciati da quella medesima vita che avrebbe dovuto ricucirlo. E non lo farà mai, perché Hermione vede quelle cicatrici che lo deformano, che impediscono al cuore di battere correttamente.
È un tonfo sordo e non pieno, come se persino il muscolo cardiaco si fosse arreso di fronte all’inevitabilità del fato. Ma lei, che s’è scritta una lettera da un futuro chissà quanto lontano, non può fare lo stesso – cambiare il presente, salvare Malfoy da sé stesso, riesce a pensare solamente a quello.
Non andare, gli ha detto.
Ma lui stacca lentamente le dita di Hermione dalla manica della propria camicia e sorride, imbarazzato.
«Andrà bene» commenta, a disagio. «Non ne farò un dramma, se dirà che non vuole stare con me».
 
La sua è solamente una stupida vendettalo ferirà in ogni modo possibile.
 
***

 
[31 ottobre]
 
Inizierà ad uscire con Asteria Greengrass. Tu inizialmente non te ne renderai conto, perché sei sempre stata così stupidamente orgogliosa da far male, ma
 
Draco non è felice.
Hermione lo nota il giorno di Halloween, in Sala Grande, mentre da solo siede di fronte a un piatto vuoto: perché Draco nemmeno mangia, in questi giorni e – così pare – l’unica ad essersene accorta è lei.
Come una foglia spezzettata Malfoy si china sui propri spigoli, ferendosi e stracciandosi, attendendo che Asteria Greengrass gli dedichi anche solamente la parvenza di uno sguardo. Ma lei, che s’osserva sul fondo del suo piatto e negli occhi di chiunque le rivolga la parola, non lo fa mai: è troppo presa da sé stessa, pensa Hermione, ma la persona che le ha scritto la lettera (sempre lei?) è di diverso avviso.
E quella consapevolezza, insensatamente dolorosa, le sconvolge l’anima e persino il cuore, costringendola a fare dei lunghi respiri profondi per non sentire quel pungolare fastidioso al centro esatto del petto.
 
ti sarai già innamorata di lui.
Perché è stupida e insensata, questa vita e forse anche questo amore, e tu (e io) hai sempre avuto bisogno di una causa persa in cui lanciarti – e, quella volta in biblioteca, scegliesti lui. Io sono stata ingenua, e avrai la tentazione di esserlo anche tu: ho inghiottito un rospo e frammenti di anima, per lasciarlo a lei, che ha scelto di ferirlo e odiarlo fino a ucciderlo.
Io non ne avevo idea, che Asteria Greengrass avrebbe finito per consumarlo come una foglia nella pioggia battente, ma adesso tu lo sai. E puoi salvarlo, egoisticamente puoi salvare te stessa, e ti prego di farlo.
Il trentuno ottobre, Draco ti chiederà se non farà meglio a lasciare Asteria. Ti guarderà negli occhi e ammetterà di non essere mai stato felice, con lei: tu avrai la tentazione di incoraggiarlo, di dirgli di provarci ancora e rimanere con lei. Ti prego, Hermione, non farlo.
Sii sincera, con lui, e lo apprezzerà.
 
«Penso che non ti renda felice» commenta Hermione, giocherellando con una piuma di zucchero. «E, allora, perché amare una persona che non può riamarti allo stesso modo?».
Per un momento, pensa di rivolgersi a sé stessa, ma inghiotte quel pensiero e sorride con le labbra sporche del dolce che sta mangiando. Gliele ha gettate sul tavolo, lui, quelle piume, dicendole di addolcirsi un po’ – lo zucchero non fa mai male, ha borbottato Draco, facciamo uno sforzo per portare dolcezza in quel giorno che pian piano s’addormenta.
Ma che dolcezza potrà mai avere, lui, con quella piega scontenta nella bocca ogni volta che un pensiero sfuggente lo coglie?
«Non puoi saperlo» sibila Draco, passandosi una mano tra i capelli. «Pensi sempre di sapere tutto, Granger, ma cosa sai di me?».
Lei lo guarda, annichilendolo: vorrebbe essere sincera – so che mi piaci, e vorrei stare con te – ma non le vengono le parole. Giocherella pensierosa con la piuma di zucchero, perché dolce è quella risposta che lei non sa come fornirgli, e si chiede che utilità abbia quel coraggio che le attribuiscono, se si scioglie via a ogni morso che la vita le dà.
È tutta sbocconcellata, dalla vita, ma Draco è morso e squarciato e dilaniato più di lei. Che è anche il motivo per cui lui non ha bisogno di Asteria Greengrass – che graffia e morde come la vita – ma di lei. Questo, però, non potrà mai dirglielo.
 
Se rimarrà con Asteria Greengrass, lo vedrai sfiorire, accartocciarsi come foglia secca davanti ai tuoi piedi. Draco non sarà mai riamato da qualcuno e, allora, penserà che nessuno sia in grado di farlo – e perderà la speranza, per sempre.
Lui ha bisogno di te, e tu di lui.
 
«So che lei non ti serve» commenta, coraggiosamente. «E tu non servi a lei».
«Sei utilitarista, Granger» risponde lui, ma ha un sorriso leggero che gli illumina il volto. «Pensavo avessi dei sentimenti anche tu, nascosti da qualche parte».
«Sono realista, Malfoy» ribadisce, lei, con uno sguardo insondabile. «Non ti rende felice, quindi non ti serve averla con te. Non puoi tenerla, se ti fa più male di quanto…».
Di quanto non faccia già la vita. Queste parole non riesce a pronunciarle, sarebbero altre cicatrici su quel cuore martoriato che come foglie sbriciolate cerca di rimettersi insieme, e allora Hermione tace. Ma lui ha compreso.
Annuisce, e una ciocca di capelli biondi, troppo lunghi, gli proietta un’ombra sbilenca sul volto. Lo taglia a metà, in un’altra cicatrice che la vita gl’incide sopra, facendolo sospirare per una fitta di dolore.
«Lo so» ammette, sorridendo a fatica. «Tu lo sai, quant’è brutto essere sempre infelici».
«Non capisco in base a cosa tu riesca ad affermarlo» risponde Hermione, piccata. «Tu non puoi saperlo».
Ne ripete le esatte parole, facendolo tremare, ma Draco Malfoy sorride – una ferita – e le sfiora il braccio con il proprio.
«Hai mollato Weasley perché non eri felice» commenta, atono. «E sei venuta qui. Ma non sei felice nemmeno così».
 
Perdonalo per quelle parole, Hermione, è solamente ferito (e, in qualche modo, sta dicendo una buona dose di dolorosa verità).
 
«Ho speranza di trovare qualcuno che mi renda felice» risponde Hermione, con amarezza. «E anche tu».
Draco vorrebbe dirle qualcosa – rendiamoci felici insieme – ma che senso avrebbe tentare di ricomporre una vita che è già tutta rotta, sbriciolata e seccata?
«Solo perché pensi che verrà l’estate» commenta, atono. «E ci saranno fiori e calore, e sarà meraviglioso. L’estate non esiste, Granger, così come l’autunno e la primavera».
Lei scuote il capo, vorrebbe toccarlo e infondergli così quel calore che a lui manca, nelle ossa, e appianando quei brividi che gli scuotono il cuore.
«E l’inverno?» domanda, conoscendo già la risposta.
«Credo sia l’unica cosa che esiste per davvero» sussurra Draco, piano.
 
Scoprirai che nevica sempre, da quando lui non c’è più: e non esiste più estate, primavera e nemmeno l’autunno. Qui è sempre inverno, e lui non c’è più.
No. È sempre inverno proprio perché lui non c’è più.
 
***

 
[10 novembre]
 
Oggi è il giorno peggiore di tutti, per Draco.
Un mese fa, ha perso suo padre: io non l’ho ricordato subito e, quando ci sono riuscita, era infine troppo tardi.
Oggi Draco sarà taciturno, irritabile, ti dirà che ti preoccupi troppo e troppo poco, e salterà tutte le lezioni meno una. A Pozioni, dovrai portarlo in infermeria perché ha ingerito (non ho mai saputo se volontariamente o meno, non ho mai avuto abbastanza coraggio per chiederglielo) estratto di stramonio puro.
Non andate a lezione, quel giorno. Portalo a vedere il parco precocemente innevato, fagli sentire quant’è bello respirare, chiedigli di continuare a farlo. Obbligalo, se necessario.
Mi piacerebbe che tu fossi in grado di dirgli che ti stai innamorando, che ti sei innamorata, di lui. Che in questo tempo assurdamente ripiegato, vorresti poterlo salvare, che lo farai se lui te lo permetterà.
 
«Abbiamo lezione, Granger» Draco oggi sembra provato, stanco, e le parole faticano a uscire. «Faremo tardi, pensavo che odiassi essere in ritardo».
Lei sorride, un po’ forzatamente – odio sapere che oggi potresti morire, vorrebbe rispondere – e lo tira per la manica della camicia, fuori dal castello, stringendosi nel proprio mantello. Malfoy sembra immune al freddo.
Forse, riflette tristemente, ha già abbastanza gelo dentro di sé, sebbene sia solamente novembre: ma l’autunno ha smesso di esistere per lui e, allora, lei rabbrividisce. Vorrebbe quasi che fosse in grado di farlo anche lui.
«Importa davvero?» domanda lei, calciando una foglia secca. «Oggi potremmo anche non andarci, a lezione».
Draco la guarda, sorpreso, prima di sfiorarle la fronte con il dorso della mano. «Non hai la febbre» mugugna, perplesso. «Allora devi essere definitivamente impazzita».
Hermione sorride, a disagio. «Non hai bisogno delle lezioni, oggi» constata, con dolcezza. «Ho pensato che, però, potesse servirti della compagnia».
A lui si strozza il fiato in gola, ha ancora la mano dolorosamente vicina al volto di lei, avrà il coraggio di sfiorarla nuovamente?
Abbassa lo sguardo, ha il cuore fragile come una foglia secca e altrettanto raggrinzito, e fa male sentirlo così rotto e accartocciato. Forse, dentro di lui, l’autunno inizia a esistere.
«Non avresti dovuto» le sussurra lui, scuotendo il capo biondissimo. «Una morte non cambia niente. Le persone muoiono ogni giorno».
Lei alza una mano, trova il coraggio per sfiorargli il viso in una carezza appena accennata, ma che gli riporta il sole in volto. «Cambia per te» risponde, sicura. «E, allora, cambia qualcosa anche per me».
Draco strabuzza gli occhi, incredulo, inghiotte delle parole che prepotentemente s’affacciano sulla soglia delle labbra e premono, lì, per uscire.
«Vorrei stare con te» borbotta Hermione, imbarazzata. «Almeno per oggi. Non lo ammetterai mai, ma oggi ti servo».
Lui annuisce, lentamente, come per soppesare quelle parole cui non riesce a credere. «Oggi sì» ammette.
Non avrebbe mai pensato di poter dire a Hermione Granger di avere bisogno della sua compagnia, di lei, ma quelle parole fuoriescono come un fiume in piena e lo stordiscono, fanno male, sono insieme ferita e cura per quel cuore che s’accartoccia e si frantuma come una foglia sotto allo scarpone.
«Oggi ho bisogno di te».
 
Questa sera, Draco cercherà Asteria Greengrass e tu non sarai mai capace di perdonarlo per questo.
A meno che…
 
«Anche io» ammette Hermione, a capo chino. «So che per te è un giorno difficile, oggi, ma…».
Prende un respiro, le parole fluiscono liberamente come aria nei polmoni, e lei è semplicemente pronta a dirgli tutto quanto. Anche se non sa se lui sia pronto ad ascoltarla.
«Lo so» risponde lui, interrompendola. «Ma non possiamo».
Lei è ferita, certo che lo è, lo guarda come se in quelle tre parole abbia nascosto qualche insulto e le manca il respiro.
«Certo che possiamo» sibila, lanciandogli uno sguardo indecifrabile – e facendolo tremare. «A meno che non sia per lei».
Draco scuote il capo, un brandello di lacrima vola via con quel movimento, e la guarda dritto negli occhi (asciutti). Quando Hermione ricambia lo sguardo, lo trova definitivamente e sinceramente dispiaciuto, come se quel rifiuto toccasse nel profondo anche lui.
Forse, gli dice quell’ombra che l’accarezza e finalmente lo fa rabbrividire, lo fa per davvero. Forse è che dentro Draco è solamente inverno, e lei non sa come fare a disgelarlo, a scongelarlo via di lì.
«Non è per Asteria» storce la bocca, nel pronunciarne il nome. «Ma non posso permettertelo, Granger».
«Tu non devi permettermi niente» risponde lei, orgogliosa. «Decido io quali sono le cose che posso permettermi, e tu…».
Draco sorride, sembra che quel semplice movimento possa spezzargli in due il volto, deformandolo per sempre. Le posa un dito sulle labbra, dolcemente, una dolcezza strana che lo ferisce al pari di quel sorriso e, per un secondo solamente, gli fa dimenticare il guaio dei per sempre – la durata superiore a quel secondo in cui lei gli ha riscaldato il cuore, facendogli credere che l’autunno possa esistere per davvero.
«E io ti dico che non posso rovinarti in questo modo» sussurra, arrossendo leggermente. «Torna a fare la fidanzata di Weasley, Granger: non farti trascinare via con me».
«Non voglio» risponde lei, cocciuta. «Io… sono grande abbastanza per fare le mie scelte, Draco».
Lui spalanca gli occhi. Ha detto il suo nome, infrangendo quella barriera che s’erano costruiti attorno, per mantenere quella sorta di distacco che v’era sempre stato tra di loro. Apparenza, forse, inganno. Tutto ciò che poteva essere, una possibilità, lei l’ha distrutto pronunciando una singola parola. Il suo nome.
E Draco la guarda e non si sente più. Non si sente muovere un passo, avanzare verso di lei e prenderle il viso tra le mani, guardarla negli occhi.
Accetta di non sentirsi, finché potrà ancora sentire lei che respira vapore e freddo condensato, mentre lui lentamente s’avvicina e timidamente le sfiora le labbra con le proprie.
 
A meno che tu non riesca a dirgli che ti piace, che lo senti, e vuoi stare con lui. Te lo giuro su me stessa, Hermione, prova le stesse cose: te lo scriverà nella sua ultima lettera, prima di sparire nel nulla a fine dicembre.
Vorrei che te lo dicesse Draco stesso, piuttosto che vederlo scritto su pergamena, con inchiostro sbavato e lui che non c’è più.
 
***

 
[20 novembre]
 
Draco torna a casa.
Dietro di sé lascia Hermione, senza risposte, con una marea di dubbi irrisolti che le sbocconcellano i pensieri con esasperante lentezza. Torna a casa e non le lascia nemmeno un biglietto, sparisce e basta, senza spiegazioni, senza niente.
Lei l’aspetta. Silenziosa si aggira per Hogwarts con il cuore vuoto e un plico di fogli di pergamena, scritti con la sua grafia (che di quella missiva ne tradisce l’urgenza), tra le mani.
Silenziosa, sì, perché ha le labbra ancora strette tra di loro mentre assapora un bacio che pian piano è sbiadito dal suo viso, ma mai dalla sua memoria.
E lui è fuggito, certo che lo ha fatto, lasciandola da sola a combattere con il suo fantasma che la perseguita in ogni sogno e in ogni pensiero, privandola del fiato e delle parole. Nella lettera non v’è quest’avvenimento diverge dalla realtà che Hermione sta vivendo: muta, il futuro, si sveste della pelle che ha indossato finora e cambia silenziosamente. Ma lei vorrebbe solamente avere delle risposte e sapere quando, se, Draco Malfoy tornerà ad Hogwarts.
Asteria Greengrass vaga per il castello con aria immensamente soddisfatta.
 
Tornerà a casa per qualche giorno, promettendoti di scriverti: il senso di colpa lo divora, lo sai, è conscio d’aver sbagliato ad andare con la Greengrass. Preparati, Hermione, non ti scriverà nemmeno una volta, nemmeno per errore o dimenticanza, e tu rimarrai ad attenderlo.
A casa, Draco riscoprirà la parte peggiore di sé stesso, quella che s’è rifiutata di tornare a casa per salutare suo padre malato (per rimanere con te: qualcosa significherà, e ormai lo sai) e che continua a domandarsi se sia errore o peccato mortale odiare il padre morto e malato, proprio perché è stato malato ed ora è morto.
Non dirà una parola sull’incidente della lezione di Pozioni, a sua madre, ma dentro sarà già incrinato e accartocciato in una maniera così profonda da risultare quasi inguaribile. Tu non puoi saperlo, ma ci riproverà.
Non te lo dirà mai di sua spontanea volontà: quando lo rivedrai, trova il modo di alzargli la manica, dove nasconde il Marchio – in quel momento, cerca di non lasciarlo scivolare via, Hermione, perché per noi è stato l’inizio della fine.
 
«Si può sapere perché la Greengrass cammina come se avesse appena vinto alla lotteria?» domanda Hermione, sorridendo forzatamente. La risposta la sa, ma vuole sentirla da lui.
Draco la guarda e sospira, ha qualcosa che gli si agita al centro del petto e duole, duole immensamente.
«Mi dispiace» sussurra, ed è il sacrificio più grande che riesca a concederle, chiederle scusa. «Non avrei dovuto, io…».
Hermione lo guarda, cercando di non sembrargli ferita e, quel che ne ricava, è solamente una tiepida rassegnazione che le scioglie le ossa. Ancora una volta, pensa distrattamente, la lettera aveva ragione. Un pensiero insistente si scompone in un frammento di paura sussurrata, nell’osservare gli occhi grigi di Malfoy – li vedrà mai più – mentre borbotta qualche altra scusa. La lettera ha sempre avuto ragione, fino ad adesso: tra un mese, Draco Malfoy morirà, se lei non riuscirà a impedire quel finale di una missiva che ha riletto così tante volte da costringersi a crederle ciecamente.
«No, infatti» sussurra lei, prima di potersi trattenere. «Non avresti dovuto».
Quelle parole s’incidono nel volto di lui come un pugno, facendolo barcollare: la guarda, sinceramente ferito, il viso arrossato dal freddo (e non solo).
«Non mettere in dubbio che ti terrei con me, se solamente potessi» risponde lui, lentamente. «Ma tu non vuoi scivolare via con me, Hermione, certo che no».
Le tende la mano, come per sfiorarla, ma poi la lascia cadere lungo il fianco, senza sapere bene cosa farne. Lei muove un passo – certo che lo vuole, vorrebbe urlare – ma tutto ciò che riesce a fare è prendergli la mano, sfiorargli il polso e tirare la manica della camicia lungo l’avambraccio. E trattenere un grido.
 
Non ti piacerà quello che scoprirai, ma ti farà capire quanto in fondo s’agita quella tempesta che lo sta spazzando via come una foglia nel vento.
 
Il Marchio Nero aperto e sanguinante, nascosto da una benda tagliata male, che fa uscire striature rossastre e un lungo taglio che lo sega in due. A Hermione manca il fiato, mentre cerca con urgenza gli occhi di lui, sperando in una scusa, in una rassicurazione.
Ma a Draco tremano le mani (e anche il cuore) mentre lentamente tira giù la manica della camicia, ricoprendo il campo della battaglia che sta combattendo contro sé stesso.
«Non dire niente» le sussurra, a capo chino, ha gli occhi lucidi e lacrime che si rifiutano d’uscire. «Mi dispiace che tu abbia dovuto vederlo».
Lei affila lo sguardo, cerca i suoi occhi con insistenza, gli solleva il viso affinché possa finalmente guardarlo e scuote il capo. Capelli che la frustano come vento gelido, ricci che coprono gli occhi dietro quell’autunno che non esiste.
«Non voglio sentire scuse, Malfoy» sussurra, decisa. «Voglio che tu stia bene, con me».
«Io sto già bene con te» risponde lui, con un frammento di rimpianto nella voce. «Il problema si pone quando non ci sei».
«Ci sarò sempre» commenta lei, sfiorandogli il viso con la leggerezza di una piuma. «Sei tu che provi a lasciarmi andare».
 
Salvalo, Hermione.
 
«Perché devi ferirti da solo?» sussurra, stringendolo a sé.
Lui la guarda e sussurra poche parole.
 
Ti prego, non lasciarlo andare.
 
«Ti prego, lasciami andare».
 
***
 

[25 novembre]
 
Draco starà bene per un po’. A te sembrerà quasi che sia, se non guarito, migliorato e allora abbasserai la guardia. Non farlo mai, Hermione: tra meno di trenta giorni, Draco riuscirà a catapultarsi via da questo mondo.
Si può mai essere abbastanza tristi da voler morire a Natale?
 
«Si può sapere cosa ti corre in testa, Granger?» borbotta Malfoy, osservandola mentre freneticamente fa muovere i pensieri nel cranio, cercando di dare un senso al contenuto di quella lettera. «Oggi sei più strana del solito, il che è quanto dire».
Lei lo guarda e ha una certa urgenza che le sfigura il viso, come se temesse di vederlo scivolare via mentre stanno parlando. Lui la percepisce e non riesce a darle torto, ma le sfiora la mano con la propria – non possiamo – e riesce a forzarsi un sorriso.
«Ho mollato la Greengrass» le dice, sperando di distrarla. «Oggi niente vincita alla lotteria, per lei».
Ma i pensieri di Hermione non la lasciano andare, e nemmeno un sorriso riesce a far affiorare su quel viso stanco, provato da parole (che saranno sue) vergate con grafia ordinata su pergamena bucata di lacrime.
Chi può essere abbastanza triste da voler morire a Natale? È una frase che nella sua mente non sbiadisce e non l’abbandona, stordendola.
«Ma tu sei felice?» gli domanda, a bruciapelo, facendolo barcollare. «Senza di lei, intendo, ma anche in generale. Tu sei felice?».
Draco tentenna, si sente snudato nei propri pensieri più intimi e non riesce a non guardarla con gli occhi – incolori – spalancati di fronte a una verità ormai spogliata delle proprie ultime foglie, priva di copertura. L’ha lasciato nudo come un infante, di fronte a quelle parole, e adesso ch’è spogliato e disperato, a Draco non rimangono parole da dedicarle.
A parte, forse, il suo nome.
«Hermione» la chiama, perdendo l’equilibrio sotto il peso di quella parola. «Ti sembra una domanda da fare?».
Ma lei è dura come acciaio, un po’ arrugginito da quell’autunno piovoso ma che non esiste, e stringe le mani tra di loro. «Non hai risposto» constata, amareggiata. «Pensavo che non ti mancasse, il coraggio. Almeno per rispondere alle domande».
Lui, che è sempre stato un codardo, arrossisce leggermente e rosso è il colore che gli macchia gli zigomi in una scia ben visibile. Se la seguisse, chissà dove lo porterebbe: forse, all’interno del suo cuore.
«Che risposta dovrei darti?» borbotta, a disagio. «Siamo tutti infelici, in questo mondo».
 
Certo che sì, non lo vedi?
Il problema è, forse, esattamente questo: che non l’ho visto in tempo e, allora, lui è sparito nel nulla. Mi piace pensare che, la sua, sia stata anche una ripicca nei miei confronti. Ma la verità è che Draco era abbastanza distrutto da voler morire a Natale e io non ho saputo fare niente per impedirlo.
 
«Vorrei che tu non lo fossi» commenta lei, chinando il capo. «O, almeno, che fossi in grado di dirlo a me».
Draco pensa che i desideri sono nati per rimanere inesauditi, insondabili, e che lui ha fatto morire il proprio padre nel buio pesto della solitudine e, allora, tutto questo se lo merita. È suo un tremore scomposto, nelle mani e nel cuore, che ne infrange i pensieri in un miliardo di frammenti insensati.
«A cosa servirebbe?» domanda, incerto. «Non puoi farti carico dell’infelicità altrui, Granger».
Hermione ne restituisce lo sguardo, ferma e salda, gli sfiora la mano in un contatto sterile e inutile che, però, rischia di fargli perdere il controllo sui propri arti. Hermione Granger rimarrà per sempre l’unica in grado di fargli perdere l’equilibrio anche solamente con un semplice sfioramento di pelli, persino con il suo nome e con un pensiero.
«Della tua sì» risponde lei, dolcemente. «Vorrei che passassi il Natale con me, Malfoy. Sarebbe bello».
Lui ride, scopre i denti di un lupo e lo sguardo di un cagnolino che è stato appena preso a calci dalla vita. «Con te, Weasley e Potter?» commenta, amaramente. «Ti ringrazio, ma la risposta è no».
 
Rimarrà a Hogwarts da solo: non te lo confesserà mai, ma è perché temeva di ritrovare il fantasma di suo padre tra le stanze di casa sua. Temeva di rimanere da solo con lui, Draco, ma è comunque rimasto da solo senza di lui.
Hogwarts è divenuta prigione, a Natale, e tu non eri lì con lui. Vorrei che facessi in modo che Draco, da solo per Natale, non vi rimanga mai.
I suoi rimpianti hanno potenza distruttiva e, allora, se rimanesse solo ne riemergerebbe frammentato e distrutto, durante l’ennesimo inverno senza fine della propria vita.
Rimani con lui, Hermione. E, forse, avrai la speranza di poter trascorrere un altro Natale insieme.
Io, questa speranza, non l’ho più. Il venticinque dicembre mi accovaccio davanti alla sua tomba e spero che mi parli, ma Draco (che è dispettoso e capriccioso anche nell’oltretomba) non lo fa mai. Rimani con lui: sei la sua unica speranza, anche se non puoi saperlo.
 
«Con me e basta» commenta lei, atona. «Possiamo rimanere qui, se non vuoi andare dai Weasley e io…».
Draco scuote il capo, capelli biondi che gli oscurano il volto come rami e foglie di alberi seccati dal freddo. «Non te lo chiederei mai» sussurra. «A te piace il Natale, Granger. Perché dovrei chiederti di non passarlo con i tuoi amici?».
«Perché vorrei…» che tu rimanessi vivo, pensa Hermione, ma inghiotte quel pensiero duro. «Passarlo con te».
Lui ha il viso arrossato, gli mancano le parole di fronte a quelle di Hermione, e allora la lascia a udire quel silenzio, disorientandola. Ma lei non molla, come potrebbe farlo?
Lasciare andare quella discussione vorrebbe dire lasciare andare lui, e perderlo per sempre: Hermione non china il capo, questa volta no, ma gli stringe una mano tra le proprie e sorride.
«Rimango qui» borbotta, imbarazzata. «Non sarà il miglior Natale della nostra vita, ma non farà nemmeno schifo».
 
Forse, se lo renderai felice abbastanza, dimenticherà d’aver desiderato morire a Natale. Da solo, senza di te.
Forse, c’è speranza anche per te e Draco Malfoy. Anche se nessuno, nemmeno e soprattutto tu, ci avrebbe mai scommesso.
 
***
 

[7 dicembre]
 
L’autunno, se è mai esistito, finirà tra qualche settimana. Smetterà d’esserci profumo d’uva nell’aria e, allora, inizierà la neve.
L’ha sempre amata, Draco: forse perché, dentro di sé, percepisce il medesimo gelo che insensatamente gli s’aggrappa alle ossa, ferendolo dall’interno.
Oggi, Asteria Greengrass lo cercherà in tutto il castello, per dirgli che lo rivuole con sé. Che la vendetta senza senso e senza scopo è finita, e lei lo vuole perché ha quel bisogno (altrettanto privo di senso) di fare qualcosa, salvare qualcuno.
Lui dirà di sì. Perché penserà che vuole salvarti da sé stesso e, allora, ti allontanerà in ogni maniera possibile.
Ti prego, non permettergli di fare una cosa del genere.
 
Il parco di Hogwarts è speranza, amore, possibilità. Son cadute tutte le foglie e adesso rimangono solamente alberi secchi, sterili, che non arrossiscono né si stupiscono più di quel freddo che improvvisamente squarcia i volti di chi è abbastanza coraggioso da sfidare dicembre e avventurarsi fuori.
Hermione ha gli occhi pieni di brina, lacrime congelate, mentre osserva Draco soppesare da lontano il visino da elfo di Asteria Greengrass. La guarda, come in cerca di una conferma silenziosa e insondabile. Che non arriva.
«Hermione» la chiama, sorprendendola. «Io… non posso, lo sai. Anche se lo vorrei, non posso costringerti a stare con me se tu non mi vuoi, non posso nemmeno sperare così tanto».
Lei ride, ma è l’ennesimo suono amarissimo e stridente che il suo corpo si rivela capace di produrre. «Certo che voglio» sibila, oltraggiata. «Non usarmi come una scusa per scappare via, Malfoy, io non te lo permetto».
La speranza è l’ultima a morire, si dice, ma qui Draco Malfoy ha cominciato a sfiorire a una velocità che sorpassa di molto lo sperabile e, allora, che fare? C’è qualcosa da dire, da sperare, per interrompere una nevicata che squarcia la soglia dell’autunno?
Lui ride, ma è l’ennesimo suono spezzato e faticoso che il suo corpo si rivela capace di subire. Draco la guarda e vorrebbe solamente tendere la mano – scappiamo insieme – ma non riesce, non ha abbastanza fiato per dirle che è semplice, volerla, ma è difficile desiderare di tenerla con sé quand’è così frantumato e spezzato.
Sotto le sue scarpe, una foglia accartocciata produce il medesimo suono del suo cuore mentre soppesa le alternative, e si decide per quella maggiormente dolorosa.
 
Non permettergli di lasciarti andare ancor prima di averti avuta, di aver sperimentato che potreste funzionare – perché, allora, diventeresti solamente la sua ennesima occasione persa in una lettera che ti lascerà nel proprio tomo di Babbanologia, dopo essersi aperto le vene (e il Marchio Nero) con uno squarcio.
Non diventare una parentesi mancata in una lettera dove ti dirà addio – ti amo, ma addio – perché è qualcosa che ti squarcia dall’interno e non ne guarirai mai. Diglielo.
Che lo ami, che lo pensi, che lo vuoi con te.
 
«Hermione» ripete lui, come se quel nome nascondesse la chiave di volta in quella situazione. «Tu…».
Lei scuote il capo, capelli che volano nel vento e la frustano come altra vita, come altre speranze. È rossa in viso, lo sa il cielo quanto le costi quell’ammissione: ma, ormai, in quella lettera crede fermamente e l’autunno sta finendo, e lei non vuole che quello sia l’ultimo dicembre di Draco Malfoy.
Vuole che ce ne siano altri, caminetti che ardono senza mai spegnersi, e che torni a crederci anche lui: che le foglie rinascono a primavera e ricadono in autunno, che non v’è solo lo spogliarsi freddo e insensato dell’inverno. Che le altre stagioni, e l’amore e la speranza, esistono per davvero e non sono solamente l’ennesimo preconcetto sterilmente inventato dall’essere umano.
L’autunno esiste, pensa Hermione. Ed è il momento in cui deve ricominciare a ricostruire Draco Malfoy, infondendogli la speranza nel cambio di sorte, delle stagioni, che arriverà a marzo.
Le belle stagioni, il profumo dei fiori – sono davvero cose così lontane? – l’amore che riscalda e le foglie che diventano verdi, che ricrescono e smettono d’accartocciarsi come un cuore che s’infrange sulle parole.
«Io non sarò la tua occasione persa, Malfoy» sibila lei, coraggiosamente. «Voglio che tu faccia una scelta e che scelga me».
Lui scuote il capo, ha una tale disperazione nello sguardo da disorientarla, da farla sentire male: perché la verità le si palesa davanti in uno scroscio di pioggia che entrambi li inzuppa fino alle ossa, facendoli rabbrividire.
«Non farlo» gli sussurra, tendendogli la mano. «Scegli me».
Draco china il capo, sta piangendo e se ne vergogna con tutto sé stesso. «Ti rovinerei» sussurra, con rabbia. «Io tengo sempre bene a mente chi sei tu e chi sono io, cerco di non dimenticarlo mai».
Hermione lo guarda, le mancano le parole, lui le ha prese e buttate via: sono inutili, superflue, così muove un passo dietro l’altro. Non serve camminare, è un rumore che cacofonicamente scuote il cuore, ma in qualche modo deve raggiungerlo.
E prendergli il viso tra le mani, sorprendendolo, sfiorargli il naso con il proprio: Draco scuote il capo, ha gli occhi lucidi e le palle sensibile delle gote s’è già arrossata, ma nemmeno ha abbastanza coraggio (non l’ha mai avuto) per scostarsi da lei che gli sfiora il viso, dolcemente.
 
Forse ti dirà che non ti vuole al medesimo modo, ma lo fa e non ci dorme la notte, Hermione, te lo giuro.
Verrà l’inverno e avrà il suo nome inciso nella neve, cancellalo, perché Draco Malfoy si merita una primavera che ne riscaldi il cuore. Che gli faccia comprendere che non sei una parentesi mancata, ma che sei la sua occasione per ricostruirsi da zero.
 
Lei sorride, gli sfiora la fronte, capelli biondissimi sui suoi che l’autunno ha scurito fino a farli diventare del colore di quelle foglie perdute dagli alberi controvoglia. Hermione lo guarda, ma non esita, quello mai.
È un bacio doloroso, il loro, urgente, e lui s’aggrappa a lei come se potesse impedirgli di cadere e frantumarsi in mille pezzi.
 
***


[21 dicembre]
 
Il giorno dello Yule, Narcissa Malfoy chiamerà indietro suo figlio, dicendogli che. Che non si può continuare così, che ha bisogno di aiuto (non il tuo) e deve necessariamente tornare a casa.
Draco chinerà il capo, è sempre stato bravo a farlo, e tornerà a casa. Passerà qualche settimana al San Mungo, chiuso in una stanza con le pareti abbacinanti – e tu non troverai mai il coraggio di andarlo a trovare, lui penserà che non t’importa abbastanza. Finirà così.
Oggi è l’ultimo giorno in cui lo vedrai vivo.
 
«Ho ricevuto una lettera da mia madre» Draco sbocconcella una stecca di cioccolato, sovrappensiero. «Dice di essere preoccupata per me».
Hermione lo guarda e trattiene il fiato, in attesa della confessione, che le dica che Narcissa vorrebbe farlo ricoverare per qualche tempo – e lui semplicemente non vuole e non potrà sopportarlo. Ma Draco non dice niente, continua a giocherellare con il proprio spuntino, facendola impazzire.
«Davvero?» domanda Hermione, osservandolo attentamente. «E tu cosa le hai risposto?».
Lui le dedica un sorrisetto storto, le sfiora la mano con la propria e scuote il capo, arrendendosi a quello sguardo impossibile con cui lei lo sonda (per non rinvenire poi molto).
«Che sono in buone mani».
Quelle di Dio, vorrebbe dire, ma a che Dio potrebbe rivolgersi poi, lui? A che Dio potrebbe dedicare le proprie preghiere, le proprie mute suppliche?
Draco lo sa che, alla fine di ogni preghiera, il nome che invoca è sempre quello di lei: crede che sia l’unica in grado di aiutarlo ma, questo, a Hermione non è in grado di confessarlo. Così le sorride e la guarda, barcollante, mentre scuote il capo con aria insoddisfatta.
«Che l’autunno potrebbe esistere» aggiunge, lui, con aria stanca. «Che a un certo punto potrebbe arrivare persino il disgelo, ma… non ne sono sicuro. Vorrei avere la fede che hai tu, a volte».
«E allora perché vuoi andare via?» domanda, lei, pronta a combattere. «Se pensi che potresti disgelarti, perché vuoi semplicemente mollare e andartene?».
Draco la guarda, ha gli occhi che lampeggiano di sorpresa. «Tu come lo sai?» sussurra, incerto. «Io… non ti lascerei andare, ma cosa te ne fai di me in questo stato?».
Lei gli stringe la mano, con forza, come per costringerlo a svegliarsi da quel torpore che come veleno l’ammorba. Draco scuote il capo, la guarda e non ha parole, la bocca contratta su un viso secco come foglie, accartocciato, e allora semplicemente s’arrende all’oscurità insondabile della mancanza di comprensione.
«Mi piacerebbe, se tu scegliessi di rimanere» risponde lei, ignorando la domanda. La lettera brucia come un falò di foglie secche, nella tasca del mantello. «Con me e senza di me. Ma rimanere per davvero, Malfoy».
«Non è il nostro tempo, Granger» risponde lui, con amarezza. «Forse, in un’altra vita, allora…».
Lei scuote il capo, gli carezza il volto con dolcezza infinita, ma ha gli occhi duri come ossidiana. Quand’è che s’è indurita così tanto sulle proprie convinzioni, quand’ha deciso che l’avrebbe salvato a qualunque prezzo il cosmo avrebbe fissato? Quand’ha pensato di pregare – lui o Dio – per non lasciarlo scivolare via da lei?
Forse non è un punto della storia, quello della sua decisione, ma una linea continua che la porta esattamente in quel momento in cui, con mani tremanti, lo stringe e lo fulmina con una singola occhiata. Annichilente, Hermione gli semina un bacio sulle labbra, delicato come un battito d’ali e una parola appena sussurrata.
«Lo è» risponde. «E lo è perché io voglio che tu rimanga con me e mi aspetto che tu t’impegni per farlo».
Lui abbassa lo sguardo, le sfiora quelle mani che lo trattengono saldamente dallo scivolare via, magari per sempre. Magari per un frammento d’istante che sarebbe comunque troppo e, allora, Draco prova a non guardarla – sarebbe solamente semplicemente disperato.
«Lo vorrei» risponde, Draco, con la voce che è un sospiro tagliente nell’aria gelida. È venuto l’inverno e ha portato via qualcosa – foglie secche, aria frizzante e un sole che ancora riusciva a scaldare – dalla stagione precedente. «Lo vorrei tanto».
«Fallo» sussurra lei, decisa. «O non ci sarà mai, un tempo per noi che non sia adesso, Draco. Rimani con me».
Ma lui scuote il capo – ha gli occhi lucidi.
 
Non permettergli di lasciarsi andare, di lasciarsi semplicemente scolorire su uno sfondo che è sempre e solo bianco, perché allora tutto quello che avete provato in questi giorni finirà per essere il rimpianto vergato d’inchiostro su una pergamena umida di lacrime. Non permettergli di dire che è finito, se mai c’è stato, il tempo per voi – l’ha fatto finire lui.
Non permettergli di dirti addio, perché quel bacio che ti darà sarà esattamente questo: l’ultimo contatto con lui che potrai mai sperimentare.
 
«Io non ti permetto di lasciarti andare così» sussurra lei, aggrappata alla sua camicia. «Rimani con me».
Ma Draco scuote il capo e, questa volta, è lui a baciare lei – dolceamaro, no, amaro soltanto – facendole salire le lacrime agli occhi.
«Mi dispiace» sussurra. «Pensavo che non ti avrei più fatta piangere».
Hermione sorride. «Non mi vedrai piangere mai più» risponde, minacciosa. «Ma, se te ne vai, non potrai saperlo ».
Lui sospira, vorrebbe dire qualcosa, ma lei scuote il capo e sorride tra le lacrime.
«Adesso» commenta lei, piano. «È il nostro tempo».
Lui ricambia il sorriso. «Ed è per questo che devo andare via» risponde. «Altrimenti non tornerò mai da te».
A Hermione si spezza il cuore, mentre pensa che il punto è esattamente quello: che lui sarà sempre quello in grado di farle venire le lacrime agli occhi nella maniera più insospettabile, più incomprensibile, di tutte.
 
Ti prego, Hermione. Non permettergli di lasciarti andare via così, come se davvero il tempo per voi fosse finito, e non vi fossero più speranze da nutrire.
 
«Per favore, Draco» si ritrova a sussurrare, con la voce spezzata. «Io lo so cosa hai intenzione di fare».
Lui scuote il capo, gli s’è gelato il sangue nelle vene con quel sussurro.
 
***

 
[25 dicembre]
 
Se stai leggendo questa parte della lettera vuol dire che non sei riuscita a salvarlo e Draco è veramente andato al San Mungo, e tu non lo vedi da giorni. Forse, se non riuscirai a fare niente, non lo vedrai mai più.
Tuttavia, io credo fermamente che la speranza sia l’ultima a morire, e finché Draco respirerà io penserò che tu possa essere in grado di salvarlo. Vai da lui, Hermione, ha ancora bisogno di te.
Io non l’ho mai fatto – ho sempre pensato che avesse bisogno di tempo per ritrovarsi – e adesso me ne pento.
 
Lo vede dormire, ed è la cosa più intima (persino più di un bacio) che riescano a sperimentare: Draco dorme come i bambini, con le ciglia lunghissime che s’infrangono sulle guance come pugnali, la testa totalmente abbandonata sul cuscino. Lei lo guarda e vorrebbe sfiorarlo, fargli sapere che è con lui anche nei sogni, così come nella realtà.
S’è stupita, quando Narcissa Malfoy le ha sorriso indicandole la via per la sua stanza, dicendole un sussurrato ha bisogno di te. Ma, seduta di fronte a lui su una sedia incertamente cigolante, Hermione comprende il perché.
Perché Draco s’agita e sospira nel sonno come se la vita riuscisse a ferirlo persino nel mondo dell’onirico e, ogni tanto, mormora il suo nome.
Hermione gli guarda le braccia, lasciate libere dal pigiama a maniche corte, e l’inquietudine l’assale. I tagli sono spariti, ma le cicatrici sono sempre lì e lei non è riuscita a fare niente per impedire che Draco ve le incidesse.
«Draco» lei lo scuote leggermente, con dolcezza, facendogli sbattere le palpebre assonnate con aria confusa. «Ciao».
È triste, dolcissimo, il sorriso in cui s’apre il suo volto, nel vederla seduta di fianco a lui, con il viso umido di pianto di cui ha prontamente cancellato quasi tutte le tracce. Ma s’intravede, quando prova a sorridere, perché un mezzo singhiozzo le squarcia l’anima a unghiate, facendole uscire una lacrima dagli occhi.
Lui è stanco, ma ciò non gli impedisce di alzare a fatica una mano, per asciugarle il volto e sorridere. Draco Malfoy le restituisce uno sguardo atono, distrutto, ma lì dentro Hermione riesce comunque a vedervi un brandello di speranza. Forse, quel giorno lo salverà per davvero. E non vi saranno lettere che le uccideranno l’anima, questa volta, Hermione l’ha silenziosamente promesso alla sé stessa di un altro mondo: mai più.
In quell’attaccamento senza senso, senza scopo, in un inverno nascente sui contorni dei loro visi, Hermione promette e vi s’aggrappa, a quella promessa, con tutta sé stessa.
«Ciao» risponde lui, fa fatica a pronunciare anche quelle poche sillabe. «Sei venuta».
Lei annuisce, facendo volar via un brandello di lacrima. «Certo che sì» sussurra, con convinzione. «Ricordi? Avevamo detto che saremmo stati insieme, questo Natale».
Draco ride, ma suona vuoto e insensato come lui pensa sia la vita, fa il rumore di una foglia calpestata dall’esistenza stessa. «Sei sempre estrema» la rimbecca, senza forze. «Pensavo che tutto questo bastasse a farti fuggire».
Lei ride, ma suona alla stessa maniera, e allora si copre la bocca con le mani, disorientata. «Io non mollo» sussurra. «Non dimenticare la Casa da cui provengo».
Draco le stringe la mano, posata sul suo volto in una carezza appena accennata, e sorride. «Cerco di non dimenticarlo mai» risponde, con serietà. «Vorrei che lo facessi anche tu».
 
Io non lo so, cosa ti dirà: non mi sono mai spinta così in là da toccare con mano quest’eventualità. Tuttavia, qualcosa posso dirti, ed è che cercherà di mandarti via in ogni modo. Draco è ferito, in maniera indicibile, e odia il pensiero che tu possa riuscire a comprenderlo – odia essere compatito, odia che tu lo veda come quello debole dei due. Non lo è, Hermione.
Io non lo so, con cosa stesse combattendo in quel momento: ma so che, quello sguardo perso in altri mondi, io non l’ho mai dimenticato. Non è bastato, “rifarsi una vita”, un matrimonio e due figli. Non so se basterà nemmeno questa lettera, ma io ho bisogno di pensare che qualcuno, in chissà che altro mondo, possa essere in grado di salvarlo.
 
«Non lo dimentico» risponde Hermione, calma. «Credo che sia coraggio anche lanciarsi in una causa persa come lo sei tu, o no?».
Draco ride, l’aria gli fischia nella gola, disperata, facendolo tossire. «Lo sei anche tu» la rimbecca, ironico. «Potevi semplicemente lasciarmi andare via, quel giorno».
Quando l’ha visto piangere per la prima volta: e allora nella sua mente, Draco Malfoy, aveva cominciato a essere umano. Perché si macchiano così, gli ideali, con un fiume di lacrime. E Malfoy aveva smesso di essere ideale e concetto negativo, quando s’era sciolto in una pioggia primaverile, disperata, insensata.
«Non mi hai mai detto perché stavi piangendo» commenta lei, incerta. «Non sono mai riuscita a chiedertelo prima».
Lui la guarda, con il braccio sinistro abbraccia la stanza, ogni parete e la finestra di fronte a loro – sporca di neve. Tutto questo, sembra dire, ed a Hermione si condensa un brivido di gelo lungo la colonna vertebrale.
«Ero stanco» commenta Draco, atono. «Non ti capita mai di non sopportarlo più, tutto questo freddo?».
Lei trattiene il fiato. «Spero sempre nella primavera» risponde. «Nell’estate. Forse persino nell’autunno e, allora…».
Lui scuote il capo. «L’autunno non esiste, Granger» commenta, atono. «Come le altre stagioni: ci stiamo solo inseguendo a vuoto in un mare di neve».
 
L’autunno non esiste, ti dirà, e allora comprenderai che sarà già abbastanza disperato per divenire cumulo di foglie e macerie.
Draco ha il cuore in tempesta e tu non ne hai idea, non l’avrai mai, di quanto quel vento possa esser lama tagliente e pensiero incessante, dentro di lui. Portalo via da sé stesso, oppure a dicembre smetterà di esistere come l’autunno stesso.
H.
 
«Saremmo comunque insieme, in quel mare di neve» sussurra Hermione, sfiorandogli i capelli. «Non ti basterebbe?».
Draco sorride, chiude gli occhi sotto il suo tocco. «Certo» sussurra, ma sta mentendo. «Mi basterebbe».
Chi può essere talmente disperato da voler morire a Natale?
 

***
 

[2 gennaio]
 
Cara Hermione,
 
Oggi ti ho pensato anche se tu non c’eri: non te l’ho mai detto – sono sempre stato meno coraggioso di te, d’altronde – ma mi hai aiutato a rimanere in piedi per un mese in più. Ma, a volte, anche rimanere in piedi fa male, non sai quanto, e io sono stanco di continuare a combattere.
Ci sono giorni in cui il Marchio brucia ancora, e io sono stanco di svegliarmi e dover fare i conti con tutte le scelte sbagliate che ho fatto in vita mia. Mi hai chiesto perché piangevo, quel giorno, e io non ti ho risposto – fa parte di tutte quelle cose che non sono riuscito a dirti, in questo mese, e che vorrei scriverti in questa lettera. Anche se non so scrivere, perché nelle parole mi perdo e, allora, sarà sempre tutto poco chiaro, confuso, come lo sarebbero le frasi se ti dicessi tutto questo a voce. Forse, ti farei piangere, io che ho promesso di non farlo mai più. Ho detto a me stesso che non ti avrei più fatta piangere quando, invece, sembro essere l’unico che ci riesce ogni volta.
Perché piangevo, ti starai chiedendo? Sono così bravo a ignorare il punto della situazione, quando mi si richiede un chiarimento.
È che sono stanco, Hermione. Terribilmente. Da quando la guerra è finita, la vita è un peso in più, intollerabile, e allora non piangeresti anche tu?
La Greengrass stava con me per ripicca, sperava di farmi soffrire più di quanto io non avessi fatto con il resto del mondo: come poteva sapere che, dentro di me, ero già distrutto? E allora a cosa servono le lacrime, a cosa serve tutto questo?
Si può essere abbastanza disperati da voler morire a Natale, ti sarai chiesta, davvero qualcuno può toccare un fondo così profondo?
Sì, certo che si può.
Avresti potuto aiutarmi a risalire, a toccare nuovamente il cielo con un dito per scoprire che esistono, autunno, primavera ed estate?
No, certo che no.
È che amavo – amo – così tanto l’idea che ho di te, te, che ho provato ad aggrapparmici con tutto me stesso. E, per un momento soltanto, l’autunno è esistito.
Non so se esiste un Paradiso o qualcosa di simile, ma ti aspetterò lì, dove farà tutto meno male.
 
D.
 
Hermione trattiene un singhiozzo, stringe tra le mani quel pezzo di pergamena come se la sua intera vita dipendesse da esso.
«Ti odio» sussurra, alla carta. «Perché avresti dovuto scrivermi una cosa simile?».
«Ero stanco di soffrirti in silenzio» risponde lui, cingendole le spalle con il braccio. «Pensavo fosse finita e, invece…».
Lei sospira, trattiene il fiato di fronte a quel sorriso spontaneo che gli illumina il volto.
«Sei tornata da me» aggiunge Draco, dolcemente. «E mi hai detto che l’autunno esiste».
Foglie accartocciate che rinascono, arrossiscono, e la speranza che rinasce in lui come esse sui rami spogli di un albero.
La tempesta s’è placata.


 

Buongiorno a tutti.
Prima cosa: questa storia è dedicata a Marti Lestrangea cui voglio così bene dall'infoiarmi per tre giorni a scrivere una delle storie più difficili di questo 2020. Spero che questo pensierino ti piaccia, e che regga il confronto con la Dramione bellissima che mi hai scritto tu.
Vorrei dire seconda cosa, ma non c'è una seconda cosa. Quindi spero che la storia vi sia piaciuta, un bacio.
(Ah, ecco, seconda cosa: ringrazio Sev, Silvia e Fede per aver letto in anteprima questa storia, dandomi dei preziosi consigli).
Gaia
   
 
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Gaia Bessie