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Autore: Andrea Micky    06/01/2021    1 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Editoriale_Metro]
Le storie in cui il Mago Merlotto si trasforma in animale é stato il punto di partenza per questa mia fan fiction.
MAGO MERLOTTO and relative characters created by PIER LUIGI SANGALLI
Genere: Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il piccolo esercito
by Andrea Micky

In cammino da parecchi giorni, con la bacchetta magica in tasca e il fedele Filomeno accanto, il Mago Merlotto stava percorrendo una strada di campagna, quando iniziò a piovere.
“Orpolina! Se non troviamo al più presto un riparo, ci bagneremo fino alle ossa” disse preoccupato Merlotto.
“Vedo un villaggio in lontananza. Chiediamo ospitalità laggiù” suggerì Filomeno.
Merlotto concordò e correndo più veloce che poteva, giunse presto al villaggio, insieme al suo fedele gufo.

L’arrivo al villaggio fu però molto strano, in quanto, una volta giunti a destinazione, i due amici udirono voci concitate e rumori di lotta provenire da dentro le case.
“Prendilo! Prendilo!” incitava qualcuno.
“Stavolta lo becco” diceva qualcun altro.
“Ehp! Ma che sta succedendo qui?” domandò Filomeno.
“Non lo so. Ma chiediamo ospitalità in quell’osteria” suggerì Merlotto, indicando un edificio con insegna in fondo alla strada.

Una volta giunti sulla soglia dell’osteria però, Merlotto e Filomeno si ritrovarono davanti l’oste, che impedì loro di entrare.
“E voi che volete?” domandò l’uomo.
“Ripararci dalla pioggia e mangiare qualcosa” rispose Merlotto.
“Anche se siamo completamente al verde” ammise Filomeno.
“Mi spiace, ma se non potete pagare, non posso accontentarvi” rispose l’oste.
“Papà, non essere sempre così rigido” intervenne una ragazza dai lunghi capelli biondi.
“Tu sei troppo buona, Giuditta” sospirò l’oste, scuotendo la testa.
Rivolgendosi ai due viaggiatori, la ragazza disse loro “Andate pure a ripararvi nella stalla. Fra poco, vi porterò qualcosa di caldo”.
“Grazie, damigella” rispose Merlotto, togliendosi il cappello in segno di rispetto.

Poco dopo, seduti all’interno di una stalla, Merlotto e Filomeno si misero a mangiare della minestra calda, che Giuditta, questo era il nome della ragazza, aveva portato loro.
“Grazie, Giuditta. Sei stata molto gentile” disse Filomeno.
“Prego. E vi chiedo di perdonare il comportamento di mio padre: lui vi ospiterebbe anche gratis, ma le nuove tasse non glielo permettono” spiegò la ragazza.
“Sono così alte?” volle sapere Merlotto.
“Abbastanza. E ultimamente, il signore di queste terre, il Barone Guidobaldo, ne ha introdotta una nuova” rispose tristemente Giuditta.
“Una nuova?” domandò incuriosito Filomeno.
“Sì: ogni abitante del villaggio deve pagare due monete per ogni topo che ha in casa” rispose Giuditta.
“Capisco che l’igiene sia importante, ma questa tassa mi pare una cosa ingiusta” obbiettò il gufo.
“In verità, il barone ha paura dei topi e non vuole che ce ne siano in giro” bisbigliò Giuditta.
“Ecco perché sentivamo una gran confusione nelle case. Era la gente del villaggio che dava la caccia ai topi” capì Merlotto.
“Esatto. E purtroppo, visto che ultimamente ce n’é stata un’invasione vera e propria, nessuno potrà pagare la nuova tassa, anche se dovrebbe” aggiunse Giuditta.
“Forse posso fare qualcosa io. Ma mi servirà un certo strumento” disse Merlotto, grattandosi il mento con fare pensieroso.
“Ti fornirò tutto quello di cui avrai bisogno, se servirà ad aiutare il mio villaggio” promise la ragazza.

Una volta finito il temporale, Merlotto poté entrare in azione.
Rivolgendosi a Giuditta, Merlotto le chiese “Giuditta, ci sono degli strumenti musicali in questo villaggio?”.
“Sì. Li ha il vecchio maestro di musica” rispose lei.
“E c’é un fiume qui vicino?” volle sapere il mago.
“Certo. É da quella parte, a circa una mezz’ora da qui” rispose la ragazza, indicando la direzione da prendere.
Soddisfatto delle risposte ricevute, Merlotto si recò a casa del vecchio maestro, da cui si fece prestare un piffero, per poi recarsi nella piazza cittadina.
“Che cosa vuole fare il tuo amico?” domandò perplessa Giuditta a Filomeno.
“Credo che voglia imitare il protagonista di una certa fiaba” le rispose il gufo.

Battendo la sua bacchetta magica sul piffero, Merlotto recitò la formula “Strumentus magicus attiras topos”.
Dopo di che, il mago si portò lo strumento musicale alla bocca e quando si mise a suonarlo, la melodia emessa dal piffero attirò nella piazza tutti i topi del villaggio.
A quel punto, Merlotto non dovette fare altro che dirigersi verso il fiume, seguito dall’orda di roditori ipnotizzati.
“Fantastico. Merlotto ha liberato il villaggio” gioì Giuditta.
“E appena in tempo” disse Filomeno, notando un drappello di soldati che si avvicinava.

A capo del drappello c’era il Barone Guidobaldo, un uomo dalla faccia poco raccomandabile, il quale, appena arrivato, ordinò che tutti gli abitanti del villaggio si radunassero in piazza.
Una volta eseguito l’ordine, il potente nobile domandò “Ci sono ancora dei topi in città?”.
“No, signore. Un mago arrivato qui proprio oggi li ha fatti sloggiare tutti” rispose Giuditta.
Per appurare la veridicità di quelle parole, il barone si fece portare un cesto, dal quale uscì un grosso gatto, che si mise ad annusare l’aria.
“Il fiuto del mio Nerone é molto sviluppato e se ci sono dei topi, li scoverà anche rimanendo qui in piazza” avvertì il Barone Guidobaldo.
Ma dopo alcuni minuti, il gatto se ne ritornò nel cesto, a dimostrazione che il villaggio era completamente disinfestato.

“A quanto pare, nessuno dovrà pagare la tassa sui topi” dichiarò il Barone Guidobaldo.
“Evviva!” esultarono gli abitanti del villaggio.
“Però, l’acquazzone di poco fa ha causato molti danni al mio castello -disse il barone- Ma se la qui presente Giuditta accetterà di farmi da domestica, non applicherò le tasse supplementari con cui pagare le riparazioni”.
Gli abitanti del villaggio tentarono di protestare, ma prima ancora di poter aprire bocca, si ritrovarono le armi dei soldati puntate contro di loro.
“Accetto la vostra offerta, signore” rispose Giuditta, facendo un breve inchino.
E così, sotto lo sguardo addolorato dei suoi compaesani, la ragazza venne fatta salire sopra un cavallo, che si allontanò insieme a quelli montati dal barone e dai suoi uomini.
Appollaiato sul tetto di una casa, Filomeno aveva seguito tutta la scena e decise d’intervenire.
“Brutto furfante. Se la vedrà con me e Merlotto” pensò il gufo, mentre volava verso il fiume.

Merlotto era ormai arrivato in prossimità del fiume, quando Filomeno lo raggiunse.
“Fermati, Merlotto. Non affogare quei topi” gridò il gufo, mentre planava verso il basso.
Nonostante lo stupore, Merlotto non smise di suonare il piffero, limitandosi a guardare in modo interrogativo il suo amico alato.
Quest’ultimo, capendo la situazione, spiegò concitatamente “Anche se hai liberato il villaggio dai topi, il Barone Guidobaldo ha tirato fuori un pretesto per scucire denaro ai suoi vassalli. E dato che nessuno poteva pagare, Giuditta si é sacrificata per il bene comune, diventando sua serva”.
“Orpolina! Bisogna fare qualcosa, allora” esclamò Merlotto, incapace di trattenere il suo sdegno.
Nel momento stesso in cui Merlotto smise di suonare, i topi si risvegliarono dall’ipnosi e fecero per disperdersi, se non che Filomeno li richiamò.
“Aspettate. Abbiamo bisogno di aiuto e se ci date una mano, avrete una dimora in cui vivere in pace” promise il gufo.
“E quale sarebbe questa dimora di cui parli?” volle sapere uno dei topi.
“Il castello del Barone Guidobaldo, che noi scacceremo lavorando insieme” rispose Filomeno.
“D’accordo. Ci stiamo” rispose il topo, mentre i suoi simili annuivano.
“In marcia verso il castello, allora” incitò Merlotto, atteggiandosi a gran condottiero.

A capo dell’insolito esercito, Merlotto e Filomeno giunsero presto in vista del castello del barone.
“Siamo arrivati. E ora che si fa?” domandò Filomeno.
“Cerca Giuditta. E fatti dire se c’é una stanza vuota in cui ci possiamo nascondere” rispose Merlotto.
“D’accordo” rispose Filomeno, volando verso il maniero.

La ricerca fu breve, perché Filomeno s’imbatté presto in Giuditta, intenta a pulire la camera da letto del suo nuovo padrone.
“Giuditta, sono qui” disse Filomeno, posandosi sul davanzale.
“Oh, Filomeno!” esclamò felice la ragazza.
“Di sotto, c’é anche Merlotto, che vuole sapere se nel castello esiste una stanza vuota in cui nascondersi” spiegò il gufo.
“Sì ed é proprio sotto a questa” gli rispose la ragazza.
“Vado subito a dirglielo. Tu cerca di tenere duro” le disse Filomeno, prima di volare via.

Una volta tornato da Merlotto, Filomeno lo mise al corrente di ciò che aveva appreso.
“Benissimo. Possiamo entrare in azione, allora” disse Merlotto, mentre impugnava la sua bacchetta magica, con cui si trasformò in un topo dal pelo arancione.
“Ehp! Perché ti sei tramutato in uno di noi?” gli chiese uno dei topi.
“Per poter attuare il mio piano, che realizzeremo una volta dentro il castello” rispose Merlotto.
E grazie alle capacità acquisite con la sua trasformazione, Merlotto si arrampicò lungo le mura del castello, seguito da tutti i topi, raggiungendo così la stanza indicata da Giuditta.
Una volta dentro, Merlotto riacquistò le sue sembianze umane e quando la stanza fu piena di topi, il mago puntò la bacchetta verso di loro, pronunciando la formula “Ibicus Figitus Gigantus”.

Seduto nella sala principale del suo castello, il Barone Guidobaldo stava accarezzando la schiena di Nerone, che improvvisamente s’irrigidì.
“Che succede, Nerone? Ci sono per caso dei topi nel castello?” domandò spaventato il barone.
“Meow!” confermò il gatto, sfoderando le unghie.
“Va’ a prenderli subito, allora” ordinò con voce tremante il Barone Guidobaldo.
Obbedendo all’ordine ricevuto, Nerone fiutò l’aria e seguendo l’odore dei topi, raggiunse la stanza in cui Merlotto si era nascosto.
Ma quando la porta si aprì, mostrando a Nerone chi avrebbe dovuto affrontare, la velleità del gatto svanì completamente.

Pallido come un lenzuolo, il Barone Guidobaldo si aggirava inquieto per la sala principale, quando vide Nerone sfrecciare  veloce come un fulmine verso l’uscita.
“Osi fuggire come un vigliacco? Ti farò spellare vivo” giurò il barone.
Ma non appena il nobile guardò dietro di sé, la situazione gli divenne spaventosamente chiara, perché nella stanza stavano entrando numerosi topi, ciascuno dei quali grande quanto un orso.
“Aaaah! Dei topi giganti! Soldati, aiutooo!” urlò a squarcia gola il Barone Guidobaldo.

Richiamati dalle urla del loro signore, i soldati arrivarono quasi subito, ma non appena misero piede nella sala, i topi giganti furono loro addosso, disarmandoli e decimandoli nel giro di pochi secondi.
Capendo che la battaglia era persa, i soldati si diedero alla fuga, preceduti dal loro signore, che fu il primo a correre fuori dal castello.
“Pistaaa! Non voglio più saperne di questo postaccio infestato” gridò il Barone Guidobaldo, prima di svanire oltre l’orizzonte.
Da una delle finestre del castello, Merlotto e Filomeno avevano seguito tutta la scena.
“Credo proprio che quel tipo se ne sia andato per sempre” disse compiaciuto Filomeno.
“Lo penso anch’io” concordò altrettanto soddisfatto Merlotto.

Dalla stanza in cui si trovava, Giuditta udì tutte le grida e i rumori di lotta provenienti dalla sala principale.
“A quanto pare, Merlotto é entrato in azione” pensò la ragazza.
In quel momento, la porta della stanza venne sfondata da uno dei topi giganti e di fronte a quella visione, Giuditta svenne, dopo aver cacciato fuori dalla gola un urlo assordante.
Udendo la voce della loro amica, Merlotto e Filomeno corsero subito da lei, trovandola priva di sensi.
“Sarà meglio far tornare i topi alle loro dimensioni naturali, o Giuditta sverrà di nuovo” disse Filomeno, facendole aria con le ali.
“Già. Senza contare che, altrimenti, non ci sarebbe posto per tutti loro nel castello” concordò Merlotto, mentre agitava nell’aria la sua bacchetta magica, annullando il suo precedente incantesimo.
E così, tornati alle loro dimensioni normali, i topi presero immediato possesso della loro nuova dimora, che trovarono molto più confortevole delle case del villaggio.

Poco dopo, una volta rinvenuta, Giuditta si fece spiegare da Merlotto e Filomeno ciò che era successo.
“Di’ pure ai tuoi compaesani che il Barone Guidobaldo non tornerà mai più” le assicurò il mago.
“E che i topi non vi daranno più fastidio, in quanto si sono stabiliti qui nel castello” aggiunse il gufo.
“Grazie di tutto. Non so come io e i miei compaesani potremo sdebitarci con voi” rispose Giuditta.
“Non pensarci nemmeno. A me basterà rifocillarmi nella dispensa del barone, che immagino essere ben rifornita” disse Merlotto, leccandosi deliziato le labbra.
“Ah, ah! Sei sempre il solito, Merlotto” rise divertito Filomeno.

FINE

   
 
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