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Autore: dirkfelpy89    05/01/2021    5 recensioni
-Storia partecipante al contest “A Farewell to…Contest” indetto da CatherineC94 sul forum di EFP- Gennaio 1973. Andromeda Black ha appena avuto una figlia. Possibile che sia impossibile recuperare il suo rapporto con la famiglia Black? Possibile che questo nuovo, gioioso arrivo non smuova qualcosa in Narcissa, la sua adorata sorellina? Può un pasticcio di rognone far riavvicinare le due donne?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Narcissa Malfoy, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Addio, Andromeda Black

 

 

Andromeda tagliò i funghi a lamelle e li aggiunse alla padella dove stava rosolando il rognone.
Aggiunse del brodo mentre, con la bacchetta, foderò la pirofila con della pasta sfoglia.
Sospirando, lasciò vagare il suo sguardo oltre i fornelli della cucina. Stava piovendo, e il freddo di gennaio aveva fatto appannare tutti i vetri della piccola casa dove lei e suo marito Ted vivevano da circa tre anni.

Spense il fuoco, inserì il rognone e i funghi nella pirofila che poi coprì con un’altro pezzo di pasta sfoglia. La donna osservò brevemente l’orologio e poi infilò il pasticcio in forno.
Odiava gennaio, la neve, il freddo che entra da sotto le porte, nelle case e fin dentro alle ossa.
Non voleva cucinare quel pasticcio di rognone, avrebbe avuto altre cose da fare, ma dall'altra parte non poteva non farlo.

“Stai davvero facendo il pasticcio di rognone, Meda?”
La voce del marito fece voltare di scatto la donna. Ted Tonks era appena entrato in cucina, reggendo tra le braccia un fagottino dal quale spuntavano una manina e tanti capelli rosa: sua figlia di pochi mesi, Ninfadora. Andromeda si avvicinò alla figlia e le diede un bacio sulla fronte, poi si rivolse al marito.

“Sì. Appena sarà pronto, andrò da lei.”
“Sei proprio sicura della tua scelta, Meda?” Ted sbuffò “Perché più ci penso, più mi sembra un’idea assurda!”
Andromeda si voltò per controllare la cottura. Perché quell’uomo che amava così tanto non capiva? Aveva bisogno del suo supporto, altrimenti non avrebbe trovato il coraggio!

“C’è una tradizione, nella famiglia Black.” spiegò la donna “Quando una donna vuole chiedere scusa o vuole riallacciare un rapporto con un familiare, deve cucinare un pasticcio di rognone e offrirlo in dono alla persona offesa. Non mi chiedere il perché, ma è così. Una donna ovviamente, figuriamoci se un uomo potrebbe mai desiderare chiedere scusa, nella mia famiglia. Chiedere perdono è una cosa così debole, secondo il loro punto di vista…”
Ted alzò gli occhi, cullando Ninfadora, mentre Andromeda estrasse il pasticcio dal forno e lo posò sul bancone della cucina, a raffreddare.

“E tu vuoi davvero fare questo? Dare un pasticcio di rognone alla tua famiglia per riallacciare i rapporti? Chiedere scusa a coloro che ti hanno cacciata via?” chiese Ted, sforzandosi di non far apparire troppo sarcastica quella domanda.
“Non si tratta di questo, non voglio certo chiedere scusa per quello che ho fatto!” esclamò la donna “E so bene che mi odiano. Però è nata Ninfadora... le mie sorelle sono diventate zie, i miei genitori nonni! Mi rifiuto di credere che questo non abbia nessun valore per loro! Devo provarci Ted!” Andromeda si asciugò con rabbia una lacrima. Ted scosse la testa, posò la bambina sul seggiolone e poi abbracciò la moglie.

“Forse sono una sciocca...” ammise la donna, staccandosi dalle braccia del marito “Però devo provarci, se non con Bellatrix o con i miei genitori, almeno devo fare un tentativo con Cissy. È la mia sorellina e si trova a casa per gli ultimi giorni di vacanza. Domani partirà per Hogwarts, poi si sposerà con quel Malfoy e so che la perderò per sempre.”

Altre calde lacrime caddero dagli occhi di Andromeda. Si odiava per essere così debole, lei che non piangeva quasi mai, lei che affrontava tutte le situazioni di petto, senza paura!
Eppure la famiglia era il suo punto debole. Erano passati tre anni da quando era fuggita da casa Black, eppure una piccolissima parte di sé sperava ancora in una possibile riappacificazione.
Ted asciugò le sue lacrime e poi annuì.
“Capisco. Ma, sei sicura di doverci andare da sola?”
La donna annuì. Ted alzò le spalle, poi riprese Ninfadora in braccio.
“Se ti dovesse succedere qualcosa, manda subito un patronus!”

Andromeda mise il pasticcio in una teglia che chiuse con dei fogli d'alluminio. “Cissy sarà da sola, sicuramente i miei genitori si saranno recati a Londra" sospirò "E’ la mia famiglia, Ted, mia sorella. Non possono farmi del male!”

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I giardini di Black Manor erano immersi nella neve. Sarebbe stato uno spettacolo sicuramente fantastico, ma Andromeda non era dell’umore adatto per indugiare su quei prati innevati.
Avanzava sicura, fendendo la neve che le arrivava alle caviglie. Arrivata davanti al grande cancello, che delimita i confini della tenuta, estrasse la bacchetta ed evocò un patronus che indirizzò verso il portone d’ingresso.
Dopo qualche minuto il cancello si aprì, Andromeda lo attraversò e si incamminò verso l’ingresso, dove una piccola elfa domestica la stava aspettando.

“Padroncina!” squittì l’elfa, inchinandosi.
“Ciao Ketsy!” esclamò Andromeda, entrando nel grande salone d’ingresso della magione.
“La padroncina Narcissa ha ricevuto il suo patronus e la sta aspettando nel salottino” l’elfa indicò la porta che si trovava a destra del salone, una stanza che veniva usata, solitamente, per gli incontri più rapidi e meno importanti.

Quel salotto era in effetti piuttosto buio e freddo, il caminetto era spento ed aveva l’aria di non venir accesso da diversi anni, il mobilio poco ricercato. Non c’era nemmeno una sedia, il messaggio chiaro: se entravi in quel salotto per un’udienza con i padroni di casa, potevi aspettarti di essere congedata entro pochi minuti.

Narcissa era in piedi al centro della stanza, vestita di tutto punto, lo sguardo alto e fiero. Era cambiata moltissimo, ma del resto non la vedeva da quasi tre anni.
Quando era andata via di casa era solo una ragazzina, la Narcissa che aveva di fronte era ormai una donna, una donna dai lunghi capelli biondi, il fisico asciutto ed un espressione glaciale dipinta sul bel volto.

“Papà e mamma non ci sono, sono a Londra dagli zii. Non so proprio perché tu sia qui, o perché io ti abbia fatto entrare. In ogni caso fai in fretta e poi vattene!” disse la sorella, non degnandosi nemmeno di guardarla negli occhi.
Andromeda rabbrividì, osservando quello sguardo duro. No, non per il freddo, ma perché della ragazza che aveva lasciato tre anni prima non era rimasto nulla.

Porse il pasticcio di rognone a Narcissa che, evidentemente controvoglia, osservò la pietanza. Sollevò un sopracciglio, interrogativa.

“Che cosa sarebbe?”
“Un… un pasticcio di rognone!” rispose Andromeda, la voce tremante. Sì, sembrava proprio una cosa stupida da dire, ma del resto non sapeva come introdurre l'argomento.
Aveva provato ad imparare un discorsetto a memoria, ma l'ansia aveva preso il sopravvento e di quelle vuote parole non si ricordava più nulla.
“Quasi tre anni fa sei scappata di casa con quel Tonks, sei sparita dalle nostre vite, sei stata bruciata dall'arazzo… e adesso arrivi qui con un pasticcio di rognone, che tra parentesi, sai benissimo che io odio?” Narcissa adesso la fissava. Qualcosa nella sua espressione glaciale e imperturbabile si era rotta, sembrava molto più umana adesso.

“Non è così. La conosci la tradizione di famiglia, il pasticcio è un gesto simbolico, Cissy!”
“Non chiamarmi in quel modo!” rispose la sorella, sibilando “Solo i miei amici oppure i miei familiari possono chiamarmi così! E, nel caso tu te lo sia dimenticata, sei stata diseredata! Non fai più parte della mia famiglia!”

Andromeda sentì nuove, bollenti lacrime di rabbia e frustrazione bagnarle gli occhi.
Che fine aveva fatto la Narcissa buona, gentile e sempre pronta ad abbracciarla? Che fine aveva fatto la sua sorellina preferita, quella che le chiedeva sempre una favola della buonanotte, prima di dormire?
Chi era quella ragazza che la osservava con malcelato disgusto, come se lei, Andromeda, non fosse altro che un’estranea?

“Io… non posso credere a quello che stai dicendo!” disse Andromeda, lottando contro le lacrime “Ho provato a contattarvi ma… sapevo che non avreste capito!”
“Ah, ora la colpa sarebbe la nostra?” chiese Narcissa, incrociando le braccia davanti al petto.
“No! però… ho avuto una figlia, l’abbiamo chiamata Ninfadora. E pensavo che...” rispose Andromeda. Narcissa rimase per qualche secondo in silenzio, sorpresa da quella rivelazione.
“Una figlia… una figlia da quel Tonks?”
“Sì…”
“E così adesso vuoi usare una sporca figlia mezzosangue per cercare di tornare nelle mie grazie?”
“No! Io... come puoi pensare una cosa simile?" Andromeda non poteva credere a quel che Narcissa voleva far intendere "Sono qui perché non posso permettere che cresca senza vedere le sue zie oppure i suoi nonni! Lei non ha nessuna colpa, non deve pagare per qualcosa che io ho fatto! Davvero, non esiste un piccolo spazio per il perdono nei vostri cuori di pietra? ”

Andromeda aveva iniziato ad urlare, senza nemmeno accorgersene. Quelle lacrime maledette e traditrici avevano iniziato a scendere, senza controllo.
Narcissa, palesemente infuriata, prese, dalle mani di Andromeda, la teglia con il pasticcio di rognone e la buttò a terra. Anche lei stava piangendo.

“E' cresciuta. Perché sei così egoista, Andromeda? Perché pensi sempre al tuo di bene? Te ne sei andata via, lasciandomi sola! Hai spezzato il cuore di mamma, papà… e soprattutto il mio!” disse Narcissa, ogni tentativo di apparire glaciale ormai abbandonato. Sembrava così piccola, adesso “Eri la mia sorella preferita e te ne sei andata senza dirmi nulla! Non ti è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di riflettere su quali fossero le conseguenze?”
“Sì! certo che ci ho pensato. Mi sono rosa dentro per mesi!” rispose Andromeda, cercando di recuperare un po’ di self-control “Sai che non avrei potuto mai dirti nulla! Perché, guardandoti negli occhi, non avrei mai trovato il coraggio di seguire il mio cuore! Perché non avrei mai trovato il coraggio di prendere una scelta.”
“Ma alla fine l’hai presa. Hai scelto Ted il babbano. Hai preferito quel sanguesporco alla tua famiglia, a me!” Narcissa abbassò lo sguardo sul pasticcio spappolato ai suoi piedi “Ti ho supplicata, ho pianto per te. Ma, a quanto pare, la cosa non sembra interessarti”
“Non è vero, e tu lo sai. Nella vita siamo destinati a fare delle scelte!“ rispose Andromeda “Ed ho scelto il cuore. Non voglio sembrare melodrammatica e mi dispiace di essermene andata, Narcissa, ma quando amerai davvero qualcuno con tutta te stessa, con tutta la tua anima, forse allora mi capirai e ti renderai conto delle mie parole."

Narcissa rimase in silenzio, incapace di proferire parola. Alla fine si voltò ed uscì dalla stanza, senza dire più una parola. Andromeda si smaterializzò immediatamente, sapeva che era inutile rimanere. Inutile umiliarsi ancora di più.

Ted la stava aspettando sulla porta. Andromeda corse verso di lui e, finalmente, pianse liberamente. Pianse senza ritegno, senza vergogna, senza remore. Pianse perché era stata una sciocca, perché aveva creduto in un qualche tipo di cambiamento nella sorella minore, perché solo allora aveva capito che, davvero, era rimasta senza famiglia.

Che nemmeno l’arrivo di una nipote avrebbe smosso i Black.
Era appena diventata, non solo sui documenti ma soprattutto nella sua anima, Andromeda Tonks.

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Salve a tutti!
Questa storia partecipa al “A Farewell to…Contest” indetto da CatherineC94 sul forum di EFP.
Ovviamente protagonista di questa storia è Andromeda Black ed il suo rapporto sicuramente travagliato con la sua famiglia, in questo caso con la sorella minore Narcissa.
Mi sono immaginato questo confronto tra le due donne ambientato in un innevato Gennaio 1973.

Spero di essere riuscito a rendere i dialoghi per lo meno realistici e le due protagoniste IC (anche se in realtà non è sappiamo poi molto delle sorelle Black e della loro storia travagliata)

  
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