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Autore: Mari Lace    30/12/2020    12 recensioni
Dean si trova a dover affrontare una verità difficile sul suo passato; è Natale, ma non ha voglia di festeggiare.
Luna non ha bisogno di spiegazioni: capisce senza chiedere. Forse è per questo che averla accanto non disturba – non Dean.
«Perché è Natale e non dovrei isolarmi?» mormora, ripetendo senza convinzione la raccomandazione rivoltagli da Seamus nell’ultima lettera.
«Perché non è molto bello stare soli al buio e al freddo» replica Luna. Poggia la mano sulla sua; Dean, un po’ stupito dal tocco, ne avverte il calore. È piacevole. «È un po’ come affrontare un Dissennatore, non trovi?»

[La storia partecipa all'iniziativa A scatola chiusa indetta da Rosmary sul gruppo fb Caffè e calderotti.]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Dean Thomas, Luna Lovegood | Coppie: Dean/Luna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dissennatori natalizi

Dissennatori natalizi

 

Dean non ha resistito: è uscito. Aveva promesso ai suoi compagni che sarebbe andato alla festa di Natale e ci ha provato, è sceso in Sala Grande, ha conversato… ma non ce l’ha fatta, non per più di cinque minuti. Non ha ancora digerito la scoperta, non sa come si sente, non riesce a rimanere in una Sala piena di addobbi circondato da persone ridenti e danzanti. In fondo sa che festeggiare insieme è, per la maggior parte dei suoi coetanei, un modo di dimenticare la malinconia del dopoguerra per almeno una sera. Sa che dietro ai sorrisi si nascondono rimpianti e lutti – persone che hanno perso sorelle, genitori, amanti. Come lui.

È proprio qui il problema, tuttavia: suo padre è caduto opponendosi ai Mangiamorte, ma lui non l’ha mai saputo – mai, finché un ghermidore non gli ha instillato il dubbio. È stato mesi prima, la notte in cui l’hanno catturato. L’uomo che l’ha legato, squadrandolo, ha borbottato di una sua presunta somiglianza «col vecchio Oakby». Ha poi ghignato, aggiungendo che anche la loro fine sarebbe stata simile. Dean ha accantonato l’informazione, allora, impegnato a cercare di sopravvivere; a Villa Conchiglia si è trovato a pensarci. Dopo la guerra, trovandosi con fin troppo tempo per riflettere, quelle poche parole sono divenute un’ossessione. A settembre è tornato a Hogwarts per recuperare l’anno e ha iniziato le ricerche; ricerche di cui ha raccolto il frutto solo tre settimane prima.

Ha trovato una foto di Jason Oakby – il ghermidore aveva ragione, gli somiglia – e l’ha inviata a sua madre, avvertendo una spiacevole stretta allo stomaco. L’attesa di una risposta l’ha visto frequentare le lezioni distratto, sospeso in uno stato d’incertezza: non sapeva né cosa aspettarsi, né cosa sperare. Quella somiglianza avrebbe potuto essere una semplice coincidenza, il delirio di un Mangiamorte che l’ha squadrato al buio. La risposta di sua madre, la conferma che l’uomo nella foto è proprio il padre che l’ha abbandonato da piccolo, ha cancellato quella possibilità: la più grande incognita della sua infanzia non è più tale. Forse dovrebbe sentirsi contento, appurandolo; forse dovrebbe sentirsi fiero, sapendo che Jason Oakby è morto opponendosi ai Mangiamorte e per questo non ha potuto veder crescere suo figlio, non per codardia o disinteresse come ha sempre creduto. Forse. Tuttavia Dean non si sente contento, né fiero: dopo anni di odio per il vigliacco che li ha abbandonati, scoprire che quell’uomo era, al contrario, coraggioso e si è allontanato per non metterlo a rischio non è facile da accettare. Non lo è stato tre settimane prima, non lo è ora – non sa se lo sarà mai. La guerra è finita da mesi, ma i suoi echi non lasceranno tanto presto la sua mente.

«Ciao, Dean».

Conosce bene quella voce; scopre di non esserne infastidito.

«Non hai freddo?» domanda Luna con tranquillità, sedendosi al suo fianco sulla panchina di marmo.

Ora che l’ha chiesto, sì, nota di avere freddo. «Che fai qui, Luna?» s’informa di rimando, eludendo la domanda. Nota il suo fiato condensarsi in fragili nuvolette bianche.

«Ti ho visto uscire, prima» inizia lei, lo sguardo fisso – Dean lo nota sbirciando con la coda dell’occhio – sui cespugli di rose di fronte a loro. «È passato molto tempo, volevo vedere come stessi. Ho pensato che a me avrebbe fatto piacere se fosse venuto qualcuno».

«Perché è Natale e non dovrei isolarmi?» mormora, ripetendo senza convinzione la raccomandazione rivoltagli da Seamus nell’ultima lettera.

«Perché non è molto bello stare soli al buio e al freddo» replica Luna. Poggia la mano sulla sua; Dean, un po’ stupito dal tocco, ne avverte il calore. È piacevole. «È un po’ come affrontare un Dissennatore, non trovi?»

Dean inizia a ridere senza quasi rendersene conto. Considerando i pensieri che l’hanno impegnato fino all’arrivo di Luna, quella frase è sorprendentemente giusta: veder scivolare un Dissennatore fuori dai cespugli di rose non lo stupirebbe poi tanto, a quel punto. «Hai ragione» concede, ignorando la voce che gli ricorda d’aver desiderato e cercato lui stesso quella solitudine. «Non riesco a festeggiare» confida poi, tornato serio. Gli viene istintivo, e non se ne pente – ha trascorso mesi con Luna nel rifugio di Villa Conchiglia, ha condiviso con lei ansie e speranze. Ha imparato a conoscerla, anche se mai del tutto – qualcosa gli sfugge sempre, con lei –, ha imparato a stimarla e fidarsi. Non vuole parlare di suo padre, non ora, ma sa che non avrà bisogno di spiegarle. Luna capirà e basta, senza chiedere altro.

«Oh, non è un problema» afferma infatti. «Potremmo bere qualcosa, però – non-festeggiando» propone, poco dopo.

Dean ne spia il sorriso e l’imita. «Potremmo» annuisce lentamente, considerando l’opzione. La Sala Grande con i suoi tavoli imbanditi a festa e le decorazioni che gridano allegria non sono più invitanti di prima, ma forse al fianco di Luna può affrontarle. Il tempo di afferrare un bicchiere, almeno.

 

Farsi strada tra le coppie danzanti fino al tavolo delle bevande non è stato semplicissimo, ma ce l’hanno fatta. Luna ha scelto per sé del succo di zucca, lui ha optato per un’acquaviola. Poi, strisciando lungo le pareti, hanno raggiunto l’ingresso e si sono trovati una scalinata isolata.

«Buon non-festeggiamento!» esclama Luna, sedendosi su un gradino. Alza il calice verso di lui.

Ricambia il gesto, senza dire nulla; sorride, però. Sorseggia la bevanda.

Da piccolo non amava il Natale, ricorda: la festa da passare in famiglia gli rammentava l’assenza nella sua, per quanto bene potesse volere al nuovo marito di sua madre. Nel tempo quell’antipatia istintiva era gradualmente scemata, con nuove sorelle a ingrandire la famiglia e le incredibili esperienze fatte a Hogwarts. Ora è sempre il pensiero di suo padre a turbare le sue feste, ma in modo opposto. C’è qualcosa di ironico, in tutto ciò – forse non è proprio fatto per festeggiare il Natale, lui.

Osserva Luna vuotare il bicchiere e si dà dello sciocco. Può essere vero che le grandi feste non facciano per lui, non a Natale; ma trovarsi così, a non-festeggiare in disparte con un’amica, è bello. Non risolve i suoi problemi o il groviglio di emozioni ancora da sciogliere, ma li rischiara un po’. «Buon non-festeggiamento» ripete, accomodandosi sul gradino sotto a quello scelto da Luna. «E grazie» mormora, incrociandone lo sguardo.

Luna scuote la testa, sorridendo; non dice nulla, ma gli porge una mano. Lui la stringe.

Restano così, parlando piano, fino a mezzanotte, quando la festa termina e i corridoi si popolano di studenti diretti ai dormitori. Si alzano.

«L’anno prossimo, magari, potremmo festeggiare per bene… Se vorrai».

Luna l’osserva come se avesse detto una cosa molto buffa. «Oh, perché?» replica, ridendo leggera. «È stato divertente, non-festeggiare! Possiamo rifarlo».

L’allegria di quella risposta lo contagia, fa svanire ogni traccia d’imbarazzo. «Va bene, allora».

«Dean» lo chiama lei, impedendogli di voltarsi. «Puoi cercarmi, se non vuoi affrontare da solo i Dissennatori» dichiara nel tono sognante che lui ha imparato a conoscere.

Dean annuisce, grato, poi le volge le spalle.

Non si sente più malinconico o in conflitto; forse riuscirà a dormire, quella notte. Sorride pensando che se le sue battaglie sono Dissennatori, Luna è uno speciale Patronus.

Il migliore.

 

 

 

 

 

 

 

NdA

Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna.

Questa storia è nata riscoprendo Dean insieme alle care Maqry, inzaghina e VigilanzaCostante ieri sera. La Rowling ha dichiarato che il padre di Dean fosse in realtà un mago: durante la guerra si è allontanato dalla sua famiglia per proteggerli. I Mangiamorte volevano reclutarlo, ma lui si è opposto ed è stato ucciso. Non aveva detto alla moglie di essere un mago, quindi Dean è cresciuto convinto di essere un Babbano. La madre si è risposata e ha avuto altri figli e figlie. Si è parlato di scrivere di Dean che lo scopre, e la storia mi è apparsa in testa senza che potessi fermarla.

Il nome del padre qui è completamente inventato da me. In prima stesura era James Oakby, veramente, mi è proprio venuto naturale; ci sono fin troppi James in questa saga, però, e mi sono anche abbastanza antipatici, quindi l’ho cambiato in Jason. “Oakby” l’ho trovato cercando cognomi di maghi in Harry Potter, l’ho rubato a qualcuno che se non sbaglio ha promosso una legge in favore dei Magonò. [Il cognome Thomas mi sa molto di Babbano, quindi ho supposto che Dean l’abbia preso o da sua madre o dal suo nuovo marito.]

Riguardo al contesto: Dean fugge dai ghermidori durante il settimo anno canonico, quindi ho immaginato che tornasse a Hogwarts l'anno dopo per recuperarlo. Seamus, invece, bene o male l'anno l'ha frequentato, quindi non torna (in questa storia).

Questa storia, comunque, è nata combinandosi con la traccia dell’attività A scatola chiusa del gruppo fb Caffè e calderotti. La traccia, fornita da Rosmary, era la seguente:

Natale con il “Grinch”! Ossia: il personaggio protagonista del racconto per qualche ragione non ha nessuna intenzione di godere dell'atmosfera natalizia né di festeggiare, è anzi di cattivo umore, sminuisce e sbeffeggia tutto ciò che ruota attorno a questa festa eccetera – a voi se renderlo burbero, malinconico o altro. Se alla fine cederà al clima natalizio o meno è una vostra scelta. Di pari passo, a scelta è anche il genere del racconto: può essere una commedia allegra, un viaggio introspettivo, uno spaccato drammatico, una commedia romantica, può avere persino toni caricaturali, l'importante è rispettare la traccia e addossare al protagonista questo atteggiamento “Grinch”.

In caso di coppia protagonista, è a vostra scelta se a essere Grinch siano entrambi o solo uno.

A questo proposito: io scrivendo del non-festeggiamento ho pensato al buon non-compleanno del Cappellaio Matto, ma arrivata alla fine della storia mi sono resa conto che Sia_, partecipando alla stessa iniziativa, ha sviluppato un tema simile nella sua bellissima Buon non Natale. Ora, il tema l’abbiamo declinato in maniera tutto sommato diversa, ma nel dubbio di essermi inconsciamente ispirata ve la segnalo (e ve la consiglio, è bellissima!).

La finisco di chiacchierare; spero che la storia vi sia piaciuta.

Un bacio, e ancora tanti auguri per queste feste,

Mari

  
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