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Autore: Ortensia_    04/01/2021    1 recensioni
[ IN SOSPESO ]
{ FE3H: Post Azure Moon | il rating cambierà con il proseguire della storia }
Sono passati diciassette anni dalla fine della sanguinosa guerra combattuta fra il Sacro Regno di Faerghus e l’Impero Adrestiano, culminata con l’unificazione del Fódlan a seguito della vittoria della prima fazione.
Per i quattro figli dell’Arcivescova della Chiesa di Seiros e del Re del Fódlan Unito è giunta l’ora di recarsi all’Accademia Ufficiali e di prepararsi al passaggio verso l’età adulta. In questo tempo di pace e spensieratezza, però, il passato dei loro genitori getta ancora troppe ombre sul loro presente.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Parte 1, Capitolo 3

Nuvole Bianche: Istinto di protezione



Polaris era totalmente immersa nella lettura de L'indomita, attenta e fedele partecipe delle grandi imprese della protagonista, che ora era impegnata ad affrontare un enorme grifone bianco. Già da cinque o sei pagine stava combattendo contro la bestia con tutte le armi a propria disposizione, ma ne aveva appena scalfito la corazza. Quella creatura era così fiera che non le aveva permesso di torcerle neppure una piuma, tuttavia, più ci si addentrava nello scontro più l'eroina diveniva spietata, divorata dall'ira, guidata dal solo desiderio di vendicare la migliore amica, morta fra gli artigli possenti del grifone nelle prime pagine del racconto. La protagonista era divenuta una bestia al pari della sua nemesi e ora risplendeva di una cupa e reale umanità.
In quel momento Polaris riusciva a stento a restare sintonizzata sulla realtà. Sapeva, però, che era una bella giornata e che aveva ancora un paio di ore libere prima di incontrare Arendelle per cominciare gli allenamenti, perciò era molto felice. Le bastavano una bella storia e la luce del sole, così come ad Arianrhod le erano sempre bastati il profumo del pane appena sfornato e i latrati dei cani da caccia con cui da piccola si divertiva a giocare.
«Caspita! Hai letto tutte quelle pagine in un solo giorno?!»
Polaris sobbalzò e chiuse istintivamente il libro, maledicendosi nel realizzare che ci avrebbe messo un bel po' a ritrovare il segno.
«Ma-Maris!» esclamò poi, leggermente imbarazzata all'idea che il ragazzo l'avesse colta in un momento in cui si era trovata totalmente assorta nella lettura della storia.
Maris le sorrise e la salutò, per poi sedersi accanto a lei, ignaro dell'ulteriore imbarazzo che suscitò con il suo gesto.
«Deduco che ti stia piacendo molto.»
«Moltissimo!» Polaris lo corresse con estrema concitazione, per poi riderne divertita insieme a lui.
«Dai, voglio sapere cosa ne pensi!» Maris si rilassò contro lo schienale della panchina di legno, rivolgendo lo sguardo al cielo terso.
«Beh, come dire... non so nemmeno se riuscirò a dormire questa notte!» esordì Polaris. «È veramente avvincente e non vedo l'ora di assistere all'evoluzione della protagonista! Cioè, voglio dire, è già maturata moltissimo dall'inizio della storia, ma mancano ancora molte pagine e non riesco assolutamente a prevedere quello che arriverà dopo! Non mi succedeva da tempo, sono così felice di poter leggere un romanzo tanto bello!»
«Conosco la sensazione» Maris sorrise, rallegrato dall'entusiasmo dell'altra.
«Adesso sta combattendo contro un grifone bianco e-nor-me!»
Maris si raddrizzò, rivolgendo un'occhiata incuriosita alla sua interlocutrice. Polaris, dal canto suo, gli sorrise e annuì energicamente.
«All'inizio della storia la sua migliore amica viene dilaniata dal mostro, perciò vuole assolutamente vendicarla. Ha viaggiato sola fino a ora solo per arrivare a questo momento, per trovare il grifone e ucciderlo. Il combattimento è davvero avvincente, anche se per ora lei è l'unica a essere stata ferita. Eppure sembra che ogni ferita la renda più forte...» Polaris ridacchiò imbarazzata. «Si può ammirare così tanto un personaggio di fantasia?»
«Non c'è nulla di sbagliato. Io ho imparato moltissime cose dagli eroi dei romanzi che ho letto» Maris rivolse di nuovo la propria attenzione al cielo, ripensando ad alcuni fra i titoli che gli erano più cari.
«Ma, Maris, non ti dispiace se ti racconto la storia?» tuttavia Polaris interruppe immediatamente i suoi pensieri. «Ora che ci penso potresti volerla leggere anche tu quando l'avrò finita, non dovrei metterci molto.»
«Non preoccuparti, Polaris. Mi fa piacere ascoltarla da te.»
Quando Maris si voltò verso di lei e le sorrise, Polaris non riuscì a non perdersi nei suoi occhi, in quella tonalità di azzurro così intensa e ricca di sfumature. Negli occhi di Maris coabitavano le carezze del sole sulla superficie calma di un lago e le ombre della notte più buia, d'altronde era uno sguardo gentile nel quale si coglieva facilmente una nota di malinconia. Forse sentiva la mancanza di casa o forse non gradiva la sua compagnia.
«Maris!» una voce femminile fece sobbalzare entrambi: Esperia stava correndo verso di loro, sventolando la mano per richiamare l'attenzione del fratello.
«Finalmente ti ho trovato» la Principessa si fermò a pochi passi da loro, le ginocchia leggermente piegate e le mani poggiate sulle cosce, il respiro smorzato. «Credo di aver corso per quindici minuti buoni...»
«È successo qualcosa?» chiese Maris.
«Ma come, Maris?!» Esperia esalò un sospiro rassegnato, raddrizzando la propria postura. «Papà sta per partire! Lo hai dimenticato?»
«Oh» Maris si alzò immediatamente, per poi ridacchiare imbarazzato. «Me lo sono dimenticato per davvero...»
Esperia lo guardò con incredulità, poi scosse appena il capo e sorrise divertita.
«Dovresti smetterla di chiuderti in biblioteca, Maris. Si perde la cognizione del tempo, te lo dico sempre... dovresti fare più passeggiate nel bosco con la tua sorellona qui presente!»
«Vieni con noi?» Maris decise di ignorare la provocazione della sorella e si rivolse a Polaris, che sobbalzò nuovamente, colta alla sprovvista da quella domanda.
«Oh, no» scosse appena il capo, accennando un sorriso amareggiato. «I miei genitori sono rimasti ad Arianrhod, non ho nessuno da salutare.»
«Allora ci vediamo dopo» intervenne Esperia, che poggiò una mano sulla spalla del fratello. «Maris, ora dobbiamo proprio andare.»
Maris annuì, quindi accennò un saluto e si voltò verso la sorella. I due si allontanarono a passo spedito, scomparendo dalla vista di Polaris pochi istanti più tardi; lei, dal canto suo, restò seduta a osservare il vuoto che avevano lasciato senza muovere un muscolo, il romanzo ancora stretto fra le mani.
Abbassò lo sguardo e si soffermò sulla copertina del libro, sospirando sonoramente: non aveva più voglia di leggere.


Quando Esperia e Maris arrivarono all'ingresso del Garreg Mach trovarono un grande trambusto, fra cocchieri e servitù intenti a sistemare gli ultimi bagagli sulle carrozze e qualche destriero più agitato di altri, oltre ai cavalieri e alle guardie presenti per garantire la sicurezza del Re e dell'Arcivescova.
«Brava Esperia» Dimitri, che in quel momento stava stringendo fra le braccia Arendelle, sorrise nel vedere che la sua terzogenita era riuscita a trovare Maris in tempo.
«Scusatemi» Maris si rivolse a entrambi i genitori, ma nessuno dei due né Rodelia, che aveva già provveduto a salutare il padre, lo guardò con rimprovero, anzi Byleth gli accarezzò affettuosamente i capelli e il padre e la sorella gli sorrisero gentilmente.
«Comportati bene» Dimitri rafforzò la stretta attorno ad Arendelle e chinò il capo, sussurrandole. «Non far arrabbiare la mamma e prenditi cura dei tuoi fratelli.»
Allentò la presa quando vide quella testolina bionda muoversi appena contro il suo petto, in segno di assenso. Anche se era la più alta e muscolosa fra i quattro sembrava comunque un esile ramoscello fra le sue braccia.
Arendelle si staccò dal padre senza dire una parola, ma tutti i fratelli indovinarono che aveva gli occhi lucidi e una grande furia in corpo, un tormento che per loro era semplice dispiacere. Byleth, invece, provava la sua stessa frustrazione, ma la primogenita si sentiva così diversa dagli altri, così ferita nel profondo, che non aveva preso neppure in considerazione che qualcuno potesse condividere i suoi sentimenti.
Mentre Maris andava ad abbracciare il padre, Esperia si era affiancata alle due sorelle, prestando particolare attenzione ad Arendelle: non voleva vederla così triste e avrebbe voluto tanto darle conforto, ma sapeva che si sarebbe arrabbiata. Anche Rodelia lo sapeva e perciò aveva attirato a sé lo sguardo di Esperia, così da raccomandarle con un paio di gesti di non sognarsi neppure di sfiorare Arendelle.
Tutti i Leoni Blu che avevano fatto la storia del Fódlan Unito erano lì, un quadretto che avrebbe potuto facilmente commuovere un veterano ma che non sorprendeva minimamente i principi, che conoscevano molto bene ognuno di loro.
Ingrid sarebbe rimasta al Garreg Mach in veste di cavaliere personale dell'Arcivescova e ora anche lei e i figli stavano dando gli ultimi saluti a Sylvain. Glaive e Nicolaj avevano la consueta aria spensierata e allegra e stavano scorrazzando tra una carrozza e l'altra, mentre Isabella – o “la principessa del papà”, come la definiva Sylvain – aveva il volto corrucciato da un piccolo broncio che avrebbe potuto fare tranquillamente concorrenza a quello di Arendelle.
Sylvain si era appena chinato per abbracciarla e darle un bacio sulla fronte, essendo lei ancora piuttosto bassa di statura.
Più vicina al gruppo dei principi era la famiglia Fraldarius, a tal punto che le tre sorelle Blaiddyd potevano udire chiaramente i singhiozzi inconsolabili di Annette .
«Su, su, Annie, non è il caso di piangere» Mercedes aveva ancora una volta abbandonato la Cattedrale e ora si trovava accanto all'amica, intenta ad accarezzarle la testa con affetto mentre questa singhiozzava con il viso raccolto fra le mani.
«Annette...» Felix guardò la moglie con le labbra increspate in una smorfia colma di disappunto, decisamente imbarazzato da tutto il chiasso che stava facendo.
«Andrà tutto bene, mamma» disse Alexander mentre sollevava in alto la sorellina, che guardandolo intensamente negli occhi cominciò a ridere divertita.
«Esatto» convenne Felix. «Alexander se la caverà benissimo.»
«Ma mi mancherà!» si lagnò Annette, che finalmente scostò le mani dal viso arrossato per le lacrime.
Alexander strinse al petto la sorellina e sorrise alla madre, che in tutta risposta riprese subito a singhiozzare.
«Mamma!»
«Annette, ti prego» Felix sospirò, mentre Mercedes si limitò a ridacchiare imbarazzata: anche lei era ormai giunta alla conclusione che Annette fosse irrecuperabile.
«Prenditi cura di Greta, d'accordo?» Alexander si avvicinò alla madre e la bambina lallò felice, come se anche lei stesse tentando di rincuorarla.
Annette guardò entrambi i figli e accarezzò affettuosamente la guancia di Alexander.
«Sei diventato così grande» poi, finalmente, si asciugò le lacrime e prese Greta fra le braccia.
«E tu fai la brava, hai capito?» Alexander arruffò i capelli della bambina, che rise fragorosamente, tartagliando qualcosa che suonò sorprendentemente molto simile al suo nome. Era ancora lontana dal poter pronunciare bene le parole, ma cercava di farlo ogni volta che poteva, dimostrando una caparbietà adorabile.
«A presto, Alexander» Felix diede una pacca sulla schiena del figlio, che ricambiò immediatamente.
«A presto» Annette non riuscì a pronunciare il suo nome, trattenendo a stento un nuovo singhiozzo, poi salutò l'amica e si voltò, subito seguita da Felix.
Alexander li osservò allontanarsi e vide il viso paffuto di Greta spuntare da dietro la spalla della madre. La bambina lo guardò e gli sorrise e lui la salutò con la mano, ma probabilmente quel gesto e il fatto che lo vedesse sempre più lontano fecero realizzare a Greta quello che stava accadendo realmente, di fatti il suo visino si contrasse in una smorfia e si arrossò visibilmente, riempiendosi di lacrime.
Alexander abbassò immediatamente la mano. Contrasse le labbra e sollevò leggermente il mento, cercando di respingere l'evidente bruciore che gli aveva riempito gli occhi.
Mercedes lo guardò, riconoscendo il lui la fragile sensibilità di Annette e al tempo stesso l'incredibile fermezza di Felix, quindi gli sorrise e gli accarezzò una spalla per cercare di rassicurarlo. D'altronde aveva promesso ad Annette che si sarebbe presa cura di lui.
Rodelia aveva osservato con attenzione tutta la scena, ma Arendelle l'aveva riportata alla realtà con una piccola gomitata, come a raccomandarle di non distrarsi e rischiare di perdere gli ultimi momenti con loro padre o, per lo meno, di non fissare gli altri con così tanta insistenza.
Rodelia si schiarì leggermente la voce e tornò a osservare i suoi genitori, ora stretti in un abbraccio affettuoso.
Nessuno poteva dire con certezza quando avrebbero rivisto il padre e ora anche lei era stata colta da un vago senso di angoscia, sentendosi quasi inadeguata e sciocca per essere triste: dopotutto loro avrebbero avuto la fortuna di restare tutti insieme, mentre il Re sarebbe rimasto completamente solo.
In effetti in tutti quegli anni non era mai accaduto che Dimitri rimanesse solo. Quando erano piccoli e la madre si assentava, sempre per brevi periodi in quanto era determinata a passare più tempo possibile con i figli, loro rimanevano a palazzo con il padre. Giocavano con lui, si allenavano e capitava di frequente che nella notte andassero tutti a dormire nel grande letto reale, come a tentare di lenire il vuoto della madre.
Crescendo, alcuni avevano espresso il desiderio di accompagnare Byleth nei suoi viaggi al Garreg Mach, ma almeno uno dei figli era sempre rimasto a Palazzo, notoriamente Arendelle, che aveva visto il Monastero solamente in occasione di viaggi che avevano richiesto anche la presenza del Re.
Mentre da piccoli non capivano, ora avevano la maturità sufficiente per preoccuparsi di un genitore che restava solo, cosa che acquisiva ulteriore rilievo se si trattava del padre. Sylvain, Annette e Felix sarebbero partiti con lui, ma a un certo punto si sarebbero separati per tornare ai loro territori; l'unico a rimanere a fianco del Re – come d'altronde aveva sempre fatto – sarebbe stato Dedue, al quale Rodelia rivolse uno sguardo colmo di apprensione e speranza.
Dedue stava salutando Ashe. Guardandoli, Rodelia si sentì nuovamente angosciata: c'era qualcosa fra loro, ma stavano separati perfino più dei suoi genitori e questo pensiero le avvelenò il cuore. Erano due persone troppo gentili e buone per meritare di vivere a centinaia di chilometri dal proprio amato.
«Tornerò da voi il prima possibile» Dimitri ritornò a rivolgersi ai figli, le labbra piegate in un sorriso sottile. «Seguite sempre gli insegnamenti della mamma,» poi ampliò il sorriso, guardando teneramente la moglie «non potreste chiedere insegnante migliore. Vi sarà amica e vi proteggerà sempre. E voi aiutatela, siate collaborativi, curiosi, onesti e umili.»
«A presto» Byleth riuscì a stento a sorridere. In tutta risposta, il marito le accarezzò una guancia e lei gli afferrò la mano con le sue, stringendola con delicatezza, ben consapevole che anche il Re li lasciava con la morte nel cuore.
Dimitri guardò in silenzio la sua famiglia, passando in rassegna ognuno dei membri, il presentimento di una voce nella testa. Sarebbe stato difficile restare senza di loro, ma non poteva venire meno ai suoi doveri, anche per il bene della sua stessa famiglia.
«A presto, mia amata. A presto, figli miei.»


I principi fecero la strada di ritorno insieme. Maris ed Esperia camminavano in testa al gruppo, discutendo sul nome più accurato da dare a un cavallo delle stalle, mentre Arendelle e Rodelia erano rimaste indietro, i volti afflitti, contratti in una smorfia di tristezza. Ed era proprio nella tristezza che Arendelle riusciva a trovare sua sorella come tale, non una rivale da battere, non qualcuno verso cui si sentiva terribilmente inferiore, ma un affetto di cui comprendeva appieno la sofferenza.
«Basta!»
«Ti ho detto di stare zitto!»
Rodelia si fermò immediatamente, riconoscendo in quelle grida la voce di Draconius.
«Cos'è stato?» anche Arendelle si fermò, guardandosi intorno.
«Laggiù!» Maris puntò il dito verso i cortili e non fu difficile per le sue sorelle individuare alcuni ragazzi raggruppati sotto un albero.
«Ora lo sistemo io quell'idiota» Rodelia passò immediatamente in testa al gruppo, dirigendosi con rapide falcate verso il punto indicato da Maris.
«È quello di cui mi hai parlato ieri sera? Draconius?» le domandò Esperia, che aveva subito accelerato il passo per seguirla.
«Sì. E a quanto pare ha anche dei complici.»
Mentre i quattro fratelli Blaiddyd si avvicinavano la scena divenne sempre più chiara: Draconius stava tenendo Leon per il colletto della divisa, schiacciandolo con violenza contro il tronco dell'albero. Un altro ragazzo di bassa statura e con capelli di un nero verdastro era accanto a loro, come a volersi assicurare che la vittima non fuggisse, mentre una ragazza dai lunghi capelli azzurro chiaro era a pochi passi da loro e osservava la scena come se stesse assistendo a uno spettacolo di una qualche compagnia ambulante.
«Draconius, smettila immediatamente!» Rodelia afferrò il ragazzo dai capelli verdastri e lo spinse via con una forza che sorprese perfino lei stessa, poi afferrò il polso di Draconius, che non aveva ancora mollato la presa su Leon.
«Buongiorno, Principessa» Draconius le sorrise, ma rafforzò la stretta sul bavero di Leon, che dischiuse le labbra in un rantolo.
«Ohi, tu, non impicciarti!» l'altro ragazzo si rivolse a Rodelia, per poi voltarsi a guardare gli altri tre fratelli Blaiddyd. «E voi che volete?»
«Ma sei stupido?» Arendelle lo guardò con disgusto, per poi passargli accanto a testa alta, raggiungendo Rodelia e Draconius. «Lascialo subito, idiota.»
Draconius allentò la presa, osservando Arendelle con la coda dell'occhio.
«Fatevi gli affari vostri! Questa è una questione che dobbiamo risolvere noi Lupi Cinerei» protestò l'altro ragazzo.
«Quale questione?» anche Esperia gli rivolse un'occhiata colma di disprezzo. «Picchiarvi fra compagni?»
«Lascialo. È la tua futura regina che te lo ordina» Arendelle ignorò il chiasso che si stava creando alle sue spalle, continuando a fissare Draconius dritto negli occhi.
Anche lui la guardò, scoppiando in una risata fragorosa.
Arendelle strabuzzò gli occhi e strinse i pugni con forza, ma fortunatamente Draconius lasciò la presa prima che la ragazza perdesse il controllo.
Rodelia e Maris soccorsero il povero Eisner, che portò subito una mano al collo, il sangue fresco sul viso.
«Lieto di fare la tua conoscenza, mia futura regina» Draconius fece un piccolo inchino ad Arendelle, le labbra increspate in un ghigno divertito.
«Meglio che non lo diventi» commentò l'altro, alle spalle della primogenita della famiglia reale.
«Taci, Bergliez» lo ammonì Draconius.
«Bergliez? Ecco perché sei così stupido» commentò Arendelle, tornando infine a rivolgersi a Draconius. «Invece tu sei un altro nobiletto di cui nessuno ha bisogno.»
«Però!» Draconius rise. «Siete delle ragazze sorprendentemente impavide.»
«Ci sarebbe da sorprendersi per il contrario» ribatté Arendelle, continuando a sostenere lo sguardo dell'altro senza alcuna fatica.
«Si può sapere cosa vi ha fatto Leon?» intervenne Rodelia, pregando mentalmente che la risposta riguardasse qualcosa di più sensato dello status sociale dei ragazzi coinvolti. Nel frattempo estrasse dalla tasca un fazzoletto di seta bianca che avvicinò al volto ferito del giovane Eisner.
«No, ti prego» Leon ritrasse il viso, la voce ancora debole: non voleva macchiare di sangue qualcosa di così buona fattura, soprattutto considerando che apparteneva alla principessa.
«Fermo, perdi sangue» Rodelia, però, era decisamente più testarda di lui e tenendogli ferma la testa iniziò a tamponargli il labbro ferito. «Non preoccuparti, è solo un fazzoletto.»
«Continua a fissarci, è fastidioso» rispose Draconius.
«Solo per questo?» Arendelle assottigliò lo sguardo, per poi rivolgersi verso la ragazza, che era rimasta ferma e in silenzio per tutto il tempo. «Tu chi sei? Un'altra figlia dell'Impero?»
«Non sono tenuta a rispondere» ribatté l'altra, portando le mani dietro la schiena: contrariamente a quanto si poteva pensare visto che era stata in disparte fino a quel momento, sembrava particolarmente a suo agio se non addirittura divertita dalla situazione.
Arendelle si mosse velocemente verso di lei e le si piazzò davanti, a pochi centimetri dal viso.
«Hai guardato per tutto il tempo senza muovere un dito» sibilò. «Sei pietosa quanto loro, perciò abbi almeno la decenza di prenderti le tue responsabilità rispondendo alla mia semplice domanda: chi sei?»
La ragazza assottigliò lo sguardo e inspirò con forza dalle narici: aveva un viso molto grazioso, una frangia leggermente disordinata e lunghi capelli azzurri raccolti da un grosso nastro di raso nero; la parte inferiore degli occhi era segnata da tanti gruppi di piccole ciglia nere e l'iride era di un rosa piuttosto cupo, mentre la pupilla era leggermente assottigliata, conferendo una distorta nota malefica al suo bell'aspetto.
«Mi chiamo Ortensia von Varley.»
Arendelle non gradì la risposta: aveva sentito dire che nella classe dei Lupi Cinerei vi era un Aegir e ora erano spuntati anche un Bergliez e una Varley. Erano le uniche tre case dell'ex Impero a essere sopravvissute all'unificazione del Fódlan per merito di lontani parenti che avevano preso le difese del Regno e della Chiesa, ma solo perché a quel tempo era la cosa più conveniente da fare – a provarlo le numerose proteste scoppiate nei loro territori appena qualche anno dopo l'unificazione del continente.
«E tu come ti chiami, Bergliez?»
Il ragazzo interpellato inarcò un sopracciglio, infastidito all'idea che l'altra si stesse prendendo tanta confidenza.
«Taivas» borbottò, bersagliandola con i suoi occhi azzurri.
Arendelle si voltò infine verso Draconius, senza avere bisogno di parlare.
«Adam Yu Draconius» sorrise lui, chinando appena il capo. «Ti domando scusa a nome di tutti.»
«Le scuse devi chiederle a Leon» intervenne Maris, ancora chinato accanto al giovane Eisner.
Adam non si voltò neppure a guardarlo, ma Arendelle notò un fulmineo movimento degli occhi che le diede la conferma che lo aveva sentito.
«Ascolta il mio fratellino» disse poi, accennando un sorriso. «È giovane, ma molto intelligente.»
Adam sospirò sommessamente, grattandosi la fronte con un dito, poi si voltò verso Leon.
«Non starai facendo sul serio, spero!» Taivas protestò a voce alta, incenerito immediatamente dallo sguardo ostile di Arendelle.
«Ti chiediamo scusa, Leon» Adam riservò un piccolo inchino anche a lui. «Non si ripeterà più.»
Infine tornò a voltarsi verso Arendelle e prese congedo, immediatamente seguito da Taivas e Ortensia.


«Forse non era il caso di picchiarlo solamente perché mi ha guardata» commentò Ortensia.
«Ma se sei tu che ti sei lamentata! “Che fastidio! Quel poveraccio mi fissa sempre!”» strillò Taivas, imitandola con voce acuta. «E poi tu, Adam!»
«Che vuoi?» Adam schioccò la lingua contro il palato mentre il ragazzo alle sue spalle gli balzava accanto per raggiungerlo e stare al suo stesso passo.
«Perché non hai affrontato come si deve quella biondina? Noi li odiamo i Blaiddyd!»
«Non è detto che siano tutti mostri assassini come il padre.»
«Ah?!» Taivas inarcò il sopracciglio e lo fissò per un po' senza dire niente, mentre Ortensia, ancora alle loro spalle, gli restituiva il favore scimmiottando la sua reazione.
Adam accennò un sorriso, massaggiandosi la tempia destra con la mano.
«Cosa mi stai dicendo, Adam?» continuò Taivas, oltraggiato dal fatto che il suo compagno lo stesse completamente ignorando.
«Ti piace così tanto Rodelia?» Ortensia si affiancò alla destra di Adam e alla sua domanda Taivas strabuzzò gli occhi, ancor più confuso e indignato.
«Vedi, Taivas?» Adam si voltò verso l'amica e le rivolse un sorriso gentile. «Lei ha capito, non è mica scema come te.»
«Ohi!»
«Rodelia è innegabilmente molto bella, ma avete visto Arendelle?»
«Sai pure il suo nome, che schifo!» protestò Taivas.
«È così sfrontata, selvaggia... tutta un'altra razza rispetto alla sorella» continuò Adam, per poi accennare una risata imbarazzata.
«Quindi ti sei preso una cotta per lei? Ma l'hai appena incontrata!»
«Esiste l'amore a prima vista» Ortensia inclinò il capo, andando alla ricerca dello sguardo di Taivas, che si trovava dalla parte opposta alla sua. Il giovane Bergliez, in risposta, guardò immediatamente davanti a sé, le guance leggermente arrossate.
«Mi dispiace deluderti, cara Ortensia, ma non posso dirmi ancora innamorato. Certamente quella ragazza ha suscitato il mio interesse e spero di poterla conoscere meglio.»
«Tu li odi, Draconius!»
«È vero» ammise lui, degnando finalmente l'altro di uno sguardo. «Ma tu e Ortensia avete motivi ben più validi dei miei per detestarli, dico male?»
«Bah» Taivas incrociò le braccia al petto, facendo spallucce. «Fa' come vuoi.»
«In ogni caso, amico mio,» riprese poi Draconius, ora guardando fisso davanti a sé con occhi colmi di risentimento «sta certo che troveremo presto il modo per riprenderci le scuse che ho dovuto rivolgere a quel verme insignificante di Eisner.»


«Tua sorella lo sa? Fanno così anche con lei?» Rodelia aveva appena finito di tamponare il sangue quando gli fece quelle domande.
Leon negò con un rapido cenno del capo, parlando dopo qualche istante di esitazione.
«Lei è molto più estroversa e coraggiosa di me. Si fa rispettare.»
«Devi imparare da lei, allora» Arendelle lo squadrò dall'alto in basso e Leon avvertì immediatamente un fremito di inquietudine.
«Arendelle» Rodelia la guardò con disappunto. «Un po' di tatto.»
Arendelle protese le labbra in una piccola smorfia e rivolse il proprio sguardo altrove, sfiatando dalle narici.
«Stai bene? Ti fa tanto male?» anche Esperia si chinò a osservare meglio il viso contuso di Leon.
«Sto bene» rispose lui, forzando un timido sorriso.
«Attento o la ferita si riaprirà» gli disse Maris, sorridendogli a sua volta.
Mentre si trovava seduto contro il tronco dell'albero, circondato dai visi cordiali dei fratelli Blaiddyd, Leon fu colto da una tristezza improvvisa, tanto da faticare a trattenere le lacrime.
Aveva mentito: la faccia gli faceva male, il labbro pulsava e bruciava e i muscoli di tutto il corpo tremavano ancora, contraendosi in spasmi di paura, ma non voleva dare ulteriori preoccupazioni a quelle persone così buone. Avrebbe voluto avere anche solo un decimo di quella gentilezza nella sua vita, e forse fu proprio l'evidenza di quella mancanza che lo rese così infelice.
«Merda! Non abbiamo fatto in tempo!»
I fratelli Blaiddyd si voltarono e videro avvicinarsi un ragazzo e una ragazza. Lui aveva i capelli grigi piuttosto scompigliati che coprivano la fronte e parte degli occhi, che tuttavia risultavano piuttosto evidenti per il peculiare colore dorato, mentre lei, mingherlina e bassa, aveva capelli bianchi che le arrivavano a metà collo, due ciocche più lunghe sul davanti e occhi di un azzurro molto intenso.
«Scusami, Leon.»
«Non preoccuparti, ci hanno pensato loro.»
Il ragazzo dai capelli grigi passò in rassegna i quattro fratelli.
«Siete i figli del Re?» chiese poi.
Appena i quattro fratelli annuirono, la ragazza dai capelli bianchi fece un grande inchino.
«Non so davvero come sdebitarmi» disse il ragazzo dai capelli grigi mentre si dirigeva verso Leon.
«Dal mantello deduco tu sia il capo della Casata dei Lupi Cinerei» esordì Arendelle.
Prima di risponderle, il ragazzo porse la mano a Leon e lo aiutò a rialzarsi.
«Mi chiamo Farkas von Amarok e questa è Tanja Verklikova. Viene da Albinea, perciò non conosce ancora bene la nostra lingua.»
Tanja si inchinò di nuovo, ancora una volta in modo a dir poco eccessivo.
«In realtà non conosce proprio nulla...» si corresse Farkas, per poi attirare la sua attenzione con un cenno della mano. «Anche meno, Tanja.»
La ragazza annuì appena e raggiunse i suoi compagni: arrivava a malapena alla spalla di Farkas e a metà del braccio di Leon, di fatti si alzò in punta di piedi per riuscire a prendere il viso di quest'ultimo fra le mani, così da controllarne le ferite con una certa minuzia.
«Spero che quei tre non vi abbiano dato troppo disturbo» Farkas tornò a rivolgersi ai Blaiddyd. «Posso sdebitarmi offrendovi un tè? Non è molto, ma...»
«Volentieri» Rodelia chinò appena il capo in segno di assenso, accennando un sorriso.
«Sì, più che volentieri!» si accodò Esperia, subito seguita da Maris.
«Io...» Arendelle, invece, esitò, bloccandosi non appena Rodelia le mise una mano sulla spalla.
«Credo sia la cosa più conveniente per tutti, Arendelle. Farkas potrebbe parlarci un po' della situazione della sua classe, che sinceramente, e senza offesa, non mi sembra delle migliori.»
«Già» convenne Farkas, annuendo appena.
Arendelle guardò Rodelia per un istante e poi sospirò: aveva ragione. Per sua fortuna, inoltre, la primogenita era un po' più vulnerabile quel giorno e perciò non le sarebbe dispiaciuto avere compagnia.
«Vada per il tè» acconsentì, senza riuscire a trattenere un sospiro rassegnato.


Quando giunsero ai cortili adibiti a zona del tè, un ragazzo che portava i capelli viola raccolti in una coda fece cenno a Farkas.
«Anche voi qui?» chiese. Di fianco a lui vi era una ragazza molto alta e muscolosa, con occhi viola scuro e lunghi capelli neri lasciati sciolti, tranne che per due piccole trecce sul davanti.
Notando la presenza dei principi, il ragazzo dai capelli viola sembrò mettersi improvvisamente sull'attenti.
«È successo qualcosa, Farkas?» chiese poi.
«Il solito» ribatté il capo dei Lupi mentre prendeva posto attorno a uno dei tavoli.
Il ragazzo dai capelli viola rivolse un'occhiata a Leon, per poi tornare a fissare Farkas.
«I principi sono stati di grande aiuto, perciò ho pensato di invitarli a prendere un tè» spiegò Farkas mentre il resto della compagnia prendeva posto ai tavoli adiacenti al suo. «Vorrei metterli al corrente della situazione. Ti unisci a noi, Cédric? Può unirsi anche Elenoire se le fa piacere.»
«Volentieri» rispose il ragazzo dai capelli viola, per poi rivolgersi all'amica muscolosa. «Tu che fai?»
«Anche per me va bene, ti ringrazio dell'invito, Farkas.»
Occuparono in totale tre tavoli che avvicinarono il più possibile gli uni agli altri, così da poter ascoltare quello che i Lupi Cinerei avevano da dire.
Leon sedette con Maris ed Esperia, Arendelle con Farkas e Tanja e infine Rodelia con Cédric ed Elenoire, che si presentarono rispettivamente come figlio di Yuri Leclerc e figlia di Balthus von Albrecht. Lei, inoltre, non faceva parte della classe dei Lupi Cinerei, bensì di quella dei Cervi Dorati.
Mentre Balthus si era stabilito in pianta stabile a Kupala, aveva preso moglie e avuto una figlia, più travagliata e incerta era la sorte di Yuri, che a detta di suo figlio si era allontanato da Casa Rowe dopo che il Conte aveva perso il titolo e aveva fatto perdere le sue tracce. Per il resto i fratelli Blaiddyd non pretesero ulteriori approfondimenti per non rischiare di essere indelicati.
Presto i tavoli vennero riempiti di biscotti, paste e servizi da tè di pregiata porcellana. Il vapore sprigionato dalle bevande calde si alzò verso il cielo, in timide volute di fumo biancastro, e tanti aromi differenti si diffusero nell'aria, mescolandosi sgraziatamente fra loro.
Farkas illustrò loro la delicata condizione della Casata, spiegando la situazione di ciascun membro: lui, come Adam, era un nobile di nuova generazione, al contrario di Vincent, Ortensia e Taivas, parenti degli storici compagni di classe della ormai defunta Edelgard von Hresvelg. C'era poi Tanja, da Albinea, e una certa Moira, proveniente dalla penisola di Sreng, e infine i due Gemelli Eisner e Cédric, che non erano in possesso di alcun titolo nobiliare.
Il gruppo formato da Adam, Ortensia e Taivas tormentava popolani e stranieri e inoltre gli avevano dato l'impressione di essere fortemente contrari alla supremazia di Re Dimitri e più in generale all'unificazione. Questione diversa per Vincent von Aegir, che seppur nobile e nativo del vecchio Impero si era dimostrato più volte solidale nei confronti delle vittime dei loro soprusi.
«In ogni caso non possono fare nulla di grave, giusto?» chiese Esperia prima di sorseggiare il suo tè.
«Purtroppo credo che quello che stanno facendo ora sia già sufficientemente grave» sospirò Farkas. «In ogni caso vi terrò informati se dovessi scoprire che stanno cospirando contro di voi.»
«Non credo che accadrà» commentò Leclerc. «Sono solo tre bulletti insignificanti, Elenoire potrebbe spazzarli via con una manata.»
La povera Elenoire, che aveva appena addentato un biscotto di frolla al cioccolato, tossì a causa del boccone appena finitole di traverso: non gradiva che si parlasse di lei come di uno scimmione violento, né come di una delicata principessa come sosteneva spesso suo padre. Si chiese perché fosse così difficile trovare qualcuno che la considerasse semplicemente normale.
«Sono d'accordo con Leclerc» intervenne Arendelle. «Il massimo che potrebbero fare è prendere di mira altri membri della Casata.»
La primogenita della dinastia reale ripose la tazza vuota sul tavolo e si alzò, distendendo le pieghe della divisa con le mani.
«Il mio consiglio è di imparare a difendervi. Soprattutto tu, Leon.»
Il ragazzo sobbalzò appena quando la sentì pronunciare il suo nome, poi annuì senza smettere di guardarla, così da assicurarsi che lei lo vedesse.
«Siete numericamente superiori: fate squadra.»
Rodelia accennò un sorriso alle parole di Arendelle: era un buon consiglio, ma se la situazione fosse stata invertita era certa che sua sorella non lo avrebbe mai seguito.
Arendelle si congedò con un saluto, rivolgendo un ultimo sguardo a Leon, che ricambiò seppur con un poco di fatica: era molto diversa dal resto della sua famiglia, ma in quel momento il giovane Eisner fu certo di aver scorto nei suoi occhi la stessa gentilezza dei suoi fratelli.


Era ormai l'imbrunire quando i movimenti di Polaris ebbero una brusca battuta di arresto. Aveva il fiato corto, le gambe eccessivamente piegate e teneva le braccia contratte.
Arendelle bloccò l'affondo dell'avversaria con la punta della lancia e si fermò. Polaris, che era ancora molto lenta ad arretrare dopo gli attacchi, le rivolse un'occhiata confusa.
«Polaris, fammi vedere le mani» disse poi Arendelle.
«Uh?» Polaris sollevò le sopracciglia in segno di sorpresa, per poi accennare un sorriso. «Sto bene, possiamo continuare.»
«Questo lascialo decidere a me» controbatté Arendelle. «Mostrami le mani.»
Polaris fece un passo indietro e la guardò mestamente, la lancia ancora stretta fra le dita. Arendelle non se lo fece ripetere due volte: afferrò la parte superiore della lancia della ragazza, appena sotto la punta acuminata, e gliela sfilò dalle mani.
Polaris emise un gemito, spalancando immediatamente le mani perché l'aria fresca del tramonto potesse lenirne il bruciore.
«Bene, per oggi abbiamo finito» decretò Arendelle una volta visti i palmi arrossati e i polpastrelli tagliati dell'altra.
«Ma Arendelle!»
«Abbiamo finito» sibilò. «Come pensi di poter combattere con le mani ridotte così? Le ferite ti rendono lenta e debole.»
Le critiche di Arendelle furono per lei come schiantarsi contro un muro. Si erano allenate per ore e aveva davvero sperato di ricevere anche un solo complimento per la resistenza e la tenacia che aveva dimostrato, ma la sua compagna era un'insegnante severa e per il momento non sembrava intenzionata a darle alcuna soddisfazione.
Attraversarono il bosco il silenzio, Arendelle in testa, impegnata a sorreggere entrambe le lance, Polaris poco più indietro, un po' abbattuta e con le mani doloranti spalancate lungo i fianchi.
Forse per la stanchezza o forse perché non si scambiarono nemmeno una parola, a Polaris il ritorno sembrò molto più lungo e tortuoso dell'andata e quando arrivarono in camera le ci volle un grande sforzo per non lasciarsi cadere subito sul letto e addormentarsi di sasso.
Arendelle, al contrario, era molto lucida e dinamica. Poggiò subito le lance alla parete e si diresse in bagno, tornando con un bicchiere pieno di disinfettante e del cotone che poggiò sulla cassettiera di Polaris, infine si diresse verso la sua e cominciò a frugarvi dentro.
«Mani» comandò poi, sedendosi accanto a Polaris.
Polaris obbedì senza fiatare e Arendelle bagnò un po' di cotone con del disinfettante, cominciando a tamponarla con inaspettata delicatezza.
«Polaris, la prossima volta dimmelo. O comunque fermati non appena avverti dolore.»
«Mh» Polaris mugugnò, le labbra serrate per il bruciore provocato dal disinfettante.
«Non devi avere fretta, è normale che le tue mani soffrano, non sono abituate.»
«Sì» annuì, una piccola lacrima ferma al bordo dell'occhio sinistro: anche se l'altra era delicata era difficile sopportare il passaggio del cotone imbevuto di disinfettante sui tagli aperti.
«Ora non potrai allenarti fino a che non saranno guarite.»
«Cosa?»
Arendelle non rispose subito: ripose il cotone sulla cassettiera e afferrò le bende che aveva recuperato dalla sua, cominciando a fasciare il polso destro della compagna di stanza.
«Vedila come una punizione» disse poi. «Anche volendo, se ti allenassi con queste ferite non otterresti alcun miglioramento, anzi rischieresti di assumere una postura erronea a causa del dolore.»
«Mi dispiace...» borbottò Polaris, osservando con attenzione le mani di Arendelle che si muovevano attorno alla sua: si era approcciata a lei con estrema sicurezza, eppure era ovvio che non aveva idea di cosa stesse facendo.
«Dovresti girare la benda a destra» suggerì quindi Polaris.
«Così?»
«Sì.»
«Scusami» Arendelle seguì il consiglio dell'amica e finalmente riuscì a fasciarle il primo dito. «Non l'ho mai fatto. E scusami anche per oggi.»
«Di cosa ti scusi, Arendelle? Sono io che sono stata sciocca» questa volta Polaris le sfiorò una mano con le dita, guidandola senza parlare.
«Avrei dovuto pensarci o comunque accorgermene molto prima.»
«Non te ne sei accorta prima perché anche io ho iniziato a sentire male proprio alla fine» Polaris accennò una risata. «Sai, mi sono scottata così tante volte al forno che la soglia di dolore delle mie mani deve essere piuttosto alta.»
Arendelle si assicurò che la benda fosse abbastanza stretta, poi guardò la compagna e le sorrise.
«Spero che la fasciatura regga» aggiunse poi, passando alla mano sinistra.
«Sono certa che reggerà» Polaris la guardò destreggiarsi con la seconda benda e accennò un sorriso. «Ho imparato tante cose oggi, ti ringrazio.»
«Eh?» Arendelle alzò la testa all'improvviso e Polaris notò un leggero rossore sulle sue guance.
«Grazie» ripeté scandendo bene la parola, per poi increspare le labbra in un grande sorriso.
Arendelle borbottò qualcosa in risposta e riabbassò la testa, riprendendo a fasciarle la mano con incerta velocità, cosa che non fece altro se non confermare il suo imbarazzo.
«Come va?» Arendelle tornò a parlare solo una volta che ebbe finito con la seconda fasciatura.
Polaris sollevò entrambe le mani e le osservò per qualche istante.
«Direi molto meglio!»
«Bene» Arendelle si alzò dal letto e si diresse dietro al separé, così da potersi cambiare per la notte.
«Non hai appetito, Arendelle?» le chiese Polaris.
«No» rispose l'altra mentre sistemava i pantaloni della divisa sul separé.
Anche Polaris non aveva fame. La stanchezza dell'allenamento e la gratitudine verso le cure ricevute l'avevano drenata di ogni forza e il solo pensiero di dover uscire di nuovo dalla stanza per recarsi al refettorio le aveva chiuso lo stomaco. E poi le era tornata voglia di leggere, difatti non ci volle molto perché recuperasse il romanzo dal comodino e si coricasse sul letto, mettendosi alla ricerca del segno che Maris le aveva fatto perdere quello stesso pomeriggio.
«Sai, dovresti leggere questo libro» disse poi, mentre Arendelle si lasciava cadere stancamente sul proprio letto.
«Non mi piace leggere» l'altra borbottò contro il cuscino, per poi risollevare il viso e rivolgere la propria attenzione a Polaris.
«Ma come? Hai le mensole piene di libri!»
«Tutti manuali sulle armi, la strategia e i cavalli. Quelli li leggo.»
«Che noia» commentò Polaris. «Sono sicura che questa storia ti piacerebbe.»
«Quante pagine sono? Tremila? Non riuscirei mai a leggerlo.»
«Non sono così tante» Polaris accennò una risata, per poi increspare le labbra in un enorme sorriso: aveva ritrovato il segno!
Arendelle si girò sulla schiena, accennando un sospiro: era terribilmente stanca. Anche lei, come Polaris, avrebbe voluto soltanto andarsene a letto una volta arrivate in camera, ma invece aveva attinto dalla sua riserva di energie extra per curare le ferite della compagna – dopotutto era il minimo che avrebbe potuto fare per essere stata così disattenta verso la sua condizione. Non sapeva perché, ma sentiva che voleva proteggere quella ragazza.
«Dormo» Arendelle si infilò sotto le lenzuola e spense la lampada ad olio accanto al suo letto. «Non fare troppo tardi.»
«D'accordo» Polaris, invece, restò illuminata dalla luce, il romanzo de L'indomita stretto fra le mani.
Non ricominciò a leggere subito, però. Anzi, se ne restò a osservare la pagina piena di parole per qualche minuto, non riuscendo a coglierne nemmeno una.
«Arendelle...» chiamò l'altra sotto voce.
«Mh?»
Polaris esitò prima di riprendere a parlare, temendo di disturbarla.
«Credi... credi che imparerò?» rafforzò la stretta sul libro, un fremito nel petto.
«Sì, sei brava» rispose sinceramente Arendelle, mormorando a occhi chiusi. Poi risollevò le palpebre, perdendosi nel buio che circondava il suo letto.
«Finché non imparerai restami accanto» aggiunse. «Finché resteremo insieme non ti accadrà nulla di male.»



Angolo autrice:
Ok, bene! Fallito l'intento di pubblicare l'ultimo dell'anno per tenervi compagnia riesco incredibilmente ad avere successo nel pubblicare oggi!
Che succede oggi? Niente. Solo è la mia prima pubblicazione dell'anno e oggi è il quattro e il quattro è il mio numero fortunato. È solo un gesto simbolico molto stupido che spero porti un po' di fortuna a questo mio profilo di EFP che vorrei riprendere definitivamente in mano pubblicando cosine riguardanti anche altri fandom.
Dunque, questa volta non ho molto da dire sul capitolo, solo: sì, sono bimbominchia a chiamare un personaggio con il mio nome autrice; no, non è un selfinsert (anche perché mi sentirei in colpa pure se provassi – perché non ne sono comunque capace – a bullizzare una piastrella).
Solo mi piace il suono di questo nome e mi è sempre suonato “nobile”, poi sì, ok, racchiude un pochino il mio aesthetic per il colore di occhi e capelli che sono un richiamo diretto alle varietà più frequenti del fiore e per una delle magie che avrà, ma ribadisco che non è un selfinsert, solo una piccola idiozia di cui sono consapevole e che comunque mi ostino a mettere perché, boh, sono scema??
Spero abbiate gradito questo capitolo e anche i precedenti! E spero anche di poter presto ricevere qualche parere in più su questa storia, perché mi aiuterebbe senz'altro!
Per il prossimo credo mi ci vorranno almeno due settimane, sigh.
Come sempre vi ricordo che potete trovare le info sui personaggi qui.
A presto!

   
 
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