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Autore: Red Owl    02/01/2021    1 recensioni
Quando il suo convento viene saccheggiato, la giovane Neve, figlia dei Conti di Nevelunga, si ritrova nelle mani di briganti senza scrupoli. Quando scoprono la sua identità, i suoi rapitori decidono di chiedere un riscatto a suo fratello, l'attuale Conte, e di riconsegnarla alle sue amorevoli cure.
Falco e Neve non si vedono da più di dieci anni, ma la ragazza non ha dubbi: sarebbe meglio vivere da schiava, piuttosto che tornare da lui. Ma l'accordo è ormai fatto e Neve non vi si può sottrarre. E allora è forse giunto il momento di fare ciò che sua madre le ha raccomandato prima di scomparire per sempre dalla sua vita: smettere di avere paura e avviarsi lungo la Strada del Lupo già percorsa dai suoi antenati.
C'è solo un problema: Neve ha capito ormai da molti anni di essere tutt'altro tipo di animale.
Storia di un viaggio solitario (o forse no), prologo di un vecchio racconto che forse prima o poi pubblicherò, ma che può esistere benissimo anche da sola.
AVVERTIMENTI: contiene scene di violenza, sesso e dinamiche famigliari tutt'altro che idilliache.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Il luogo in cui si erano accampati per la notte non era l’ideale per ciò che Neve aveva in mente. Abbandonato il torrente, durante il pomeriggio si erano accostati a una dorsale montuosa di cui la ragazza ignorava il nome e che sembrava percorrere longitudinalmente l’altopiano sul quale erano approdati la sera precedente. Mikel aveva scelto di fermarsi in una sorta di scarpata sassosa, dove gli enormi massi scaraventati a valle da un’antica frana erano costellati da cespugli di rododendro in bocciolo e da larici carichi di germogli ancora teneri.

Era un posto scomodo e le tre prigioniere erano state costrette a sistemarsi in un esiguo spazio erboso incastrato tra i massi granitici. Il terreno era morbido, ma i briganti avevano su di loro il vantaggio dell’altezza: Mikel e i suoi uomini avevano infatti preso posto sulla sommità delle rocce che circondavano lo spazio in cui le ragazze avevano disteso come potevano i loro materassi; e le sovrastavano, tenendo d’occhio ogni loro movimento.

Hanno paura che proviamo a scappare, si disse la giovane, rannicchiandosi sotto la coperta e premendo il naso contro la schiena ossuta di Clara. Neve affondò le unghie nel tessuto ruvido che la copriva nel tentativo di placare il tremore che le scuoteva le mani. Non si era illusa che i briganti non prevedessero le sue intenzioni, ma il fatto che i suoi carcerieri si aspettassero un tentativo di fuga la rendeva nervosa.

Sciocchezze, sibilò una voce dentro di lei. Se se lo aspettano, sarà ancora più divertente

La creatura che viveva dietro le sue costole era eccitata, fremeva dalla voglia di spezzare l’immobilità nella quale languiva da ormai troppi anni. La prospettiva di un inseguimento la divertiva.

Distesa davanti a lei, Clara rabbrividì ed emise un piccolo gemito soffocato, simile allo squittio di un topolino, e lo stomaco di Neve si contrasse in una morsa. Era davvero sicura di volerlo fare? Voleva davvero abbandonare le sue amiche tra le grinfie di quegli uomini?

È la mia unica possibilità di salvezza, si disse cercando di allontanare i sensi di colpa. Lisi e Clara sarebbero state bene anche senza di lei. Anzi, era probabile che sarebbero state persino meglio senza di lei: se fosse scomparsa, non avrebbero avuto più alcun motivo di raggiungere Nevelunga e di incontrare Falco. 

E nessuno farà loro del male, cercò di convincersi la ragazza. Mikel vuole Lisi per sé, la tratta bene perché gli piace e non certo per riguardo nei miei confronti. E la piccola Clara? Lisi le è affezionata, rifletté nel tentativo di rassicurarsi. Convincerà Mikel a non mandarla via, le troverà qualcosa da fare…

Neve preferì non interrogarsi troppo su quale occupazione un uomo come Mikel avrebbe potuto trovare a una ragazza come Clara: più ci pensava e più si convinceva che non potesse trattarsi di nulla di particolarmente dignitoso, ma la giovane sapeva di non potersi fare condizionare da quella consapevolezza. 

Quella era la sua sola e unica possibilità di riconquistare la libertà che le era stata sottratta: Mikel aveva sbagliato una volta e si era avvicinato troppo alla Via dei Laghi, ma non avrebbe commesso due volte lo stesso errore. Pur senza conoscerlo a fondo, la giovane intuiva che l’uomo si sarebbe tenuto alla larga dai villaggi e dalle grandi vie di comunicazione sino a quando non sarebbero arrivati a Nevelunga, quattro o cinque giorni più tardi.

Devo andare, si disse, stringendo le mani in un pugno. Se scappo questa notte, riuscirò a raggiungere la strada nel giro di poche ore. Se aspetto domani o dopodomani, invece, mi perderò sicuramente in una terra che non conosco… e sarò anche troppo a nord. Basta esitare.

Con un sospiro silenzioso, la giovane si fece scivolare via la coperta dalle spalle e si mise in ginocchio. Clara emise un altro gemito, ma non si svegliò. Bene, pensò Neve, prima di cogliere un movimento con la coda dell’occhio. Anche se il ritmo regolare del suo respiro l’aveva ingannata, Lisi non dormiva e ora aveva sollevato il capo, guardandola con occhi che scintillavano alla luce argentea della luna.

Dove vai?” le chiese in un sussurro quasi impercettibile.

Devo andare in bagno” sussurrò di rimando lei, pregando che la sua voce non recasse alcuna traccia dei sensi di colpa che le stringevano la gola.

Lisi non replicò, ma, pur nella penombra, Neve vide le rughe che le incresparono la fronte. Non mi crede? Si chiese con una punta di panico. Possibile che la sua amica avesse intuito le sue intenzioni? Avrebbe forse provato a fermarla?

La giovane bruna sostenne però il suo sguardo per una manciata di secondi e poi posò di nuovo il capo sul materasso. “Va bene” mormorò chiudendo gli occhi.

Neve deglutì un paio di volte cercando di attenuare un po’ la sensazione di secchezza che le era rimasta appiccicata al palato, poi raggiunse la base del masso sul quale erano appollaiati due dei briganti. Prima che potesse aprire bocca, però, fu raggiunta dalla voce sferzante di Mikel. “Dove credi di andare?” la apostrofò l’uomo.

Ho bisogno di usare il bagno” replicò lei in tono deciso. Non devi tremare, adesso, le sussurrò una voce che forse era la sua e forse era quella della creatura che viveva in lei. Nessuna esitazione, o se ne accorgeranno.

Ah, davvero?” ridacchiò Mikel, raggiungendo i due uomini che si trovavano a pochi passi da Neve. Strizzando gli occhi per vedere meglio nell’oscurità della notte, la giovane vide che si trattava di Aro e Hinn. “Falla lì, che tanto non ti guarda nessuno.”

Neve sgranò gli occhi; e l’indignazione che provò davanti al suggerimento del brigante era autentica. “Come ti permetti?” sibilò. In quelle poche parole risuonò l’eco di un accento che credeva di aver perso ormai da anni e quella scoperta le causò una stretta all’altezza dello stomaco, ma la giovane cercò di non distrarsi. “C’è un limite a tutto e io non intendo iniziare a comportarmi come un animale.”

Mikel fece schioccare la lingua. “Come un animale”, ripeté, “che esagerazione! Non lo sai che agli uomini piace fare pipì in compagnia?”

Neve cercò gli occhi di lui attraverso la quieta aria notturna. “Be’, io non sono né un uomo né una cagna e pretendo di mantenere un minimo di dignità.”

Non mi sembra che ti sia stata negata, contessinareplicò Mikel e alla giovane non sfuggì la nota tagliente che gli increspò la voce.

Insisto” disse però, sperando con tutta sé stessa che il bandito si stancasse di quella conversazione e non la costringesse ad arrivare allo scontro diretto. Non sapeva cosa avrebbe fatto, se l’uomo si fosse rifiutato di soddisfare la sua richiesta. Magari avrebbe rinunciato. Probabilmente avrebbe rinunciato.

Per sua fortuna, però, Mikel si lasciò sfuggire un suono secco, forse un’imprecazione, e le fece cenno di raggiungerlo sul masso. “E va bene” sbuffò, allungando una mano per aiutarla a salire. Quando gli fu accanto le artigliò un avambraccio in una presa dolorosa. “Io e Hinn ti accompagnamo” le disse piegandosi su di lei e indicando con un cenno del capo il giovane nomade. “Sta bene attenta, carina, e non farti venire idee strane. Fino ad ora siamo stati gentili con te e con le tue amiche, ma, come hai detto tu stessa, c’è un limite a tutto: ti consiglio di non cercare di scoprire il mio.”

Potrei farti a pezzi con le mie mani. Potrei squarciarti la gola con i denti e bere il tuo sangue, fu il pensiero che strisciò nella mente di Neve e, per una volta, la ragazza non lo rigettò. Oh, sì, potrei farlo

Tuttavia la giovane serrò i denti e ricacciò indietro la tensione che per un istante le aveva irrigidito il torso e si costrinse ad annuire. “Bene.”

Mikel la soppesò con lo sguardo per qualche istante e poi, senza lasciarle il braccio, la condusse via dal luogo in cui Lisi e Clara stavano riposando. Facendo scorrere tutt’attorno a sé un’occhiata veloce, Neve vide che Lisi giaceva perfettamente immobile, fingendosi addormentata, e si concesse un sospiro di sollievo rendendosi conto che, se anche sospettava qualcosa, la sua amica non sembrava intenzionata a tradirla. Ulteriore sollievo le fu dato dal fatto che Eitan e Yorik non sembravano essere nei paraggi: non aveva idea di dove fossero andati, ma il fatto che Yorik in particolare non fosse lì non poteva che essere positivo.

Il terreno irregolare li costrinse a percorrere una decina di metri prima di raggiungere un posto che Mikel ritenne adatto alle esigenze di Neve. “Che ne dici, contessina?” le chiese, indicando l’ombra scura di un masso che si ergeva a pochi metri di distanza da quella che alla giovane parve una scarpata irregolare e coperta da cespugli di rododendro. “Ti pare soddisfacente?”

Neve annuì. Se davvero avesse avuto necessità di svuotare la vescica, avrebbe potuto acquattarsi dietro la parte più bassa del masso di granito: il suo corpo sarebbe stato al riparo da occhi indiscreti, ma Mikel e Hinn avrebbero comunque potuto vedere la sua testa e le sue spalle e assicurarsi così che non cercasse di scappare.

Forza, allora!” la spronò Mikel.

La giovane raggiunse il punto che le era stato indicato e voltò il capo verso i due uomini. “Dovete proprio stare così vicini?” chiese. “Non potete allontanarvi di qualche metro?”

Mikel scosse il capo. “No. Datti una mossa.”

Con un sospiro, Neve sollevò la sottana e si piegò sulle ginocchia, ignorando il rossore che, malgrado tutto, le aveva colorato le guance. Questo è il momento, si disse.

Aveva pochi secondi a disposizione, lo sapeva bene, e in quei pochi secondi si chiese nuovamente se voleva davvero abbandonare le sue amiche. Sì! Disse - ruggì - la voce nella sua testa, e Neve lasciò che la creatura emergesse dalle profondità della sua anima.

Quello che stava facendo era rischioso. Tieni il guinzaglio corto, si raccomandò negli ultimi istanti in cui fu pienamente padrona di se stessa. Lascia che ti guidi, ma non permetterle di prendere il sopravvento. Neve non era certa di essere in grado di mantenere il controllo sulla creatura, pur concedendole qualche libertà: in tutti gli anni che aveva passato al convento, era riuscita a tenerla prigioniera all’interno di sé, ma per farlo l’aveva annullata fino quasi a negarne l’esistenza. Ora aveva bisogno dell’aiuto della cosa che viveva nel suo petto, ma non aveva alcuna garanzia del fatto che, nel momento in cui avrebbe allentato le catene che la tenevano prigioniera, quella non sarebbe esplosa come una forza indomabile.

Madre, proteggimi, implorò la giovane, prima di lasciar ricadere l’orlo della gonna sopra le proprie ginocchia flesse. Neve premette i polpastrelli contro la roccia fredda sulla quale era acquattata, sentendo la superficie granulare del granito che le penetrava nella pelle. La decisione che aveva preso era rischiosa, sì, ma era l’unico modo per raggiungere quella libertà che ora le sembrava lì, a portata di mano.

Qualcosa si levò dalle profondità del suo essere, simile a una miriade di minuscole bolle d’aria che si levavano dal fondale sabbioso e salivano fino a sfiorare la superficie dell’acqua, e Neve non attese altro: senza concedersi il tempo nemmeno per un respiro più profondo, puntò la suola degli stivaletti contro la roccia e poi si scaraventò in avanti, oltre il bordo del masso e giù lungo il ripido pendio irregolare che si sviluppava al di là di esso. 

I primi passi li fece alla cieca, e fu solo la fortuna a far sì che non mettesse un piede in fallo, che non inciampasse in un arbusto o che non cadesse nella fessura tra due massi. Le sue orecchie colsero il grido di Mikel, ma il suo cervello lo processò come un qualcosa di insignificante, al pari del richiamo di un uccello o dello stormire del vento; e fu in quel momento che Neve si accorse di essere andata oltre.

La paura che, anche se aveva cercato di tenerla a bada, l’aveva fatta tremare fino a un istante prima svanì, e quando la giovane rabbrividì fu a causa dell'ebbrezza della corsa. La notte sembrava essersi fatta più chiara, ora, la luce della luna più intensa e, se i colori erano meno marcati, i contorni del mondo che la circondava erano cento volte più netti di quanto non fossero stati una manciata di secondi prima. Neve poteva vedere ogni foglia, ogni scheggia di pietra, e le sue gambe erano più forti, i suoi piedi più agili.

Il suo naso raccolse profumi e odori mai sentiti prima - o forse dimenticati da tempo - e solo l’aria che le frustava le guance le diede un’idea della velocità a cui stava correndo. Qualcosa nel retro della sua mente le disse che doveva rallentare, fermarsi un attimo per calcolare la direzione corretta, ma la creatura - o la versione di Neve che nasceva dall’incontro con la creatura - non raccolse quella raccomandazione: solo la corsa era importante, la velocità e lo sforzo dei muscoli, l’assoluta sensazione di libertà che nasceva dalla fuga giù per il pendio.

Presto ne raggiunse il fondo, e la voce che apparteneva alla fanciulla che era cresciuta tra mille agi e che era diventata donna tra le mura di un convento le gridò che la Via dei Laghi era a destra, ma la creatura annusò l’aria e decretò: a sinistra, verso la montagna e il punto in cui i larici si facevano più fitti.

Sospesa per un attimo tra due istinti opposti, la giovane esitò. Si sentiva leggera, quasi sospesa al di sopra del proprio corpo: era una sensazione che aveva talvolta vissuto nei sogni. Era cosciente, eppure non lo era, e la cosa che da sempre portava dentro di sé le parve meno una bestiola dotata di vita propria e più una parte integrante del proprio essere.

Un rumore la distrasse e Neve si voltò per fronteggiare il pendio che aveva appena superato. Hinn lo stava percorrendo a grandi balzi, muovendosi con una velocità insospettabile: era solo umano, ma era un umano decisamente agile.

Idiota, pensò la giovane, prima di piegarsi quasi a metà sotto la spinta di un istinto che le diceva di mettersi a quattro zampe e attaccare attaccare attaccare. Voleva mordere, voleva graffiare, sentiva già sulla lingua il calore della carne e del sangue…

Scappa! Si disse, mettendo tutta la propria razionalità in quel comando. Non avrebbe ceduto alla creatura, non si sarebbe piegata all’istinto! La ragazza tremò, combattuta, i muscoli congelati dall’incertezza. Fu allora che vide l’acciaio scintillare nella mano destra del giovane nomade: una lama ondulata che le riportò alla mente vaghi ricordi di veleni e di riti sciamanici.

Scappa! Ordinò di nuovo, e questa volta le gambe le obbedirono. Neve non ebbe però la forza di decidere la direzione della fuga e si trovò a correre in salita anziché in discesa, e presto i suoi piedi lasciarono i sassi del pendio detritico e si posarono sul morbido sottobosco che si estendeva ai piedi della foresta di larici.

Fu come entrare in un mondo nuovo. Dei profumi intensi le aggredirono le narici: il sentore balsamico degli aghi dei larici e della resina, quello umido del muschio e della terra ricca e scura, quello vischioso dei funghi e della materia in decomposizione. Neve dimenticò presto il proprio inseguitore e rabbrividì di piacere davanti a quegli odori che sembravano dipingerle la mente di quei colori che non riusciva più a vedere.

Mentre correva leggera sui sassi muschiosi e sul terreno elastico, schivando senza nemmeno accorgersene i rami più bassi e individuando con naturalezza la via migliore attraverso gli alberi fitti, la ragazza si accorse di avere a propria disposizione anche una sorta di sesto senso. È naturale, sibilò la voce che aveva da sempre accostato con la creatura, e Neve non fu in effetti sorpresa di riuscire ad avvertire la vita tutto attorno a sé. Era consapevole del topo che zampettava tra le radici di un vecchio larice e del gufo che, nascosto tra i rami dello stesso albero, aspettava il momento opportuno per gettarsi sulla preda; poteva sfiorare la coscienza della volpe che annusava un cespuglio di felci qualche decina di metri più in là e addirittura quella del nugolo di moscerini che pulsava sopra una pozzanghera. Era in sintonia con le piante, con la loro respirazione lenta, con i funghi che ancora non erano emersi dalla loro culla di terra, con l’inconoscibile espansione dei licheni che crescevano sulla roccia e sul legno.

Più di tutto, però, Neve avvertiva una vibrazione sulla pelle, nella pelle, una sorta di tensione che la trascinava in avanti, verso una meta che la creatura intuiva e che la sua parte razionale non riusciva invece nemmeno a ipotizzare. C’era come il fantasma di un gusto in fondo alla sua bocca, nel punto in cui la gola incontra il naso, qualcosa che ricordava il sapore della terra e delle foglie d’estate. Era un aroma quasi familiare, che le solleticava la memoria. L’aveva già sentito, ma dove?

Il ricordo la colpì mentre le sue gambe la proiettavano al di sopra di un tronco caduto, in un balzo che la giovane non sarebbe mai stata in grado di compiere in condizioni normali. Oh, no! Pensò Neve.

Oh, sì, le fece eco la creatura.

***

Ehilà! Ricordo che le recensioni, i commenti e i suggerimenti motivano chi scrive e fanno sì che gli aggiornamenti siano più frequenti. Se una o due delle persone che passano da queste parti e che lasciano traccia nei numerelli delle visite volessero lasciare anche due parole, sarei molto felice.

A proposito: ringrazio come sempre Old Fashioned, presenza costante capitolo dopo capitolo.

   
 
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