Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    06/01/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Capitolo 1 - Nuove disavventure a Morioh (parte 1)

 

Febbraio 2018.

A Morioh è stato da poco riaperto al pubblico il più grande centro commerciale della città, dove diciannove anni prima si trovava un piccolo bar chiamato Deux Magots e appena vicino ad esso un supermarket. 

Le tre ragazze che erano sedute al tavolino del Nouveau Deux Magots non sapevano di questa storia, tuttavia. Solo due di loro esistevano nel 1999, e non erano nella condizione da comprendere cosa significasse quel piccolo bar per gli abitanti della città di Morioh all’epoca, dato che erano solo neonate.

"È una nuova moda dall'Inghilterra, questo brunch?" Chiese la ragazza bionda, l'unica che nel 1999 doveva ancora nascere. Le due ragazze di fronte a lei si lasciarono scappare un vago sorriso, ma solo la più alta delle due, dai capelli di un bianco candido, gli occhi di una sfumatura pallida di rosa e una vistosa coda animalesca che ondeggiava calma tra le gambe della sua sedia rispose. "In realtà li facciamo da qualche anno anche qui in Giappone, ma non ti avevamo mai invitata prima perché avevi scuola."

In effetti la ragazza bionda era l'unica che ancora frequentava le superiori delle tre. L'ultimo anno, il terzo, alle scuole superiori Budoga-oka, le stesse che avevano frequentato i suoi genitori e suo fratello maggiore. Aveva 18 anni, mentre le altre due ne avevano 20 e 21. La ragazza bionda dagli occhi di due colori diversi- uno azzurro e uno castano, sbuffò con finta offesa.

Tutte e tre risero. Ovviamente quel clima gioioso e tranquillo non poteva durare a lungo.

Due ragazze sventolarono le mani in aria, riempiendo il silenzio rilassante di prima con rumore di tacchi sul pavimento nuovo e troppi braccialetti ai polsi che si scontravano tra loro, in quello sbracciarsi tanto esagerato.

"Ma guarda chi c'è!" Gridò una delle due, dai capelli chiari e gli occhi neri e cattivi. Sembrava la capa delle due, la più aggressiva e rumorosa. L'altra stette in silenzio a ridersela alle sue spalle, ben protetta dall’altra, benchè lei fosse molto più alta e spessa della capa, una ragazza decisamente magra e dall’aspetto fragile. "Kawajiri Sachiyo? Non posso crederci che qualcuno esca con te senza vergognarsi, gattina!"

Quella che era rimasta indietro cercò di strappare dalla testa della bionda Sachiyo il cerchietto rosa con le orecchie da gatto da cui non si separava mai.

Presto però il bersaglio delle due bulle virò sulle due amiche di Sachiyo Kawajiri.

"Oh, ma tu sei Mao, quell'albina con la coda! Eri in classe con mia cugina! Che schifo!" disse la capa delle bulle, pestando per sbaglio la coda di Mao.

Altre risate che però non sembrarono scalfire l'ultima delle tre ragazze prese di mira, che era rimasta seduta a sorseggiare il suo earl gray con la svogliatezza e spocchia che erano ben rari lì a Morioh- ma nella città natale della ragazzetta, Liverpool, erano la norma. 

Questo comportamento era inaccettabile per la capa di tutte le bulle della Budoga-oka, Akari Futaba.

"Sachiyo, chi è questa bambina con cui esci? Fai da baby-sitter, ora?"

"Hm, io credo sia quella ragazza inglese strana. Quella figlia del dottore straniero, Joestar qualcosa?" le sussurrò prontamente la sua sottoposta. "Per cui ha vent'anni. Era in terza quando noi eravamo in prima."

Akari si applaudì da sola, sotto lo sguardo poco interessato della silenziosissima ragazza inglese. "Oh! Massí, ora ricordo! La cara JoJo! La piccola, tenera JoJo! Capisci quando parlo, roight? Innit?"

Mao e Sachiyo rimasero immobili. La loro amica continuò a fissare la tazza di thè tra le sue mani attraverso le lenti colorate dei suoi sottili occhiali da sole, senza mai alzare lo sguardo sulle due. Dai suoi occhi blu scuro non si poteva intravedere nessun tipo di paura, e solo un leggero sentimento di fastidio- come se quelle accanto a lei non fossero altro che piccole, fastidiose mosche.

Questo era quello che non voleva la capa delle bulle. Akari afferrò uno dei codini della ragazza e strattonò con tutta la violenza e la rabbia che si celava nel suo corpo, trascinando giù la ragazza inglese, più vecchia ma ben più bassa e delicata di lei. "Sei solo una stronza europea del cazzo! Chi ti credi di essere, mocciosa?!"

La ragazza venne sbilanciata giù dalla sedia e la tazza di thè si infranse sul pavimento del centro commerciale, e la ragazza cadde a sua volta. Mancò poco che Akari iniziasse a prenderla a calci, ma non lo fece solo perché altre persone la stavano guardando spaventati da quel gesto aggressivo.

"Ricordatevi che qua comando io. Io comando ovunque. Ci vediamo lunedì a scuola, Kawajiri."

Mao e Sachiyo non seppero come rispondere a quella violenza ingiustificata. Nessuna delle due era aggressiva o vendicativa, ed entrambe cercavano la pace e la tranquillità.

Mao fece il giro del tavolino per raccattare l'amica che non aveva visto alzarsi, ma si accorse che non c'era più.

Vide solo orme di scarpe macchiate dal the sul pavimento immacolato del centro commerciale, formarsi dal nulla e seguire la pista delle due bulle, appoggiate alla ringhiera delle scale mobili mentre ridacchiavano di altre ragazze.

Accadde tutto in un attimo.

I capelli di Akari vennero strattonati indietro dal nulla. Una forza invisibile premette sulle sue spalle e nel giro di un istante la bulla era oltre il parapetto, caduta nel vuoto della tromba delle scale.

Mao non rimase a guardare la scena. Prese Sachiyo per il polso e la trascinò via, lontana dalla scena del crimine.

Sachiyo rimase a bocca aperta dallo stupore. "Non ci posso credere, l'ha fatto davvero… Shizuka…!"

 

"Non ci posso credere!" Esultò l'uomo dalla carnagione scura e i capelli di due colori, navigando agevolmente nel traffico di Morioh centro con la sua piccola automobile da poco. 

Okuyasu era sempre esagerato, ma era anche l'unico modo che Shizuka aveva per tornare a casa. Odiava le prediche dell'uomo- che era suo vicino di casa, la conosceva da quasi la sua nascita ed era molto intimo col padre di Shizuka, più di quanto lei volesse saperne- ma doveva solo stare zitta e accettare quei venti minuti di tragitto in auto con lui.

Meglio venti minuti di Okuyasu che cercava di farle capire il senso della vita e l'universo piuttosto che un'ora su un'autobus puzzolente e pieno di pezzenti.

"La tizia- quell’errore della natura- non è morta, è solo caduta giù per le scale."

"Caduta o spinta, Shizu?"

Shizuka non rispose. Quella bastarda le aveva rovinato il completo nuovo che aveva comprato poco tempo prima in una boutique a New York. Quel completo valeva più dell'intera vita di quella pidocchiosa bulla, Shizuka era stata anche fin troppo misericordiosa con quella disgustosa inbreed

"Ora quella ragazza è sicuramente in ospedale, e forse nel reparto di tuo padre. E se lei gli dicesse che sei stata tu?"

"Non mi ha visto." Fu la risposta concisa di Shizuka. Papà le aveva detto che "shizuka" vuol dire "silenzio", e il suo carattere mite ma un po' rude e decisamente poco rumoroso era perfetto per quel significato. 

Shizuka aveva usato Achtung Baby, ed era completamente invisibile quando l'aveva fatta inciampare per sbaglio. Nessuno l'avrebbe scoperta.

E poi, anche se papà l'avesse scoperto, non se la sarebbe mai presa con la sua adorata, unica figlia.

Il silenzio che Shizuka agoniava tanto tornò nell'autovettura. 

Okuyasu ci mise poco a romperlo di nuovo, tuttavia.

"Io stavo lavorando, quando mi hai chiamato. Ho mollato il lavoro per venirti a prendere!"

Cosa stavi facendo, potando una siepe? pensò acida Shizuka. Sei un fiorista, non un ingegnere nucleare.

Non rispose. Lasciò che Okuyasu finisse un altro, noioso monologo. Grazie al suo stand Achtung Baby, il palmo della sua mano diventò uno specchio e si guardò per controllare che il suo look non fosse stato troppo rovinato da quell'inconveniente. Non sapeva ancora controllare molto bene il proprio stand e come poteva controllare invisibilità e colori, ma riusciva a diventare invisibile, colorare finti sangue e botte sulla sua pelle e rendere la sua mano un comodo specchietto, e tanto le bastava per ora.

"Non dovevi tornare con le tue amiche?" Continuò inesorabile Okuyasu.

"Mao è scappata via dopo l'incidente con Sachiyo. Mi ha lasciata a piedi."

Codarde del cazzo.

"Tu non avevi una moto?"

Shizuka si lasciò scappare un sospiro di rassegnazione al pensiero della sua defunta moto. Era lilla, il colore preferito di Shizuka, con delle fiamme glitter custom-made sui fianchi. Papà aveva speso un capitale per quella moto. 

"Si è rotta. Papà l'ha mandata a riparare e ci sta mettendo una vita. Bollocks."

La verità è che Shizuka era andata a sbattere e aveva anche sfondato una vetrina. Papà aveva ripagato tutte le spese (più che altro lo shock della proprietaria del negozio), ma la moto era distrutta e aveva deciso di farla riparare piuttosto che prendergliene un'altra. Bollocks. Era una punizione per la sua poca concentrazione alla guida, ne era certa. Perché papà non aveva usato semplicemente i suoi poteri, come li aveva usati per ricostruire la vetrata mandata in frantumi da Shizuka? Era un piano diabolico per punirla ingiustamente, ne era sicura. Utter bollocks!

"Shizuka, forse è ora che tu ti trova un lavoro. Da quando hai finito le scuole superiori non hai iniziato l'università, né hai mai cercato un lavoro. Non dovresti farti pagare tutto da tuo padre, potresti usare i tuoi soldi… Non credi sia ora di dare una svolta alla tua vita?"

Ancora non arrivò nessuna risposta a Okuyasu, e quando si voltò a osservarla, per un istante, vide la stessa espressione di freddo disprezzo che caratterizzava e aveva sempre caratterizzato il padre della ragazza.

"Bollocks." Fu l'unica risposta che Oku ricevette.

Parcheggiò l'auto nel giardino sul retro della grande villa che un tempo era stata dei Nijimura, e ora era una splendida villetta nella periferia ricca di Morioh, divisa in due appartamenti ma con i giardini comunicanti.

Scaricò Shizuka lì, e lei subito si diresse alla sua porta, senza nemmeno ringraziare Okuyasu. A lui non interessava.

"Ci vediamo stasera, allora?" chiese Shizuka, voltandosi un'ultima volta verso il vicino, che stava tornando a piedi al suo negozio di fiori. Shizuka era una ragazza difficile, sotto certi versi, ma a Okuyasu non importava. Andava bene così, era uno sprizzo di vita e gioventù in quella Morioh che sembrava star invecchiare pian piano ma inesorabilmente. 

"Certo, Tonio mi ha insegnato a fare gli spaghetti con le vongole. Tu e Josuke potete venire a cena da me."

Shizuka sorrise con sincerità, annuì e in un turbinio di codini spettinati e gonnelle sporche di thè si chiuse la porta alle spalle e lo salutò con un vago cenno della testa.

 

La vita di Shizuka era stata… complessa. Non difficile da vivere, ma più da accettarla come tale. 

Shizuka era stata ritrovata a Morioh, neonata e abbandonata al suo destino, condannata o forse salvata da quello stand innato che la rendeva completamente invisibile. Fu trovata dall'anziano Joseph Joestar e da suo figlio Josuke nell'estate del 1999, e proprio Joseph se ne prese la responsabilità e la portò a New York. Ma gli anziani Joestar erano troppo avanti con l'età per prendersi cura di lei, e la loro salute stava velocemente degenerando e presto Shizuka divenne un peso per loro, più che un dono. 

Shizuka non li ricordava bene, a dire il vero. Non li aveva quasi mai visti. I primi anni della sua vita erano caratterizzati dal non essere mai nello stesso posto per più di due ore- sempre sballottata a destra e a manca come la pallina di un flipper, passata di mano come un pacco. Assistenti sociali della SPW foundation, baby-sitter varie, parenti lontani. Mai qualcuno di stabile a cui legarsi, tuttavia. Solo una grande confusione di visi nuovi e facce sconosciute che non tornavano più.

Nel 2002 arrivò negli Stati Uniti Josuke, il figlio illegittimo di Joseph, che si prese il compito di badare a quella bambina indifesa e abbandonata più volte. Vi si affezionò anche più di quel che sospettava. A ventuno anni, nel 2004, adottò formalmente Shizuka e le diede una casa stabile- la villa ristrutturata degli antichi Joestar a Liverpool- e un affetto stabile e presente- un padre. 

Shizuka non seppe quasi più nulla di quegli anziani Joestar statunitensi che l'avevano presa da terra e portata a casa come un giocattolo qualunque. Seppe che Suzie era morta, e che Joseph aveva una qualche malattia che lo rendeva completamente incapace di qualsiasi cosa. Josuke era diventato in quegli anni il suo erede legittimo assieme a una certa Holly. Forse Shizuka l'aveva vista una volta o due, non ricordava. Aveva visto solo un paio di volte il figlio di Holly, lo spaventoso Jotaro la cui comparsa non portava mai niente di buono. La notizia della malattia di Joseph, la morte di Suzie o la chiamata a Josuke per fermare l'Apocalisse e quasi rimanerci secco. Shizuka aveva ancora gli incubi, a pensare a quei giorni di marzo del 2012. Inoltre c'era la figlia di Jotaro, la spocchiosa e aggressiva Jolyne. Non le piaceva. L'aveva ignorata tutto il tempo, il giorno in cui l’aveva incontrata.

Josuke era stato sicuramente un padre migliore di Joseph, ma Shizuka era sicura esistessero padri migliori di lui. Padri che avevano più di 15 anni di differenza con i loro figli e padri che facevano altro oltre a studiare e lavorare tutto il giorno. 

Padri che non obbligavano i loro figli da un giorno all'altro, nel 2012, a trasferirsi dalla strabiliante Liverpool alla noiosa e provinciale Morioh.

Padri che salutano quando tornano a casa da lavoro all'ospedale di Morioh.

La porta sul retro sbatté con tanta forza che a Shizuka sembrò che la casa avesse tremato sotto quell'impatto. A passi lunghi, pesanti e ritmati come una marcia di guerra, Josuke Higashikata fece la sua gloriosa entrata in scena, sotto lo sguardo davvero poco stupito di Shizuka, che stava giocando ai videogiochi sul costoso divano di marca in salotto.

"Pa'? Arrabbiato anche oggi?"

Josuke, il padre di Shizuka, era un tipo facilmente irritabile. Quando era arrabbiato, i corti capelli tirati indietro sulla sua fronte schizzavano in alto come un gatto infuriato che drizzava i peli per sembrare più grosso.

Ma i capelli di Josuke erano ben laccati sulla sua fronte, a formare un corto ciuffo tirato indietro.

Non era arrabbiato?

"Pa'?" Chiese ancora Shizuka, un po' più in allerta. Che era successo?

Stava camminando in cerchio in cucina. Shizuka lo chiamò ancora, quasi gridando, e finalmente Josuke si riscosse dai suoi mesti pensieri, posando i suoi occhi azzurro chiaro sulla figlia.

A lunghi passi raggiunse il salotto. Si sedette al fianco di Shizuka sul grosso divano griffato, rigirandosi il cellulare glitterato tra le mani. Shizuka preferiva guardare i riflessi nella cover rosa shocking ricoperta di glitter che gli occhi fissi sul vuoto e stranamente spenti e privi di vita di suo padre. Le faceva paura.

Josuke poteva parlare per ore di idiozie, ma per gli argomenti seri era tutt'altra cosa.

Sospirò. 

Ci mise una vita a farlo e un’altrettanta vita a parlare.

"Jotaro mi ha chiamato…"

Oh no.

Ancora?

 

Note dell'autrice:

Benvenuti a chi è nuovo e bentornato a chi conosce già questa storia, e non vedeva l'ora che tornasse dall'oltretomba in cui era sprofondata nel lontano 2018.

Ebbene sì, DH è finalmente tornata. Non so come sentirmi. È dal 2014 che ci lavoro e, anche se sono cambiate parecchie cose in questi anni, la voglia di fare e finire questa fanpart è sempre quella.

Per chi l'ha già letta sette anni fa e non si ricorda nulla: meglio. Molto meglio. La trama è simile, ma da come avrete potuto intuire da questo primo capitolo, anche profondamente cambiata e, spero, maturata.

(delucidazioni su alcuni personaggi: Mao è apparsa nella novel DNA di Rohan, dunque è un personaggio canonico che, come Shizuka, ho mostrato da adulta. Sachiyo invece è un OC, che ho inventato e non appare nel canon.)

Ci vediamo mercoledì prossimo, il 13, col capitolo 2. I primi capitoli saranno un po' a rilento, ma ne ho bisogno per dare una base ai prossimi capitoli, decisamente molto più frenetici.

Alla prossima!

   
 
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