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Autore: _Niente_Paura_    08/01/2021    1 recensioni
Tra gli scaffali di Arcana Bibli è possibile scorgere un grosso libro dalla spessa copertina nera, è vecchio, tant'è che le pagine sono ingiallite e sembrano volersi spezzare anche tra le mani più delicate ed accorte.
L'interno del libro prevede centinaia di storie e leggende dei regni di Stadibrant, Varnikem, Rejern, Beyen Guder e persino la misteriosa Sukkrage, terra della Gente Bianca.
Alcune storie della raccolta fanno parte di challenge e/o contest, consultare l'interno di ogni storia per vederne i dettagli.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incest, Non-con, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Fiamma Nera'
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Questa storia partecipa al contest fiume "Acquerelli" indetto da Juriaka nel forum di EFP


Il Conte Luna Morta


Da tempi immemori vi era una tenuta nei pressi di Vecchia Varnikem, non si sa bene quando tale stuttura fu costruita, ma di certo è assai antica e con una storia le cui radici affondano nelle origini di questo mondo.
La tenuta era di proprietà di un antica famiglia nobile della città, i Darcy. La stuttura, tutt'oggi esistente, si presentava all'epoca come una lussuosa struttura, presentava diversi elementi architettonici di diverse epoche, ciò faceva presupporre continui restauri e rinnovamenti da parte dei proprietari.
Quel di cui però dovremmo parlare non è la storia della tenuta, ma ben sì di chi vi abitava e del perchè tutti gli abitanti scapparono dalla loro città natia, trovando rifuggio in una vallata vicina, fondando così Nuova Varnikem.


Era stato tanto tempo fa, saranno passati due secoli o più, ma la leggenda del Conte Luna Morta è più viva che mai nei cuori di tutti.
La tragica storia inizia con il matrimonio tra il signor Darcy e la dama Elisabeth. La famiglia Darcy era una delle fmiglie più prestigiose all'epoca, mentre la dama Elisabeth era una donna proveniente da una famiglia di ricchi borghesi, ma non nobili.
Quest'ultimi convolarono a nozze, nonostante l'uomo fosse promesso alla regina Kniverod, la quale non prese molto bene il rifiuto, ma i due novelli sposi non badarono tanto alle ire della donna, escludendola dalla loro vita.
Da quel matrimonio nacquero tre bambini : Il primogenito Leon, la secondagenita Janette e l'ultimogenita Keira.
Gli anni passavano e tutti parevano scordarsi della Regina Rossa, eppure pian piano, viscida come una serpe, la donna strisciava vilmente nei pensieri del loro primogenito
«Te ne pentirai» aveva detto Kniverod al signor Darcy, ma questo non sembrò affatto impaurito, inconsapevole della sorte che sarebbe toccata alla sua famiglia.


Quel che più saltava all'occhio della famiglia Darcy erano i primi due figli della coppia, Leon e Janette. Entrambi possedevano una folta e brillante chioma fulva, ed è risaputo come tale colore non promettesse nulla di buono. Infatti bastava conoscerli un po' meglio per vedere degli atteggiamenti insoliti in loro. Da una parte vi era Leon, alto con un viso allungato ma con guance morbide ed occhi di un verde pallido, il cui portamento spesso era sprezzante e non era difficile che tendesse a tener lontani i propri cari; mentre dall'altra v'era Janette, anch'essa alta e da una fisionomia corposa e due grandi occhi cerulei, il suo sguardo spesso e volentieri era vacuo, non metteva forza nelle sue movenze, sembrando quasi una bambola di pezza, non era poi così strano che la ragazza rimanesse spesso ferma, sembrando quasi una fredda statua inanimata.


Leon crescendo diveniva sempre più cupo e scontroso, andando a divenire l'opposto del bambino che era. Un temperamento nervoso e freddo caratterizzava il giovane, il quale oramai parlava a stento.
Il perchè di questo cambiamento non era ben chiaro a nessun membro della famiglia, esclusa Janette, la quale godeva della posizione di confidatrice nei riguardi di Leon. Visti dall'esterno sembravano i classici fratelli inseparabili, loro due da soli contro il mondo.
«Janette, devo dirti una cosa» disse un giorno lui prendendole la mano con dolcezza, non battè ciglio Janette, non si scompose minimamente, ma v'era abituato oramai al gelo della sorella
«Io … sento delle voci, sono sempre dietro di me non stanno mai zitte» ancora una volta Janette non fece una piega, ma come sempre Leon non mollò la presa
«Loro mi bisbigliano cose, cose molto brutte ed io a volte li ascolto» deglutì nervosamente mentre l'ascoltatrice ancora non batteva ciglio, era come se fosse morta
«Per questo a volte io … faccio quelle cose … a te» lentamente la ragazza si voltò verso il fratello, un gesto freddo e macchinoso, ma non si lasciò intimorire, anzi affondò i suoi occhi verde pallido in quelli cerulei di lei
«Un giorno una signora rossa mi disse ''Queste voci sono un dono, seguile e ti condurranno alla felicità''» abbozzò un sorriso Leon, ma Janet non rise
«Capisci Janette? Io voglio essere felice» chiunque al posto di Leon avrebbe avuto il gelo nelle vene, ma non lui, quindi non ebbe alcun effetto su di lui quando la sorella si alzò dicendo una semplice frase
«Lasciami morire».


Era risaputo come Janette fosse quasi morta, ma il perchè di tale condizione nessuno sapeva dirlo con certezza. La ragazza non parlava quasi mai e quando lo faceva biascicava appena due parole, lasciando sentire un tono di voce flebile e sottile. Ci fu un momento che tutti s'erano convinti che questa s'era ammutita, ma ben presto smentì tali dubbi dicendo chiaramente
«Lasciatemi stare» ci fu un attimo di pausa, come se dovesse riprendersi da un grosso sforzo «Non capireste» ed era verissimo, ciò che teneva dentro non era possibile capirlo e forse se l'avesse rivelato avrebbe scoinvolto tutti. Solo Leon sapeva, il suo caro fratello, così tanto amato ed eppure così tanto odiato.
Guardava alcune notti dentro quelle pupille verdastre e sembrava voler perdersi dentro, nuotare in quel colore così scialbo.
Janette l'odiava eppure lo amava, v'erano momenti in cui era lei stessa a cercar la sua mano, convincendosi che ne avesse bisogno che senza di lui era persa
«La voce mi ha detto di far ciò Janette, mi dispiace» quella frase le rimbombava nella testa, l'eco del fratello l'accompagnava sempre, un po' come lui era accompagnato da quelle 'voci'.
Strizzò gli occhi, cercò di svegliarsi da quella strana condizione che l'affliggeva, eppure il suo corpo non voleva risponderle, restava flaccido e privo di vita, come se fosse morta dentro.
Perchè non riusciva ad essere normale? Cos'era che la frenava dall'esprimere emozioni? Non sapeva la risposta a nessuna delle domande che si sottoponeva, eppure la ragazza s'ostinava a farsi domande su domande.
Non era raro che questa decidesse di chiedere al fratello, ma questo le rispondeva con tutta la dolcezza del mondo
«Dovresti imparar ad accettare il mio amore» ma quel che lui non capiva è che così dicendo le stava lacerando l'anima, facendola morire.


Era notte, la luna piena riempiva con invadenza il cielo e Janette dischiuse leggermente gli occhi, aveva udito dei passi nel corridoio

No, non un'altra volta

pensò lei mentre cercava d'alzarsi dal suo letto. I passi si avvicinavano, erano lenti e poco rumorosi, sapeva benissimo a chi appartenessero, ma non volle pensarci Janette, la quale con le ultime forze si tirò giù dal letto.
Non era la prima volta che accadeva, ma era troppo stanca per far domande, era appassita dentro per poter trovare un barlume di forza, le costava già fin troppa fatica respirare.
A piedi scalzi si appiattì al muro, cercando una qualche via di fuga, tremava come una foglia e sentiva come se le gambe non la reggessero più. Il respiro della donna era divenuto irregolare e la mano scheletrica venne portata alla bocca nel vano tentativo di calmarsi.
La porta vibrò impercettibilmente, poi scricchiolò ed infine venne aperta dolcemente da una bianca mano il cui proprietario era Leon ed il cui sguardo era assorto nei suoi pensieri.
Avanzò di qualche passo con sicurezza, poi richiuse con delicatezza la porta alle sue spalle. In quel momento la ragazza cominciò a fissare il pavimento, non incrociando lo sguardo del fratello appena arrivato e con il fiato spezzato provò dirgli
«C-he se-i ve-nut-o a-a a fa-r-r-re ?» non piangeva la ragazza, ma tremava, tremava così tanto da farla cadere infine rovinosamente a terra. A tale visione sorrise il ragazzo, e lo fece con una dolcezza disarmante, la dolcezza d'un aguzzino convinto seriamente d'amare la propria vittima
«Come se tu non lo sapessi già sorellina» disse lui in un soffio chinandosi verso di lei, poi si avvicinò al suo orecchio prendendo il volto soffice ed arrossato tra le mani
«Io ti amo» era stanca Janette, infatti non oppose la minima resistenza, come un cadavere si lasciò cadere tra le sue braccia.
Distese Janette sul letto, le sciolse i capelli e sistemò la veste da notte bianca. La ragazza nel mentre era immobile e ferma come una bambola di porcellana, non un solo mugugno uscì dalla sua bocca, nemmeno quando il fratello si distese sopra di lei, le accarezzò la guancia destra, poi sorrise
«Sei veramente bella questa sera» non disse nulla la ragazza, gli occhi vacui s'erano già persi nelle iridi verdastre.
Leon afferrò i polsi di Janette e li strinse così forte da lasciarle dei lividi violacei, poi affondò la testa tra l'esile collo della sorella ed il cuscino, ed infine gemette, gemette molto forte, così come la sorella, la quale però si morse forte le labbra, fino a farle sanguinare, quasi a volerle strappare via .
Gli occhi erano secchi e spalancati, iridi cerulee che osservavano il soffitto nel tentativo di non sentire i gemiti del fratello, immaginando altro e viaggiare con la mente lontano da quel posto.


Quando ebbe finito il fratello si tolse al di sopra della fragile ragazza, allentò finalmente la presa sui polsi, lasciando intravedere quelli che erano dei lividi violacei assai scuri. Li avvicinò alle sue labbra e baciò la soffice pelle con tanta dolcezza, ma sembrava che Janette non fosse lì.
Si alzò di scatto Leon osservando la ragazza con gli occhi aperti e le labbra dischiuse, da sotto il labbro inferiore colava un rivolo di sangue rosso vivo, mentre da sotto gli occhi sgorgavano copiose lacrime silenziose
«Janette» la chiamò il fratello, le sorrise flebilmente e le accarezzò la guancia «Visto? Io ti amo» non sorrise la ragazza «Mi hai sentito? Janette sei l'amore della mia vita»
Si alzò e Leon la fece fare, poi la osservò dirigersi alla finestra con il volto completamente piatto e privo di alcuna espressione.
«Janette?» la voce di Leon s'incrinò leggermente, quasi divenne stridula.
I freddi piedi della ragazza si misero sul davanzale, poi come una foglia si lasciò andare, facendosi cullare dalla dolce brezza notturna. S'udì un tonfo e dall'alto Leon vide una pozza rossastra allargarsi da sotto un corpo inerte.
Attonito restò fermo e paralizzato per molto tempo, fissando incredulo la finestra aperta dalla quale filtravano i pallidi raggi lunari.
«Janette … perchè» disse lui ora singhiozzando «Perchè non hai capito che io t'amavo, t'amavo per davvero» copiose lacrime rigarono il volto del giovane che s'era accasciato a terra, nel mentre gracchianti risate risalivano dentro la sua mente


Fufufu! Che stolto! Come pensavi d'amarla? L'hai uccisa


«Non è vero! Io l'ho sempre amata e quel che facevo era per dimostrarlo»


E come lo hai dimostrato ingenuo? Fufufu! Le hai logorato l'anima


«Megere! Come m'avete condotto verso la rovina, non verso la felcità»


Stupido ragazzino, davvero non sei in grado di capire? Come hai potuto fiderti ciecamente? Per caso non sei in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato?


Non rispose, effettivamente non rispose più a nessuna di quelle voci, poiché queste dopo pochi attimi si volatizzarono, mentre della sua anima non v'erano che brandelli, come se fosse morto dentro come sua sorella Janette.
Era solo adesso, soffriva, soffriva mentre il silenzo assordante, mai udito in vita sua, lo soffocava.
Il dolore lo attanagliava, gli impediva di di tener lucidi i pensieri, ma poi d'improvviso non avvertì più nulla, solo la gelida morte del suo spirito.
Si alzò ed andò via da quella stanza, non v'era più alcuna espressione in viso, era come se avesse perso ogni traccia d'umanità. Non sapeva come spiegarlo, l'anima era come se si fosse spaccata irrimediabilmente, e ciò non gli permetteva in alcun modo di riuscir a sentire alcuna emozione se non un roco e secco dolore, ma non riuscendo a tollerarlo sembrò pian piano estraniarsi dalla realta.
Uscì dalla stanza, chiuse la porta con disinvoltura e si diresse verso la camera della sorella Keira, nel mentre nella sua testa echeggiava solo un fastidioso silenzio.
Una volta dentro sorrise appena, si piazzò sopra la sorella, destandola dal sonno. Quest'ultima si svegliò appena e vedendo il fratello sgranò gli occhi, ma non le fu permesso nemmeno un grido, poichè prontamente le fu tappata la bocca

Se non sei più viva Janette mia, nessuno merita d'esserlo

Le fredde mani di Leon si strinsero attorno al collo ed alla bocca di Keira, la quale con occhi sgranati e ricolmi di lacrime lo fissava, non importava quanto si dimenasse o quanto bruciasse la gola, la presa del fratello diveniva sempre più forte, fino a quando anche lei s'afflosciò tra le sue braccia, divenendo come sua sorella un cadavere.
Sentì ancora una volta uno strappo, e a tale movimento notò come egli sembrava star meglio, il dolore pareva ovattato

Ancora, ancora, voglio essere felice

Continuò ad uccidere quella notte, costringendo tutti gli abitanti di Varnikem a scappare via, il ragazzo come se fosse assetato di vite umane, uccideva chiunque si piazzava dinanzi lui, sembrava non riconoscere più nessuno, era diventato una bestia.
Il cielo da quel giorno si tinse di nero, pesanti e fitte nubi coprirono il cielo, oscurando per sempre il cieo su Vecchia Varnikem. I supertiti scapparono via e fondarono Nuova Varnikem, lasciando solo colui che non solo aveva ucciso la sua famiglia e chissà quante altre persone, ma persino la Luna, la quale non era più visibile da Vecchia Varnikem.

Tale notizia piacque alla regina Kniverod, e leggendo una lettera da parte d'una delle casate di Varnikem rise, rise come mai aveva fatto.



N.d.a.

Ciao, sono felice se stai leggendo fin qui! Spero che la storia ti sia piaciuta. Il testo è tratto da una mia bruttissima esperienza che già ho raccontato, per hanni ho provato a racchiudere il mio dolore, ma i tentativi sono stati vani.
Ringrazio Juriaka che con il suo contest mi ha ispirata ad iniziare questa raccolta, la quale mi aiuterà a definire meglio il mondo della Fiamma Nera.
Ringrazio anche Kim, senza la sua serie su Jason forse non avrei maturato un tema pesante come lo stupro, ma grazie a te sono riuscita a trovare la storia giusta che cercavo letteralmente da anni.


 
   
 
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