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Autore: MaxT    03/01/2021    5 recensioni
Antartide, anno 2047. Il trattato che vieta la militarizzazione e lo sfruttamento minerario del continente ghiacciato sta per scadere, mentre il cambiamento climatico ha iniziato a colorare i ghiacci in lento scioglimento con fioriture colorate di alghe unicellulari.
Un uomo e una donna, sopravvissuti allo schianto di un aereo, stanno cercando di salvarsi raggiungendo su una motoslitta una lontana stazione meteorologica segnata su una mappa. Entrambi si nascondono a vicenda un segreto mentre, osservati da occhi invisibili, proseguono verso il luogo misterioso. Vi troveranno la salvezza, o l'epicentro del pericolo che li minaccia?
La storia partecipa al concorso 'Manuale di Sopravvivenza Vol.1' indetto da Spettro94
Genere: Avventura, Science-fiction, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Neve rossa

 

Capitolo 3: Verso l'epicentro della minaccia

 

 

Mosca, due mesi prima

 

Il colonnello Matarov continuò:“Il compito di quegli uomini era avvicinarsi a piedi a una cosiddetta stazione scientifica australiana conosciuta come AAMS-29. Nominalmente è un sito insignificante, destinato solo a registrazioni meteorologiche e visitato solo occasionalmente da squadre di manutenzione. Immagine avanti!”.

Al suo ordine vocale, l'immagine precedente venne sostituita da una vista satellitare di pochi piccoli edifici monopiano accanto a una pista di atterraggio su un ghiacciaio screziato di rosso. Parcheggiato non lontano dagli edifici, risaltava un grosso aereo da trasporto C-130.

Perché tanto interesse per quel luogo, signor colonnello?”.

Ci sto arrivando, Malina Nikolayevna. Solo di recente abbiamo notato un traffico di velivoli da trasporto del tutto sproporzionato all'apparente grandezza del sito. Alcuni indizi analizzati in retrospettiva ci fanno pensare che ciò sia iniziato già da almeno quattro anni, e che venga tenuto nascosto intenzionalmente”.

Malina annuì in silenzio. Aveva ormai intuito che il suo superiore non amava essere interrotto.

Il colonnello disse “Immagine avanti”, e sullo schermo apparve una vista a falsi colori del sito. “Questa scansione nell'infrarosso suggerisce alcune zone calde ben nascoste in questi affioramenti rocciosi a poche centinaia di metri, e perfino sotto il ghiacciaio”.

Malina annuì ancora. Le sfuggì: “Allora può essere qualche attività fatta in violazione al trattato internazionale antartico”.

Grazie per le tue ovvietà, Malina Nikolayevna. Però forse anche tu sai che tra poco più di due anni, nel 2049, quel trattato spirerà, e diverse nazioni si trovano già da tempo a scaldare i motori per partire alla conquista di quel luogo, in base al principio che chi per primo occupa i siti sarà di fatto legittimato a considerarli suoi. Noi crediamo che l'Australia abbia già iniziato da anni, in segreto, un processo di militarizzazione e di preparazione allo sfruttamento minerario dell'Antartide”.

 

Mentre Malony stava rimuginando ogni parola di quel colloquio segreto, Roger continuava a guidare la motoslitta in silenzio, scrutando il percorso davanti a loro.

I suoi ricordi confusi offrivano solo immagini incomplete, simili a frammenti di sogni.

 

Antartide, nove mesi prima

 

Presto, signori”, li sollecitò nervosamente il colonnello Taylor, “E' quasi l'ora, il Kosmos 3814 si sta avvicinando”.

Da dentro il mezzo cingolato, il guidatore in uniforme mimetica polare lasciava trasparire segni di impazienza. “Maledetto spione”, sbottò con un'occhiata risentita verso il cielo di un blu intenso.

Ventuno... ventidue”, contò l'ufficiale. “Sono tutti”. Appena l'ultimo fu salito, ordinò: “Seduti, prego, e allacciatevi le cinture”.

Con un debole ronzio di motori elettrici, il mezzo si diresse verso una delle costruzioni a lato della pista, sul cui fianco era aperto un largo portone. Appena entrati, ci furono esclamazioni di sorpresa quando il mezzo si inclinò, scendendo una ripida rampa che lo portò diversi metri sotto il livello della coltre di neve ghiacciata. Fioche lampade a led, schermate verso l'alto, visualizzavano il percorso, altrimenti immerso nella semioscurità del tunnel.

Poco più avanti, il soffitto di ghiaccio traslucido venne sostituito dalla roccia.

Passati dei robusti portoni di acciaio, la luce si fece più forte, come se non si nascondesse più agli occhi del cielo.

Il mezzo si fermò in quello che sembrava un grande parcheggio sotterraneo. Lungo il soffitto scavato nella roccia correvano tubi di condotte d'aria, cavi elettrici e chissà cos'altro. Di lato si vedeva la luce di una guardiola vetrata scavata nella montagna.

Il colonnello si alzò in piedi, impettito. Roger ne notò la figura squadrata, basso e con spalle larghe da lottatore. “Signori, benvenuti nel Grand Hotel dove alloggerete per tutto l'inverno antartico. Vi promettiamo che non avrete molto tempo per annoiarvi”.

 

“Roger...”. Dal sedile posteriore, la voce di Malony lo richiamò dal suo vagare tra immagini confuse.

“Cosa c'è?”.

“Non vorrei mandarti in paranoia, ma... ma ho avuto l'impressione di un movimento all'esterno”.

“Un orso?”, chiese lui allarmato, stringendo gli occhi per guardare contro sole.

“Mi era sembrato un cumulo di neve. Però si è mosso”.

 

Antartide, sala operativa sotterranea

 

All'interno della piccola sala operativa scavata nel cuore della montagna, il colonnello Taylor stava supervisionando i tre controllori del servizio di sicurezza esterna seduti alle loro consoles.

La porta metallica era chiusa e presidiata, e luci rosse rimarcavano che era in atto una situazione di emergenza. Grandi monitor campeggiavano sulle pareti del locale senza finestre. Su quello di fronte a loro, una mappa a falsi colori della zona veniva solcata da una linea dritta che si stava lentamente allungando verso il centro, attraverso un'area punteggiata da icone misteriose.

Il sergente Benson, alla console sinistra, era l'addetto al controllo degli automi di sorveglianza e difesa. “Signore, gli intrusi si stanno dirigendo esattamente nella nostra direzione. Saranno qui in poco più di un'ora”.

Molto male”, sbottò il colonnello Taylor, osservando chino sullo schermo dell'operatore l'immagine in distanza della motoslitta rossa che avanzava. “Speravo proprio che non ci avrebbero più riprovato”.

Pensate che i russi siano nuovamente in esplorazione?” chiese il sergente, “Non credete all'incidente aereo?”.

Penso che sia stata tutta una montatura alla ricerca di un pretesto per venire da questa parte”, disse il colonnello. “O peggio, una provocazione”. Si rivolse all'operatore alla console centrale, addetto ai sensori fissi: “Sergente Jacobs, avete individuato qualunque altra cosa?”.

Purtroppo, la segretezza dell'installazione rendeva tabù l'utilizzo di uno strumento tracciabile come un radar, per cui la sorveglianza era affidata a decine di telecamere ottiche e termiche, le cui immagini erano fuse assieme e preanalizzate da un sistema di intelligenza artificiale prima di essere rese all'operatore umano. Un ottimo sistema, a patto di guardare nella direzione giusta.

Sì signore. Un drone quadricottero li sta seguendo a circa trenta chilometri di distanza, senza avvicinarsi. Crediamo che sia quello della stazione di S. Nikolay”.

Fanno finta di cercarli, quegli ipocriti. Vogliono fregarci alla grande, questa volta”, disse il colonnello, camminando avanti e indietro come un pugile a cui abbiano appena cancellato un incontro importante. “Se li lasciamo continuare, ci arriveranno sulla porta di casa a curiosare. Se li fermiamo, rischiamo di fargli vedere le nostre difese, e loro stanno aspettando proprio questo!”. Scosse il viso con rabbioso rammarico. “Sono astuti! La mossa giusta per noi sarebbe stata quella di rovinare il loro gioco fin da subito mandandogli incontro un elicottero di soccorso da un'altra stazione, ma loro hanno fatto finta di muoversi in una direzione diversa per poi svoltare dritti verso di noi!”.

L'elicottero di soccorso più vicino disponibile è sulla costa, a oltre cinquecento chilometri. Troppo lontano per raggiungerli prima che arrivino qui”, confermò il sergente Keith dalla console a sinistra, facendo scorrere le dita su uno degli schermi. “E se mandassimo un nostro cingolato a raggiungerli, per poi dirottarli verso un altro sito?”.

Il colonnello si piantò sui piedi e chiese quasi sarcastico: “Un mezzo militare, sergente Keith? Se i russi hanno già dei sospetti su questo posto, sarebbe un modo per confermarglieli”. Riprese a camminare avanti e indietro, scuotendo il viso. “Mi dispiace, anche questi dovranno sparire, ma questa volta nel modo più pulito possibile”. Si fermò di scatto, rivolgendosi all'operatore sulla sinistra. “Sergente Benson, lo Spectre 6 è in posizione favorevole?”.

Spectre era il nome col quale erano designati i piccoli robot cingolati a difesa del sito. Questi mezzi insidiosissimi, più piccoli di un'utilitaria, erano mimetizzati con coperture flessibili che dall'esterno li facevano assomigliare a cumuli di neve, e presentavano differenti combinazioni di sensori e armamenti. Non erano veloci, ma erano l'ideale per qualunque agguato.

Sì, signor colonnello. Gli intrusi arriveranno a portata del suo Subson tra circa sei minuti”.

Bene. Trasmetta l'ordine al robot di fare fuoco appena a tiro”.

Il Subson, la nuova arma a subsuoni, era l'ideale per uccidere qualcuno in quel deserto gelido simulando una morte naturale. A differenza di un lanciamissili o di un cannoncino, poteva sparare senza che nessun fottuto spione potesse vedere assolutamente niente balenare nell'aria. Inoltre, i danni che il subsuono provocava alle pareti cellulari delle sue vittime venivano perfettamente nascosti da quelli provocati dai cristalli di ghiaccio durante il congelamento del cadavere. Nessuna eventuale autopsia avrebbe potuto mai suggerire che la causa della morte fosse stata qualcosa di diverso dall'ipotermia.

 

“Come?”, reagì scettico Roger, “Malony, i cumuli di neve non si muovono. Sei sicura che non fosse un orso, piuttosto?”

“Non sono sicura di niente”, rispose lei a bassa voce. “Vorrei solo non essere mai venuta in questo posto”.

 

Mosca, due mesi prima

 

Signor Colonnello, qualunque sia la causa della morte dei nostri Spetsnaz, che cosa impedirà che lo stesso avvenga anche a me?”.

Il colonnello Matarov spiegò, evitando di guardarla negli occhi: “Qualunque sia la minaccia, è probabile che agisca solo se può farlo di nascosto. Quando abbiamo mandato quegli uomini, non abbiamo potuto sorvegliare il loro tragitto adeguatamente: avevamo solo due satelliti Kosmos in rotta polare, che davano un tracciamento molto discontinuo della missione. Da allora abbiamo collocato ulteriori quattro Kosmos in orbita bassa polare, ciascuno dei quali passa ogni ora e mezza. Tu, Malina, ti presenterai come la sopravvissuta a un incidente aereo in cerca di soccorso, e sarai seguita dalla lunga vista di satelliti e di droni, oltreché da mezzi di soccorso che arriveranno al momento opportuno. Sarà molto difficile che chiunque osi agire contro di te, sfidando la possibilità che il suo odioso crimine venga documentato e denunciato all'opinione pubblica di tutto il mondo”.

Insomma, per mal che vada vedrete come muoio”.

Seguì un momento di silenzio pesante. “Malina Nikolayevna, tu avrai un ulteriore fattore di protezione a tuo vantaggio. Provvederemo che qualcuno ti accompagni nel tuo percorso verso quel sito”.

 

Dall'abitacolo della motoslitta, Malony rivolse lo sguardo verso il cielo. Si aggrappò al pensiero che almeno c'erano degli occhi senz'anima che vegliavano su di lei da lontano. E al di sopra di loro c'era sempre lo sguardo di Dio.

 

Antartide, sala operativa sotterranea

 

Il sergente Benson si rivolse al suo superiore: “Signore, ci siamo. Spectre 6 mi chiede conferma di fare fuoco.”

Confermare”.

Sì, signore”. Dopo qualche istante, un riquadro rosso cominciò a lampeggiare sullo schermo del sergente. “Signore! C'è un malfunzionamento del selettore di frequenza acustica. Spectre 6 non può usare il Subson. Deve passare al cannoncino?”.

Maledizione no, niente cannoncino. Risolvetela subito!”. Queste armi nuove e le loro grandi promesse, rimuginò tra sé il colonnello Taylor.

Il sergente Benson si affannò alla console, ma sapeva che non c'era modo di riparare il guasto senza far rientrare il robot alla base. “Si, signore. Ripeto l'ordine.... Negativo, ancora una volta. E l'obbiettivo sta per uscire dalla portata del Subson...”. Dopo qualche istante, riprese: “Sono usciti. Il tentativo è fallito. Cosa devo fare?”.

Dov'è Spectre 7?” , chiese il Colonnello. Spectre 7 era il gemello del 6, anche lui armato di Subson e cannoncino.

E' fuori portata, signore, dieci chilometri più a nord”.

Il colonnello osservò il grande monitor a parete. “Dobbiamo prendere tempo. C'è qualche Spectre col laser accecante in posizione utile?”.

C'era il 12 fino a poco fa, ma ormai gli danno la schiena. Il 10 e l'11 sono schierati molto più a nord”.

Il colonnello rifletté brevemente. Il fatto di essere osservati limitava drasticamente le loro opzioni.

Spectre 12 è in posizione utile per accecare il drone russo?”.

Sì, signore, è proprio in linea tra loro e il drone. Distanza costante di trenta chilometri. Mi conferma l'ordine di accecare il drone?”.

Confermo”.

Il sergente Benson armeggiò brevemente con la sua console. “Conferma!”, pronunciò in risposta a una domanda non udita. Subito un riquadro cominciò a lampeggiare sullo schermo, e il puntino scuro nel cielo mostrato da un altro schermo cominciò a muoversi lentamente di lato.

Fatto, signore. Il drone russo è accecato. E ora?”.

Il colonnello si permise un respiro profondo, sperando che il danno alle ottiche del drone non fosse dimostrabile come un attacco esterno. Poi si rivolse all'operatore a destra, addetto ai collegamenti e alle informazioni da fonti esterne. “Sergente Keith, c'è qualche fottuto Kosmos che sta osservandoli?”.

Ora sì, signore. Possiamo agire tra un minuto e mezzo, avremo una finestra di diciotto minuti fino al prossimo”.

Bene, passate gli ordini ai Bear. Azione tra novanta secondi. Sbarrare la strada alla motoslitta e farla deviare verso nord. Emettere impulsi elettromagnetici direzionali per disturbare tutte le elettroniche dell'obiettivo. Dare l'ordine a Spectre 7 per intercettarli con il suo Subson appena a portata”.

A differenza degli insidiosi cingolati Spectre, in grado di colpire a distanza, i Bear erano robot zoomorfi che simulavano in modo abbastanza fedele degli orsi polari. Inoltre contenevano sorgenti di impulsi elettromagnetici fortemente direzionali in grado di disturbare a breve distanza gli apparecchi elettronici delle spie, quali telecamere o trasmettitori di vario tipo. Erano l'ideale per sorvegliare un sito ed eliminare discretamente gli intrusi, simulando l'attacco di un animale selvaggio.

 

La voce di Roger la riscosse dai suoi ricordi. “Malony...”

“Eh? Dimmi...”.

“Siamo sempre sulla strada giusta?”.

“E' perfetta. Continua così”.

“Hai visto più niente muoversi?”.

“Niente. E poi, i cumuli di neve non si muovono”.

“Non dicevi così, prima”.

“Prima era prima”.

 

Mosca, due mesi prima

 

E chi saranno i miei compagni, signor colonnello?”.

Ci arrivo, Malina Nikolayevna. Cambio immagine!”.

La nuova immagine proiettata mostrava un giovanotto alto e un po' corpulento con gli occhiali. “Quest'uomo si chiama Roger Wilson, di Perth. E' un ingegnere minerario, che lavora da due anni a una ditta di prospezioni minerarie legata al Ministero dell'Industria australiano. Sappiamo di sicuro che è stato in Antartide già per sei mesi, che è ritornato a Perth a ottobre, e che dovrà ripartire per lavoro ai primi di febbraio. Incrociando le sue date di partenza e ritorno con le immagini satellitari degli aerei da trasporto, sospettiamo che abbia trascorso i sei mesi proprio in quel sito”.

Questo significa che ha trascorso lì tutto l'inverno antartico”.

Non crediamo che l'abbia passato in quelle quattro baracche della stazione meteorologica. Pensiamo, piuttosto, che lì vicino esista o sia in costruzione un'imponente struttura sotterranea. Abbiamo motivo di pensare che tornerà proprio in quel sito a partire da febbraio. Noi faremo in modo che ci arrivi, e pure in anticipo, ma per una via diversa da quella che gli hanno programmato”. Il colonnello Matarov guardò con intenzione Malina, e continuò: “Ora, Malina Nikolayevna, tu non hai paura di sporcarti le mani, vero?”.

Lei rispose, a disagio: “Tutto quello che serve per aiutare la madre Russia, signor colonnello”.

Lui annuì soddisfatto. “Pochi giorni prima della data della sua partenza prevista, un nostro incaricato gli telefonerà a casa, preannunciandogli che un'automobile del ministero andrà a prenderlo per una riunione urgente. Naturalmente l'automobile che arriverà a prenderlo sarà nostra, e il viaggio sarà molto rilassante per lui. Sarà narcotizzato, portato in una nostra sede sicura e verrà interrogato sotto ipnosi. Se le informazioni confermeranno i nostri sospetti, gli cancelleremo con l'ipnosi tutti i ricordi del rapimento e gli confonderemo i ricordi recenti. Inoltre, per facilitare la tua missione, gli installeremo un'àncora ipnotica: ogni volta che lo riterrai necessario, potrai fargli sentire un profumo particolare, e lui si confonderà e diventerà più docile”.

E questo mio accompagnatore in che modo dovrebbe favorirmi, signor colonnello? Se quel sito è davvero una base militare e se mi presenterò lì con un loro uomo che è stato rapito, non ci metteranno un minuto ad arrestarmi come spia”.

 

 

 

 

  
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