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Autore: IndianaJones25    08/01/2021    4 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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II.
GREEN MOUNTAIN NATIONAL FOREST, VERMONT, APRILE 1904

   Il viaggio in carrozza, organizzato per il lunedì di Pasqua, era sembrato interminabile, specialmente agli occhi del piccolo Junior; si erano messi in viaggio che era ancora buio ed erano giunti a destinazione con il sole già alto nel cielo del mattino. Ma ne era davvero valsa la pena e la stanchezza era stata dimenticata molto in fretta.
   Il luogo era meraviglioso, una vera fiaba da vivere a occhi aperti. La foresta si snodava sui versanti delle alte e aguzze montagne, tra anfratti e rocce in mezzo alle quali gorgogliavano i torrenti cristallini e si tuffavano le ardite cascate dalle acque gelide e spumeggianti. I raggi del sole, cadendo perpendicolari al suolo, formavano fantastici giochi di luce tra gli aghi intrecciati degli abeti e le foglie ancora tenere delle querce.
   Mentre, porgendole una mano, aiutava Anna a scendere dal cocchio, Henry ebbe appena il tempo di ordinare: «Junior, resta dove possiamo vederti!», che suo figlio e il grosso cane si erano già lanciati sui declivi erbosi e punteggiati di piccoli fiori variopinti su cui danzavano le api e altri insetti, ridendo e abbaiando come matti.
   Ogni svolta nascondeva un segreto, ogni saliscendi un tesoro, ogni cascatella sembrava un fiume impetuoso, da affrontare con il medesimo ardire dei protagonisti dei suoi romanzi preferiti, quelli di Jules Verne e di Henry Rider Haggard, che la mamma gli leggeva ogni sera prima di metterlo a letto. Era tutta un’avventura fantastica e Junior giurò a se stesso che, in vita sua, avrebbe voluto vivere mille altre imprese fantastiche proprio come quella.
   «Vieni, Indiana!» gridò, percorrendo di corsa il perimetro di uno stagno, attorno alle cui rive crescevano canne nel cui fitto gracidavano placide le rane. Ma lui, invece di un laghetto vi vedeva un mare misterioso e senza confini, solcato dai galeoni dei pirati; e la sponda era in realtà una spiaggia sotto le cui sabbie era nascosto un forziere pieno di dobloni d’oro, che attendeva soltanto di essere riportato alla luce.
   Dietro una pietra, poi, scoprì un bellissimo serpente, verde e grigio, la cui pelle liscia risplendeva nella luce. Indiana abbaiò, diffidente. Junior, invece, restò a guardarlo incantato mentre, dopo aver saettato un paio di volte la lingua, srotolava le sue lunghe spire e si allontanava con movimenti sinuosi in cerca di un posto più tranquillo dove poter continuare a riposare in pace. Era davvero stupendo e non riusciva a capire come facessero certe persone - per esempio, la mamma - ad avere paura di animali tanto curiosi e affascinanti. Inconcepibile!
   Anna, dopo aver steso in terra una tovaglia, cominciò a imbandirla con uova sode, torte, panini imbottiti e altre leccornie che aveva preparato; Henry, invece, pur tenendo un occhio attento al figlio per accertarsi che non si facesse male, prese dalla carrozza uno sgabello che aveva portato con sé e, tolto dalla tasca della giacca il suo taccuino e inforcati gli occhiali, cominciò a leggerlo e a scriverci sopra di quando in quando con aria assorta.
   Finalmente, venne il momento del pranzo, e tutti si riunirono per il pic-nic. Junior, sudato e felice, assaporò i manicaretti preparati dalla mamma dividendo ogni boccone con Indiana, che gli avvicinava il muso al volto ogni volta che desiderava qualcosa da mangiare. E forse fu a causa di un bicchiere di vino di troppo che, subito dopo mangiato, a Henry venne l’idea di insegnare a suo figlio ad arrampicarsi sugli alberi.
   «Ecco qua, Junior» disse, tra il serio e il faceto, dando una manata al tronco di un grosso e alto abete secolare. «Sta’ a vedere.»
   Tolti giacca e cappello, abbracciò il legno e, dopo averlo studiato per alcuni istanti, iniziò a salire verso la chioma con l’agilità di una scimmia.
   Junior cominciò a ridere e Indiana si mise a saltellare tutt’attorno, scodinzolando e abbaiando. Anche Henry rideva, arrampicandosi sempre più in alto. Soltanto Anna sembrava piuttosto apprensiva.
   «Henry, per l’amor di Dio, fa attenzione!» continuava a ripetere, agitando la mano come per poterlo prendere al volo nel caso che fosse precipitato. «Va bene, sei bravo, sei salito abbastanza in alto, ora però scendi! Non credi che sia sufficiente? Henry, attento! Mio Dio, Henry, mi pare che ormai abbiamo capito tutti le tue doti da rocciatore, no?» Eppure si vedeva benissimo che, sotto l’apprensione, si stava divertendo anche lei.
   Henry Senior balzò finalmente in terra e si prodigò in un teatrale inchino di ringraziamento al battimani che gli fu tributato da moglie e figlio. Poi spazzolò la camicia e il panciotto dalla polvere e dalla corteccia che vi erano rimaste sopra, si pulì le mani in un fazzoletto e, ripresa la giacca, disse: «Ora però ho proprio bisogno di un altro goccetto. Arrampicarsi mette sete, sapete?»
   Junior guardava suo padre come non lo aveva mai visto. Era abituato a vederlo freddo e distaccato, seduto dietro la sua scrivania. Chi avrebbe potuto immaginare che, sottosotto, quell’uomo sempre tanto distaccato nascondesse uno spirito avventuroso?
   
 
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