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Autore: Plando    06/01/2021    2 recensioni
Nick è in un momento difficile, riuscirà a venirne fuori con l'aiuto di una nuova conoscenza?
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Dopo più o meno dieci minuti di viaggio si ritrovarono a passare il confine naturale creato dalla zona montuosa che costituiva in buona parte la sezione nord del distretto artico di Tundratown, percorsi i quasi due chilometri di tunnel, scavato alla base della montagna, sbucarono in quello che era la parte sud del ben più mite distretto di Meadowlands, tuttavia erano ancora a più di mezz’ora di distanza dal posto di blocco per la zona di alienazione di Goodsprings e sapevano entrambi che avrebbero dovuto passarci per forza se volevano proseguire dato che non c’era modo di aggirarlo.
Dopo il tragico incidente di ventisei anni prima per tutta la porzione di territorio attorno alla cittadina nel raggio di trenta chilometri era stato costruito un muro di cemento alto cinque metri che racchiudeva l’intera zona, certo visto così poteva sembrare poco o nulla, specie se confrontato ai centoventi delle mura climatiche della città, con le torri centrali che arrivavano ad oltre duecentodieci metri di altezza, superando anche alcuni grattacieli del distretto di Downtown, sotto quell’aspetto erano veramente insuperabili, tuttavia il muro con cui avrebbero avuto a che fare ora era ben diverso, non aveva lo scopo di cambiare il clima per renderlo più piacevole ad altre specie, ma serviva solo per impedire che chiunque, nessuno escluso, potesse avventurarvisi oltre, andando sicuramente incontro a morte certa, per far sì che tutto questo fosse possibile lo avevano costruito in modo tale che racchiudesse tutta la zona interessata, formando un anello di cemento e filo spinato di quasi duecento chilometri di diametro, interrotto da quattro passaggi con sbarra e guardiola equidistanti uno dall’altro, uno per ogni punto cardinale, in cui ci stavano appunto i posti di blocco con guardie armate che impedivano il passaggio, se non ai pochi mammiferi che avevano un’autorizzazione particolare.

“Secondo te come saremmo venuti se invece della CGI avessero usato le animazioni tradizionali?”.

Jessica, che in quel momento era concentrata sulla guida e su come fare per riuscire a raggiungere i laboratori a Goodsprings senza restarci secca, non diede per nulla bado inizialmente alla iena che aveva seduta di fianco, dopo qualche secondo di silenzio, pensando di aver capito male, si volse leggermente verso il predatore, lanciandogli una fugace occhiata senza perdere di vista la strada.

“Cosa?”.

“No niente, ehi guarda là”.

Improvvisamente la lepre inchiodò la vettura, facendo fischiare le gomme sull’asfalto, una volta che l’auto fu completamente ferma scesero entrambi cominciando ad osservare davanti a loro.

“Il muro”.

Il predatore fece il giro dell’auto, avvicinandosi a Jessica, la quale continuava ad osservare la struttura, come s’immaginava non era molto alta, ma stupiva il fatto che nonostante formasse una circonferenza se la si guardava all’estrema destra o sinistra lo si vedeva che proseguiva dritto fino all’orizzonte, a dimostrazione della sua imponente lunghezza, la si poteva vedere perfettamente dato che per motivi di sorveglianza era stata creata una spianata priva di vegetazione dall’inizio del muro per un centinaio di metri, in ogni caso Meadowlands era un distretto per lo più pianeggiante e la vegetazione non cresceva fitta come poteva essere sulle montagne di Tundratown o a Rainforest.

“Ci sarà solo un chilometro a separarci dal posto di blocco, se hai dei ripensamenti questa è la tua migliore possibilità per tornare indietro”.

La preda volse lo sguardo a Mason, per poi riprendere ad osservare la muraglia davanti a loro, non era nemmeno certa del fatto che al di là ci fosse quello che stava cercando, l’unica cosa su cui non aveva dubbi era che oltre avrebbe trovato l’inferno in terra, o per lo meno era così che i libri descrivevano quella zona, tuttavia sapeva pure che, se veramente c’era qualcosa, avrebbe ottenuto informazioni che la discussione con Amanda non aveva portato alla luce.

“Non perdiamo altro tempo”.

Prima di risalire in auto Jessica aprì il baule per poi cominciare a cercare nel borsone che Josh le aveva fatto trovare pronto, l’orso le aveva detto che lì dentro avrebbe trovato tutto il necessario per poter raggiungere Goodsprings in relativa sicurezza, dopo un po' di rovistare trovò effettivamente quello che le serviva, tirò quindi fuori dei fogli e chiuse il baule, per poi montare in auto assieme alla iena.

“Che hai lì?”.

“I permessi per varcare il posto di blocco ed entrare nella zona di alienazione, una tuta NBC ed un contatore geiger”.

La lepre osservò per un po’ le carte, ovviamente false, che il grizzly le aveva dato assieme a tutto il resto, a quanto pare anche lui aveva pensato che non avrebbe mai resistito alla tentazione di addentrarsi in una zona così pericolosa, decidendo di farle trovare tutto pronto ancora prima di riferirle i risultati delle sue ricerche, dopo qualche secondo riportò l’attenzione al predatore che aveva seduto di fianco.

“Non avevo previsto di andarci accompagnata, non ho protezioni da darti”.

“Non preoccuparti, non ne ho bisogno”.

Jessica continuò per qualche secondo ad osservare in silenzio la iena che stava seduta al posto del passeggero alla sua destra, poi si volse in avanti e con un giro di chiave rimise in moto il motore dell’auto, l’unica cosa di cui aveva la certezza di trovare oltre la muraglia che aveva davanti era una porzione di territorio altamente radioattivo ed estremamente pericoloso, tuttavia era anche convinta del fatto che, se veramente ci stava un laboratorio, oltre avrebbe trovato la risposta a tutte le sue domande, fece quindi sgommare le ruote sull’asfalto, avvicinandosi.





“Non avete visto i cartelli? Questa è una zona vietata”.

A guardia dell’entrata vi erano due mammiferi, un lupo ed una zebra, entrambi erano equipaggiati come se dovessero partire per la guerra, indossavano l’uniforme dell’esercito con varie protezioni tra cui un corpetto in kevlar ed in altri punti critici del corpo, in cintura avevano una SIG Pawer P320, la pistola d’ordinanza alle forze militari di terra di Zootopia, mentre imbracciato tenevano un fucile d’assalto M4A1, l’arma era tenuta puntata contro l’auto dalla zebra nel frattempo che il lupo si era avvicinato per capire il motivo del loro arrivo.

“Li abbiamo visti, abbiamo un’autorizzazione ad entrare”.

La preda si fece passare i fogli da Mason e li diede al canide che cominciò a leggerli più e più volte per poi andare verso la guardiola.

“Aspettate un secondo, devo verificare”.

Mentre il lupo si accingeva a parlare al telefono, l’equino continuava a tenere sotto tiro i due mammiferi dentro l’auto, nonostante si fidasse dei documenti che Josh le aveva dato era nervosa ed a quanto pare notò che lo era anche la iena, senza farsi vedere aveva infilato una zampa all’interno del cappotto che indossava, dove probabilmente aveva una pistola pronta per ogni evenienza in caso non li avessero fatti passare, o peggio.
Poteva dire che lo conosceva meglio di chiunque altro, quando Mason si metteva in testa qualcosa lo portava fino in fondo, ed ora aveva deciso di aiutarla a trovare quello che cercava e se questo avesse voluto dire ammazzare due militari che in fin dei conti facevano solo il loro dovere non avrebbe esitato nemmeno un secondo, tuttavia il lupo fece presto la sua ricomparsa al finestrino della lepre, ridandole le carte.

“È tutto in ordine, non ho idea di cosa andiate a fare lì dentro, ma devo avvertirvi che la zona è estremamente pericolosa, avviseremo anche gli altri posti di blocco del vostro arrivo e quando uscirete dovrete sottoporvi ad una decontaminazione, sia voi che l’auto, se dovessimo rilevare un livello di radiazioni troppo elevato saremo costretti a mettervi in quarantena, è tutto chiaro?”.

“Si, ora possiamo andare? Avremo una certa fretta”.

Il canide fece un cenno con la testa, per poi fare altrettanto all’equino che nel frattempo era entrato nella guardiola, qualche secondo dopo la sbarra cominciò ad alzarsi, permettendo all’auto di proseguire, Jessica non attese un secondo e premette sull’acceleratore entrando all’interno delle mura.

“Prendi il contatore Geiger”.

La iena osservò per qualche istante la lepre alla guida nel mentre che con la zampa sinistra frugava nel borsone finché non trovo lo strumento, era un vecchio modello col quadrante analogico ed una comoda maniglia da cui tenerlo, lo accese e lo puntò poi fuori dal finestrino.

“Nulla da segnalare”.

“Lo so, dannazione, non siamo ancora nella zona pericolosa”.

Accortosi che lei era alquanto nervosa tentò in qualche modo di indagare sui motivi.

“Sei tesa per il posto in cui stiamo andando o per le cose che ti ha detto quella giovane ibrida? Com’è che si chiamava?”.

“Amanda, e tanto per essere chiari io non sono…aspetta un po’, come fai a sapere del mio incontro con lei? Adesso ti metti pure a spiarmi?”.

Mason si fece una grassa risata ai danni della sua interlocutrice, che per risposta si concentrò nuovamente sulla guida, ignorandolo.

“Ma cosa vai a pensare? Non ti ho spiata e comunque non ce n’era nemmeno bisogno, in fondo mi è stato sufficiente leggere il precedente capitolo per capire tutto, certo che lei…era bruttina forte eh?”.

La leporide per tutta risposta all’affermazione della iena inchiodò la vettura e dato che il predatore si era premurato di non fare il tremendo sforzo di allacciarsi le cinture di sicurezza venne letteralmente sbalzato di schiena contro il parabrezza per poi atterrare sul cruscotto.

“Ma dico, sei diventata matta? Se avessi battuto di testa…”.

“Magari, sarebbe la volta buona che diventi normale, o se non altro si spera un po’ meno idiota, ma i miracoli a quanto pare non esistono!”.

Si era messa ad urlare agitando le braccia nel mentre che lo riprendeva per l’ennesima boiata con cui se n’era uscito, segno che aveva perso la pazienza e che quindi non era il caso di stuzzicarla oltre, dopo qualche secondo la preda tirò un lungo sospiro per poi posare pesantemente la fronte sul volante, facendo partire un colpo di clacson.

“Che diavolo sto facendo Mason?”.

Il predatore si rimise quindi seduto al posto del passeggero, sembrava che improvvisamente lei avesse perso tutta la determinazione che fino ad un attimo prima aveva nel portare a termine la sua ricerca, lui la voleva sinceramente aiutare ma non poteva scegliere cosa fosse giusto per lei, per cui per ora si limitò ad indagare su cosa la tormentasse.

“Stai…aiutando la tua famiglia?”.

“Non ne sono più così certa, insomma, mi sto avventurando in uno dei posti più pericolosi che esistano sulla terra per trovare qualcosa di cui non sono nemmeno sicura se esista o meno, sono irresponsabile da far schifo”.

“Ehi”.

Senza spostare la testa dal volante la lepre si limitò a voltarsi, fino ad osservare la iena che aveva di fianco.

“La scelta è solo tua, che vuoi fare?”.

Anche per il fatto che era convinta che il suo vecchio mentore l’avrebbe incoraggiata a proseguire Jessica ci rimase male non appena le venne fatta quella domanda, non se l’aspettava e ne venne colta completamente alla sprovvista, tuttavia sapeva cosa era giusto fare, sollevò la testa dal volante e rimise in moto l’auto.

“Voglio tornare a casa”.

Il predatore la osservò mentre inseriva la retromarcia, probabilmente per fare manovra e tornare da dove erano venuti.

“Tuttavia…se c’è anche solo una possibilità che in quei laboratori vi sia qualcosa che può aiutare i miei figli, allora io devo andare a vedere, nonostante il pericolo”.

Con la stessa rapidità con cui aveva inserito la retro ritornò sui suoi passi mettendo la prima per poi accelerare e riprendere il viaggio verso la sua meta originale.

“Io non scappo, non ancora, non di nuovo, stavolta andrò fino in fondo alla faccenda, dovessi rimetterci la pelliccia”.

Era quella la risposta che si aspettava dalla sua pupilla nonché miglior allieva di sempre, soprattutto perché era stata l’unica, d'altronde non ci aveva certo passato assieme un anno intero ad addestrarla e altri quattro di missioni di vario tipo solo per poi vederla mollare alla prima difficoltà, certo poi l’aveva abbandonata per quindici anni senza dare nessuna spiegazione su dove sarebbe andato facendosi credere morto da praticamente chiunque, ma la missione era prioritaria e soprattutto con lui tra i piedi la sua piccola protetta non avrebbe mai trovato il suo posto all’interno del NID, cavolo poteva dire di essere persino orgoglioso, stava per esternare tutta la sua gioia per lei quando improvvisamente la preda inchiodò nuovamente la vettura, e dato che anche stavolta lui non si era minimamente preoccupato di allacciarsi la cintura si ritrovò nuovamente spalmato contro il parabrezza.

“Ok tesoro, ora inizio seriamente a pensare che mi vuoi accoppare”.

“Preferivi che mi schiantavo?”.

La lepre indicò davanti a lei, nel frattempo Mason si era rimesso seduto al suo posto, osservando il grosso albero che era crollato proprio in mezzo alla strada, impedendo il passaggio dell’auto.

“Uau, il tronco sarà largo un metro, come ha fatto a cadere una pianta del genere?”.

I due mammiferi scesero dall’auto per osservare la pianta, la base era stata tagliata di netto ed a giudicare dal ceppo era stato fatto pure di recente.

“Qualcuno lo ha tagliato”.

“Questo non cambia nulla, non ho intenzione di tornare indietro proprio ora, continuiamo a piedi”.

Dopo aver perso completamente interesse verso la pianta, la lepre aprì il bagagliaio da cui tirò fuori il borsone da viaggio che gli aveva fornito qualche ora prima Josh alla libreria Goldberg, già allora aveva notato la tuta di protezione NBC ed il contatore geiger al suo interno, il dispositivo per la misurazione delle radiazioni lo avevano già tirato fuori in precedenza, ora le interessava soltanto indossare la tuta per essere sicura di correre meno rischi possibili, nonostante fosse a conoscenza del fatto che in certi punti ci stavano zone talmente contaminate che l’avrebbero uccisa all’istante anche con la massima protezione possibile.
Cominciò ad infilarcisi dentro, era di un modello anche abbastanza recente formato da un pezzo integrale di un qualche materiale simile alla plastica completamente giallo, non sembrava essere stata fatta specificatamente per un leporide quindi non aveva lo spazio per le sue lunghe orecchie, avrebbe dovuto tenerle fastidiosamente abbassate per tutto il tempo dentro la tuta, l’unica parte esposta era quella del volto, che doveva venire coperto da una maschera antigas con filtri speciali per tenere lontano dalle vie respiratorie eventuali particelle radioattive, stava per mettersi quest’ultima prima che decidesse di voltarsi verso il predatore che la osservava curioso.

“Non avevo in previsione di venire accompagnata, non ce l’ho per te”.

“Non preoccuparti, non sarà di certo questo posto…ad uccidermi”.

La lentezza con cui aveva terminato la frase e la serietà con cui l’aveva pronunciata unita al fatto che aveva cercato in ogni modo di evitare il suo sguardo non fece altro che preoccupare di più la lepre, che si fermò proprio mentre stava per indossare la maschera.

“Che vuoi dire?”.

“Faresti meglio a sbrigarti, hai già perso fin troppo tempo”.

Con quest’ultima frase la iena gli fece capire chiaro e tondo che non sarebbe andato a fondo della questione e comunque aveva ragione, questa sua ricerca personale le aveva già fatto perdere fin troppo tempo e man mano che quest’ultimo passava sentiva sempre più forte il bisogno di ritornare a casa.
Non se ne stette quindi a rimuginarci troppo su ed ignorando il compagno si mise la maschera e cominciò ad incamminarsi lungo la strada che portava al paese, ci vollero si e no cinque minuti per arrivare all’ingresso di quest’ultimo, tra le fronde di un albero stava nascosto un cartello che probabilmente indicava l’inizio del centro abitato, Jessica vi si avvicinò per poi leggere quello che vi stava scritto.



Benvenuti a Goodsprings
Abitanti 5839



Tutto sommato, nonostante fossero passati ben ventisei anni dall’incidente che aveva reso il vicino abitato una vera e propria città fantasma, il cartello aveva retto bene la furia della natura, furia che a quanto pare aveva deciso di scatenarsi dapprima sulla carreggiata di asfalto, creando crepe che correvano da una parte all’altra della strada e da cui erano cresciuti veri e propri alberi, gli edifici non erano da meno, più di due decenni di completo abbandono li avevano resi pericolanti, alcuni tetti in legno avevano ceduto sotto il peso delle abbondanti nevicate invernali ed anche in quel caso la vegetazione la fece da padrona, reclamando il posto che le spettava di diritto, distruggendo pian piano tutto quello per cui ci erano voluti anni ad edificare, volenti o nolenti la natura si stava riprendendo tutto lo spazio che le era stato sottratto e non esisteva nulla che nessun mammifero potesse aver costruito in quel posto che potesse sottrarsi a tutto ciò.

Presa da una miriade di pensieri Jessica afferrò il contatore geiger provando a puntarlo un po’ ovunque, ottenendo il medesimo risultato in ogni caso salvo in una sola specifica direzione.

“Merda, il contatore non va…”.

“Sicura? Magari qua non c’è stata molta ricaduta”.

La lepre negò vigorosamente con la testolina, mostrando poi lo strumento al collega.

“Secondo i dati il muro è stato costruito a due chilometri di distanza dal raggio di ricaduta radioattiva minima, li abbiamo superati da un pezzo e per quanto poco qualcosa si dovrebbe rilevare, il problema è che le uniche radiazioni presenti…”.

Si fermò un attimo dal parlare per poi voltarsi verso il predatore puntandogli poi lo strumento contro, che cominciò ad emettere un suono, segno che cominciava a captare qualcosa, seppur debole e quasi irrilevante.

“…provengono da te!?”.

Mason si fermò ad osservarla per qualche secondo prima di darle la risposta che cercava, era da tanto che non la vedeva con quello sguardo al limite tra lo smarrito ed il stupito, roba che se fosse stata in un fumetto o un manga ci sarebbero stati tre enormi punti interrogativi fissi a fluttuare sulla sua testolina, a testimonianza del fatto che la poveretta non ci stava capendo più nulla di quello che accadeva li, tuttavia non fece a lungo scena muta, l’aveva già stuzzicata abbastanza per quella giornata ed era sicuro che fosse al limite di una crisi di nervi.

“Tranquilla è tutto ok, non comincerò a sparare raggi atomici dalla bocca e non credo nemmeno che diventerò verde ed alto due metri, è colpa di questo”.

Contemporaneamente alla fine della frase afferrò con una zampa una catenella che aveva al collo e che aveva tenuto nascosta sotto la maglia per tutto il tempo, se la tolse completamente mostrandola alla lepre, in fondo vi era attaccata una pietruzza semi lucida verdognola che sembrava quasi vetro, la lepre avvicinò ulteriormente il dispositivo, il livello di radiazioni nonostante fosse basso era comunque rilevabile.

“Che minchia è quella roba? E perché te ne vai in giro con sassi radioattivi”.

“Allora, prima di tutto non è un “sasso” si tratta di trinitite, è molto rara, l’ho fregata da un museo ad Emmeria, e non preoccuparti, è completamente sicura”.

Nonostante non sembrasse troppo convinta la lepre si fece comunque andare bene quella spiegazione, tuttavia quest’ultima ancora non svelava il motivo della totale mancanza di radiazioni nella zona, anche residue, comunque adesso aveva la certezza che il contatore funzionava, per cui decise di avviarsi verso il centro cittadino fintanto che risultasse sicuro.
Camminarono per cinque minuti buoni passando senza troppo interesse le prime abitazioni abbandonate, ma quando arrivarono al vero e proprio inizio del paese si resero conto entrambi delle condizioni in cui era, le strade che un tempo dovevano venire percorse da centinaia di persone ogni giorno ora versavano in un silenzio semplicemente agghiacciante ed il tutto aveva un che di surreale, nonostante la natura in quei ventisei anni avesse fatto il suo corso erano ancora ben visibili i segni dell’esodo che era stato messo in moto subito dopo l’incidente per abbandonare il paese, molte abitazioni avevano le porte spalancate, segno che era stato fatto il tutto in fretta e furia pur di scappare, disseminati sui marciapiedi ormai semi nascosti da muschio ed edera vi stavano oggetti d’uso comune probabilmente abbandonati dai proprietari perché troppo ingombranti o di nessuna utilità, dentro le case assieme alla sporcizia ed il degrado vi erano ancora tutti i mobili ed elettrodomestici esattamente come erano stati lasciati al momento della fuga, era una vera e propria città fantasma e per un attimo Jessica si sentì quasi in colpa a camminare li mentre chi ne aveva il diritto era stato costretto a trasferirsi per quello che inizialmente sembrava un breve periodo divenuto nel giro di poco una cosa permanente, quasi seimila persone si erano viste andare in fumo decenni, per alcuni forse intere generazioni, di sacrifici in pochissime ore.
Tuttavia l’interesse scemò ben presto, era lì per altri motivi che stare ad ammirare il paesaggio.

“Mentre venivamo qua hai detto di sapere dove si trova il laboratorio”.

Il predatore si volse verso la sua un tempo apprendista, la osservò per un attimo dentro quella scomoda tuta protettiva e gli venne quasi da ridere, tuttavia si trattenne dandole poi la risposta che voleva.

“Si, c’è un vecchio panificio vicino il centro, l’ingresso è nascosto li dentro”.

“Ci sei già stato? Anche dentro intendo”.

“No, è successo qualche mese prima dell’incidente che ha causato tutto questo casino, ero da poco entrato nel NID ed il mio istruttore aveva da fare una consegna nei laboratori, io attesi fuori finché non ritornò e poi ce ne andammo, non ci tornai più, fino ad ora”.

Per la lepre era già una buona cosa il fatto che Mason sapesse dove si trovava l’entrata, risparmiandole inutili perdite di tempo in altrettanto inutili ricerche, tuttavia il suo discorso le aveva messo un tarlo in testa che voleva togliersi, il predatore era stato il suo istruttore quando lei stessa entrò a far ufficialmente parte del NID alla giovane età di sedici anni, insegnandole tutto ciò che ora sapeva, ma si era sempre chiesta in effetti da dove o da chi avesse imparato lui, ed ora era venuto fuori che anche lui, proprio come lei, aveva avuto un mammifero che lo aveva seguito ed addestrato.

“Il tuo istruttore?”.

“Un caribù”.

“E com’era?”.

“Stoppaccioso”.

Jessica fermò quasi immediatamente la sua camminata, voltandosi verso il suo compagno e puntandogli inavvertitamente il contatore geiger contro, che iniziò ad emettere un debole segnale a causa della stessa collanina vista un attimo prima.

“Aspetta, non vorrai…non vorrai mica dirmi…che te lo sei mang…”.

Prima che potesse anche solo pensare di finire la frase il predatore la interruppe schioccando le dita per poi indicare un punto di fronte a loro, la lepre distolse in fretta lo sguardo per osservare curiosa cosa avesse attirato l’attenzione dell’altro, non appena se ne rese conto poté sentire un brivido salire lungo tutta la schiena mentre osservava una porzione di edifici distrutti, dai segni sembrava si fosse trattato di un incendio e pure parecchio grosso dato che aveva dato alle fiamme un intero quartiere, ma l’elemento più preoccupante era più che altro quello che aveva avviato il rogo in questione, la carcassa di un camion schiantata contro quello che un tempo doveva essere un distributore di benzina, la causa di tutto il putiferio che aveva portato all’abbandono del centro abitato, il ground zero della situazione.

“Siamo troppo vicini, noi non dovremmo trovarci qui”.

Quasi in preda al panico la lepre fece alcuni passi indietro, puntando il contatore geiger verso i resti carbonizzati della stazione di servizio, tuttavia lo strumento non rilevava nulla, si accertò più e più volte che fosse acceso e lo puntò pure verso il predatore per averne la certezza, avendone sempre esito positivo.

“Tutto questo…non è possibile, quello era il camion che trasportava le scorie dalla vecchia centrale nucleare dismessa, quello che in seguito all’incidente ha causato tutto questo, qui le radiazioni dovrebbero essere mortali, invece non c’è nulla”.

Lui si avvicinò ulteriormente per poi sedersi su un muretto li vicino ed osservare la lepre.

“Già, questo è quello che tutti pensano sia accaduto”.

Quest’ultima uscita della iena non piacque per nulla a Jessica, completamente incurate dei pericoli che ancora pensava ci fossero li nelle vicinanze, si tolse la maschera per poi lanciarla in direzione di Mason, il predatore non ebbe alcuna difficoltà a schivarla, spostandosi leggermente di lato, tuttavia non riuscì a fare altrettanto con la sua vecchia allieva, dopo averlo preso per la giacca lo tirò a forza giù dal muretto sul quale si era seduto per poi immobilizzarlo a terra mettendogli un piede sul petto.

“Ora basta con queste stronzate, dimmi quello che sai e vedi di farlo alla svelta!”.

Rimase quantomeno stupito dalla grinta con cui lo aveva atterrato, tuttavia si rese pure conto che era arrivata ad un limite che era rischioso farle superare, era più che evidente che aveva i nervi a fior di pelle e non ci teneva a vedere cosa avrebbe potuto fare se avesse continuato a recitare la farsa di quello che non ne sapeva nulla.

“È tutta una menzogna”.

Lentamente la lepre spostò il piede dal predatore, permettendogli di alzarsi dal manto stradale per poi tornare a sedersi nel medesimo punto in cui si trovava un attimo prima che lei lo scagliasse a terra, lo osservò per tutto il tempo in silenzio, attendendo che proseguisse con la spiegazione.

“Quando i laboratori vennero costruiti, cinquant’anni fa, Goodsprings ancora non esisteva, si trovano sottoterra ma alcuni edifici dovevano necessariamente stare in superfice e cominciarono ad attirare attenzioni non volute, per cui ebbero l’idea di edificarci attorno un paese, Goodsprings appunto”.

“Il modo migliore di nascondersi, mettendosi in bella vista”.

“Esatto, ma la cosa poteva funzionare finché ad abitare il paese erano quelli che ci lavoravano dentro ed al massimo le loro famiglie, ma in breve tempo la crescita di Zootropolis attirò sempre più gente, era il periodo in cui vennero ultimati i primi distretti climatici, tutti volevano iniziare una nuova vita nella città delle meraviglie, tuttavia la mole di persone in arrivo era così enorme che nella città in espansione non ci potevano letteralmente stare, per cui molti si spostarono nei vicini paesi, ci fu un boom demografico mica da scherzo in quegli anni, e Goodsprings, sebbene molto meno, ne risentì”.

“Quindi, mi staresti dicendo che…”.

“Si, l’aumento della popolazione stava rendendo sempre più difficili gli spostamenti del personale dei laboratori, dovevano trovare un rimedio e la chiusura della vecchia centrale nucleare in favore delle dighe di Meadowlands e gli impianti eolici a Marshlands gli diede un’occasione d’oro che sfruttarono all’istante, inscenarono l’incidente con un camion che non trasportava nulla e con la scusa del pericolo radioattivo sgomberarono una zona di sessanta chilometri di diametro attorno la cittadina, costruirono pure un emettitore di radiazioni, non nocive ma abbastanza da far impazzire i contatori geiger di eventuali curiosi, infine tirarono su il muro attorno per rendere il tutto ancora più credibile, e questo sistema continua a funzionare.

Nel frattempo che ascoltava la spiegazione Jessica aveva iniziato a spogliarsi della scomoda quanto inutile protezione NBC, non appena riuscì a tirarci fuori la testa la prima cosa che si premurò di fare fu di sollevare le lunghe orecchie, finalmente libere di muoversi, e massaggiarle delicatamente all’attaccatura, le aveva tenute in quella scomoda posizione per relativamente poco ma dato che come quelle di tutti i leporidi erano estremamente sensibili era più che bastato per darle un discreto fastidio.

“Quindi se ora non rileviamo alcun tipo di radiazione vuol dire che i laboratori sono chiusi, sono stati abbandonati tempo fa?”.

“No, invece, sono ancora attivi, infatti non riesco a capacitarmi del fatto che siamo arrivati fino a qui, da protocollo avrebbero dovuto attivare l’emettitore nell’istante in cui abbiamo varcato il posto di blocco, se comunque ci fossimo avvicinato troppo la sicurezza ci avrebbe arrestati e scortati all’interno per tenerci sotto custodia fino all’arrivo di un ufficiale superiore del NID, per una cosa del genere potrebbero addirittura scomodare Gomphos”.

Nel mentre si volse verso un edificio diroccato li vicino, quello che aveva tutta l’aria di essere un vecchio panificio, lo osservò per qualche secondo ed anche Jessica vi posò lo sguardo, seguendo il suo.

“L’entrata è li?”.

“Si, per lo meno quella pedonale, non ho idea dove sia quella carrabile”.

“Andrà più che bene”.

L’interno dell’edificio in questione non aveva nulla di diverso da tutti gli altri che avevano visto lungo la strada, alla vista risultava completamente abbandonato a se stesso e qualunque superficie era coperta da diversi strati di polvere, incluso il pavimento, era difficile pensare che qualcuno davvero passasse da li, tuttavia dopo poche ricerche Mason trovò l’entrata, nascosta dietro una falsa parete in fondo ad un corridoio, proprio come quella dei laboratori di Shady Sands dove era stato fino a quella mattina, pure qua la porta d’ingresso era corazzata, di fianco ci stava un interfono con annesso tastierino numerico, probabilmente su cui inserire il codice per aprirla, ed appena sopra la porta una videocamera a circuito chiuso attiva e funzionante.

“Ehi!”.

Jessica arrivò fin davanti la porta, agitando le braccia davanti la telecamera e mettendo in bella mostra il suo distintivo del NID.

“Sono l’agente operativo Jessica Schrader, numero di matricola NCC-74656-7D9, chiedo il permesso di entrare per questioni urgenti di sicurezza nazionale”.

Stettero in attesa entrambi per una decina di secondi, la telecamera continuava a fissarli e l’interfono non dava segni di vita.

“È normale?”.

“No, a quest’ora dovevamo già essere circondati e con un paio di manette, qualcosa non va…”.

Provò nuovamente, stavolta pure schiacciando tasti a caso sul tastierino nella speranza di attirare in qualche modo l’attenzione, nulla.

“Fatti da parte cara, ci penso io”.

Mollato a terra il borsone il predatore si avvicinò al tastierino, cominciando ad inserire combinazioni di numeri secondo una logica che conosceva solo lui e ricevendo ogni volta un suono acuto che faceva intendere di aver utilizzato una sequenza errata.

“Mettiti pure comoda, qua ne avremo per ore”.

Non si era neppure girato verso di lei mentre gli diceva quello, preferendo non perdere tempo e continuando ad inserire numeri su numeri, nel frattempo la sentiva che trafficava con qualcosa dentro il borsone che si erano trascinati dietro per tutto il tempo ed in cui un attimo prima aveva riposto la tuta NBC.

“Ok, credo di aver capito la prima sequenza, se siamo fortunati fra cinque ore saremo a metà dell’ope…”.

Senza che riuscisse a terminare la frase la lepre gli batté qualcosa vicino a lui sulla porta, il predatore si volse e notò un blocchetto di C4 appiccicato in corrispondenza dei cardini inferiori, quelli superiori invece erano troppo in alto per lei, quindi ne passò un altro a lui, che sistemò in maniera speculare a quello sotto, piazzandone poi altri simili in determinati punti critici.

“Porta pazienza, tesoro, ma io non ho tutto il giorno”.

“Vuoi veramente far esplodere una porta blindata di una struttura di proprietà del governo solo perché non ti fanno entrare”.

“Beh, siamo agenti operativi del NID e qui dento sembrano avere un problema, è nostro dovere indagare ed assicurarci che sia tutto nella norma, con…ogni…mezzo!”.

Collegati i detonatori si allontanarono quel tanto che bastava per girare l’angolo del corridoio, a quel punto la lepre prese il telecomando e fece una cosa che aveva sempre sognato di fare e che per un motivo o per un altro non ne aveva mai avuto l’occasione.

“FUOCO IN BUCA!!!”.

La detonazione fece tremare le pareti in cemento armato del edificio e volare frammenti di muro fin oltre l’angolo del corridoio, era stata a dir poco esagerata in confronto alle dimensioni della porta, tuttavia non aveva spesso l’occasione di trafficare col platico, solo Dio sapeva quanto aveva bisogno di svagarsi ed era da un pezzo che sognava di far esplodere qualcosa, non appena la polvere si diradò abbastanza da riuscire a vedere oltre uscì dalla copertura, saltellando euforica.

“Siii, che figata, devo farlo più spesso!!!”.

Mentre la lepre osservava entusiasta la devastazione che aveva causato, Mason arrivò fin dove prima si trovava la fu porta blindata, che ora si trovava tre metri più distante della sua sede originale, l’esplosione era stata abbastanza potente da piegarla e scagliarla conto la porta dell’ascensore che stava dall’altra parte, rendendolo quasi sicuramente inutilizzabile, dopo poco sopraggiunse anche la leporide ad osservare la sua opera d’arte, il predatore le picchiettò la testolina per attirare la sua attenzione.

“Pensa che ridere se ora viene fuori che avevano solo l’interfono rotto”.

La preda si limitò ad annusare l’aria, per poi negare vistosamente con la testa.

“Ne dubito, anzi mi stupisce che non lo hai sentito, eppure te come predatore dovresti avere un olfatto migliore del mio”.

La iena si sentì colpita nell’orgoglio, tuttavia aveva ragione, prima di aprire la porta non se n’era accorto, prese un respiro profondo annusando l’aria per poi analizzare tutti gli odori presenti.

“C’è stato uno scontro a fuoco qua dentro, ma solo all’interno, chiunque sia stato lo hanno fatto entrare, come hai fatto a sentirlo dall’esterno?”.

“Perché adoro il profumo della cordite, è…inebriante”.

Ignorandola completamente Mason la superò, davanti a loro vi erano il sopracitato ascensore ormai reso inutilizzabile dalla detonazione ed una rampa di scale, entrambi portavano verso il basso, nei piani interrati dei laboratori di Goodsprings, ormai erano lì, qualunque cosa vi avessero trovato l’avrebbero affrontata e sarebbero andati in fondo alla faccenda.









Note

Finalmente ce l’ho fatta, ho fatto una fatica bestia a finire questo capitolo principalmente a causa del brutto periodo che stiamo tutti vivendo e che ha ridotto al minimo il tempo a cui posso dedicare i miei hobby, tra cui appunto lo scrivere, ma ora sembra che finalmente mi sta venendo concesso un po’ di tempo (soprattutto per rifiatare, grazie a Dio) per cui ho deciso di portare avanti questa long, che era ferma da veramente troppo tempo, il prossimo aggiornamento invece sarà per Sogni infranti, e mi dispiace dirlo, ma li mi toccherà fare una modifica al rating, dal prossimo capitolo infatti la storia passerà al rosso, ma in fin dei conti l’ho sempre saputo che prima o poi sarebbe accaduto.

Prima di concludere un paio di cose, come sempre ci tengo a far sapere da dove prendo le informazioni per le mie storie, e qui in particolare parlo delle altezze delle mura climatiche tanto caratteristiche della città dove ognuno può essere quello che vuole, non me le sono inventate io ma c’è stata della gente che ne ha calcolato le misure dalle immagini del film, ecco spiegato qui tutto in dettaglio.

Qui vi lascio il link in cui ho trovato le informazioni riguardo le altezze delle mura climatiche. CLICCA QUI

Se non avete voglia di leggervi tutto mi limito a mettere le immagini che hanno usato per estrapolare le misure, che da quanto ho capito hanno preso come primo riferimento l’altezza di Judy ma non so dove l’abbiano trovata, immagino che l’hanno misurata basandosi su quella di Nick dato che la sua è conosciuta visto che stava scritto nel modulo d’iscrizione dell’accademia (quattro piedi, equivalenti ad un metro e venti)














Ultima cosa, credevate che avevo finito? Per niente, come ho fatto precedentemente vi volevo consigliare una storia per la lettura, si tratta della storia "Il club delle principesse: emancipazione e sbudellamenti", dell’autore "Dromeosauro394" e diciamocelo, l'ultima cosa che mi metterei a leggere io è una fan fiction sulle principesse Disney, ma diciamo che già il titolo mi ha fatto capire che non era esattamente quello che uno si potrebbe aspettare, consigliata vivamente.

Come sempre ringrazio di cuore Redferne (per quanto riguarda te vedrò di recuperare il prima possibile i tuoi capitoli, sono indietro da morire) ed EnZo89 per le loro recensioni al precedente capitolo, e si, anche voi che non vi degnate di scrivere una parola nemmeno sotto tortura, vabbè dai, vi voglio bene comunque ;-)

Alla prossima
Davide

5467 parole
   
 
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