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Autore: Viking86    06/01/2021    2 recensioni
Rachel è entrata nella vita di Chloe nel suo momento più buio. Chloe è entrata in quella di Rachel giusto in tempo per sostenerla quando il suo mondo è crollato. Il loro rapporto è forte, intenso, forgiato nel fuoco della sofferenza e potrebbe davvero salvare entrambe, o condannarle. Rachel è stato l'angelo di Chloe, ma anche il suo diavolo, così come Chloe è stata l'ancora di salvezza per Rachel e il suo più grande limite.
Life is Strange: Untold racconta la storia di Chloe e Rachel a partire dalla morte di William fino agli eventi di Life is Strange. Inizia subito dopo gli eventi di Before the Storm (con salti temporali indietro e avanti), ma ho fatto un lavoro di adattamento perché tutto corrispondesse il più possibile al canone originale.
Immersa nel contesto vitale di Arcadia Bay, la storia racconterà com'è nato il loro rapporto, come si è sviluppato e come la città e il mondo intorno a loro (sotto forma di coincidenze e altri personaggi, alcuni dei quali originali) abbia condotto a ciò che sappiamo (Dark Room).
Rachel e Chloe hanno avuto scelta o era destino?
Necessario aver giocato a BtS e LiS per poter cogliere i riferimenti (e i cambiamenti rispetto a BtS)
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Chloe Price, Mark Jefferson, Nathan Prescott, Rachel Amber
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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(NOTA: Ciao a te lettore. Voglio solo avvertirti che noterai presto delle differenze fra Before the Storm e quanto leggi, in particolare alcuni personaggi - pur avendo compiuto le stesse azioni ed avendo lo stesso ruolo narrativo - non sono gli stessi. Ti accorgerai di chi sono strada facendo. Il motivo di questi cambiamenti è perché ho voluto adattare tutto al canone di Life is Strange, così personaggi come Victoria, Taylor, Warren etc. che non avrebbero potuto esserci nel gioco prequel - per vari motivi - non ci sono o sono stati sostituiti con altri. Non preoccuparti però, ci saranno, solo più avanti, quando sarà il momento giusto ;-)
Buona lettura! )

All the devils are here

 
Throw back arms I love you
And I won't be bothering with mourning
It's crucial that you see the truth
When looking for yourself
Not useless observations
"All I Wanted"
Daughter
 
 
Faceva freddo, il vento pungeva il naso e agitava i suoi lunghi capelli biondi. Ma ne valeva la pena. Rachel corse in avanti, superando un grosso ramo caduto chissà quando sul sentiero. Poco più indietro suo padre camminava a passo costante, mai perdendola d'occhio. A sinistra del sentiero il terreno boscoso era in salita, mentre a destra, a pochissimi metri, c'era il dirupo. Il profumo di resina riempiva le narici di Rachel, il fruscio del vento fra i rami degli alberi coccolava il suo animo. Adorava le escursioni con suo padre, erano come piccole avventure e il Monte Hood era lo scenario perfetto. Stavano percorrendo il sentiero B, difficoltà media, che conduceva sulla cima del monte, ad una baita con belvedere da cui si vedevano tutte le vallate circostanti. Erano partiti al mattino presto e c'era il sole, ma si era rannuvolato nel corso della camminata. Ora il sole era velato da una coltre di panna montata. La montagna, in quel punto, era molto ripida, ma il sentiero saliva a zig zag, mantenendo una pendenza accettabile. Non era una sfida per Rachel, che decise di tagliare. Davanti a lei sporgevano alcuni massi ricoperti di muschio e aghi di pino, che creavano una breve parete rocciosa di circa tre metri. Rachel puntò l'avversario e lo affrontò di petto. Scovò i primi appigli con facilità e percorse il primo metro.
"Rachel che cosa fai?" la voce di James Amber era morbida, ma lievemente allarmata.
"Scalo la parete!" rispose Rachel mentre con lo sguardo indagava alla ricerca di nuovi appigli. Trovò una sporgenza a destra e vi si allungò.
“È pericoloso, torna giù. Usiamo il sentiero!"
"Rilassati Pà. La signorina Hillman ci ha fatto esercitare tutto l'inverno in palestra, ci ha anche spiegato che dobbiamo stare attenti agli appigli instabili, agli insetti e al muschio." Rachel percorse un altro mezzo metro. Le dita iniziavano a contrarsi, gli scarponcini da montagna che indossava non erano flessibili come le scarpe da ginnastica. Ma poteva farcela!
"Ok... stai attenta." James Amber si posizionò dietro di lei, pronto a prenderla in caso perdesse la presa. Rachel era aggrappata come una scimmia con la schiena all'altezza del viso di suo padre. A scuola avevano fatto delle gare a squadre, una specie di staffetta in cui bisognava recuperare una bandiera situata in un certo punto della parete, scendere, passarla al compagno successivo che avrebbe scalato fino ad un punto più elevato per lasciare la bandiera e tornare giù, passando il turno ad un altro compagno che avrebbe recuperato la bandiera, e così via, finché non si riusciva ad arrivare in cima. La squadra che per prima riusciva a posizionare la bandiera in cima e recuperarla senza cadere vinceva. La squadra di Rachel aveva vinto e lei era stata l'ultima giocatrice in gara. Le erano piaciute tantissimo le lezioni di scalata e meditava di chiedere a suo padre di iscriverla ad un corso estivo di climbing. Quella che stava scalando ora era niente per lei, tre miseri metri contro i dieci che aveva scalato a scuola.
L'ultimo metro fu un po' più impegnativo. C'era davvero differenza fra scalare una parete d'allenamento e una reale. Le dita facevano molto più male, Rachel poteva sentire i tendini del polso che iniziavano a scaldarsi. Soprattutto, questa volta non aveva l’imbracatura. Ma le mancava meno di un metro. Afferrò una radice, tirò un po' per assicurarsi che tenesse e iniziò a issarsi.
"Rachel?"
"Tutto bene papà! Ci sono quasi!"
"Ti aiuto?"
"NO!"
"Sii cauta tesoro..."
Rachel ringhiò, afferrò la radice con entrambe le mani e iniziò a salire. Appoggiò i gomiti sulla superficie piana, dove il sentiero ricominciava. Con i piedi andò a tentoni in cerca di un appiglio. Ne trovò uno, ci si pesò sopra per testarlo. Reggeva! Con uno sbuffo si diede lo slancio e rotolò sul sentiero, superando la sua prima scalata reale. Non una gran cosa, lo sapeva. Ma le era piaciuto. Aveva vinto lei!
"Bravissima tesoro!" James percorse il sentiero, mettendoci un minuto a raggiungere la figlia, che nel frattempo si era rimessa in piedi, si era spolverata i pantaloni e la giacca azzurra imbottita ed aveva assunto una posizione trionfale. Gli occhi socchiusi e volutamente altezzosi, colmi di vanto per l'impresa appena compiuta.
"Visto Pà? Posso scalare! Pensa cosa potrei fare con corde e imbracature!"
James la raggiunse con un sorriso fiero e amorevole.
"L'estate è ancora lontana, vedremo quando finirà la scuola come saranno i tuoi voti e ci penseremo" ammiccò.
"Ovviamente saranno ottimi!" Rachel mise i pugni sui fianchi e divaricò leggermente le gambe piantandosi al suolo.
"Ti credo, ma crederò ancora di più quando li vedrò scritti sulla pagella."
"Uffa!" mentre suo padre la raggiungeva, Rachel lo superò di nuovo ad ampie falcate, sbattendo i piedi ad ogni passo e marciando con movimenti plateali e sbuffanti. James rise e anche lei. La scalata l'aveva un po' stancata, quindi decise di seguire il sentiero per il resto del tragitto.
Mancava ancora mezz'ora alla meta, quando iniziò a piovere. Nel giro di pochi minuti diluviava e il sentiero di terra battuta stava diventando fangoso.
"Rachel, dobbiamo tornare indietro. Più avanti c'è una salita ripida e con questo tempo è pericoloso."
"Ma siamo quasi arrivati papà!"
"Rachel, questa volta sono serio, ubbidisci."
La bimba sospirò, si passò una mano fra i capelli biondi: "Va beeeene...."
Delusa, ma fidandosi completamente di suo padre, fece dietrofront. Questa volta James le stava davanti, cercando per lei la strada più sicura. Rachel lo seguì disciplinata. Il sentiero a zig zag era stato molto più facile in salita di quanto non fosse ora in discesa. O forse era perché il terreno che stava diventando sempre più scivoloso. La pioggia cadeva ancora più forte e si sentivano dei tuoni. James borbottava qualcosa.
Improvvisamente ci fu un lampo, Rachel vide tutto bianco. Ci fu un secondo di completo silenzio, in cui zittirono pure i suoni della pioggia. Un tuono esplose come una bomba. Rachel sobbalzò, mise un piede in fallo e scivolò. Lanciò un grido di panico mentre franava contro suo padre, facendo cadere anche lui e superandolo. Rachel iniziò a gridare, sentiva le viscere salire verso l'alto mentre tentava di aggrapparsi al terreno fangoso, senza successo.
"RACHEEEL!" gridò James Amber.
La bambina ebbe giusto il tempo di realizzare che si trovava esattamente nel punto in cui aveva tagliato il sentiero scalando la sua prima, breve parete, prima di cadere oltre il bordo. Il tempo rallentò, Rachel rotolò contro qualcosa di duro. Sentì rumore di tessuto che si strappa, si trovò nel vuoto con il fiato che le mancava, finché vide il terreno a un palmo dal suo viso. Allungò le braccia e impattò contro una roccia.
CRACK!!
Rachel pensò di essere caduta su un ramo e di averlo spezzato col suo peso. Poi sentì formicolare il braccio sinistro. Perse sensibilità alla mano. Poi venne il dolore. Non aveva mai provato nulla del genere. L'avambraccio sembrava bruciare, sentiva qualcosa di strano dentro, come un corpo estraneo. Sporca di fango, iniziò a piangere e urlare. "
"PAPAAAAAAA'!! PAAAAAPAAAAAAAA!!!!"
"SONO QUI!" la sua voce!
"Sono qui Rachel! Sono qui amore!"
"I..iil bracciooooo!!" lamentò disperatamente Rachel in preda al pianto, con lacrime e moccio che le sporcavano il viso.
"Riesci a muoverlo?!" chiese James cercando di mantenere un tono calmo, mentre la pioggia batteva tutto intorno e un altro tuono esplodeva nel cielo.
"Nooooo!"
"Ok Rachel. Adesso devi essere una bambina coraggiosa. E tu lo sei vero? Sei una leoncina." Gli occhi azzurri di James si piantarono su quelli nocciola di Rachel. Ma lei non riusciva a pensare. Era troppo spaventata, sembrava che il temporale stesse distruggendo la montagna. Il vento abbatteva i rami degli alberi tutt'intorno e i tuoni si susseguivano con troppa frequenza.
"Rachel, guardami negli occhi." La voce di James fu ferma. Lei obbedì, incontrando le sue iridi azzurre.
"Tieni lo sguardo su di me, ok piccola?"
Lei annuì.
James si sincerò delle sue condizioni. Rachel piangeva disperatamente, ma tentava di tenere gli occhi sul volto concentrato di suo padre, i cui capelli neri erano fradici e cadevano sulla sua fronte, appiattiti contro il suo cranio.
"Bene Rachel, va tutto bene. Adesso ti prendo, tu devi solo lasciarti trasportare da me ok? Tieni il braccio che ti fa male vicino al corpo, così..." le mostrò come tenere il braccio sinistro accoccolato nel destro "come se stessi tenendo in braccio Buddy Bear, ok?"
Rachel annuì e tirò su col naso.
"Bene. Andrà tutto bene amore mio, te lo prometto."
Rachel si mise nella posizione che papà le aveva indicato e fu presa, cautamente, fra le sue forti braccia. Con una mano le teneva la testa dolcemente premuta contro il petto, mentre con l'altra la reggeva sotto il sedere. Iniziò a camminare, cautamente, lungo il sentiero. Il suo ritmo era irregolare, la pioggia fredda batteva contro la testa di Rachel, il dolore al braccio pulsava, come se glielo stessero tagliando. Piangeva disperatamente, cercava di contenersi, ma il dolore era troppo. Le sua urla lamentose e piangenti si mescolavano alla pioggia.
"Sono qui Rachel. Ti tengo..." sussurrò dolcemente James. Le diede un bacio sulla testa "Ti tengo tesoro. Ti tengo! Andrà bene!"
Rachel sentiva l'odore della pioggia, del fango, l'odore del tessuto del giubbotto di suo padre accentuato dall'umidità. L'aroma pungente del suo dopobarba... sapeva di...
Birra? E sigaretta??
Rachel alzò la testa per incontrare il volto di suo padre…
I suoi occhi marroni, i capelli fradici tirati all'indietro, incredibilmente ordinati. La barba curata spiccava sulla pelle pallida e sul volto scavato, il complesso tatuaggio tribale si arrampicava dalla destra del suo torace fino sul collo. I loro sguardi si incrociarono, le sopracciglia di Damon Merrick si corrugarono. Rachel continuava a piangere, mentre lui scoppiò a ridere. Una risata regolare, fredda, beffarda, senza nessuna gioia.
"Non ci credo!"
Rachel iniziò a sentire paura.
"Papà?"
"Rachel?" disse lui "Rachel Amber?"
"Papà?!"
"Il tuo paparino è un vero pezzo di merda lo sai?" una smorfia di disgusto apparve sulla sua bocca.
Ora Rachel aveva paura. La pioggia continuava a battere, il vento le feriva il viso e brividi di gelo le entravano nelle ossa. Si sentì di nuovo cadere. Papà l'aveva lasciata andare. Rachel impattò contro il suolo fangoso. Rotolò sul braccio e una scarica di dolore lancinante la attraversò in tutto il corpo. Rachel urlò. Pianse.
La lama uscì rapidamente com'era entrata, ma prima la sentì rigirarsi un po' nella carne. Non pioveva più, ma il sole era comunque velato. Non da nuvole, ma da una coltre di fumo che scaturiva da un vasto incendio, visibile in lontananza sulla cima delle montagne. Sentì una sensazione di umido e caldo allargarsi sulla metà sinistra del suo corpo. Sangue. Damon Merrick era davanti a lei, lo sguardo predatore puntato su di lei. Un filo di bava pendeva dal suo labbro. Rachel lo fissò terrorizzata, tenendosi il braccio e sentendolo diventare sempre più caldo, mentre brividi di freddo iniziavano a scuoterla. Perdeva sensibilità.
"Stupida puttana!" Damon si avvicinava a lei ad ampie falcate, brandendo il suo coltello da caccia. Per qualche motivo le venne in mente Rambo. I contorni della vista iniziarono ad annerirsi, le sembrava di essere più bassa. Si sentiva rimpicciolire, mentre una sagoma nera e alata solcava il cielo azzurro sopra di lei.
"Rachel!"
 
"Rachel??"
Una voce femminile. Sussurrava.

-

"Rach..."
Si sentì precipitare, la cinetosi la travolse e tutto divenne nero e silenzioso.
Sentì improvvisamente caldo, la ferita al braccio sinistro le faceva un male tremendo. Si sorprese a piangere, singhiozzava come un riflesso automatico. Era sudata fradicia. Riaprì gli occhi. Luce blu, stanza asettica. Erano stelle quelle sul soffitto? Era sdraiata su un materasso sottile, il braccio destro urtava contro una sponda di freddo metallo.
Prese un profondo respiro, mentre si riassestava nella realtà. Era in ospedale.
Alla sua sinistra, sdraiato sul letto, c'era qualcuno. Era Chloe.
"Sei sveglia?" la voce di Chloe era un sussurro teso.
"S...Si..." disse Rachel mentre si asciugava gli occhi e le guance con la mano destra. I singhiozzi erano cessati, ma il dolore al braccio neanche un po'.
Fuori dalla finestra era completamente buio.
"Che ore sono?" biascicò.
"Non lo so... forse le 2?" Chloe era sdraiata sul fianco destro, appoggiata sul gomito e la fissava. Tra i loro corpi c'erano diversi centimetri di spazio. Chloe sembrava tenere una sorta di distanza di sicurezza. Rachel sbadigliò.
"Brutti sogni?" chiese Chloe.
"Mh-Hm..." annuì Rachel.
La ragazza dal ciuffo blu le appoggiò una mano sulla fronte. Rachel accettò il suo tocco piacevolmente freddo. Lasciò che un po' di quella freschezza le si trasmettesse.
"Sei calda..." la voce di Chloe aveva qualche tacca di preoccupazione.
"No sei tu che sei fredda..."
"Questa la usano tutti, inventane un'altra..." scherzò.
"Mmmh..." Rachel pose la sua mano su quella di Chloe, premendola contro la sua fronte come per spremere le ultime tracce di freschezza prima che la temperatura si equilibrasse "Ho il cervello troppo fritto..." sospirò.
"Heh..." fu il massimo commento di Chloe. Sembrava che stesse per uscirle qualcos'altro, ma non disse nulla.
"Come mai sei ancora qui?" chiese con tono assonnato Rachel mentre Chloe staccava la mano.
"Mi sono addormentata. È stata... una lunga giornata..." Gli occhi blu della ragazza fecero una giravolta, come cercando termini più appropriati senza trovarne.
"Buona definizione!" decise Rachel sospirando.
La testa le pulsava un po', ma non faceva male. Si sforzava di tenere immobile il braccio, ma sentiva una fitta ritmica nel punto della ferita, che si estendeva fino alla spalla. Il suo viso doveva trasmettere quelle sensazioni in modo eloquente, perché Chloe la fissava preoccupata.
Anche lei non era messa meglio. Aveva un livido rossiccio sullo zigomo sinistro e il labbro inferiore un po' gonfio.
Rachel ricordò il suo racconto di qualche ora prima, in particolare la parte in cui Chloe affrontava Damon Merrick al Vecchio Mulino, lo aggrediva con un coltello per salvare Sera, solo per essere disarmata e presa a ceffoni e calci. Ringraziò l'universo e Frank per averla soccorsa prima che fosse troppo tardi.
Gli occhi di Rachel si riempirono di umidità.
“Mi dispiace… Chloe…. Mi dispiace…” disse con voce tremante.
Chloe la abbracciò cautamente, in una posizione scomoda, ma da cui Rachel tentò di trarre tutto il conforto che poteva.
“Chloe… perdonami…” continuò.
“Per che cosa?”
“Ti ho messa in pericolo… Damon poteva ucciderti…”
“Non l’ha fatto.”
“Ma avrebbe potuto… e sarebbe stata colpa mia…”
“Com’è che hai detto oggi? ‘Non ti libererai di me così facilmente!’ .” posò Chloe
Rachel fissò lo sguardo nei suoi occhi blu, fottutamente belli e accoglienti.
Il silenzio durò poco e i singhiozzi tornarono. Qualche lacrima scese di nuovo.
“E’ andato tutto a puttane Chloe… perché... io non…”
“Shhh….” Chloe strinse la mano sulla spalla destra di Rachel, che istintivamente chinò la testa verso di lei. Rachel si riempì dell'odore pungente di Chloe. L'odore della camicia di flanella, misto a polvere, misto a sudore con un lontano aroma di... lavanda. Quello strano miscuglio era incredibilmente confortante, così come la morbidezza della sua spalla e del tessuto. Nel silenzio notturno dell'ospedale rimase immobile. Avrebbe voluto accoccolarsi meglio e farsi avvolgere dall'affetto di Chloe, che intanto le accarezzava i capelli con le dita. Dolcemente.
"Io... lo odio..." la voce di Rachel era leggermente rauca.
"Mh..." Chloe annuì... aveva capito di chi parlasse.
"Voleva farla uccidere... non ci posso credere..." i muscoli delle spalle le si contrassero istintivamente, cosa di cui si pentì subito quando una fitta di dolore le esplose nel braccio provocandole una smorfia...
Le dita di Chloe continuavano a grattare dolcemente il suo cuoio capelluto.
"E... Sera..." continuò Rachel, tirando su col naso mentre sentiva arrivare nuovi singhiozzi "...perché non ha voluto incontrarmi? Non capisco..."
“Te l’ho detto… secondo lei tuo padre aveva ragione a proteggerti da lei… ti ha dato una vita che lei non avrebbe potuto darti... non voleva rovinartela...”
“Beh… ormai l’ha fatto!” commentò amaramente Rachel, raddrizzando la testa per guardare il soffitto illuminato di false stelle.
“Non è stata lei…” singhiozzò Chloe.
Rachel la fissò con sguardo interrogativo.
“Sono stata io… ho rovinato tutto... Ti ho rovinato la vita… Da quando ci conosciamo non ho fatto che incasinarti..."
“Stai zitta…”
“E’ così…. Rachel… avevi una vita perfetta… dei sogni… ho distrutto tutto… Non sono nemmeno riuscita a convincere tua madre a incontrarti...” ora Chloe piangeva. Singhiozzi trattenuti a stento, lacrime che rigavano le guance. "Le ho detto che non aveva senso… che meritavi di vederla… che lei meritava di vederti… ma non ha voluto.." Le due ragazze rimasero strette l’una all’altra, Rachel appoggiò la fronte a quella di Chloe.
“Mi ha chiesto di mentirti…." continuò Chloe "Ma non potevo farlo. Ci ho pensato mentre venivo qui… ci ho davvero riflettuto… e quello che ha detto Sera non aveva senso, cazzo! Tu meritavi la verità. Ma meritavi anche una vita migliore, l’amore della tua famiglia… Ho mandato tutto a puttane... Volevo che sapessi la verità, ma… non potevo…”
“Chloe..." Rachel le mise l'indice sulle labbra, zittendola "Sono io che ho spiato i messaggi sul cellulare di mio padre. Io ti ho coinvolta in questa faccenda... sono stata io a chiederti di indagare. Io ti ho chiesto di dirmi la verità. Non è colpa tua. Se mio padre non avesse… se mi avesse permesso di incontrare mia madre… è uno stronzo… è lui che ha mandato tutto a puttane!”
“Ma…"
“Tu mi sei stata accanto, mi hai salvato la vita, hai scoperto la verità su di lui e me l’hai detta… ti sei quasi fatta ammazzare Chloe...”
Rachel allungò la mano destra e l’appoggiò sulla guancia di Chloe, che sussultò con l’adorabile imbarazzo che conosceva bene.
“Io non ti mentirei mai…”
“Sei l’unica…” Rachel continuò ad accarezzare il viso di Chloe nei pressi dell’occhio gonfio.
“E’ uno sporco lavoro! E comunque mi beccheresti!” Chloe sorrise asciugandosi le lacrime.
“Pfft!” ridacchiò Rachel per un momento e staccò la mano dal viso di Chloe.
Tornò a guardare il soffitto. Le luci della lampada stellare creavano una strana atmosfera. Era grata che Chloe fosse con lei. Forse, dopotutto, le cose non sarebbero andate male se fosse rimasta al suo fianco. Il silenzio era perturbato solo dal respiro di Chloe. Era calmante, ma non abbastanza da interrompere il suo flusso di pensieri.
“Non mi ha voluta… di nuovo” sputò Rachel. Le parole uscirono amare e gelide. Niente lacrime. Le aveva forse esaurite? Il dolore al braccio si stava finalmente placando un po’, ma il cuore faceva ancora male.
“Non mi vuole… lei non mi vuole…” no, le lacrime non erano ancora finite.
“E’ una stronza. Non ti merita… fanculo anche lei!” disse Chloe mentre le massaggiava la spalla destra.
"Mi sei rimasta solo tu, Chloe." I loro occhi si incrociarono e per alcuni istanti rimasero connessi. Qualcosa passò tra di loro, come una scintilla. Rachel singhiozzò di nuovo.
"Sei andata per esclusione ma... lo prenderò per un complimento!" Chloe sogghignò.
"Pfffh..." Rachel ridacchiò, la sua espressione si illuminò. "Scema..."
"Totalmente e completamente!" si vantò Chloe "E pensare che è cominciato tutto con una bigiata da scuola…”
"E un incendio..."
"Già! Però la prima parte di quella giornata è stata bella. Dovremo rifarlo!"
"Anche incendiare le cose non è così male!"
"Ho giusto in mente un paio di obiettivi!"
Rachel ridacchiò "Beh… per prima cosa dovresti farmi evadere da qui.”
“Si può organizzare” sogghignò Chloe “La prossima volta che torna l’infermiera la stendo e le rubo i vestiti, poi tu ti fingi morta e io ti porto fuori. Tanto è la tua specialità no?!”
Rachel ridacchiò e quel suono scaldò il cuore di Chloe.
“Siamo già ai giochi di ruolo, Chloe Price?”
Chloe stava per dire qualcosa, ma si bloccò. Un lampo di comprensione la attraversò e sgranò gli occhi. Rachel sorrise fra sé e sé, osservando una vampata di calore invaderle le guance. Si sentì molto soddisfatta. Adorava stuzzicarla e vedere queste sue reazioni spontanee. Chloe era un libro aperto, almeno con lei. Bastava premere i pulsanti giusti e tutto accadeva. Era così adorabile!
“Uhm… beh… ho pensato… sei un’attrice. Dovrebbe piacerti quella merda no?!” posò goffamente Chloe.
Rachel sbuffò una risata metà delusa e metà divertita: “Cristo Chloe, sai proprio come rovinare l’atmosfera!” le diede un cauto pugno sulla spalla.
Le due scoppiarono a ridere. Il petto di Rachel era un po' più leggero. Sentiva il sonno aggrapparsi di nuovo alle sue palpebre. Sbadigliò come un gatto sonnolento.
"Proviamo a dormire?" assecondò Chloe.
"Buona idea..." Rachel si accoccolò come poteva vicino alla ragazza.
"Riposati, io farò un po' la guardia. Se arrivano altri incubi li prenderò a calci in culo."
Rachel sorrise e chiuse gli occhi, appoggiandosi al fianco di Chloe, il battito del suo cuore come ninna nanna.
 
******************
 
TCHCLAK!

Chloe si svegliò quando sentì la porta della stanza aprirsi.
La luce del sole filtrava attraverso le tende alle finestre, la luce soffusa e rosea dell’alba che si confondeva con quella ancora proiettata dalla lampada stellare. Un’infermiera bionda fece cautamente capolino nella stanza. Chloe fissò Rachel che dormiva ancora, con la mano destra abbarbicata a Chloe. L’infermiera, sul cui cartellino c’era scritto Marta Bright, fece un sorriso comprensivo e parlò sottovoce:
“Il dottore passerà fra mezzora per il controllo. Non dovrebbero esserci visite a quest’ora…” il sottinteso era che Chloe era stata lasciata dormire lì come eccezione. Lo sguardo di Martha si fece sorpreso e preoccupato incontrando il viso di Chloe, la quale per un riflesso intuitivo si toccò la guancia con la mano sinistra. L’occhio si era decisamene gonfiato e le sembrava di avere una pallina da golf al sapore di rame al posto del labbro inferiore. Quando si mosse sentì scricchiolare fastidiosamente le costole di sinistra.
“Posso andarmene quando arriva e tornare quando se ne va.” Propose Chloe cercando di sussurrare.
“Tesoro… ehm… quei lividi…” disse con un po’ di apprensione l’infermiera.
Chloe scosse il capo “Sto bene.”
Martha rimase in silenzio, squadrandola da cima a fondo senza nascondere l’espressione preoccupata, attraversata dal dubbio se insistere o meno. Decise di sorvolare.
“Capisco che le vuoi bene” indicò Rachel con un cenno del viso “ma non andrà da nessuna parte…” rinforzò con gentilezza.
Chloe aprì la bocca per replicare, ma i gemiti di Rachel che si stiracchiava la interruppero:
“Mmmhpfff…”  Rachel inarcò la schiena, una breve e acuta smorfia di dolore indicò una fitta al braccio ferito. Con movimenti più cauti la ragazza si strofinò gli occhi con la mano destra e si massaggiò la faccia, spostando dal viso la tenda di capelli biondi. “Che succede?” sbadigliò.
“Stavo dicendo che tra poco arriverà il dottore e che si arrabbierà se la trova qui. Vi rivedrete in orario di visita.” Disse Martha appoggiandosi al fondo del letto.
Rachel strisciò sulla schiena per sedersi e Chloe la aiutò spostandole il cuscino in modo più comodo. Ogni movimento era una fitta alle costole, anche respirare era un po’ fastidioso.
“E io le stavo dicendo che rimango…” disse Chloe con determinazione.
“Tranquilla Chloe. Vai pure.” Le guance di Rachel erano arrossate e gli occhi un po’ gonfi, sul viso le apparve un sorriso cupo. Un’ombra le attraversò la sua espressione quando la guardò in faccia e protese la mano sana verso la guancia di Chloe, accarezzandola delicatamente con i polpastrelli. Chloe poté vedere dell’umidità accumularsi negli occhi di Rachel…
Merda…. come cazzo sono conciata?!
“Sei sicura?” chiese Chloe con un tono più apprensivo di quanto volesse.
“Tornerai vero?” Gli occhi nocciola di Rachel puntarono quelli blu di Chloe. Il tono voleva essere neutro ma percepì un sottile, disperato desiderio.
“Ovvio!”
“Allora va tutto bene!” la bocca di Rachel sorrise, l’ombra rimase sul resto del viso. Probabilmente il sonno era stato ancora agitato.
Chloe le diede un bacio sulla guancia, particolarmente calda.
Si rimise in piedi. Ouch! Una fitta acuta le attraversò le costole e le provocò un istintivo accesso di tosse, che ad ogni colpo acutizzò il dolore. Si afferrò il fianco e cercò di ricomporsi e di respirare profondamente.
“Merda…” Rachel esclamò preoccupata e Chloe si maledisse per continuare a preoccuparla.
“Posso darti del ghiaccio…” offrì l’infermiera, Chloe rimase per un momento in un silenzio imbarazzato, poi annuì.
“Vado a prenderlo e torno…” continuò Martha, così da lasciare alle due un momento. Quando furono di nuovo sole Rachel parlò:
“Quel pezzo di merda…”
“Non farà più del male a nessuno Rach…” Chloe fece il girò del letto e le loro mani si congiunsero.
Lei annuì: “Si, l’hai accennato. Sono in debito con Frank…”
Chloe lo apprezzò molto. Era da tanto tempo che non si sentiva così importante per qualcuno, da quando suo padre… e Max….
Fanculo!
“Dovrei sentirlo… sapere se sta bene. Era ferito quando l’ho visto.” Disse Chloe.
“Ora l’unica cosa che devi fare è andare a casa e riposarti un po’.”
“Tornerò il prima possibile.”
“Chloe, prenditi cura di te. Io sono in ospedale, starò bene.”
“Ma non voglio…. lasciarti sola…”
“Penso che forse… un po’ di tempo da sola mi servirebbe…” disse Rachel con una certa solennità, poi la sua espressione si addolcì “E poi sai… hanno inventato una cosa chiamata telefono!” posò Rachel con un sorriso beffardo “Sono sicura che ne hai sentito parlare!”
“Pff” soffiò Chloe grattandosi la fronte. Un rantolo gorgogliante echeggiò dallo stomaco di Chloe, che sbarrò gli occhi per la sorpresa. Rachel la fissò e scoppiò in una risatina. Chloe restituì il sorriso. Era solo felice di vederla sorridere.
“Forse ti conviene mangiare qualcosa.”
In quel momento rientrò l’infermiera con un paio di confezioni di ghiaccio istantaneo in mano. Non disse niente, rimase semplicemente sulla soglia. Le ragazze la notarono.
“Ti scrivo presto!” disse Chloe grattandosi il ciuffo blu.
“Ti conviene!” Rachel ammiccò.
Chloe strinse un’ultima volta la mano morbida e calda di Rachel. Lei la strinse, il dolce contatto dilatò il tempo, finché si interruppe. Chloe avrebbe voluto baciarla con tutta sé stessa. Gli occhi di Rachel erano arrossati e aveva le occhiaie. I capelli scompigliati e la fronte sudata… ed era comunque sexy in quel pigiamino celeste! Voleva baciarla ma… non sembrava il momento giusto. Due sere prima si erano baciate in una serata completamente magica, al termine di una giornata surreale…
Un approccio frettoloso prima di andarsene, in presenza di un’estranea… a Chloe semplicemente non funzionava. O forse temeva che non funzionasse per Rachel? Magari quella sera si erano solo lasciate trasportare dall’euforia? Non era comunque il momento di pensarci…
Sul viso di Chloe si stampò un sorriso ebete, che Rachel le restituì in modo molto più… beh PIU’!
A malincuore, Chloe si allontanò e uscì dalla stanza. Fu accompagnata dall’infermiera fino alla reception, dove le porse i pacchetti di ghiaccio.
“Tienilo sul livido per dieci minuti, poi fai una pausa e quando senti la guancia riscaldarsi rimettilo. Fai così per un po’, il gonfiore e il dolore diminuiranno. Fai così anche sul fianco…” disse Martha mentre aggirava il banco della reception dirigendosi alla sua postazione.
“Grazie…” sospirò Chloe.
“E… ehm…” esordì timidamente Martha, cercando di trovare le parole “Non so… cosa sia successo di preciso a te e alla tua amica o… chi sia stato… ma se non l’hai già fatto dovresti denunciarlo.” Le parole le uscirono con un tono materno che Chloe tentò di apprezzare.
“Grazie, ma ha già avuto quello che si merita…” rispose criptica.
Martha esplorò la sua espressione con curiosità, ma poi si rese conto che non avrebbe ottenuto altro.
“Sappi solo che in ospedale c’è un centro di ascolto per quel… genere di casi…” aggiunse.
Chloe annuì, ringraziò di nuovo e si diresse verso l’ascensore. Passando attraverso la sala d’aspetto tirò un sospiro di sollievo nel non vedere gli Amber. Giunta nell’atrio, uscì dall’ospedale e fece rotta verso il suo pick-up. Il cielo era grigio. Le nuvole viaggiavano rapide, accumulandosi sopra Arcadia Bay. Chloe annusò l’umidità nell’aria e osservò le rondini volare basse, in cerca di rifugi. Un corvo gracchiò da qualche parte.
Nel tragitto attraverso il parcheggio prese il cellulare dalla tasca per controllare i messaggi. L’aveva distrattamente sentito vibrare la sera prima, ma l’aveva ignorato. Doveva esserci per Rachel.

[Joyce]
  • Chloe, torni a casa stasera?
  • Chloe rispondi per favore.
  • Stai bene?
  • Chloe sono preoccupata. Ti prego rispondi.
[David]
  •  Chloe, tua madre è preoccupata. Rispondile.
 
Chloe sospirò e affondò il volto nel palmo destro. Ahia! Fottuto livido, continuava a dimenticarselo!
“Che cazzo….”
Si prese qualche momento per riflettere sul da farsi. Prese un respiro profondo, sentendo uno strano odore oltre quello dell’umidità. Ci mise qualche momento a capire che era lei. Alzò un braccio e un afrore pungente le inondò le narici. Le servivano una doccia e un cambio di vestiti. Urgentemente!
Scrisse a sua madre.

[Chloe]
  •  Sto bene.
[Joyce]
  •  Meno male! Dove sei stata?
[Chloe]
  •  Ne parliamo dopo. Passo da casa.
[Joyce]
  •  Sono contenta. Chloe ti prego, rispondimi quando ti scrivo. Basta che mi dici che stai bene.
[Chloe]
  •  Ok
 
Chloe prefigurò l’accoglienza al suo ritorno a casa… Joyce le sarebbe corsa incontro in cerca di rassicurazioni e piena di domande, lo Stronzo Adottivo invece sarebbe rimasto sullo sfondo con le braccia incrociate a fissarla con disapprovazione, o peggio, avrebbe aperto la sua cazzo di fogna per darle qualche consiglio o tentare di fare il patrigno severo. La prima cosa che avrebbero notato entrambi sarebbero stati i lividi… in effetti non aveva ancora visto l’entità del danno!
Vicino alla portiera del guidatore, Chloe si chinò per guardarsi nel lurido specchietto retrovisore. Era piuttosto conciata ma pensava peggio! Lo zigomo sinistro era gonfio e arrossato, come se l’avesse punta un’ape. Anche il labbro inferiore era gonfio, ma non una tragedia, la parte peggiore era il fastidioso taglietto all’interno, che non riusciva a smettere di stuzzicare con la lingua. Le costole doloranti non erano visibili, ma immaginava di avere un livido anche lì. Chloe si rimise faticosamente eretta. Guardò per aria sospirando e chiudendo gli occhi.
Ffffffanculo…
Montò sul pick-up, prese una confezione di ghiaccio istantaneo e la accartocciò. Mentre aspettava i trenta secondi indicati perché si raffreddasse si accese una sigaretta. Merda… mi servirebbe la mia riserva ora… maledetto Justin! Prese una profonda e avida boccata di fumo tenendo la sigaretta con la destra, mentre con la sinistra si appoggiava il ghiaccio sul viso. Tentò di accomodarsi quanto poteva sul sedile irregolare. Il freddo sul viso le diede una sensazione mista di ristoro e fastidio, penetrò rapidamente nella zona gonfia e la pelle iniziò a bruciacchiarle. Poi perse sensibilità e rimase solo la sensazione di fresco. Prese un altro tiro dalla sigaretta, mentre lo sguardo si perdeva nel parcheggio dell’ospedale.
Si rese improvvisamente conto che quello era il primo momento negli ultimi tre giorni in cui era veramente sola e con nulla da fare. Niente Blackwell, niente “missioni” da svolgere. La stanchezza accumulata la raggiunse tutta insieme, come se la breve notte di sonno fosse stata inutile. In effetti... Dopo la sfuriata contro i suoi genitori Rachel aveva pianto per un’ora. Chloe era rimasta con lei, abbracciandola, confortandola, ascoltandola mentre sfogava la sua disperazione. Poi si era spenta, si era messa su un fianco e le aveva chiesto di raggiungerla sul letto. Era già mezzanotte passata, il profumo dello shampoo floreale di Rachel era l’ultima cosa che ricordava prima del risveglio nel cuore della notte. Il fumo della sigaretta stava ripulendo un po’ di colla dalle sue palpebre.
Anche la fame contribuiva a farla sentire abbastanza a disagio da non rischiare di addormentarsi. L’intero menù del Two Whales le scorreva nella mente e con pavloviano riflesso un mare di saliva le riempì la bocca.
Lo sguardo le cadde sul posto del passeggero. C’era ancora la chiazza di sangue rappreso di Rachel sulla bandiera pirata con cui aveva coperto il sedile. Un brivido le corse lungo la schiena.
Chloe ripensò agli eventi del giorno prima e le venne in mente che James Amber, ormai, doveva aver scoperto cos’era accaduto nel suo ufficio. Probabilmente Eliot avrebbe passato dei guai per la sua effrazione. Sperava che non facesse la spia su di lei, ma quante probabilità c’erano? Un po’ le dispiaceva averlo abbandonato, ma vaffanculo! Qualunque cosa lui provasse o ci fosse stato tra loro in passato, si era comportato da maniaco… Non poteva comunque fare a meno di sentirsi triste anche per questo.
Tanto ormai, motivo più motivo meno…
Frank!
Doveva assolutamente chiamare Frank, sapere se stesse bene. Le aveva fottutamente salvato la vita, due volte.
Appoggiò la sigaretta sul cruscotto e prese il cellulare, il vecchissimo modello violetto, pieno di stickers e disegni che aveva fatto con Max…

[Chloe]
  • Hey Frank. Stai bene? Sei vivo?
Inviò.
Attese.
Nessuna risposta.
Attese un minuto. Niente.
Due minuti. Zero.

Chloe riprese la sigaretta e sbuffò un’altra nuvola di fumo, mentre staccava il ghiaccio dal viso per fare una pausa. Frank avrebbe risposto prima o poi… era mattina presto, forse dormiva. Chloe era in ansia. Nel giro di pochi secondi sentì il calore della circolazione riempirle la guancia e contrastare il freddo, riportando sensibilità nella zona. Si sentiva effettivamente un po’ meglio, ma avrebbe dovuto ripetere quell’operazione almeno qualche volta.
Frank risponderà quando potrà farlo… Sera ha detto che si era occupato di Damon, questo vuol dire che è vivo. Giusto? Si, per forza. Frank risponderà. Se no gli riscrivo… o lo andrò a cercare…
Chloe prese un profondo respiro. Prese l’ultimo tiro dalla sigaretta raggiungendo quasi il filtro, la spense strisciandola distrattamente sul cruscotto e la gettò dal finestrino. Riposizionò il ghiaccio sulla guancia e lasciandosi cullare dal freddo, si fece di nuovo trasportare dai suoi pensieri.
Rachel…

Sentiva uno sciame di farfalle nello stomaco, il cuore le batteva più forte pensando a lei. Si erano separate da pochissimo e ne sentiva già la mancanza. Guardò di nuovo la macchia di sangue. La prospettiva di perderla aveva improvvisamente reso chiara l’intensità dei suoi sentimenti per lei… Ricordava di aver provato qualcosa di molto simile quando era morto suo padre e quando Max aveva traslocato. Quel senso di vuoto, la voragine che sentiva nel cuore, nella pancia… dappertutto. Non si era più colmato fino a… non riusciva a trovare un momento esatto degli ultimi sette mesi in cui aveva frequentato Rachel. Il concerto dei Firewalk forse? Da quella sera pazzesca a inizio febbraio aveva iniziato a sentire che qualcosa era cambiato tra loro… almeno da parte sua. Era così innamorarsi? Non lo sapeva perché non le era mai successo, ma di sicuro questo era fottutamente intenso. Era come se lei e Rachel si conoscessero da sempre. Si sentiva letta come un libro quando era con Rachel, si sentiva capita e in qualche maniera sentiva di poterla capire. Soprattutto adesso, che la vita di Rachel era incasinata quanto, se non più della sua!

“Eppure, reciti la parte della dura tutti i giorni!”
gli occhi furbi di Rachel…
il suo sorriso subdolo.
Stronza!

Chloe sorrise teneramente pensando a quella frase che le aveva detto a Culmination Park. Che ora non esisteva più perché Rachel gli aveva dato fuoco… ok era stato un incidente, ma Chloe non avrebbe mai dimenticato.
Si massaggiò la fronte. Iniziò a respirare con un po’ di affanno. Si chiese improvvisamente come faceva ad essere ancora viva. La consapevolezza di aver rischiato la vita diverse volte in quei giorni la riempì di orrore.
La quercia divampava davanti a lei, lingue di fuoco si propagavano.
La lama del coltello da caccia di Damon luccicava davanti agli occhi alla discarica, si conficcava nel braccio di Rachel e ne usciva con uno strappo e uno schizzo di sangue.
Quello stesso coltello sventolato contro la sua faccia.
La stretta d’acciaio di quello stronzo psicopatico la immobilizzava, mentre le puntava una siringa carica di eroina alla gola…
Se non fosse stato per Sera… Chloe fece un lungo e profondo respiro, cercando di calmarsi.
È finita, è passata… ora sei qui al sicuro… sei nel pick-up con del ghiaccio in faccia. Sei viva. Damon è morto. Rachel è viva… va tutto bene!
Ma non sarebbe andato tutto bene. Cosa avrebbe fatto James Amber ora? Raccontando la verità a Rachel aveva distrutto la sua famiglia perfetta. Come minimo l’avrebbe odiata, ed era il Procuratore Distrettuale. Come spesso si era trovata a fare negli ultimi due anni, Chloe decise di accendersi una nuova sigaretta e aspettare che la situazione peggiorasse. Ormai era abituata alle escalation negative. L’unica cosa positiva era Rachel… l’unica cui sapeva di potersi aggrappare. Anche se lei non sembrava darle colpe, Chloe non poteva fare a meno di chiedersi se avesse fatto bene a rivelarle la verità. Rachel sembrava così triste, così ferita e distrutta. Certo, non poteva essere altrimenti, date le circostanze.
Eppure…
 
-
 
Dopo una quarantina di minuti, Chloe prese l’ultima curva e imboccò il viale che l’avrebbe condotta a casa. Aveva guidato cercando di essere più prudente possibile, tra il male alle costole e il sonno non se la sentiva di avere fretta! In più, poco dopo la partenza dall’ospedale, aveva iniziato a piovere. Non c’era vento, la pioggia cadeva dritta e lieve. Nessun tuono, il cielo era vagamente scuro, quanto bastava a creare un’atmosfera malinconica. Non poté evitare di passare davanti alla casa che un tempo era stata della famiglia Caulfield. Non aveva idea di chi ci abitasse ora, di solito cercava di ignorarla ma stavolta non ci riuscì.
Aveva tanti ricordi di quella casa. Non quanti Max ne avesse della sua. Avevano sempre preferito stare da lei, ma almeno due volte a settimana Chloe dormiva dai Caulfield. Era sempre tutto così pulito e ordinato, non potevano fare casino come a casa sua! Ricordava le corse in skateboard lungo il viale, con Max che la seguiva sperimentando le sue prime fotografie. Chloe ricordava come fosse ieri il viso lentigginoso di Max, i capelli scuri raccolti in una coda, le mani che stringevano come un tesoro la macchina fotografica di papà Caulfield. Le aveva fatto un vero reportage mentre andava in skateboard l’ultima estate passata insieme.

Chloe stava sfrecciando sulla strada. Non arrivavano macchine, il suo viso era concentrato. Si diede due vigorose spinte sullo skateboard poi stette in equilibrio. Spostò il peso sul piede avanzato, il sinistro, sollevò il destro facendo inclinare lo skate in avanti e spinse sulle ruote. Compì un balzo e tornò in perfetto equilibrio. Chinese Nollie... una robetta base. Giusto per scaldarsi.
CLICK!
"Chloe! Mi serve qualcosa di un po' più spettacolare! Ok che sei figa sullo skate, ma almeno impegnati un po'..."
Chloe frenò, impennò lo skateboard e si voltò di 360° per fronteggiare Max. Aveva un sorriso sornione.
"Perché non provi tu?" le chiese "Lasci a me tutta la fatica. È ora di fare il grande passo Maxie!"
"Col cazzo! Non ci tengo a rompermi il polso..."
"Quella è stata sfiga!" si difese Chloe.
"Si, e quando ti sei brasata il ginocchio a scuola?"
"C'era…. una cazzo di finestra che ha fatto un riflesso strano..."
"Oh si... un riflesso strano." Schernì giocosa Max.
"Metti in dubbio la mia abilità?" Chloe tenne un piede sullo skate, incrociò le braccia e inclinò la testa con aria di sfida.
"N-No... è solo..." Max abbassò lo sguardo, cercando di mediare.
"Non aver paura di farti male Max, ti insegno io!"
Una macchina arrivò in velocità dal fondo del viale, le due amiche si spostarono...

Chloe prese troppo stretta la curva del garage di casa Price (ormai Madsen…) e non si accorse che l’auto di David era parcheggiata lì davanti. Frenò bruscamente, le gomme gridarono, fu sbalzata leggermente in avanti e picchiò una tetta contro il volante, prima di schiantarsi indietro contro il sedile. Le costole urlarono ed emise un gridolino strozzato. Auch!!
Ovviamente non indossava la cintura di sicurezza. Non aveva nemmeno controllato se quel pezzo di ferraglia le avesse! Si… le aveva!
“Merda! Merda! Merda!” un colpo sul volante per ogni “merda”.
Prese un profondo respiro, cercando di calmarsi. Inserì la retro e fece manovra per parcheggiare davanti a casa.
Fanculo Max… te ne sei andata… non ti sei più guardata indietro. Wowser, giusto? Davvero non contavo un cazzo per te?
David uscì imbufalito dalla porta di casa, interrompendo le sue cupe rimembranze. Si avvicinò come un toro, riparandosi con un ombrello.
“Hey! Stai attento! Che cosa credi di…” sbraitò David finché non si accorse che al volante c’era Chloe. Squadrò prima lei, poi il pick-up e la bocca si inarcò in una smorfia di dubbioso disgusto.
“Bentornata a casa!” disse sarcastico. “Quindi era questo il progetto cui stavi lavorando ieri?”
Chloe scese dalla macchina e sbatté la porta.
“Esatto.” Disse neutra mentre il freddo della pioggia le stuzzicava il collo.
“Chloe… ancora?” lo sguardo inquisitore dell’ex soldato era puntato sul suo viso. Intuì immediatamente cosa stesse fissando. L’aveva previsto dopo tutto. Sbuffò senza rispondere. David sospirò rassegnato e riprese:
“Hai fatto preoccupare tua madre. Dovresti rispondere quando ti scriviamo! Chiedile scusa appena entri, è un…” sospirò “…consiglio.”
Stavi per dire ‘ordine’ vero stronzo?
“A-ha…” Chloe lo superò.
“Io mi sto…. sforzando Chloe… più di quanto immagini… dovresti almeno provare a ricambiare il favore…”
Chloe proseguì verso la porta di casa: “Certo, David…” con tono piatto.
Sentì un grugnito alle sue spalle e dei borbottii, mentre David tornava in casa ad ampie falcate, superandola. Chloe entrò subito dopo di lui e fu immediatamente assalita da Joyce che la avvolse tra le braccia. Una smorfia di dolore le solcò il viso mentre sua madre le schiacciava le costole doloranti, ma si trattenne. Si sottrasse alla sua stretta.
“Sei tornata! Oh mio Dio, Chloe che ti è successo?” Joyce aveva iniziato con un tono diplomatico ma alla vista dei lividi sul viso della figlia non trattenne l’angoscia.
Chloe era esausta, la testa le faceva male per la fame e il sonno. Non ce la faceva a resistere, ma si sforzò.
“Rachel… è stata aggredita ed è finita in ospedale…”
“Aggredita?!”
Anche David, sentendo quelle parole, si affacciò dal soggiorno in cui si era già rifugiato.
“Un balordo ci ha aggredite con un coltello e lei è stata ferita, ma l’ho portata in ospedale. Sono rimasta a farle compagnia tutta la notte.”
“Oh mio Dio! Sta bene? E tu stai bene?! Il tuo occhio… e il labbro…”
“Si… ehm… ho preso un ceffone…” Chloe non aveva la forza di elaborare una versione ufficiale, ma sua madre meritava di sapere più o meno cos’era successo. Avrebbe comunque omesso i dettagli.
“Avete chiamato la polizia?”
“Mamma, Rachel è la figlia del Procuratore Distrettuale. È già sul caso. Adesso voglio solo farmi una doccia, cambiarmi e riposare un po’.”
“Come… l’hai portata in ospedale?” indagò Joyce sospettosa.
“Ho… un mio mezzo ora.”
“Un tuo mezzo?”
“Mamma… ti prego…”
“Ok, ok… vai a riposarti. Mangi qualcosa?”
“Si… grazie… sto morendo di fame!” Chloe era già diretta al piano di sopra.
“Uova e Bacon?” chiese Joyce, ricevendo un “Si, si!” distratto come risposta.
Chloe sentì David e Joyce parlare tra loro ma non ebbe voglia di origliare.
 
**********************
 
[Chloe]
  • A casa.
  • Come ti senti?
[Rachel]
  • Un po' meglio.
  • Grazie a te!
[Chloe]
  • Lo so, sono incredibile!
[Rachel]
  • Lo sei!
 
Rachel chiuse il cellulare. Aveva decine di messaggi che non aveva ancora letto. I ragazzi del Drama Club, il Preside Wells, altri studenti della Blackwell... persone che non voleva affrontare in quel momento. Solo Chloe Price aveva il lasciapassare. Rachel si sentiva davvero stanca. Dopo la visita di controllo, in cui le avevano misurato la febbre scoprendola un po' alterata, era arrivata una colazione a base di uova strapazzate insipide, una specie di prosciutto, spremuta d'arancia e una mela. Sembrava una pubblicità progresso. Aveva mangiato controvoglia, quanto bastava da riempire un po' lo stomaco per prendere l'antidolorifico. Doveva essere roba potente visto che il dolore al braccio era scomparso. Ora sentiva solo il battito del cuore pulsarle nel punto della ferita.
La pioggia picchiettava aritmicamente contro il vetro della finestra.
Pioveva come nel suo sogno...
Non ricordava i dettagli, ma era sul monte Hood, c'erano suo padre e Damon Merrick. Soprattutto aveva provato terrore. Terrore, sgomento e impotenza... Per fortuna si era svegliata con Chloe accanto.
Era tutto dannatamente surreale. È incredibile come la vita possa cambiare così improvvisamente. Rachel si sentiva come sospesa, come se la pioggia, l'ospedale, le rivelazioni di Chloe non fossero completamente reali. Una parte di lei aspettava ancora di svegliarsi dal cazzo di incubo che era diventata la sua realtà. Il resto di lei si sentiva... vuota.
Come un vaso, una di quelle finte ceramiche cinesi che ti metti in casa per fare ambiente. Ben fatti, esteticamente gradevoli, quel tocco di design che ci vuole, ma inutili, vuoti e fragili. La vita di Rachel, come un vaso, era stata urtata, era precipitata e si era... no, non si era frantumata. In quel caso avrebbe potuto raccogliere i pezzi, ripararsi. Come quella tecnica giapponese, il Kintsugi! Prendi un vaso rotto e lo ripari con una pasta dorata, così le crepe diventano decorazioni ed esso risorge più bello e forte di prima. Non era il suo caso.
Sbriciolata.
Sbriciolata era la parola giusta.
Con le briciole cosa puoi fare?
Solo raccoglierle e buttarle...
... nella spazzatura.
Ripensò alla discarica, a Damon Merrick. Un brivido di paura la attraversò dallo stomaco alla cima della testa.
Cazzo... qualcuno doveva aver davvero fatto un gran casino col copione della sua vita.
Oh scusa! Abbiamo sbagliato!
Ti avevamo dato una famiglia stabile, un papà amorevole, una vita agiata e un luminoso futuro ben tracciato, ma non era la tua parte!
Ecco quella giusta.
Madre tossica, padre nevrotico che mente alla figlia per 15 anni e poi assume criminali psicopatici.
Ecco! Così va meglio eh?
Ora corri sul palco!
Tanta merda!
Rachel si accorse che le lacrime rigavano di nuovo le sue guance. Non si era nemmeno accorta di piangere. Si passò la mano destra sul viso per asciugarsi e si massaggiò gli occhi.
 
TOC TOC!
 
Rachel sobbalzò.
La porta si aprì e lo stomaco le si contrasse istantaneamente.
Era suo padre.
James Amber entrò in silenzio e rimase a distanza dal letto della figlia. Era evidente dal volto da cane bastonato e dal linguaggio del corpo che avrebbe voluto avvicinarsi, ma si tratteneva. Rachel lo squadrò. Sentì la mascella irrigidirsi, gli occhi stringersi e la rabbia ribollire nello stomaco, accendendo una fiamma sotto il cuore. Dovette mettere un tappo per evitare che traboccasse di nuovo, come la sera prima...
Rachel si sentì... meglio! La rabbia era... viva, potente... gratificante.
Ma non c'era solo quello. Guardava i suoi occhi grigi e tristi, il volto cui per tutta la vita aveva associato solo fiducia, amore e devozione. Avrebbe voluto poterlo fare di nuovo, una parte di lei ancora lo faceva. La bambina che era stata.
Ma non era più quella bambina e tutti quei ricordi erano bruciati, inceneriti...
Rachel imbottigliò quei sentimenti. Fece male. Il fuoco nel suo petto aumentò, ma lo tenne sotto controllo.
Il labbro inferiore iniziò a tremarle.
Non disse nulla, si limitò a voltarsi verso la finestra, come se la vista dell'acqua che scorreva in rivoli sul vetro potesse spegnerla un po'...
 
“Rachel…” disse timidamente James.
Silenzio.
“…volevo solo…. vedere come stavi.”
Zitto...
Le dita di Rachel iniziarono a tamburellare sulla sua pancia.
“Volevo anche parlare di ciò che è accaduto ieri.”
Zitto... Stai zitto cazzo...
Silenzio. La mano destra di Rachel scivolò sul letto. Tentò di mettersi un po’ più a suo agio. Il materasso stava iniziando a risultare incredibilmente scomodo.
“Penso che dovrei spiegare…”
Vaffanculo!! “Che cazzo dovresti spiegare?!” sibilò Rachel. La sua voce suonò come il fischio della teiera quando l'acqua bolle.
“Io… non ho sentito tutto quello che ti ha detto Chloe, ma sono sicuro che ha frainteso la situazione.”
“Quindi non hai assoldato Damon Merrik per uccidere mia madre? Non hai nascosto le lettere che mi ha scritto? Non hai omesso che è da un anno che non accetta più i tuoi assegni e che si è ripulita dall’eroina per incontrarmi?”
James rimase in silenzio, distolse lo sguardo.
“Immaginavo!” Concluse Rachel. Stava lottando per contenersi, non sapeva neanche perché. Forse la bambina dentro di lei implorava di dare un’altra chance al suo papà.
Ma l'aveva già fatto per Dio! L'aveva già fatto! Così tante volte negli ultimi due anni…
Anche due giorni prima, quando le aveva rivelato di Sera. L'aveva ascoltato, l’aveva capito, si era di nuovo fidata di lui...
Ora basta cazzo!
 
“Rachel… non avevo intenzione di far uccidere Sera… -" iniziò James
"- Ah no? Sembrava che Damon Merrick avesse - " si sovrappose Rachel
“- volevo soltanto proteggerti.”
"- proprio quello in mente. Come cazzo hai potuto! -"
"- Hai fraintesto la situazione...-"
"- Come!! Che cosa pensavi?! Che razza di persona... -"
"- Se tu mi permettessi di spiegare... "
" - ...fa questo?! Spiegare?! GESU' CRISTO PERCHE' NON STAI ZITTO?! Come puoi spiegare... che cazzo ti fa pensare che ti crederò mai più?!"
 
Piombò il silenzio. Rachel respirava convulsamente, il braccio pizzicava nonostante l'antidolorifico. James tirò un profondo sospiro, cercando di radunare i pensieri.
 
“Non ho mai voluto farti del male..."
"Un po' tardi non credi?!"
“Io ti ho sempre amata con tutto me stesso Rachel. Più della mia vita.”
Rachel era già esasperata da quell'interazione.
"Senti... che cazzo vuoi?! Quando ieri ti ho detto di sparire non è stato chiaro?! SPA-RI-SCI! Vattene dalla mia fottuta vita! Traditore, pezzo di merda!"
"Rachel!" Il tono di James era confuso, uno strano tentativo di fermezza tremolante... Non scalfì l'onda Rachel.
“Ammettilo stronzo! Tu volevi solo proteggere la tua carriera. Avevi paura che si scoprisse che eri sposato con una tossica! Volevi togliere di mezzo gli ostacoli politici, non te ne è mai fregato un cazzo di me… Vaffanculo! Mi hai rovinato la vita!" Gli occhi traboccarono lacrime, la voce si ruppe "...la vita... mi hai… TI ODIO!!" precipitò in una rabbiosa disperazione. Le vene in rilievo sul collo di Rachel pompavano litri di sangue al cervello, il volto era paonazzo, il respiro corto e frenetico, i muscoli del corpo tesi, il busto proteso in avanti. Sembrava pronta a sbranarlo, agitava la mano destra come se avesse gli artigli.
"Perchè... perchè... -"
"Rachel io..."
"- ...non te ne vai?" piagnucolò Rachel.
James tacque.
"Vattene via..." continuò Rachel.
 
Gli occhi di James Amber erano lucidi, cominciò a passeggiare avanti e indietro, mantenendosi a distanza dal letto. Iniziò a massaggiarsi le tempie con le dita, si strofinò gli occhi e fece un respiro profondo, fermandosi nei pressi della finestra. Guardò fuori, ma non sembrava vedesse davvero il panorama.
Rachel era frustrata.
Perché non se ne andava cazzo?! Perché la torturava così!!
Cazzo vattene! VATTENE! VATTENEEEEE!!!
Rachel grugnì! Sbatté il pugno destro sul letto con tutta la forza che aveva.
Dolore alla ferita...
Portò le dita alla bocca e iniziò a mordicchiarsi le nocche. La sua mente era nel caos.
 
"Qualunque cosa pensi..." esordì James con tono più fermo "...sono ancora tuo padre e il Procuratore Distrettuale!"
Quella affermazione di ruolo provocò un moto di inquietudine in Rachel. Rimase zitta, mangiucchiandosi le dita.
James si voltò e tornò verso il centro della stanza con le mani nelle tasche del completo grigio.
"Qualcuno si è introdotto nel mio ufficio ieri, mentre ero qui..."
Tu-Tum

"...ha manomesso delle prove e rubato del denaro."

Tu-Tum-Tu-Tum

“È stato arrestato un ragazzo della Blackwell trovato sul posto dalla polizia, ma entrambi sappiamo chi è stato davvero…”

TUTUMTUTUMTUTUTMTUTUMTUTUMTUTUMTUTUMTUTUTM...

Un moto di paura si unì alla rabbia che Rachel provava. Il volto di James Amber era ancora scosso, ma si era indurito. Rachel conosceva quell'espressione. L’aveva vista mille volte nella sua vita, dopo un secondo posto, un voto inferiore alle aspettative, un comportamento fuori dalla norma. Non ci aveva mai fatto caso, aveva sempre preso quell’espressione come uno stimolo per fare meglio, per migliorare e rendere papà fiero di lei. Perché se lui non fosse stato fiero, lei chi era? Chi sarebbe stata se avesse deluso il suo papà?
Quel volto, inquisitorio e deluso... Quale premio le avrebbe fatto riavere lo sguardo d’amore ed orgoglio che desiderava con tutta sé stessa? Improvvisamente, Rachel unì i puntini.
 
“Quindi non sei nemmeno qui per me…” sputò amaramente Rachel. Se voleva giocare al “manipolatore emotivo”… beh… lei aveva imparato dal migliore!
James sgranò gli occhi. Accusò il colpo per un istante.
Non funzionerà stavolta...
“So che è stata Chloe… le hai detto tu come entrare nel mio ufficio. È così che ha scoperto le cose che ti ha detto vero?”
“Non mettere in mezzo Chloe!" sibilò Rachel.
"Ha commesso un'effrazione e inquinato delle prove..."
"Lei è l’unica che mi abbia detto la verità. La conosco da meno di un anno ed è stata più leale di te in tutta la vita!"
"Rachel..." la voce di James tremolò contro la sua volontà.
"Sei un bugiardo. Pensi che minacciare Chloe risolverà qualcosa tra noi? Rispondi! Da che cazzo volevi proteggermi? Guarda cos’hanno provocato le tue stronzate! Bastava farmi incontrare mia madre quando te l’ho chiesto… se non l’avessi tenuta lontana tutto questo non sarebbe mai successo…"
James aprì la bocca per parlare... ma tacque.
Rachel gli puntò contro uno sguardo infuocato su un volto d'acciaio.
"Per me sei morto..."
James rimase paralizzato per qualche momento, come un cervo che vede arrivare un camion. Gli occhi spalancati, la mente confusa, incapace di gestire o reagire alla morte imminente. Il camion l'ha colpito...
"Io.." tentò di dire "...ho sbagliato tante cose. Forse non posso rimediare, ma quando ti sarai calmata spero che vorrai sentire anche la mia versione dei fatti. Ora, devo andare al lavoro…”
“Non tornare." Rachel tornò a guardare la finestra, sospirando profondamente. Si sentiva svuotata...
James Amber emise un sospiro tremante e si diresse verso la porta. Prima di aprirla si fermò.
“Tua madre è qui fuori…” disse.
Rachel si voltò di scatto. Gli lanciò uno sguardo confuso e interrogativo.
“Mia madre?”
“Rose… l’unica madre che hai.”
Rachel provò una fitta di delusione.
“Vuole vederti” continuò James “ma non entrerà se non vuoi…”
Rachel rimase in silenzio qualche momento… poi annuì.
James uscì. Dopo alcuni momenti Rose Amber entrò, timidamente, affacciandosi sulla soglia e facendo brevi passi all’interno della stanza. Aveva una borsa elegante, color mogano, che appoggiò su una sedia a distanza di sicurezza dal letto.
“Ciao Rachel… come ti senti?” Lo sguardo basso, le mani in grembo. Sembrava una bambina in castigo.
“Come se mi avessero pugnalata… alle spalle!”
Rose si rabbuiò più di prima e spostò nervosamente il peso da una gamba all’altra. Rachel si sentì in colpa…
No! Perché dovrei?! È una stronza anche lei… ha tenuto insieme il castello di menzogne… è una complice. Giusto?
“Lo sapevi?” chiese.
Rose alzò lo sguardo: “Cosa?”
“Sapevi dei suoi piani?” gli occhi di Rachel erano sottili, la mandibola tesa.
“No… te lo giuro! Avevo intuito che Sera non prendesse più i soldi perché non venivano più scalati dal conto, ma non sapevo niente… non ho chiesto…”
“Mh…” la voce uscì come uno sbuffo lamentoso.
“Rachel…”
“Come puoi sopportarlo… ha mentito a tutti. Anche a te!” incalzò la ragazza ferita.
“Già, e anch’io… gli ho retto il gioco per 15 anni. Non ne vado fiera, ma mi sono fidata del giudizio di tuo padre… non dubito neanche per un momento che qualsiasi cosa abbia fatto sia stata a fin di bene. Non nego nemmeno che abbia davvero oltrepassato il limite, se quello che ho sentito ieri è vero…”
“SE è vero? Pensi che Chloe mi mentirebbe?” Rachel tirò fuori le unghie.
“Non conosco bene Chloe… sono sicura che ti voglia molto bene, ma anche lei può fraintendere.”
“Non c’è niente da fraintendere questa volta…. E comunque potete stare tranquilli…. Sera ha cambiato idea… non mi vuole più vedere… lei non mi…” gli occhi di Rachel pizzicarono, sbatté le palpebre un paio di volte, dell’umidità iniziò ad accumularsi “…è riuscito a spaventarla abbastanza! Merda….” Trattenne a stento un singhiozzo e affondò il viso nella mano destra.
Rose fece un passo verso di lei, ma si bloccò.
“Tuo padre non…” fu interrotta dalla mano di Rachel che si sollevò. La ragazza singhiozzò un paio di volte, ricomponendosi a fatica.
“Non ho voglia di parlarne…” disse perentoria e tagliente come il coltello che l’aveva ferita.
Rose annuì e rimase in silenzio. Avrebbe voluto in qualche modo consolarla, farle sentire la sua vicinanza. Ma chi era per lei ora? Era ancora sua madre? Lei si sentiva pienamente sua madre, ma Rachel poteva ancora vederla così? Sembrava non bastarle il fatto che lei l’avesse cresciuta, amata, condiviso con lei il suo amore per la letteratura e il teatro, le fosse stata accanto in tutti i momenti cruciali della sua vita… Rose si sentiva impotente.
Rachel non poté impedire ad alcune lacrime di solcarle le guance. Lottava con tutte le sue forze per non mostrare la sua sofferenza ad una persona da cui si sentiva tradita. Meno che da suo padre, ma comunque... Guardava ovunque tranne il volto di Rose. Il suo lavoro di contenimento non stava funzionando granché.
“Rachel… io… lo so che non ti ho messa al mondo. Ma… ti ho cresciuta, ti amo con tutta me stessa e tu sei la figlia migliore che potessi sperare di avere. L’unica che avrei mai potuto…”
Rachel la guardò incuriosita. Rose giocherellava nervosamente con le dita, lo sguardo vagava verso il basso, a destra e sinistra.
“Io non posso avere figli, ma grazie a James ho potuto avere te. Ho potuto crescerti e darti tutto l’amore che avevo, ho cercato di darti il meglio di me, il meglio della vita. Ho cercato… lo so che quello che hai scoperto negli ultimi giorni ti ha... ma ti prego, non dimenticare. Hai una madre che ti ha messo al mondo là fuori e una madre che ti ha cresciuto che è qui… sono sempre stata qui… e ci sarò sempre… non dimenticare Rachel…. Ti prego…”
Le parole di Rose affondarono.
Rachel sentì di nuovo quella particella che bussava da dentro il suo petto, sbatteva i piedi, piagnucolava per uscire. Voleva la mamma. Qualunque, purché fosse la mamma! Rachel serrò i denti, masticò un boccone invisibile… deglutì amaramente. Non disse nulla.
“E hai anche un padre… non è come credevi, non è come io pensavo che fosse… ma il suo cuore è buono, non voleva farti del male. Non l’ha mai voluto… ha sempre voluto proteggerti. Non ti chiedo di perdonarlo… ma ti chiedo solo… non dimenticare…”
Una lacrima solcò la guancia sinistra di Rachel, che l’asciugò prontamente con la mano. Ormai le facevano male gli occhi. Era esausta. Guardando Rose non riusciva a odiarla… ma era delusa. Molto delusa. Quella era sua madre… o lo era stata. L’aveva considerata la sua mamma per tutta la vita e anche in quel cazzo di momento guardava lei e non vedeva altro che la donna che l’aveva sempre amata e sostenuta. Ma vedeva anche una debole, insicura, repressa bugiarda, complice nel costrutto di stronzate che era stata la sua vita fino a quel momento.
No… non ce la faceva a perdonare. Non poteva…
La piccola Rachel scalpitava, frignava, strillava… ma se le avesse dato ascolto un’altra Rachel sarebbe stata ugualmente frustrata… da quella situazione non si usciva. Se doveva soffrire comunque, Rachel preferiva non concedere soddisfazione ai colpevoli.
“Hai finito?” sibilò.
Rose spalancò gli occhi, si portò istintivamente la mano destra verso il petto con gesto titubante.
“Io…” la donna sospirò amaramente, mentre gli occhi si inumidivano e la bocca si imbronciava.
“Vorrei rimanere sola adesso…” concluse Rachel appoggiandosi al cuscino.
Rose si asciugò le lacrime che stavano per cadere.
“Va bene. Ti ho portato una cosa…” Rose armeggiò nella sua borsa e ne trasse un libro. Si avvicinò a Rachel e lo porse. Lei lo afferrò svogliatamente.
‘Le Metamorfosi, Libro I – II’
Alzò gli occhi con sguardo interrogativo.
“Ho pensato che ti saresti annoiata a morte qui tutta sola… Ovidio ti è sempre piaciuto tanto. Ho sperato potesse farti piacere avere qualcosa da leggere…”
Senza che se ne accorgesse, qualcosa si ammorbidì nel cuore di Rachel. Si, aveva sempre amato tutto ciò che aveva a che fare col mondo classico. Quando alle lezioni di Latino aveva dovuto tradurre brani delle Metamorfosi era partita avvantaggiata, perché sua mad… Rose gliele aveva lette fin da bambina! C’è chi ai propri figli racconta Cappuccetto Rosso e chi Apollo e Dafne! Aveva un rapporto speciale con quei libri, erano stati una tappa fondamentale sulla strada che l’aveva condotta al teatro. Apprezzò davvero il gesto e provò uno strano stupore davanti alla prova che la donna, dopo tutto, la conosceva bene. Un debole sorriso apparve sul suo volto.
“Grazie…”
L’espressione di Rose sembrò distendersi insieme a quella di Rachel, che alzò lo sguardo. Sera non la voleva…. Sera aveva rinunciato a lei per la seconda fottutissima volta. Rose invece era ancora lì, nonostante tutto. Anche se era parte del problema, meritava una tregua. O forse la meritava Rachel? Si, perché per quanto si fosse ripetuta più volte che le era rimasta soltanto Chloe, che lei era l’unica di cui poteva fidarsi, l’unica di cui aveva bisogno… non era del tutto vero. Con la sua famiglia in pezzi, Rachel si trovò a scoprire che non poteva semplicemente gettare via tutto, come parte di lei avrebbe voluto. Forse la bambina era riuscita ad evadere dal suo petto e aveva cominciato a giocare con le leve del suo cervello? Forse... ma Rachel non poteva negare ciò che sentiva… il conflitto… il bisogno di tenersi aperto almeno uno spiraglio con quella donna che la fissava implorante.
Non voleva perdonarla. Non ne aveva nessuna cazzo di intenzione.
Ma…
“Come sta il braccio?” chiese Rose per spezzare quel fastidioso silenzio.
Rachel si rese conto in quel momento che il dolore stava tornando: “Male… ma passerà…”
Rose mascherò la preoccupazione con un sorriso confortante.
“Grazie del libro. Ho bisogno di riposare adesso…”
Rose annuì.
“Certo. Purtroppo, anch’io ho delle faccende da sbrigare, ma tornerò… se ti fa piacere.”
“Va bene.” Rachel indossò il sorriso più caldo che le riuscì in quel momento.
Quando Rose se ne fu andata, si lasciò sprofondare nel materasso. Immaginò di essere sdraiata nelle sabbie mobili e di essere risucchiata in un dolce, confortevole oblio. Si sentiva spossata, ma finalmente era finita. Si massaggiò la fronte come se potesse impastare i suoi stessi pensieri. Il cuore le batteva forte e un turbine di conflittualità le impediva di calmarsi del tutto. Sbuffò…
Le mancava Chloe…
Le mancava suo padre…
Le mancava sua madre… quella che l’aveva cresciuta…
Le mancava sua madre… quella che non la voleva…
Le mancava… tutto.
Là fuori pioveva ancora, l’ospedale continuava ad essere avvolto in una bolla di distante brusio.
Posizionò le Metamorfosi in grembo, nel modo più comodo possibile, e lo aprì.
 
**************************
 
Chloe era pronta per la doccia. Non era stato molto semplice uscire dai vestiti, almeno da quelli della parte superiore. Ogni volta che tentava di alzare il braccio sinistro le costole protestavano. Dopo una laboriosa svestizione riuscì finalmente a infilarsi sotto l'acqua calda e questo la rigenerò quanto bastava. Avvolta nel suo asciugamano pirata tornò in stanza, rendendosi conto che sua madre ancora non le aveva lavato la biancheria. Una sorta di strategia responsabilizzante suggerita da David? Comunque, non era il momento di pensare al prossimo outfit. Infilò una delle ultime mutande pulite che aveva, dei pantaloni della tuta blu scuro con le "DW" del Doctor Who sulla gamba sinistra, calzini neri con teschi e una canottiera bianca sulla quale aveva disegnato eoni prima il simbolo degli Illuminati con l'indelebile. Sorvolò sul reggiseno. Doveva solo fare un po' di colazione e poi il letto l'attendeva. Joyce era già uscita per il suo turno al Two Whales e David non c'era, probabilmente l'aveva accompagnata. Cazzo si! Casa libera! Nessuno che fa domande, che lancia sguardi preoccupati o vuole impartire lezioni. Nessuno che ti squadra scontento perché stai deludendo le aspettative. Solo un piatto di uova e bacon fumanti che aspettano sul tavolo e... un biglietto?
 
La colazione!
Mangia e riposa.
Ti amo.
            Mamma!
 
Chloe lo tenne fra le mani, osservandolo come se fosse un oggetto alieno. Aveva letto, solo sembrava un po' strana quella gentilezza, date le circostanze. Si sentì una stronza. Una parte di lei si rendeva conto che per Joyce vedere sua figlia tornare a casa con dei lividi in faccia era molto preoccupante. E non era la prima volta… Forse la chiacchierata del giorno prima con le patetiche scuse di David e la promessa che sia lui che Joyc... mamma si sarebbero fidati di lei era servita? Chloe ricordò in quel momento la foto che le aveva dato David, quella con il suo amico. L'aveva lasciata... nei jeans forse? Si grattò la testa.
Il ruggito del suo stomaco le ricordò che doveva assolutamente mangiare. Uova e bacon svanirono dal piatto in meno di cinque minuti, ma Chloe era ben lontana dalla sazietà. Si diresse in cucina e agguantò la confezione di Sugar Bomb, divorandone tre in rapida successione. Esplorò il frigo osservando cosa poteva offrirle. Mise gli occhi su tre bottiglie di birra. Sogghignò. Ne afferrò una, la posizionò sul bordo del bancone della cucina e con un colpo secco della mano fece saltare il tappo. La birra fredda scese gioiosamente nel suo esofago, mescolandosi senza coerenza con la colazione Two Whales Style. Mentre sorseggiava iniziò ad aggirarsi per casa, respirando la piacevole solitudine. Uscì nel giardino e si trovò a camminare sull'erba. Aveva smesso di piovere e Chloe si accorse troppo tardi che l'erba era bagnata, non prima di fare due passi su di essa e avvertire una strana umidità sotto la pianta dei piedi. Cazzo! Si levò i calzini e li gettò nei pressi della porta a vetri. Camminò scalza, gustando la sensazione dei fili d'erba che si infilavano tra le dita, il godurioso contrasto fra il freddo del terreno e il suo calore corporeo. Si trovò davanti all'altalena senza nemmeno pensarci. Quella fottuta altalena... ricordava l'ultimo giorno che l'aveva usata. Con Max, vestite da pirati due anni prima, mentre dissotterravano la capsula del tempo che avevano sepolto da bambine. Lo stesso giorno in cui suo padre era morto.
Chloe sbuffò e prese un lungo sorso di birra. Quei ricordi con il loro carico di emozioni si insinuavano nella sua mente con frequenza esasperante. Quando era sola perlomeno. Ecco a cosa serviva la birra! Aveva notato, però, che stare con Rachel dissipava ogni nube dal suo animo. Era come il sole, i pensieri brutti evaporavano, Max e suo padre svanivano dal radar della malinconia. Avrebbe voluto tornare da lei al più presto, ma le aveva chiesto espressamente un po’ di spazio. Ormai aveva capito come prenderla.
Inoltre, Chloe si sentiva davvero esausta. I nervi l'avevano sostenuta fino a quel momento, ma ora, pulita, con lo stomaco pieno e una birra in mano, cominciava a sentire un certo torpore. L'alcol le ronzava piacevolmente in testa, dandole quel senso di leggerezza che cercava. Le gambe la reggevano con sempre meno voglia. Ultimo sorso di birra, lanciò distrattamente la bottiglia vuota nel prato e tornò in casa.
Volle essere gentile, così mise piatto e posate nel lavandino, acchiappò un'altra sequenza di Sugar Bombs e fece rotta per la sua stanza. Quando ci arrivò si accorse di aver dimenticato i calzini in giardino. Scrollò le spalle e si gettò a letto. Cautamente, perché le costole facevano ancora male.
Dopo numerosi e fastidiosi tentativi, trovò una posizione in cui non provasse dolore e l'oblio ebbe la meglio.
Con suo gran sollievo, non sognò nulla.
Stavolta.
 
Nel dormiveglia avvertì il suono di un motore, ma fu presto riassorbita dal sonno.
Si svegliò nella stessa posizione in cui si era addormentata, la bocca impastata, un filo di bava che le colava sgraziatamente sulle lenzuola.
Sbadigliò, si massaggiò la faccia e gli occhi, si grattò furiosamente il cuoio capelluto.
Tentò di alzarsi ma le costole le urlarono contro.
Cazzo, doveva assolutamente fare qualcosa a riguardo! Nel camioncino aveva ancora l'altra confezione di ghiaccio istantaneo, ma nel freezer probabilmente c'erano delle bistecche o qualche surgelato che potevano fare lo stesso effetto. Con la grazia di un tricheco raggiunse il cellulare, liberandolo dalle coperte. Erano le 11.11. Aveva dormito più o meno tre ore e mezza di fila. Un sano sonno Rem senza sogni. Un messaggio da Frank
  • Sono vivo.
  • Sto una merda.
Wow Frank! Felice che sei vivo, ma cazzo… non farti male alle dita.

[Chloe]
  • Cazzo Frank…
  • sono contenta che sei vivo.
  • E non so come ringraziarti per ieri.
 
Chloe attese, invano, una risposta. Sbuffò scocciata mentre si alzava, sentì del movimento al piano di sotto.
David era tornato probabilmente. La cazzo di foto!
Controllò nei jeans che indossava quella mattina e la trovò lì, nella tasca posteriore destra. Immaginava che se l'avesse persa David sarebbe diventato ancora più insopportabile. La tirò fuori e la appoggiò sulla scrivania. Probabilmente gliel'avrebbe restituita presto. L'aveva accettata per far contenta sua madre e dopo il racconto strappalacrime di David non se l'era sentita di rifiutarla. Sembrava ci stesse davvero provando, e anche sua madre. Non che questo cancellasse il passato… anche se Chloe non poteva negare che le parole di David avessero in qualche modo fatto breccia. La storia del suo amico Phil Becker morto poco prima di tornare a casa, tutti i progetti che avevano fatto su quando fossero tornati e invece... era andato tutto a puttane!
Aveva un po’ di esperienza con le cose che vanno a puttane… Poco dopo la morte di suo padre, Chloe aveva scoperto che i suoi genitori avevano pianificato una vacanza in Arizona. Una sorpresa per lei. Avevano preso i biglietti poco prima dell'incidente... E Max? L'autunno era la sua stagione preferita, si divertivano sempre a creare montagne di foglie secche in giardino e tuffarcisi dentro lanciandosi dall’altalena, o sparargli con il cannone giocattolo per simulare l’impatto sulle onde del mare... niente di tutto questo era più avvenuto dopo quel giorno.
Chloe lo odiava, ma poteva capire la solitudine che David aveva provato al suo ritorno a casa e non immaginava nemmeno quale altra merda avesse passato in guerra. Quello che non riusciva a tollerare era l'atteggiamento da Pol Pot del cazzo che aveva tutto il tempo e tutti i comportamenti assurdi, gli sbalzi di umore... Non c'era stress post-traumatico che potesse giustificarlo. Ma sembrava che Joyce lo stesse addomesticando. Per quel che valeva…
Merda, non posso credere che Joyce abbia sostituito mio padre così...e con… quello!
Negli occhi di Chloe si formarono delle lacrime, una scese a tradimento sulla guancia destra. Era ancora nei pressi della scrivania contemplando la deriva dei suoi pensieri, quando decise cosa avrebbe fatto della sua giornata. Aveva troppo, fottutamente, bisogno di una canna! Justin le aveva rubato il suo backup d’emergenza… era in debito, e lei aveva un fottuto bisogno di rilassarsi!

[Chloe]
  • Yo Justin!
  • È ora di saldare il tuo debito!
  • Sai cosa intendo.
[Justin]
  • Yo Chloe!
  • Certo sono con Trevor.
  • Vuoi passare?
[Chloe]
  • Cazzo si!
  • Dove?
[Justin]
  • Two Whales.
  • Poi boh!
[Chloe]
  • Grande piano!
  • Sono lì per mezzogiorno.
[Justin]
  • Bella!
 
Spulciò il suo guardaroba. Dato che non aveva molti vestiti puliti, Chloe ripiegò nuovamente su quelli di suo padre. Si munì di reggiseno e mantenne la canottiera con l’occhio che tutto vede, sulla quale indossò la giacca di jeans scura, il berretto blu che aveva trovato nel cruscotto del pick-up e il paio di jeans con toppe e strappi e gli stivali del giorno prima. Al collo il laccio con i tre proiettili. Rimise in tasca la foto di David, pronta alla restituzione se lo avesse malauguratamente incrociato. La infastidiva avere quel pensiero costante, la paura di perderla e i ricordi che le scatenava. L’ultima cosa che voleva era rimanere bloccata sul treno della malinconia, ricordarsi che al posto di suo padre c’era un veterano stronzo e disoccupato e che la sua “migliore amica per sempre” l’aveva piantata in asso.
Eccheccazzo! Ringhiò Chloe dentro di sé, affondando rabbiosamente la foto di David nella tasca.
Guardandosi allo specchio si sentì molto cazzuta e questo la tirò un po’ su. Dopo una breve sosta di pulizia dentale si diresse verso le scale. Prima o poi avrebbe riordinato la sua camera e magari fatto il bucato. O forse mai, visto che il piano era partire con Rachel e sfanculare per sempre Arcadia Bay. Voleva che accadesse. Lo sperava…
Sarebbe mai accaduto davvero?
Non aveva perso la voglia, ma sopra alla decisione iniziale si sovrapponeva il dubbio, giorno dopo giorno. Anche se Rachel aveva dei soldi da parte per quanto sarebbero bastati? Come sarebbero andate avanti a Los Angeles? Il pick-up che aveva riparato avrebbe retto un viaggio più lungo di un paio di miglia o sarebbe esploso con loro a bordo? Per arrivare a Los Angeles dovevano attraversare tutta la West Coast… Rachel avrebbe cambiato idea? Rachel voleva davvero fuggire con lei? 
Le persone cui teneva di più nella sua vita erano sparite. Di colpo, senza preavviso.
A Max piaceva molto l’espressione “per sempre”, la usava spessissimo in relazione alla loro amicizia… eppure…
Perché Rachel doveva essere diversa?
Tutti fanno finta di preoccuparsi, fino a quando non lo fanno più.
Chloe si diede una manata in fronte per scacciare i pensieri, provocandosi un contraccolpo di dolore nel cranio. Maledetti lividi. Scese le scale e guadagnò immediatamente la porta. Si aspettava di incontrare David scendendo, ma non era in casa. Si guardò intorno incredula, ma non c’era traccia di lui.
Meno male! Forse è uscito di nuovo! Una volta tanto le cose vanno be….
Aperta la porta, Chloe vide il cofano del suo pick-up aperto e David che curiosava dentro.
“Che cazzo stai facendo?!” sbottò appena lo vide, marciando pesantemente verso di lui.
David si voltò verso di lei con apparente calma, fece un profondo respiro e si sollevò dal motore.
“Tua madre mi ha chiesto di dare un’occhiata al tuo… mezzo. Ha paura che tu faccia un incidente.”
“Piantala di usare mia madre come scusa per farti i cazzi miei David!”
“Vedi di calmarti. Ti sto dicendo la verità. Ho promesso di aiutarti… e io mantengo la parola!”
“Si certo… hai anche promesso di fidarti di me e di lasciarmi i miei spazi. Perché non prometti di andartene aff….” Chloe si bloccò. Pensò al discorso del giorno prima… a proposito!
“Senti… riprenditi la tua foto…” disse Chloe estraendola dalla tasca.
“Perché?” chiese David sospettoso.
“Ho capito il punto… hai sofferto anche tu e ci stai provando… non mi serve tenerla.” Sospirò ad ogni parola.
“Va bene così. Tienila tu ancora per un po’… se… vuoi…” grugnì David.
Rimasero così, Chloe con la foto in mano tesa verso David e lui che la fronteggiava guardandola negli occhi. Dopo qualche momento Chloe si arrese e la ripose nel taschino. Soffiò dalle narici come un drago.
“Hai fatto un discreto lavoro…” David cambiò argomento.
“Cosa?” Chloe sgranò gli occhi.
“Questo… coso sembra uscito da una discarica… ma l’hai fatto funzionare… l’avevo detto che se ti applichi puoi essere brava in queste cose…”
“Wow! Mi stai facendo dei complimenti? Non voglio sapere cosa ti ha fatto Joyce…”
“Non sono complimenti. È una constatazione. Ma questo è un relitto. Le ruote fanno cagare, la carrozzeria cade a pezzi, c’è un… cacciavite infilato nel meccanismo di avviamento, il motore ha bisogno di ricambi per continuare a funzionare e anche in quel modo durerà molto poco. Le uniche parti buone sono la batteria e le candele… non ti chiederò dove le hai prese…”
“Non mi serve il tuo aiuto…” Chloe chiuse il cofano con la mano destra e puntò dritta al sedile del guidatore.
“Chloe… maledizione! Sto cercando di dirti che… dovresti stare molto attenta a guidare questo affare. Posso… aiutarti a sistemarlo….”
Chloe era ormai entrata al posto di guida e aveva già la mano sul cacciavite. Lo guardò stupita e sarcastica.
“Cavolo…. Mamma ti sta davvero addestrando bene! O ti hanno dato delle medicine che spaccano!” sogghignò.
“Hey! Vedi di piantarla! Se fosse per me le cose qui funzionerebbero in modo molto diverso, ma ci tengo a tua madre… Quindi faccio a modo suo… per ora… vedi di non mettermi alla prova!”
“Si si…. Certo…” Chloe avviò il motore
“Dove vai?” chiese rassegnato David
“Al Two Whales. Adios!”
David si allontanò dal pick up mentre partiva, i pugni chiusi ermeticamente come la sua mandibola contratta dalla rabbia.
Chloe sospirò. Non poteva negare che David avesse ragione su diverse cose. Joyce si stava impegnando, lui si stava impegnando… e quello che stava guidando funzionava più a forza di volontà che benzina. Ok, aveva ragione su tutto… fanculo David! Notò l’indicatore del carburante e si rese conto che era pericolosamente basso. Certo, poteva essere rotto… ma effettivamente quell’arnese l’aveva trovato in discarica. Chissà da quanto tempo era lì, era già un miracolo che ci fosse ancora benzina. Un brivido la attraversò quando immaginò cosa sarebbe potuto succedere il giorno prima, se si fosse fermato proprio mentre stava portando Rachel in ospedale…
Cazzo! Cazzo! Cazzo!
Basta! Non era successo niente. Quel bolide aveva fatto il suo dovere! Non aveva bisogno di David, tanto appena Rachel fosse uscita dall’ospedale se ne sarebbe andata da Arcadia Bay, che cazzo le fregava di queste stronzate?! Il Coglione Adottivo poteva andare affanculo e sua madre…. Aveva già scelto lui al suo posto… aveva dimenticato papà.
Come a sottolineare le parole di David, il motore diede qualche colpo di tosse e minacciò di spegnersi. Chloe sbandò per un istante, ma si rimise subito in carreggiata. Merda! Gli serviva davvero un bel po’ di amore in più se volevano davvero raggiungere la California… o anche solo Bay City.
 
-
 
[Rachel]
  • Hey! Cosa fai?
[Chloe]
  • Two Whales con Justin… mi deve un po’ di ‘relax’.
  • Come ti senti?
[Rachel]
  • Mi unirei volentieri a voi.
  • È passato mio padre…
[Chloe]
  • Oh…
[Rachel]
  • Già…
  • Vieni a trovarmi quando hai finito con Justin?
[Chloe]
  • Posso deviare e venire da te anche subito.
[Rachel]
  • No tranquilla.
  • Ti ho monopolizzata troppo.
 [Chloe]
  • Mi piace essere monopolizzata!
  • E se hai bisogno di me fanculo tutto.
[Rachel]
  • Povero Justin!
  • Non preoccuparti! Posso gestire un po’ di attesa!
[Chloe]
  • Lo so.
  • Puoi affrontare tutto.
[Rachel]
  • Solo perché tu mi guardi le spalle.
[Chloe]
  • Potrei montarmi la testa.
[Rachel]
  • Più di così?
[Chloe]
  • Ouch!
[Rachel]
  • Ahahah! Ti aspetto!
[Chloe]
  • Ti scrivo quando arrivo.
[Rachel]
  • kk
 
***********
 
"Quindi mi stai dicendo che..." Chloe mise un sorriso furbo "...sono una criminale ricercata?!"
Rachel spalancò gli occhi, poi soffiò una risatina: "Totalmente!"
"Mi piace!"
Erano sedute sul letto, Rachel le aveva appena raccontato dell'incontro con suo padre e con... Rose. In particolare, le aveva detto delle allusioni alla sua effrazione a casa Amber.
"Ormai sei una vera gangster punk!" scherzò Rachel, poi il suo tono si fece più serio "Ho solo... mi chiedo se lui voglia provare a tenerti lontana da me."
"Ci deve solo provare!" ringhiò Chloe.
Rachel le sorrise amabilmente. Le piaceva così tanto quel lato indomito di Chloe. Quella ragazza era capace di forza e dolcezza nella stessa misura.
"Comunque..." proseguì "Non penso che lo farà. Secondo me spera di poter fare pace con te un giorno o l'altro. Tenermi lontana non aiuterebbe..."
"Niente aiuterebbe!" grugnì Rachel. Chloe le appoggiò delicatamente una mano sull'avambraccio destro.
Fuori dalla finestra pioveva ancora. Sembrava non volere mai più smettere. L'acqua cadeva costante da quella mattina, distanti tuoni perturbavano l'atmosfera. Dopo una doverosa sosta benzina, Chloe aveva raggiunto il Two Whales giusto in tempo per scroccare il pranzo a sua madre. Con Justin e Trevor avevano cazzeggiato davanti a un hamburger (il migliore di Arcadia Bay, o del mondo intero per quanto la riguardava), per poi uscire in cerca di un po' di isolamento. Avere una macchina aveva i suoi vantaggi! Insieme ai due skater, Chloe aveva guidato fino a Otter Point, passando sull'Arcadia Bay Ave e uscendo sulla U.S. Highway 101, percorrendo il breve tragitto fino alla meta. Da là si godeva di una vista panoramica dell'intera città, compreso il promontorio con il faro. Ma soprattutto era abbastanza tranquillo da potercisi fare una canna in santa pace. Trevor aveva estratto birre e nachos dallo zaino mentre Justin aveva rollato. Avevano digerito il pranzo sparando cazzate, bevendo, fumando e progettando di beccarsi di nuovo per andare in skateboard. In effetti Chloe non ci andava da... troppo. Probabilmente dall’autunno. Ora che era stata sospesa dalla Blackwell aveva tutto il tempo che voleva. Almeno fino a settembre. Quanto casino per qualche graffito! Aveva ridecorato il parcheggio della Blackwell, ma a quanto pare Wells non apprezzava la Street Art! Se non fosse stato per Rachel l’avrebbe espulsa… Chissà se avrebbe riavuto la sua borsa di studio? Non che le fregasse un cazzo, ma sarebbe fregato a sua madre. Sempre che fosse stata ancora ad Arcadia Bay... Continuava a pensare a Rachel e ai loro progetti di fuga…
Verso le 15, Chloe aveva deciso che era il momento di andare a trovarla. Le aveva scritto per avvisarla e dopo aver scaricato Justin e Trevor più vicino possibile alla Blackwell aveva proseguito fino all'ospedale, ma non prima di fermarsi al Two Whales a recuperare un po' di ciambelle. Cinque ciambelle erano per lei... fame chimica! Altre cinque erano per Rachel.
Ora il sacchetto di carta con il logo del Two Whales, con evidenti chiazze di unto, attendeva il suo turno su una sedia vicino al letto, mentre le ragazze parlavano.
Rachel si sentiva un po' meglio ora che c'era Chloe. Dopo la visita dei suoi genitori si era dedicata alle Metamorfosi con il solo scopo di rilassarsi, deviare l'attenzione. Dopo pranzo aveva dormito un po', finché non aveva ricevuto il messaggio di Chloe.
Lo sguardo di Rachel era perso in qualche cupo pensiero.
"Terapia?" offrì Chloe.
Rachel sorrise: “Qualche litro di alcol sarebbe il massimo!"
"Capito... la prossima volta invece della ciambelle ti porto una bottiglia di Rum!"
"Questa è una Hella buona idea!"
Gli occhi di Rachel erano nostalgici.
"Potresti... ti sdraieresti con me?" chiese.
"Certo..." Chloe si tolse gli stivali, mentre Rachel le faceva spazio. Si sdraiò sul bordo del letto mettendosi a sedere con il cuscino dietro la schiena. Rachel si accoccolò e Chloe la avvolse nel suo abbraccio, prestando attenzione a non stringere troppo. Rachel appoggiò la testa contro la sua spalla e così rimase per un po', godendo semplicemente di quel contatto.
“E’ come se la mia famiglia non sia mai esistita!" esordì Rachel sospirando. "Non riesco a non pensare che in ogni momento della loro vita i miei genitori recitassero una parte. Il perfetto papà del cazzo e la mammina dell’anno, salvo poi che non era vero niente! Forse…” si passò la mano destra sulla guancia destra per asciugare una lacrima “… Rose… ha detto che non sapeva nulla dei piani di mio padre. Posso incolparla per essersi fidata di lui? L’ho fatto anch’io per tutta la vita… uffh…” Ridacchiò amaramente.
“E’ un fottuto casino Chloe… da quando ho saputo di Sera io… non so più chi sono… ho pensato… forse... incontrandola avrei capito… qualcosa? Una parte di me vuole ancora incontrarla. Non so… voglio che mi dica in faccia che mi ha abbandonata per la seconda volta… Sono masochista?"
"Un po'... ma chi sono io per giudicare..."
Rachel sorrise allo scherzo di Chloe. Si strusciò contro la sua spalla, inebriandosi del suo odore, un incoerente mix di erba, fritto e bagnoschiuma.
"Chloe... Mi sento come la carta delle caramelle, senza la caramella… non so che fare.”
I suoi occhi nocciola si rivolsero con speranza verso il viso di Chloe, che ricambiò lo sguardo.
“Rachel…” Non sapeva esattamente cosa fare o dire, a parte tenerla stretta, ma ci provò lo stesso. “Lo stesso giorno in cui mio padre è morto, la mia amica Max mi disse che avrebbe traslocato a Seattle. Partì esattamente il giorno del funerale. I primi tempi ci siamo sentite, ma lei era distante… Era come se avesse paura di me, del mio dolore. Era come… se una parte di me fosse morta. Mi sentivo totalmente sola. Chi ero io senza mio padre… senza Max?”
Chloe sentì gli occhi inumidirsi, il cuore batterle più forte mentre vagava nei ricordi. Rachel era assorta. “ora penso che… forse non importa chi sono. Forse importa solo che sono ancora qui. Forse chi siamo non è una cosa precisa, è come un… processo? L’unica cosa che conta è che sei ancora qui Rachel. Siamo ancora qui… insieme.”
“Non credo di farcela senza di te Chloe…” gli occhi di Rachel erano umidi, il labbro inferiore tremava. “Vorrei tanto partire ora, fuggire insieme a te. Se già prima non riuscivo a trovare motivi per restare, ora ancora meno…”
“Siamo in due…” disse Chloe.
Rachel alzò lo sguardo.
“Ho paura che anche il nostro piano di fuga sia stato solo un sogno…” vide un velo di preoccupazione attraversare il viso di Chloe e si affrettò a proseguire “…cioè, è ancora quello che desidero. Per me. Per noi. Ma voglio davvero che funzioni. Non voglio partire, arrivare a metà strada e dover tornare indietro perché qualcosa è andato storto.”
Chloe annuì: “Neanch’io!”
“Dobbiamo farlo come si deve. Organizzarci, avere un piano!”
“Totalmente!”
Rachel le sorrise.
 
Rrrrrrmmmmmmmm...
 
Chloe lanciò un'occhiata istintiva al cellulare, appoggiato sul mobile vicino al letto. Una sola vibrazione, quindi un messaggio. Guardò Rachel, notando la sua espressione rabbuiarsi. Da quando era arrivata Chloe l'aveva sentito vibrare altre tre volte.
"Pensi di rispondere?" provò a cambiare argomento.
"Direi di no..."
"Ok..." Chloe accettò il tono perentorio di Rachel. Forse era il momento di sfoderare l'arma ciambelle?
"Non ne ho la forza in questo momento..."
Ancora no!
"Con tutto quello che è successo tra ieri e oggi intendo. Penso che il silenzio stampa sia la cosa migliore. Mio padre potrà raccontare tutte le cazzate che vuole a Wells, cominceranno a girare voci su quello che è successo e tutti sapranno quello che vogliono sapere." il suo tono era amaro. Rachel fece scivolare la mano sulla coscia di Chloe, fece un profondo respiro e indossò un sorriso.
“Grazie Chloe…”
“E’ un piacere!”
"Che facciamo ora?" chiese Rachel.
"Mmmh... Comfort Food?" propose Chloe con un sorriso, indicando il sacchetto unto. Rachel ridacchiò!
"Dovremo dividerle, non sono così affamata."
Si separarono cautamente dal loro abbraccio.
"Ne ho mangiate diverse mentre venivo qui" disse Chloe mentre balzava giù dal letto per recuperare il cibo zuccherino "ma non dico mai di no alle ciambelle!"
"Soprattutto quando sei in fame chimica!"
"Ovvio!"
“Ecco! Ciambelle di contrabbando!” spiegò Chloe mentre tornava alla sua postazione.
“Ah si?” ridacchiò Rachel.
“Le ho introdotte furtivamente nell’ospedale. Ninja Style." aprì il sacchetto.
Rachel indagò all'interno, estraendo una grossa ciambella coperta da una ricca glassa bianca e una pioggia di zuccherini colorati. Soppesandola ripensò al pranzo di poco meno di un’ora prima, a base di insalata, un disco bianco che voleva essere pollo alla griglia, verdure miste saltate coperte di una sostanza oleosa e gialla, un pacchetto di cracker e una banana. Aveva rosicchiato un po’ di tutto senza appetito, si era conservata i cracker e la banana nel caso il suo stomaco avesse cambiato idea. Ma non era cambiato nulla e ora, di fronte a quella grassa ciambella, Rachel non riusciva a pensare di mangiarla. Dopo averla squadrata con sospetto per qualche momento la ripose. La delusione calò sul viso di Chloe.
“Scusa, mi ricordavo che le ciambelle alla fragola ti piacevano…” si grattò la testa.
“Si è che… non ho molta fame…” ammise cupamente Rachel.
Chloe sfiorò il braccio sano di Rachel, iniziando ad accarezzarlo ritmicamente, su e giù, con l'esterno della mano. Rachel si nutrì di quella dolcezza più di quanto avrebbe fatto con tutte le ciambelle del mondo.
"Si chiama comfort food. Non serve a sfamarti, serve a sedarti!" spiegò Chloe.
"Pfff... mi vuoi sedare??" ridacchiò Rachel.
Chloe sospirò.
"Onestamente... vorrei solo farti sentire meglio." le uscì un tono più solenne di quanto voleva
"Chloe, mi fa star meglio solo averti qui."
"Davvero?" Perché mi sembra di fare più danni che altro, voleva aggiungere, ma lo tenne per sé.

Rachel strinse gli occhi, come se avesse letto quel pensiero sul suo volto. Le afferrò la mano e la portò alla bocca, depositando un morbido bacio su di essa. Le guance di Chloe si scaldarono un po', come quelle di Rachel. Calò il silenzio, mentre la percezione del mondo si restringeva. La loro attenzione si concentrava sempre di più l'una sull'altra, mentre Chloe sentiva crescere la tensione nel suo stomaco. Farfalle blu svolazzavano nella sua pancia e nel suo petto, solleticandole la gola. Rachel sentiva qualcosa del genere, un calore che risaliva dal basso riempiendola di desiderio. Oh... Chloe!
Lasciò andare la sua mano e la allungò verso il laccio con i tre proiettili. Tirò dolcemente verso di sé. Chloe si lasciò attirare mentre Rachel contemplava i suoi occhi blu, le sue labbra semi aperte in un'espressione piena di eccitato stupore. Il bacio fu lieve all'inizio, al primo ne seguì un secondo, e un terzo che si fece molto più aggressivo. Rachel accarezzava la guancia e il collo di Chloe, mentre le sue mani le avvolgevano il viso come il tesoro più prezioso. Si separarono per riprendere fiato e appoggiarono la fronte l'una all'altra. Rachel aveva un sorriso goloso sul volto e il respiro tremante di Chloe non faceva che accrescere la sua voglia.

“Ora ho capito…” Chloe ruppe il silenzio e Rachel la fissò con curiosità “…era me che volevi mangiare!”
“Pff… sei molto appetitosa in effetti!” ammiccò Rachel sogghignando
"Anche... tu" balbettò Chloe restituendo il sorriso.
"Tutto questo per me è nuovo Chloe."
"Samsies!" scherzò lei di rimando.
Risero e Rachel le stampò un nuovo bacio, prima che si allontanassero.
"Quindi... siamo come... una cosa?" chiese timidamente Chloe.
Rachel le sorrise inclinando la testa come un gatto curioso.
"Non pensavo fossi tipa da etichette" inarcò un sopracciglio.
Chloe fece spallucce e si grattò la testa.
"Sai, è da quando abbiamo saltato la scuola venerdì che... mi chiedo..."
Gli occhi di Rachel fissi su di lei la mettevano un po' a disagio.
"...si insomma... cosa provi per me..." riuscì a concludere Chloe.
Rachel sospirò. Non un sospiro stanco, solo riflessivo.

Rachel stava cercando di evitare quel discorso in realtà, ma era piuttosto scontato che venisse fuori. Soprattutto dopo che l'aveva baciata in quel modo! Ed era anche evidente che qualunque cosa ci fosse tra loro era già andata ben oltre l'amicizia e non perché si fossero baciate due volte. Era per tutta la folle merda che avevano vissuto la settimana scorsa, fianco a fianco. Chloe le accendeva qualcosa nell'anima. Alla Blackwell aveva sempre guardato da lontano e con curiosità questa strana ragazza scontrosa. Le volte che Chloe era a scuola o mandava affanculo i professori o finiva dal preside. Tracce di Chloe Price sotto forma di graffiti erano visibili in tutto il campus, in tutta Arcadia Bay. Rachel ne era stata incuriosita, attratta. In autunno avevano cominciato a uscire, si erano frequentate sempre di più, il concerto dei Firewalk aveva segnato una svolta. Ma quell’ultima settimana…
Rachel aveva capito che Chloe aveva una dote che a lei mancava: la capacità di fottersene di tutto e tutti, il coraggio di sputare in faccia alle persone la loro merda, disinteressandosi delle conseguenze. Era un'arte che Rachel stava cercando di imparare, che ammirava e al tempo stesso temeva. Quando aveva letto il messaggio di Sera nel telefono di suo padre e aveva deciso di indagare, aveva pensato subito a Chloe. Rachel le era stata accanto quando David e Joyce si erano fidanzati, l’aveva consolata quando si erano sposati, l’aveva aiutata a ritrovare un po’ di fiducia. Sperava che avrebbe ricambiato rimanendo al suo fianco nel SUO momento di bisogno… e l’aveva fatto! Aveva superato ogni aspettativa, ogni speranza.
Non aveva minimamente previsto quanto Chloe si sarebbe aperta con lei, né quanto divertente, stimolante, intenso sarebbe stato trascorrere il tempo in sua compagnia. Tutto sembrava fluire con semplicità, come se fosse naturale. Tanto meno poteva prevedere la totale lealtà che Chloe le aveva dimostrato, rimanendo sempre al suo fianco e mettendo anche a rischio la sua stessa vita per lei. Cosa che Rachel stessa aveva fatto.
Che cos'era quel rapporto? Che cos'erano quei sentimenti, quell’attrazione che provava?
Rachel davvero non lo sapeva. Sapeva solo che li voleva. Sapeva solo che voleva Chloe nella sua vita.
Ora, guardando quegli occhi blu sconvolti dall'attesa, da quello strano silenzio che aveva lasciato cadere sulla stanza... Rachel si domandava cosa dirle. Come spiegarle...
Non voleva perderla. Non voleva nemmeno illuderla.
Rachel davvero non sapeva...
 
"Rachel?" la voce di Chloe la richiamò alla realtà.
"Non so come definire quello che provo per te..." esordì, tentando di dare senso e ordine al suo discorso. Non sapeva nemmeno con chiarezza dove voleva andare a parare.
"Chloe, io..." Avanti Rachel... sei brava con le parole, trovane qualcuna che non distrugga l'unico rapporto autentico della tua vita.
"... dopo questa settimana è chiaro che siamo molto più che semplici amiche. Ma... queste emozioni che provo. Questa attrazione, questa voglia di averti vicina... sono qualcosa che sto ancora esplorando. Non chiedermi di dare un'etichetta a tutto questo."
Il volto di Chloe fu attraversato dalla delusione.
Ecco appunto... Rimedia.
Rachel allungò la mano e la appoggiò delicatamente sulla guancia di Chloe, che si crogiolò in quel tocco come se fosse l'ultima volta che potesse sperimentarlo.
"Una cosa però posso dirtela. Voglio che tu sia parte della mia vita Chloe Price. Voglio che esploriamo insieme quello che stiamo provando. Tutto è successo naturalmente con te da quando usciamo, lasciamo che continui a succedere così. Ok?"
Chloe sospirò e appoggiò un bacio sul palmo di Rachel.
"Va bene!" le sorrise.
Rachel notò che la ragazza non era soddisfatta dalla sua risposta, ma quello era il meglio che poteva offrirle. Era il meglio che poteva offrire a sé stessa.
 
"Comfort food!" decise Rachel sorridendo.
Chloe ridacchiò: "Era ora! Scegli."
"Potrei considerare la ciambella ai frutti di bosco! Ma solo se la dividi con me.”
“Sicura? Ti avverto, non proporlo se è solo cortesia. Con le ciambelle ho un rapporto speciale e credo davvero di essere ancora in fame chimica…” posò Chloe.
“Lo vedo! Stai sbavando!”
In effetti Chloe si rese conto di avere un po’ di bavetta ai lati della bocca. Li asciugò con un gesto imbarazzato. Rachel sogghignò divertita, prese una ciambella ricoperta di glassa rosa e la porse a Chloe. Insieme tirarono e la spezzarono a metà, Chloe spazzò via metà della sua con un solo boccone famelico, Rachel diede un piccolo morso. Mentre le papille gustative si svegliavano di soprassalto in un dolce scuotimento, gli zuccheri iniziarono a fare il loro effetto psicotropo, inondandola di un caldo appagamento “Mmmh… offima ifea….” miagolò Rachel mentre sentiva la morbidezza della marmellata sciogliersi in bocca.
“Te l’avevo detto. Cibo per l’anima!”
Rachel le diede un buffetto sul culo con la gamba, Chloe rispose pizzicandole a coscia nei pressi del sedere. Sobbalzò sorpresa e un sorriso felino le apparve in viso. Con una zampata picchiò la mano di Chloe. “Te ne approfitti perché sono temporaneamente invalida! Cheater!”
“Ooooh, gergo da gamer eh? Ogni tanto emerge il tuo lato nerd!” Chloe le puntò uno sguardo sorpreso e colmo di speranze, mentre divorava i resti della sua ciambella.
“Beh… uno dei miei molti lati, ma devo ancora svilupparlo! In realtà molto di quello che so lo devo a discorsi origliati qui e là da veri nerd tipo Steph e limitate esperienze dirette! Ma ho imparato un po’ di terminologia!”
“Steph ti ha già proposto di giocare a D&D?” si informò Chloe.
“Un po’ di tempo fa…”
“Lo farà ancora! Mi ha già trascinata in una partita con Mikey la settimana scorsa! È stato divertente! Ti piacerebbe, è tutto basato sull’improvvisazione!”
“Me lo stai chiedendo?” Rachel socchiuse gli occhi con espressione furba.
“Forse!”
“Mmmh… allora ci farò un pensiero!”
Chloe ridacchiò e Rachel si unì a lei. Appoggiò la mano sul ginocchio di Chloe e strinse delicatamente, massaggiando con il pollice. Le due si fissarono per qualche momento in silenzio e Chloe sentì del calore salire alle guance.
“Sei unica!” disse Rachel.
“Lo so!”
“Non ti ho nemmeno chiesto com’è andata a casa.” disse Rachel, sistemandosi in una posizione più comoda e afferrando la ciambella al cioccolato dal sacchetto.
Chloe sospirò.
“Come previsto, immagino. Mia madre stava andando fuori di testa per i miei lividi, così ho dovuto dirle che siamo state aggredite, che tu hai preso una coltellata e io un ceffone… una mezza verità. Immagino che lei e lo Stronzo Adottivo abbiano parlato di quanto sono un casino… ma avevo troppo sonno per fregarmene.”
“Sei fortunata, tua madre si preoccupa…” commentò Rachel con un velo di amarezza. Chloe proseguì:
“Ho anche Capitan Mustacchi che mi sorveglia, però! Ieri prima che andassi in discarica mi ha raccontato una storia strappalacrime su un suo amico caduto in guerra. Voleva… boh… creare un legame… mi ha dato una loro foto insieme da tenere con me. Penso lo faccia solo per far contenta mia madre. Ha perquisito la mia stanza in cerca di droga e alcol mentre non c’ero… Mi riesce un po’ difficile prenderlo sul serio. Senza contare tutti gli altri precedenti.”
“Dio, è proprio uno stronzo…” ringhiò Rachel.
“Già… poi prima che venissi qua l’ho beccato che curiosava nel cofano del pick-up! Dice che Joyce gli ha chiesto di dargli una controllata e aiutarmi a sistemarlo. Almeno ha ammesso che ho fatto un buon lavoro!”
“Quefto potfevve effefe ufile…” disse Rachel masticando un morso di ciambella al cioccolato e porgendola poi a Chloe.
“Cosa?” chiese lei accettando l’offerta.
Rachel deglutì: “Che il Coglionnello ti dia una mano a sistemare il pick-up!”
“Sei seria?” chiese Chloe un po’ incredula, lasciando la ciambella in sospeso davanti alla bocca.
“Beh, pensaci. Sarebbe molto poetico che lui ti aiutasse a rimettere a nuovo il mezzo con cui sfanculeremo Arcadia Bay!”
“Ma non mi serve il s….” Chloe iniziò ma Rachel zittì spingendole la ciambella in bocca!
“Lo so che ce la faresti anche da sola. Ma in questo modo otterresti due risultati: primo, faresti contenta tua madre e in questo modo sia lei che David ti darebbero un po’ di tregua; secondo, lui ha il suo macchinone sportivo giusto? Si intende di motori, velocizzerà le riparazioni.”
Chloe la ascoltò con la ciambella spinta in bocca, corrugò le sopracciglia. Voleva replicare, ma non riuscì a trovare argomenti per ribattere. Era sinceramente molto, molto sollevata che Rachel avesse ripreso a parlare del loro viaggio in modo concreto. Azzannò con stizza artificiosa la ciambella, staccando un grosso boccone e masticandolo platealmente.
*MUNCH*MUNCH*MUNCH*

Rachel rise e si riprese la ciambella, dando un altro morso.
Chloe deglutì e sbuffò.
“Che cazzo… mi secca che tu abbia ragione…” incrociò le braccia facendo un po’ il broncio.
“Lo so, mi capita spesso!” Rachel fece la linguaccia.
“Vuoi un pizzicotto?” minacciò Chloe.
“Provaci!” sfidò Rachel.
Le dita a tenaglia di Chloe saettarono verso l’interno coscia sinistro di Rachel, agguantando una sottile striscia di pelle. Rachel sobbalzò con un gridolino acuto. L’ultimo pezzo di ciambella cadde prima sul letto, poi sul pavimento. Entrambe si bloccarono a guardare attonite il sacrilegio appena compiuto. Lo sguardo inquisitore di Rachel puntò Chloe come un mirino.
“Cos’hai fatto…!” partì all’attacco. La mano destra si protese in avanti, pizzicando la gamba destra di Chloe, poi puntò al gluteo destro, muovendo la mano come un cobra. Chloe tentò di difendersi e contrattaccare, ma temeva di colpirle inavvertitamente il braccio ferito, così puntò al solletico. La mano sinistra scattò verso le costole di Rachel, ma lei fu più rapida e la mano destra si insinuò. Nella foga Chloe sollevò la gamba e deviò il braccio di Rachel che finì col pizzicarle la tetta sinistra.
Chloe balzò in piedi, allontanandosi dal letto stringendosi il seno con entrambe le mani! “Cazzo! Merda! Fffffffht! Aaaahhhiii….”
“Scusascusascusascusascusa!!” Rachel rideva con gesti imploranti perdono.
“Fottuto Leongranchio!” tossì Chloe sorridendo, stringendosi la tetta e un po’ le costole contuse che protestavano amaramente per tutto quel movimento!
“Leonché?!” chiese Rachel.
“…Granchio! In camera tua ho visto quel poster sullo zodiaco. È quello che sei! Un leone con le chele!”
“Sembra un cattivo di One Piece!”
“Hella yes!” ammise Chloe ridacchiando e riavvicinandosi cautamente al letto.
Le due ripresero fiato. Il volto di Rachel si era addolcito. I suoi occhi conservavano tracce di malinconia, ma Chloe poteva vedere che una parte del peso si era sollevato dal suo petto.
Anche il petto di Chloe, ora, era più leggero.
 
-
 
“Mi piace dormire.
La mia vita ha la tendenza a cadere a pezzi quando sono sveglio, sai?”

(Ernst Hemingway)
 
"A Hole In The Earth"
Daughter

In my own turn
I'm trying to reach out I know I'll get there soon
There's a hole in the earth here
And we're walking round the edges
You were flaunting all your open wounds
I can't express them better than you
 
You have buried childish qualities
Friend make sense of me, friend make sense of me
I have many destructive qualities
Friend make sense of me, friend make sense of me
 
It's like an old ruin
Your father's a liar while my father's lying down
In a hole in the earth there
And I'm scared I'll forget him
I'm still haunted by those open wounds
I won't express them truly to you
 
You have buried childish qualities
Friend make sense of me, friend make sense of me
I have many destructive qualities
Friend make sense of me, friend make sense of me
 
I have so much hurt inside me
Friend make sense of me, friend make sense of me
I have so much hurt inside me
Friend make sense of me, friend make sense of me
Friend, friend, friend, friend
   
 
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