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Autore: Gaia Bessie    03/01/2021    7 recensioni
[Fred/Asteria/Draco | OS ]
C’è un posto che ti somiglia, e sa di te.
L’Inghilterra è grande, uno spazio per tutti si trova: forse dovremmo stringerci perché è inverno e fa freddo, ma importa forse qualcosa?
Cosa ti rimarrà di me? Un anellino minuscolo – mani di bambina che lo calzano come una scarpetta di cristallo in una favola che entrambi non conoscono – appeso a una catenella dorata, argento mai, e un sentimento che scotta le pareti del cuore, deformandole.
Un bicchiere di succo di zucca bevuto per metà, sul tavolo della sala da pranzo, con un filamento del frutto che vi galleggia al centro. Un semino sul fondo, un buon auspicio, una speranza sul fondo aranciato della vita.
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Fred Weasley | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Astoria
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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C’è un posto che ti somiglia, e sa di te.
L’Inghilterra è grande, uno spazio per tutti si trova: forse dovremmo stringerci perché è inverno e fa freddo, ma importa forse qualcosa?
Cosa ti rimarrà di me? Un anellino minuscolo – mani di bambina che lo calzano come una scarpetta di cristallo in una favola che entrambi non conoscono – appeso a una catenella dorata, argento mai, e un sentimento che scotta le pareti del cuore, deformandole.
Un bicchiere di succo di zucca bevuto per metà, sul tavolo della sala da pranzo, con un filamento del frutto che vi galleggia al centro. Un semino sul fondo, un buon auspicio, una speranza sul fondo aranciato della vita.
«Tutto qui?» Fred ride, su quella domanda, un sorriso ironico gli macchia il volto come una chiazza di sangue. Puro, purissimo. «Per lui?».
Asteria annuisce, il respiro le duole nel petto come se potesse spezzarglielo in un sussurro. «Sì» ammette, così piano che pensa d’essersi udita solamente lei. «Io… che altro potrei fare?».
Lui la guarda. Milioni di risposte condensate in occhi celesti più di quelli di lei, macchiati irrimediabilmente di verde, e sangue che le sale a riscaldare il volto. Sangue puro, purissimo. Un po’ macchiato.
«Dire di no» risponde, lui, atono. «Non so se te ne sei resa conto, ma potevi dirgli di no».
Lei abbassa lo sguardo, illuminato da lacrime amare, insensate, che ne annacquano irrimediabilmente il colore. «Mi è sembrato così solo, così disperato» pigola, piano. «Ha bisogno di me, più di quanto non ne abbia bisogno tu».
Vasta contrada di silenzio, quella che si scava tra loro due, mentre Asteria assapora timorosa il peso delle proprie stesse parole. Sanno di rimpianto lacrimoso – amarissimo – che le scava un solco nell’anima nuda, sfregiandola irrimediabilmente, e occasioni perse. Un posto ben definito della propria mente, ha quel sapore, e sa di lui.
«Io ho bisogno di te» sussurra lui, dolcemente. «Chi riderebbe di tutte le mie battute, se tu andassi via con lui?».
Ad Asteria scappa un risolino isterico, che le ferisce la gola e le fa uscire le lacrime dagli occhi, mentre lui le tende la mano. Lei vorrebbe prenderla, fuggire via, in un posto che somiglia a lei, a lui, a loro – ma non ne ha il coraggio.
È sempre stato Fred, dei due, quello coraggioso. Così si porta le mani dietro i capelli e slaccia la propria catenina, depositandola al centro della mano di lui.
«Me la ridarai» promette, piano. «Quando tornerò da te».
Lui scuote il capo. «Non tornerai» prevede. «E mi lascerai solo con questa dannata abitudine».
Lei spalanca gli occhi, incerta, chiude le dita di lui su quell’anello minuscolo: il simbolo della famiglia Greengrass, una farfalla smeraldina, sorride sul palmo della mano di Fred Weasley.
«Mi ero così abituato» ripete lui, le dita strette attorno al gioiello. «Ad essere qualcuno che amavi».
 
 
Il posto che ti somiglia
 
 
C’è una contrada che ti somiglia, dove tutto è bello, ricco, tranquillo e onesto; dove la fantasia ha costruito e decorato una Cina occidentale; dove è dolce respirare la vita; dove la felicità si sposa al silenzio. Là bisogna andare a vivere, a morire!
(Baudelaire)
 
 
Di me che ti è rimasto?
Credo soltanto il non fidarti di un bugiardo
Di me, di me, ti sto chiamando
Ma non rispondi perché lui ce l'hai di fianco
 
 
«Ria!».
Lei accelera il passo, riconoscendo la voce di Fred – il ricordo di un posto l’assale, e sa di lui – per le vie di Londra. L’Inghilterra è grande, ci sarà un posto dove riuscirà a non incontrarlo, pensa distrattamente stringendosi al braccio di Draco.
China il capo, osservandosi i piedi calzati in scarpe elegantemente scomode, e comprende che non se la caverà così facilmente. Così, sorride dolcemente al proprio fidanzato – che non sa, come potrebbe? – e si volta in direzione della voce.
«Scusami» sussurra. «Vado a vedere se ha bisogno di qualcosa».
Il ticchettio dei suoi tacchi risuona per le vie di Diagon Alley, facendole tremare il cuore e le mani, mentre si ferma di fronte a Fred Weasley. Sono passati ventisei giorni e un mese dall’ultima volta che si sono visti, che si sono parlati, che lei gli ha messo in mano l’anello della propria famiglia ed è scappata via.
Lui non s’è arreso. Lettere, le ha inviato, frammenti di loro ricordi, una fotografia scattata insieme l’anno scorso – quando in estate lei è scappata di casa, fuggendo da lui seguita da uno scroscio di pioggia, e una frase sempre scritta in piccolo. Su ogni lettera e sul bordo della fotografia, io non ti dimentico, e a lei è sempre silenziosamente tremato il cuore.
«Pensavo mi avresti ignorato» commenta, lui, sorridendo. «Che fossi diventata troppo signora Malfoy per fermarti a parlare con me».
Lei si produce in un sorriso stiracchiato, che le divide il volto in frammenti, mentre lui si scioglie in una sincera risata.
«Non prendermi in giro» sussurra, Asteria, imbarazzata. «Pensavo che fossi ancora arrabbiato con me».
«Lo sono» risponde, Fred, con un colpo di tosse. «Ma non posso fartelo vedere: in qualche modo dovrò pur convincerti a tornare da me».
A far l’amore sopra le lenzuola mezzi svestiti e mezzi no, in quel posto del mio cuore che sa ancora di te, che saprà sempre di te, dei tuoi vestiti stropicciati, dei capelli che dovresti tagliare, delle risate, del tuo dannatissimo disordine.
«Ti abituerai» sussurra lei, alzando la mano per carezzargli il volto, e lasciandola ricadere al proprio fianco. «Un giorno non mi penserai nemmeno più».
Lui le sfiora la mano, la prende, e se la porta esattamente dove dovrebbe essere: a carezzargli il viso.
Un giorno ti chiamerò, perché avrò definitivamente cambiato idea su di te, e ti rivorrò indietro nella mia vita: correrò in quel posto che ti somiglia e che sa di te, e allora ti cercherò in ogni anfratto e ogni angolo senza trovarti mai.
Non servirà niente, il semino della buona sorte, perché sarà sempre sommerso nel succo di zucca e a me farà schifo doverlo ripescare a mani nude.
«Lo sai, ci sono cose a cui ti puoi abituare» commenta lui, sorridendo. «E cose a cui non puoi. Ad esempio, alla puzza sotto il naso di Malfoy, non ti potrai abituare mai».
«Smettila» sussurra lei, voltandosi a guardare nella direzione del proprio fidanzato. «Non se lo merita. E poi, io…».
«Se mi dici che te ne sei innamorata, ti vomito sulle scarpe» commenta Fred, piano. «Pensavo di averti lasciato qualcosa».
Asteria si tocca il cuore a mani nude, vergognandosene: l’ennesimo gesto insensato e indecente che sarebbe pronta a compiere per lui. Certo che le ha lasciato qualcosa, le ha lasciato un ricordo dolceamaro che le invade le arterie insieme al sangue e le sale lungo i vasi sanguigni, avvelenandola. Certo che le ha lasciato qualcosa, le ha lasciato un amore insensato che s’infrange sulla barriera del solito, del banale, del comprensibile.
«Lo hai fatto» sussurra, piano. «Ma sai che non posso abbandonarlo adesso, ha bisogno di me».
«Io ho bisogno di te» risponde lui, indicandosi il petto, dove riluce un anellino minuscolo con una farfalla incisa sopra. «Non voglio saperti tra le braccia di qualcuno che potrebbe essere un Mangiamorte, tu… sei troppo per lui».
Troppo coraggiosa, pensa silenziosamente, troppo avventata. Troppo disposta a sacrificarti per salvare un amico d’infanzia che è cambiato irrimediabilmente: quando Draco Malfoy le ha detto che l’amava, che l’ha sempre amata, in Asteria Greengrass s’è frantumato qualcosa di importante. Qualcosa che le dava il permesso di amare Fred Weasley e, allora, quell’amore non se l’è più concesso.
«Mi dispiace, Fred» sussurra lei, sfiorandogli il braccio. «Ma Draco ha bisogno di me, non posso lasciarlo andare adesso».
A lui s’indurisce lo sguardo – e il cuore. Si cancellano, nella sua mente, tutti quei luoghi che somigliano a lei – e la guarda. Lentamente, si slaccia la catenina attorno al suo collo, facendola pendere davanti agli occhi di lei.
«Te la restituisco» sussurra, senza dolcezza. «Se te ne vai adesso, io non potrò più riprenderti, anche se dovessi volerlo di nuovo».
Lei lo vuole, certo che lo vuole, lo vuole da quando gli ha detto – in un fiume di lacrime sotterranee – che l’avrebbe lasciato andare. Che non poteva più tenerlo con sé, nella consapevolezza che Draco Malfoy si stava consumando all’altare dei Mangiamorte.
Lei lo ama ancora, certo che lo ama ancora, lo ama da quando l’ha visto per la prima volta – e l’ha spogliato con lo sguardo, in uno dei luoghi del suo cuore che preserva il suo sapore – e ne ha catturato l’immagine con lo sguardo.
Asteria alza il braccio, lui è decisamente troppo alto per lei, e afferra la catenina con la mano: nel suo pugno, quell’anello sembra enorme, quando in quello di lui era solamente la briciola dei loro cuori spezzati.
«Mi dispiace» sussurra. «Spero che cambierai idea, per quando tornerò».
«Sei ingenua, se pensi di tornare» risponde lui, calmo. «Verrai al mio negozio con dei bambini schifosamente biondi e io ti dirò…».
Buongiorno signora Malfoy, come posso aiutarla?
 

 
***

 
E non ci credo che farai a meno di me
Un pugno crea le crepe contro la parete
E non lo vedi che in lui non vedi me
Digli che tu eri mia, mia
Digli che tu eri mia, mia
 
La parete del bagno è crepata.
Fred se n’è accorto il giorno in cui lui e George hanno comprato la casa, e s’è detto che un giorno l’avrebbe aggiustata con la magia. Ma non l’ha mai fatto e quella crepa è rimasta lì, a osservarlo sotto la doccia e a coglierne i pensieri più intimi, più intoccabili, persino a vederlo piangere.
Un giorno – che mai nessuno se n’è accorto, ma c’è stato – Fred s’è seduto sul pavimento, con le scarpe che sporcavano di polvere il muro appena tinteggiato, e ha pensato. Che quella crepa è ingiusta, come ingiusta è stata la spaccatura che Asteria Greengrass gli ha provocato nel cuore, e allora doveva provare a scancellarla con un colpo di spugna.
Non c’è riuscito.
Così, alle tre e mezza del pomeriggio – con lo stomaco che borbottava su un pranzo che non aveva mangiato – Fred ha fronteggiato quella crepa, le ha chiesto cosa ci facesse lì a sfregiargli il cuore. Nell’udire la risposta, ha stretto i pugni e ha colpito.
«Si può sapere cosa stai facendo?» George è entrato nella stanza, sbattendogli la porta su uno stinco. «Ho sentito un rumore, e… ma hai dato un pugno al muro?».
Fred lo guarda, stringendosi la mano sinistra al petto: sanguina e una nocca duole pericolosamente, incrinata, la carne viva esposta. La crepa ride di lui, ora sporca di sangue, risate che risuonano in tutto il locale.
Fred ride anche lui, d’altronde non può sentirsi meno di una stupidissima crepa sul muro. «Scusami» risponde, al gemello. «Ero nervoso».
«E hai tirato un pugno contro il muro?» ripete George, calmo. «Cioè, Fred, io ti giuro non capisco. Okay che era crepato, ma io ci tenevo a quel muro, mi piaceva».
«L’azzurro pastello mi ha sempre dato sui nervi» risponde, l’altro, atono. «Volevo farlo da giorni».
Suo fratello ridacchia, ma non molla l’osso: sa che Fred s’è perso in una contrada verde smeraldo, dove farfalle azzurro pastello svolazzano allegramente nell’aria.
Sa che s’è perso in quel luogo – che le somiglia, e sa di lei – e ritrovarlo sarà difficile, forse impossibile, anche se adesso è ferito, oltre che nello spirito anche nel corpo. Soprattutto che adesso è ferito.
«E quindi mi stai dicendo che hai dato un pugno al muro perché era di un colore oggettivamente di merda?» commenta George, lanciando un fischio stupito. «Ora capisco perché sei tu il gemello scemo, Freddie».
Fred sorride, senza distogliere lo sguardo dalla propria mano: duole, lo sente che duole, ma è comunque un dolore che si perde nella landa sconfinata di silenzio che scuote le viuzze smeraldine della sua mente.
«Non ti ruberei mai la corona» risponde, atono. «Ma io… lascia stare, George, è semplicemente una brutta giornata».
«Una brutta giornata, in una brutta settimana, in un brutto mese» commenta il gemello, piano. «Da quando lei se n’è andata».
Fred china il capo, sotto il peso di quell’affermazione, ma non riesce a dire niente: inciso nella mente ha ancora il ricordo di lei che gli volta le spalle, s’allontana, e posa la sua mano – piccola, piccolissima – sul braccio di Draco Malfoy e lentamente sparisce dal suo campo visivo. Fino all’ultimo passo, all’ultimo secondo, ha pensato che fosse uno scherzo: che quella testolina, bionda come un tramonto, si sarebbe voltata, avrebbe piantato Malfoy lì, senza una parola, e sarebbe corsa indietro da lui. Ma Asteria non l’ha fatto.
Adesso, consapevolezza che l’infiamma di un dolore ben più forte di quello che gli ustiona la mano sinistra, non tornerà mai più indietro.
«Dovresti uscire, vedere gente» commenta George, incoraggiante. «Ha quindici anni, Fred, che futuro avreste potuto costruire?».
«Parli come mamma» risponde Fred, con tono amaramente ironico. «Non pensavo te lo avrei mai detto, ma è così».
«Non dirlo mai più» rabbrividisce l’altro, platealmente. «Comunque ne troverai un’altra, faremo delle audizioni e tra i prerequisiti metteremo “non avere alcuna correlazione con i Malfoy”. Va bene?».
Fred vorrebbe ridere, ma tutto quello che ne esce è un suono crepato e strozzato che gli lacera la gola controvoglia. Poi scuote il capo, si tocca il petto per riscoprirlo vuoto: s’è ripresa l’anello ed è andata via, portando con sé l’ultimo brandello che poteva conservare di lei.
«Credo che vederti così sia la cosa più deprimente al mondo» constata George, scivolando sul pavimento. «E hai pure sporcato il muro con le scarpe».
«Scusa, mamma» risponde Fred, scivolando anche lui accanto al fratello. «Ma non riesco a trovare un lato divertente in tutto ciò».
Nella contrata desolata e crepata, dove c’è il pallido spettro di Asteria Greengrass che gli sorride e scivola via al braccio di Draco Malfoy, Fred si sente solo e non trova consolazione. Fred si sente e non si trova, mentre si guarda allo specchio e riscopre tutto quello che Ria Greengrass deve aver visto il lui, quella mattina – rabbia cieca e delusione ancor più cieca.
Ha uno schizzo di sangue secco sulla maglietta, dove ha avvolto la mano, che continua a pulsare dolorosamente.
«Dovremmo far qualcosa per quella mano» commenta George, con la bacchetta in mano. «Prima che tu muoia d’infezione per aver dato un pugno a un muro azzurro pastello».
Fred non s’oppone, mentre il fratello borbotta incantesimi curativi – che non ha mai saputo compiere – sulla sua mano. I pensieri si sfilacciano, nella sua mente, assumono forme nuove: gliel’avrà detto, Asteria, a lui, che è solamente il pallido sostituto di quel che provava per Fred?
Diglielo, avrebbe dovuto urlarle quella mattina, che un tempo eri ancora mia. Che lo sei ancora, controvoglia, senza saperlo.
«Sembra a posto» borbotta George, lasciandogli andare il polso. «Forse sopravvivrai per un altro giorno».
Fred alza lo sguardo, sul muro ora macchiato del suo sangue e dei suoi pensieri, per scoprire che non è cambiato niente.
La crepa è ancora lì.
 

 
***

 
Ed ora te ne vai con uno che un po' mi assomiglia
Stanotte cerchi uno che un po' mi assomiglia, ma non è me
Ed il tuo odore non se ne va
Non te ne andare, siamo a metà
Che se ti scopre non finirà
Ma se lo scopre poi finirà
 
«Ciao».
Fred strabuzza gli occhi, di fronte alla figura di Asteria Greengrass, frustata dalla pioggia battente. È ancora lei, non è cambiata nei tre mesi che li hanno separati, occhi verdeazzurri su capelli biondi come un tramonto.
«Ciao» replica, piano. «Posso sapere cosa ci fai qui?».
Lei sorride, sembra a disagio. I capelli le incorniciano il volto stanco, con le occhiaie pronunciate: no, non è sempre identica, è dimagrita – quando ha smesso di mangiare?
«Non avrei dovuto» risponde lei, piano. «Lo so, ma… è che stasera mi mancavi un po’ di più del solito».
Più del normale, più del comprensibile. Asteria sospira, inzuppandosi di pioggia, osservandolo con occhi che – di pioggia – ne sono pieni.
«Entra» sussurra lui, scostandosi dalla porta. «Ti preparo una tazza di tè. George stasera non c’è, ma penso tornerà presto».
Lei alza gli occhi, sorride. «Non è per George che sono venuta» sussurra. «Volevo rimanere un po’ con te, anche se solamente per qualche ora».
«Non ti bastava più Malfoy?» commenta Fred, acidamente, mentre con la bacchetta inizia a far riscaldare una vecchia teiera. «Pensavo che i patti fossero chiari, Asteria».
Asteria sospira, mentre una tazzina le plana davanti, inondandola di vapore. La prende tra le mani, rigirandola leggermente, con aria pensierosa.
Vorrebbe leggerle la mente, coglierne i pensieri come ne ha colto i capelli in una mano durante l’amplesso, e scoprire cosa si cela in quella testolina bionda, biondissima. Vorrebbe scoprire che luoghi nasconde, quella testa, se sono simili o uguali a quelli che immagina lui – e se sanno di loro.
«Siamo stati insieme» ammette lei, a disagio. «Io… come avrei potuto dire di n, Fred? Ma lui… è diverso, va bene?».
«No che non va bene» sibila, lui, gli occhi duri come pietre. «Non puoi amare me e stare con lui. Non puoi cercarmi quando sei così stanca e insoddisfatta da non farcela più, io…».
Sospira. Lei ha le mani che tremano contro le proprie braccia, mentre si piega sul tavolo e lo guarda come se potesse spogliargli l’anima in un sussurro: e a cosa servirà, poi, spogliarsi quando esiste una persona in grado di farlo senza emettere una parola?
Lui, spogliarla, lo vorrebbe per davvero. Strapparle via i vestiti e quella bontà priva di senso e di misura, quell’affetto asimmetrico che prova per Draco Malfoy, toglierle via tutto e rimanere con lei in una contrada di campagna con le farfalle verde smeraldo che svolazzano su di loro.
«Non posso» sussurra, infine, Fred. «Non posso averti a metà. Io non la voglio la mezza misura con te, Asteria».
Lei si alza in piedi, persino con lui seduto riesce a sembrare minuscola, con delle mani impossibili. Lui vorrebbe che lei lo toccasse, sfiorandogli l’anima con un sussurro, ma lei semplicemente si china su di lui e gli lascia un tiepido bacio a fior di labbra.
«Smettila» le dice, lui, posandole le mani sulle spalle. «Non possiamo».
Ma Asteria sorride, quell’incertezza che percepisce nella voce di Fred le basta, non ha bisogno di altro.
Gli sale in grembo, a cavalcioni, con la gonna che le risale lievemente sulle gambe – non s’è nemmeno tolta la divisa, per venire da lui.
«Come sapevi che sarei stato qui?» le domanda, piano. «Non dormo quasi mai ad Hogsmeade, come sapevi che non sarei stato a Londra?».
Lei sorride, gli passa le mani tra i capelli troppo lunghi, gli bacia le labbra con dolcezza. E gli coglie i pensieri, sebbene lui glieli ceda controvoglia, rendendolo più nudo di quanto la mancanza dei vestiti non lo renda già.
«Lo sentivo» sussurra, piano. «Sentivo che valeva la pena tentare. Anche se non ti consiglio di girare per Hogsmeade di notte, al buio e sotto la pioggia».
«Se ti dovesse scoprire la McGrannitt…» risponde Fred, sfiorandole le braccia. «Sei sconsiderata, Greengrass».
Asteria ride, tintinnante, facendolo tremare in corde così profonde che Fred aveva sempre dubitato che potessero esistere.
«Non mi scoprirà, sono stata attenta» borbotta, sfilandogli la maglia. «Avevo bisogno di te. Io ho sempre bisogno di te».
Fred sorride, mentre lei getta alle proprie spalle il maglione, e comincia a slacciarle la camicetta con esasperante lentezza. «Non pensavo avessi cambiato idea» commenta, piano. «Avresti potuto dirmelo domani mattina, al posto di presentarti qui in piena notte».
Lei s’allontana leggermente, guardandolo negli occhi: con orrore, Fred si rende conto che ha gli pieni di lacrime. Lentamente, Asteria gli carezza il viso, con dolcezza malinconica, passandogli i pollici lungo gli zigomi.
«Non ho cambiato idea» sussurra. È la peggiore ammissione che lei possa fare, per ferirlo. «Non lascerò Draco».
«Quindi, spiegami» commenta Fred, con un sorriso ironico che gli sfregia il volto come un’inutile cicatrice. «Tu vuoi rimanere con lui, Asteria? Dopo che sei venuta qui, in piena notte, per cosa? Una scopata?».
«Non dirlo mai» sussurra lei, piano. «Tu non sarai mai la mia scopata, e lo sai. Ma non posso nemmeno stare con te».
Lui la guarda, le passa le mani sui fianchi, sollevandole leggermente la camicetta. «Una scopata, niente di più» borbotta. «Ma non dirlo a lui. Vorrei che lo tenessi per te».
Dove quel segreto l’avrebbe pian piano corrotta, giorno dopo giorno, con la notte che resta in attesa e quasi s’addormenta.
Nelle contrade che sanno di loro s’è oscurato il cielo, così che fulmini e tuoni scuotono il cielo finora terso. Le farfalle sono tutte sparite.
«Pensavo mi amassi ancora» sussurra lei, delusa. «Che in qualche modo ci tenessi, a me».
Lo sguardo di lui è duro come pietra, mentre le fa scivolare le calze lungo le gambe, senza alcun segno di dolcezza.
«Ti amo» risponde lui, atono. «Non ancora. Io ti amo sempre, da sempre, per sempre. Anche se tu non vuoi più».
Lei non risponde, le si è congelato il cuore.
 

***
 

Nella testa ho pensieri strani, se mi tocchi con quelle mani
Poi mi dici che non lo ami, con il culo sul suo Ferrari
Perché non mi stai guardando?
Tanto nessuno a parte noi lo capirà
 
Rivestirsi fa freddo.
Sono gelidi gli abiti, l’alba non è nemmeno cominciata, le farfalle sono tutte morte in un’ondata di gelo.
Asteria osserva Fred dormire, è agitato pure nei suoi sogni, mentre sussurra qualcosa che somiglia inquietantemente al suo nome. Lei sospira, inizia a rivestirsi, ma ogni abito in più è un pezzo del suo cuore che s’infrange e scivola via.
Non dovrà capitare mai più, si dice, ma persino lei – nella sua mente profondamente bugiarda – si rende conto che non potrà mai essere così. Fino a che punto si spingerà, prima di rompergli definitivamente l’anima in pezzi?
«Vai via?» sussurra lui, con aria assonnata, stropicciandosi gli occhi. «Puoi fare colazione qui, se vuoi, e poi ti riaccompagno».
Lei scuote il capo, ha le parole che s’incastrano nella gola e la soffocano, facendole male. «Draco mi aspetta in Sala Grande, ogni mattina» tossisce. «Devo andare. Se… se vorrai, tornerò a trovarti».
«Guardami» risponde Fred, piano. «E dimmi che tutto questo lo fai perché devi e non perché sei innamorata di lui».
«Ha bisogno di me» sussurra Asteria, piano. «Ha perso suo padre, e adesso tutte le aspettative della famiglia pesano su di lui».
Fred scuote il capo, con esasperante lentezza. «E tu lo ami?» domanda, ancora. «Sei innamorata di lui?».
«Ci conosciamo fin da quando eravamo piccoli» risponde lei, incerta. «E gli voglio bene, è il mio migliore amico da sempre».
«Ma lo ami?» insiste, lui, sempre più disperato. «Asteria, tu non mi stai rispondendo. Io ho bisogno di saperlo».
Lei scuote il capo. «No» ammette, infine. «Non lo amo».
Fred non le crede, nemmeno per un secondo, che lei non si sia realmente innamorata di Draco Malfoy. Ma ha bisogno di crederle, che altro gli rimane?
Una via di campagna sterrata, sassosa, che porta chissà dove in una contrata deserta e bagnata dalla pioggia – e non sa più di nessuno, l’odore di umido copre tutto il resto.
«Torna» sussurra, così piano che lei fa fatica a distinguere quel suono anche attraverso il silenzio. «Non… che senso ha, rovinarti la vita, solamente per salvare Malfoy?».
Lei sospira, mezza svestita, si siede sul bordo del letto – che è come ha preso quella decisione insensata: una mattina di giugno, Asteria Greengrass s’è seduta sulla sponda del letto e ha deciso. Che Draco Malfoy sarà Mangiamorte, è chiaro a tutti che lo sia, ma non per questo non merita d’essere salvato.
E lei, che sempre quella mattina s’è guardata allo specchio e s’è investita di quella responsabilità, sarà quella che riesce a salvarlo. Da sé stesso e dagli altri.
Draco Malfoy cammina velocemente sul filo del rasoio, potrebbe cadere da un momento all’altro, e lei non riesce a non volergli tendere la mano per permettergli di ritrovare l’equilibrio.
«Ha senso, Fred» risponde Asteria, piano. «Ha sempre senso, tutto questo. Provare a salvare qualcuno».
Lui si produce in un sorriso amaro, che gli sfigura il viso come una crepa in un muro azzurro pastello, e scuote il capo. «Salvare qualcuno?» le domanda, piano. «Se ti spingi così in là, io come farò a venire a riprenderti?».
Lei non s’immagina, ma lui lo fa. Vestita d’azzurro – pastello – con la mano persa in quella di un bambino biondissimo, con le gambe ancora grassocce come ultima vestigia dell’infanzia, a camminare per le strade di Diagon Alley: buongiorno, signora Malfoy, come posso aiutarla?
E Fred come potrà recuperarla da quel sogno, che lei rende reale ogni giorno di più, con ogni respiro che pronuncia al suo fianco?
«Mi dispiace» sussurra, lei, ha le dita che tremano sui bottoni della camicetta. «Non avrei mai voluto farti soffrire».
«Ma lo hai fatto» risponde Fred, atono. «Qualcosa, da qualche parte, dovrà pur contare. Non credi?».
Lei in qualcosa crederà, in qualcosa che non comprende nemmeno lei. In una contrada di campagna che si dipana come filo metallico davanti ai suoi occhi, una vecchia strada sassosa e polverosa, che sfocia in un giardino d’erba verdissima. Che sa di loro.
Ma è un sapore e un odore che si sta perdendo nella pioggia che inumidisce il paesaggio, scolorandolo. Un’ombra emerge all’orizzonte, ha i capelli biondi e la pelle così bianca da sembrare verdina – la morte degli annegati.
Grigi, gli occhi, che osservano Asteria con una speranza che lei non potrà mai contraccambiare pienamente, con un amore che Fred odia con tutto sé stesso. Buongiorno, signora Malfoy, come posso aiutarla?
«Ci sono i Mangiamorte a scuola, Fred» sussurra, lei, con un filo di voce. «Dietro le cattedre, per i corridoi. E Draco è uno di loro».
«Per questo avrei voluto portarti via, prima che iniziasse l’anno» risponde lui, calmo. «Saresti potuta rimanere con me, sarebbe stato bello».
Asteria, che l’ha sognato per così tanto tempo da non essere quantificabile, sorride dolcemente. «Lo sarebbe stato» ammette. «Ma non avrei mai potuto abbandonarlo: a scuola lo odiano tutti, Fred, tranne Tiger e Goyle. Che sono comunque troppo stupidi per aiutarlo».
Fred vorrebbe urlare. Dirle che non lo comprende, che Malfoy è un vigliacco, un codardo e per poco non è stato anche un assassino. Che è un Mangiamorte al pari del padre, che incarna tutto quello che lui e l’Ordine si stanno impegnando a combattere.
Ma le parole non escono.
«Lui ha bisogno di me più di quanto non ne abbia bisogno tu» conclude Asteria, ormai completamente rivestita, voltandosi per carezzargli dolcemente il viso. «Tornerò da te. La ruota gira e verrà il giorno in cui potremo essere felici insieme».
Fred scuote il capo, non ci crede, come è certo che anche lei non riesce a trovare un brandello di verità nelle proprie stesse parole.
«Non saremo felici» commenta lui, atono. «Perché ti stai innamorando di lui».
Asteria sta gelando del freddo che ha provato mentre si rivestiva.
 

 
***
 

E non ci credo che farai a meno di me
Un pugno crea le crepe contro la parete
E non lo vedi che in lui non vedi me
Digli che tu eri mia, mia
Digli che tu eri mia
 
 
«Pensavo aveste chiuso» Draco non riesce a mostrare alcuna inflessione, nella voce. «Tu e quel Traditore del proprio sangue».
Asteria gli restituisce uno sguardo perplesso, mentre Malfoy alza la mano, mostrandole una pergamena arrotolata che gli giace dolcemente tra le mani. A lei trema il cuore, anche se cerca di non  mostrarglielo, quel cuore che s’è infranta da sola lasciandolo andare – poteva essere bello, lo è stato: eppure Fred non s’è più fatto trovare, nel proprio appartamento ad Hogsmeade, preferendo quello di Londra. E lei è sgattaiolata fin lì una decina di volte, prima di perdere definitivamente le speranze e comprendere l’antifona: che forse non l’ama più, di certo ha smesso di cercarla, forse ha trovato qualcuna che riesca ad apprezzarlo più di quanto non abbia mai fatto lei. E questa consapevolezza le ha squarciato il cuore, tramutandosi in una riga di perplessità che ha sfregiato la fronte di Draco Malfoy per giorni, prima che anche lui comprendesse che (Asteria Greengrass ha il cuore spezzato) soluzione non ve n’è.
Che forse Asteria l’amerà per sempre, in un modo che lui non comprenderà mai, contrariamente a ogni regola del mondo, contrariamente persino al buonsenso e all’autoconservazione.
«Non sono affari tuoi, Draco» risponde lei, placidamente. «Non mi sembra di averti dato il permesso di leggere la mia posta, comunque».
Lui arrossisce leggermente, di fronte a quell’accusa, mentre le porge la pergamena. «Mi dispiace» ammette, controvoglia. «Il suo stupido gufo l’ha consegnata a me».
Asteria sorride, mette la pergamena in tasca senza avere la forza di leggerla: se lo facesse, ne è certa, le gambe non la reggerebbero più sotto il peso di parole che – ne è certa – sono troppo dure per essere tollerate.
«Non la leggi?» domanda Malfoy, incerto. «Pensavo fosse importante».
«Puoi sempre riassumermene tu il contenuto» commenta Asteria, con un tono più acido del dovuto. «Sono abbastanza certa che tu ne sia in grado».
Lui freme. È chiaro che la lettera contiene la notizia, quella che le farà tremare il cuore per sempre e le farà rimpiangere la mattina in cui gli ha voltato le spalle ed è andata via.
Sarà una lettera – lunga, breve, giusta, ingiusta – in cui Fred prenderà il coraggio a due mani, coraggioso lo è sempre stato, e le dirà che è finita. Senza rivedersi in un secondo momento, senza dolorosa speranza, ma è finita come le cose che finiscono, e non ci sarà modo di ricominciare a farla funzionare.
Asteria lo sa, certo che lo sa, ma leggerlo scritto su carta sarebbe diverso: sarebbe la fine di una cosa che ha terminato lei, ma, dentro di sé, non riesce ad accettarlo. Ad aprire quella missiva che dà fuoco al giardino verdissimo di una contrada di campagna e, allora, la pioggia smette di sapere di lui.
«L’ho letta» ammette Draco, a disagio. «Volevo assicurarmi che non fosse una lettera maledetta o qualcosa del genere».
Lei ride, le manca il fiato, vorrebbe rispondere a quell’affermazione dicendogli che Fred l’ama troppo per poterla maledire, nonostante tutto. Ma, guardando la cieca soddisfazione nello sguardo di Draco, non ci riesce.
«E cosa dice?» sussurra, mettendo una mano in tasca. «Puoi dirmelo tu? Non penso di riuscire a leggerla».
Draco apre la bocca, ma ne escono dei suoni che a lei suonano sconclusionati, insensati, un muro che improvvisamente si crepa dietro l’onda d’urto di quei suoni inarticolati. È lui che la lascia. Forte e chiaro emerge, quel messaggio, dalle parole che Draco pronuncia compitamente.
Che non l’ama più, non la cercherà e non la vorrà. Mai più.
Lei non se ne rende conto finché non incontra lo sguardo sgomentato di Malfoy, ma ha cominciato a piangere fin dalle prime parole. Singhiozzi silenziosi la scuotono, dolorosissimi, costringendola a piegarsi su sé stessa.
«Stai bene?» domanda Draco, avvicinandosi, con aria perplessa. Le sfiora il capo, con riverenza. «Non pensavo che t’importassero le parole di uno squallido Traditore del proprio sangue».
Asteria a malapena ricorda come si fa a respirare, ma quelle parole le incendiano il cuore, facendola boccheggiare per il dolore.
«Non chiamarlo così» sussurra, piano. «Lui… si chiama Fred, Draco. Si chiama Fred».
Lo ripete come un’invocazione, un mantra, come se davvero dire il suo nome potesse aiutarla a mutare la propria situazione.
S’è spezzata il cuore da sola, con una minuscola torsione del polso, e solamente adesso se ne rende conto. Mentre Draco Malfoy la guarda e dice qualcosa che lei non riesce nemmeno a udire, mentre le tende la mano e lei riesce solamente a domandarsi quand’è che è finita sul pavimento, con la testa stretta tra le ginocchia e il viso reso paonazzo dal pianto.
Ha il cuore del medesimo colore, rosso inteso, che batte e si straccia sul ritmo dei suoi sogni infranti, di quel futuro che non c’è più: qualcosa in lei s’era promesso che sarebbe tornata indietro, da lui, quando la guerra l’avesse consentito. Ma era qualcosa di stupido ed insensato, il sogno di una bambina, perché ha gli occhi pieni di lacrime e lui che semplicemente non c’è, in quell’assenza che si fa sempre più opprimente a ogni secondo che passa.
«Fred?» domanda Draco, la voce intrisa di disprezzo. «Davvero?».
Lei sospira, ha una crepa che le incide il cuore: alzarsi è fatica inutile, le gambe non la reggono, e si deve appoggiare a lui con tutto il proprio peso.
Dovrebbe lasciare andare il braccio di Draco, allontanarsi, ma il cuore è così dolorante ed esposto che lei non ce la fa.
Perché Draco Malfoy ride, fino a farsi lacrimare gli occhi, e lei semplicemente non comprende finché lui non crepa quel silenzio a parole.
«Non ti ha nemmeno scritto lui» commenta. «Ha fatto firmare suo fratello».
Asteria abbassa lo sguardo per incontrare un nome. È quello di George Weasley.
 

 
***
 

Aspetti il sole sola con le luci spente
Quel fondotinta che non copre le tue scelte
Ma eravamo sempre, noi eravamo sempre
Legati come la strada ad un delinquente
Come te lo spiego, giuro me ne frego
Lo so che tuo padre preferisce quello scemo
Dice sarò sempre un delinquente coi segni sulla pelle
 
 
L’alba fatica ad arrivare, quel giorno, sbuffa e si tira lungo un cielo che pare non avere intenzione di rischiararsi. Asteria non ha dormito, non dorme da settimane.
Cerchi scuri si delineano con pazienza sotto i suoi occhi, deformandone lo sguardo verdeazzurro, e lei è sempre più stanca, nevrotica e smagrita – da quando ha smesso di nuovo di mangiare?
Draco è preoccupato. Lei se ne rende conto a malapena, come se parlasse con un fantasma, ma lui le sfiora spesso il viso, sfiorandole quei cerchi scurissimi, quasi come potesse farli sparire con il semplice tocco delle proprie dita.
Ma non può. Crepata e infranta è quella vita interrotta, sospesa, che s’è incagliata nella macchia d’inchiostro su una lettera che Fred non ha nemmeno avuto il coraggio di firmare. George Weasley le ha scritto una lettera a nome del fratello in cui le dici che è finita.
Che, forse, lo è sempre stata, finita, e adesso devono solamente raccogliere i cocci di qualcosa che è stata colpa sua.
«Non hai dormito» commenta Draco, allungandole la caraffa del caffè. «Dovresti riposare, Ria, non hai i G.U.F.O. a breve?».
«Non chiamarmi così» sussurra, lei, così piano che lui fa fatica a sentirmi. «Non chiamarmi mai più così».
Lui la guarda e non comprende, gli mancano le parole e le giustificazioni di fronte a quello sguardo crepato e infranto che lo scuote in un punto così profondo da fargli dubitare persino della sua esistenza.
«Perché?» domanda, piano. «Io… ti chiamo così da quando avevi cinque anni ed eri abbastanza grande per giocare con me e Daphne».
Daphne, che era stata la sua migliore amica per metà della sua vita, e che adesso non lo guarda nemmeno più.
Daphne, che li guarda scuotendo il capo, come se volesse semplicemente allungare la mano e portare la sorella via dal fianco di Draco Malfoy.
«Perché sono finiti, quei tempi» risponde Asteria, dura. «Rimarrò con te, Draco, finché ne avrai bisogno. Ma dopo la guerra, andrò a cercarlo».
Lui sorride, amaro – amarissimo – su un caffè troppo zuccherato. Ne sorbisce un sorso come fosse una pozione magica, la Felix Felicis, e le rivolge uno sguardo timido, incerto.
«Potresti rimanere con me» propone, piano. «Potresti volermi sposare. Ti renderei felice, ci proverei davvero».
Buongiorno, signora Malfoy, posso aiutarla in qualche modo?
E a lei si stringerà il cuore ogni volta, nel sentirsi apostrofare in quel modo, specialmente da lui, e sarà perdere un pezzo di sé ogni volta. Finché non sarà troppo stanca d’essere la moglie di un altro e mollerà tutto quanto per tornare indietro, dove avrebbe sempre dovuto essere.
Vorrà scappare via, prendere e lasciare tutto, ma potrà farlo per davvero? Una bella casa, bambini biondi come tramonti e con occhi dolcemente verdeazzurri, che saranno uguali a lei ma avranno il cognome di lui. Come potrà voler lasciare tutto questo?
«Non basterebbe» risponde lei, rimestando la propria porzione di uova nel piatto. «Non me ne farei niente, della felicità. Non se non posso condividerla con lui».
«Senti, Ria, io so perché lo stai facendo» borbotta Draco, contrariato. «I tuoi genitori preferirebbero lui? Meglio Traditore che Mangiamorte?».
Lei sospira. Da un lato, vorrebbe confermare, dire che certamente i suoi genitori preferirebbero un Traditore a un genero Mangiamorte, ma non è nemmeno quello che le impedisce di divenire la futura signora Malfoy.
È una crepa. Che le dilania il cuore, esponendo la carne viva, facendole divenire difficile respirare. Il motivo è lui.
«So che è difficile, per te» sussurra, dolcemente. «Ma io lo amo per davvero, Draco».
Lui si rifiuta di credere a quelle parole, di pensare che Asteria – una ragazzina, con il viso pulito di una qualsiasi quindicenne – possa essere innamorata di un uomo, così diverso da lei, così lontano da tutto quello in cui lui – e forse anche lei? – ha sempre creduto.
«Come puoi?» chiede lui, incerto. «Pensavo lo avessi lasciato per… per stare con me».
Lei sorride, ma è solamente l’ennesima crepa su un muro azzurro pastello. Ha tutto il viso crepato, con il fondotinta che si stacca lungo la pelle secca della fronte, e anche il sorriso pare voler distruggerle il viso in un respiro che segue il precedente.
«L’ho fatto» lo rassicura, piano. «Ma tu non avrai sempre bisogno di me, Draco. Un giorno ti stancherai di avermi intorno».
Lui scuote il capo, ha un’ombre scura – l’ennesimo marchio – che gli sfregia il viso.
«Non lo farò» prevede. «Posso aspettarti. Scommetto che sarai tu, a stancarti di lui per prima. E tornerai indietro, e io sarò abbastanza clemente da riprenderti con me».
Lei ride: un suono amaro, amarissimo, che le crepa l’anima ancora di più. «Credo sia una bella scommessa, da fare» ammette. «Ma non puoi vincerla, Draco, io lo amo per davvero».
E Asteria Greengrass lo dice con pensieri irrisolti e una lettera nella tasca destra della divisa – fa freddo, rivestirsi – firmata George Weasley.
Una frase, incisa nella mente.
Mi ero abituato a essere qualcuno che amavi.
 

 
***
 

E non ci credo che farai a meno di me
Un pugno crea le crepe contro la parete
E non lo vedi che in lui non vedi me
Digli che tu eri mia, mia
Digli che tu eri mia, mia
 
 
Le dicono che dovrà fare a meno di lui. Che è perso, perduto, forse persino dimenticato e non persiste memoria del fatto che Fred sia esploso su un incantesimo diretto a suo fratello Percy.
Asteria lo apprende così. Il giorno che bussa all’appartamento di Londra, e le apre George, con il viso contratto dal dolore.
George, non Fred.
E le dice esattamente quel che il suo cuore temeva: che dovrà fare a meno di lui. Che è persa, ogni speranza, perduta, dimenticata né potrebbe persistere nel cuore di chi resta. È andato via.
Non le ha lasciato nemmeno una parola, la sua ultima lettera è ancora firmata George Weasley, e non si sono più rivisti da quella mattina in cui lei – ha sentito freddo – s’è rivestita ed è andata via senza una parola.
«Mi dispiace» le sussurra George, anche se quello più dispiaciuto è lui. «Avevo pensato di scriverti per dirtelo, ma…».
Ma pensavo non t’importasse più. Lei accusa il colpo e non risponde, ha le lacrime che le crepano il volto come quella parete – ancora crepata – presa a pugni da Fred in un tempo che pare sepolto da un mare di dimenticanza.
Lo apprende così. In una giornata che fa caldo e lui non c’è più.
 

 
***
 

C’è un posto che ti somiglia, e sa di te.
L’Inghilterra è grande, un posto per tutti si trova: forse dovremmo stringerci, anche se è estate e fa caldo, ma importa forse qualcosa?
«Buongiorno, signora Malfoy» George china il capo, con riverenza, nascondendo un sorriso ironico tra le crepe che l’adornano. «Come posso aiutarla?».
Lei sorride, indossa un abito leggero che le lascia scoperte le spalle, e s’avvicina a lui senza imbarazzo.
«Passavo di qui» ammette, piano. «E ho pensato che valeva la pena salutarti, ho sbagliato?».
«Tuo marito l’ha trovata una buona idea?» domanda George, ironico. «Pensavo che ti fossi abituata a esser trattenuta da lui».
Asteria lo guarda, ha gli occhi un po’ slavati dal tempo, scolorati, e il sorriso è sempre la solita crepa che ne rovina il viso. «Draco non sa che sono qui» ammette, serena. «Credo si sia convinto che io abbia dimenticato. Ma io onoro sempre le mie promesse, George».
Lui le allunga un bicchiere di succo di zucca – aranciato, con il semino beneaugurale sul fondo – e sorride.
«Cosa intendi dire?» le domanda, sorbendo un sorso dal proprio bicchiere. «Che promessa?».
«Che sarei tornata da lui, quando Draco avrebbe smesso di avere bisogno di me» spiega Asteria, candidamente. «Sto morendo, George».
George lascia cadere il proprio bicchiere, che lentamente s’infrange sul pavimento in un milione di cocci diseguali. «Come?» domanda, incerto. «Tu… sei ancora giovane».
Hai un figlio di quattro anni, vorrebbe dirle, un marito che ti tiene sotto una splendida campana di vetro.
«Non esistono Mangiamorte sopravvissuti» commenta lei, con serenità. «Una maledizione. Mi sta scavando lentamente e… i Medimagi dicono che non mi rimane molto. Per questo sono qui, volevo salutarti».
«Mi dispiace» esala George, come se gli mancasse il fiato. «Non te lo meritavi».
Ma lei sorride, dolcemente. «Avevo promesso che sarei stata con lui, un giorno» dice, piano. «In qualunque posto andrà bene».
Lì dove bisogna morire, pensa, andrà bene comunque.
Un posto che gli somiglia, e sa di lui.
 
 

 
Ed ora te ne vai con uno che un po' mi assomiglia
Stanotte cerchi uno che un po' mi assomiglia, ma non è me
Hai lasciato le crepe in me contro la parete
(Irama, Crepe)



 

Buon pomeriggio a tutti quanti.
Preciso una cosa: l'appartamento di Hogsmeade nasce perché pensavo a una possibile succursale dei Tiri Vispi lì.
La frase "Mi ero abituato a essere qualcuno che amavi" viene da qui.
Credo sia tutto.
Gaia
   
 
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