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Autore: tralenuvoleee    09/01/2021    0 recensioni
Luna era solare, coraggiosa, felice. Era, tempo imperfetto.
Adesso si trascina dietro una vita marchiata dal dolore e dalla sofferenza, coronata da un incidente che la segna più sul piano psicologico che fisico. Nonostante la giovane età e gli orrori che ha dovuto vedere e subire, Luna trova sempre la forza di andare avanti perché, seppur spaventata e impaurita, è determinata a vivere.
Nel disperato tentativo lasciarsi il passato alle spalle una volta per tutte, Luna abbandona la sua amata terra natale per riprendere in mano il controllo della sua vita e ricominciare da zero.
E proprio nella nuova cittadina, per sua fortuna o sfortuna, incontra colui che riesce a leggere il profondo dolore che si cela nei suoi occhi. A lui è impossibile mentire, impossibile anche per lei, che ha passato una vita a nascondere segreti. Lui le fa assaggiare la libertà, la dolcezza di ogni piccolo momento, il potere curativo di un abbraccio e, per la prima volta dopo anni, Luna si sente al sicuro.
Ma sarà davvero così? Se c'è una cosa che la vita le ha insegnato, è che non è possibile cancellare il passato e che il pericolo è sempre dietro l'angolo, pronto a renderle un agguato.
Genere: Romantico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Non respiro. L'unico pensiero che la mia mente in preda al caos più totale riesce a concepire è che non riesco a respirare. Qualcosa mi stringe la gola, forte, e mi impedisce di introdurre ossigeno nel mio organismo.

Mi agito e mi dibatto, ma non riesco a strapparmi di dosso quella sensazione, qualunque cosa sia. Provo a urlare e, contro ogni aspettativa, ci riesco benissimo. Così urlo, urlo più forte che posso.

Una mano mi scuote forte, mentre una voce in sottofondo lancia grida cariche di angoscia. Cerco di concentrarmi nel vano tentativo di decifrare ciò che dice, ma le sue parole mi arrivano come attituite da uno spesso strato di ovatta e tutte attaccate, ridotte a un fastidioso brusio.

Prendo a tastarmi freneticamente il collo, alla ricerca della cosa che mi comprime la trachea, ma non trovo nulla se non la cerniera lampo della giacca a vento che indosso. Ancora in bilico tra sogno e realtà, armeggio con la zip con talmente tanta forza rischiare di romperla.

Due mani calde e sottili, probabilmente appartenenti alla persona che urlava, si posano sulle mie e mi aiutano ad aprire la cerniera, che scivola senza difficoltà fino alla fine.

- Luna? - Adesso la voce si è calmata, sembra quasi spaventata. È una voce che conosco bene, densa e dolce come il miele, segnata da un accento americano appena percepibile.
Apro gli occhi piano, con lentezza, ma vengo comunque accecata dall'intensa luce grigia del cielo coperto.

Piano piano, riprendo contatto con la realtà. Sono finalmente cosciente del cuore che batte all'impazzata, del tremore che scuote il mio corpo, dei respiri corti e irregolari che mi escono strozzati dalla bocca, della testa che pulsa di dolore, del sudore freddo che mi scorre in rigagnoli gelidi lungo la schiena.

Chiudo di nuovo le palpebre e mi sforzo di riprendere il controllo di me stessa. Per me è importante riuscirci, o diventerei un bersaglio facile, e non c'è cosa al mondo che mi terrorizzi di più. Diventare un bersaglio facile significherebbe espormi completamente alla mercé degli altri, e io non me lo posso permettere per nessuna ragione.
Mi concentro e, con calma, do il tempo al mio cuore di calmare la sua corsa, al tremito di ridursi e al respiro di regolarizzarsi. Solo poi riapro gli occhi.

Samantha entra nel mio campo visivo e finalmente realizzo. Siamo ferme in uno spiazzo erboso a lato della strada, all'interno della sua auto. Sono qui con lei, lontana mille chilometri dall'orrore e dalla paura, in un paesino minuscolo dove sarà facile trovarmi.
Sono al sicuro, mi ripeto mentalmente per quella che potrebbe essere la decima volta in un solo giorno.

- Luna, stai bene? - insiste Sam, che mi osserva in preda all'ansia, la preoccupazione accentuata da due piccole rughe sulla fronte che prima non c'erano.

- Sì, sì, sto bene - mi affretto a rispondere, distogliendo lo sguardo.

- Ne sei sicura? Hai attaccato a urlare come una matta e mi hai fatto morire di paura, è un miracolo se non sono finita fuori strada dallo spavento - continua poco convinta, scrutandomi con quel suo sguardo indagatore che le riesce tanto bene.

- È tutto a posto, stai tranquilla... Non è successo niente. Solo un incubo - mormoro, cercando parlare in tono allegro in modo da tranquillizzare mia cugina e me stessa.
In realtà sono ancora molto scossa, mi ci vuole del tempo per riprendermi dai miei incubi. Alle volte sono così reali, così spaventosi, che perdo ore a fissare il soffitto, con gli sbarrati dalla paura e la mente che corre talmente veloce che risulta impossibile starle dietro, per convincermi che sono solo sogni.

- Luna, tu non stai bene, è inutile che la racconti a me - sospira rassegnata, come se ne avesse già fin sopra ai capelli di tutta questa situazione. Il che, a pensarci, è quasi comico, visto che sono con lei da nemmeno un'ora. Non rispondo e fisso lo sguardo sulla bocchetta dell'aria calda, che mi avvolge nel suo tiepido torpore.

- Non voglio forzarti a farlo, ma... se ne vuoi parlare, io sono qui, disposta ad ascoltarti - tenta, la voce ridotta a un sussurro a causa della pungente paura di un rifiuto. Le lancio un'altra occhiata, stavolta un po' più lunga: ha il viso cereo contratto dall'angoscia, gli enormi occhi grigi spalancati rilucono come biglie nella luce argentea che filtra dalle spesse coltri di nubi. 

Di fronte al mio silenzio, Sam annuisce piano, l'espressione consapevolmente delusa di chi ha appena ricevuto una pugnalata al petto dal suo migliore amico. - Bene. Immagino che tu non ne voglia parlare. Come preferisci, mi rendo conto che non posso capirti - mormora in tono duro, offeso. Rimango zitta anche di fronte a quest'ultima affermazione così, dopo una lunga pausa, Sam riprende a parlare. - Sai, mi domando se quella di farti venire a stare qui sia stata una buona idea. Tu hai subito un grave trauma, Luna, queste non sono cose da prendere alla leggera. Gli incubi, il peso di quello che hai passato, credo che sarebbe meglio... -

Ma io non la sto più ascoltando. La mia mente, avvelenata dalla frustrazione e dalla rabbia, non segue più il suo discorso ma ha cambiato rotta, partendo in quarta per tutta un'altra strada.
Un'improvvisa, del tutto ingiustificata onda di odio contamina i miei pensieri. È un odio irrazionale, ingiusto, che non ha niente a che vedere con Sam, ma che deve in qualche modo fuoriuscire, perché dentro mi sta uccidendo. 

- Vuoi che me ne vada? - la interrompo brusca, - avanti, dimmelo. - Sam apre la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiude di scatto. Di fronte al suo mutismo, continuo a parlare, più infervorata che mai. - Tu non hai nemmeno la minima idea di quello che ho dovuto passare! Non puoi saperlo, proprio tu che hai passato la tua intera adolescenza negli agi e nella ricchezza, protetta dalla cappa di caldo umido di Cape Coral, lontana anni luce dalla mia vita e da tutto ciò che è accaduto all'interno di essa. Tu che hai frequentato una vera High School americana, tu che sei sempre stata circondata da amici normali, hai vissuto in una società normale e non una sfregiata e corrotta come quella dove ho vissuto io, tu che hai sempre avuto tutto facile nella vita, non fare finta di capirmi, perché la tua pietà non la voglio, così come non voglio quella di nessun altro! - 

Non appena le parole hanno finito di sgorgarmi dalla bocca come una colata di lava rovente, capisco di quanto ciò che ho detto abbia ferito mia cugina. Come un vulcano esausto, che ha appena terminato la sua opera di distruzione, rimango a guardare dall'alto del mio cratere la devastazione che emerge tra il fumo e i detriti, unici rimasugli che testimoniano la mia ira furiosa.
Sam rimane interdetta. Noto che il labbro le trema, ma subito dopo se lo prende tra i denti per non darmelo a vedere.

Nel realizzare come l'ho appena trattata, sento che un orribile stato di malessere mi si insinua dentro, viscido e ributtante. Ho appena riversato tutta la mia paura, la mia rabbia e la mia frustrazione sull'unica persona che ho accanto in questo momento. Mi sento un verme e, con le guance in fiamme dalla vergogna, la chiedo scusa.
- Sam, io... non volevo assolutamente dire quello che ho detto. Scusami. So che tutto questo lo stai facendo per me, e non ti ringrazierò mai abbastanza per questo. È solo che... - sussurro mortificata, non sapendo più come proseguire. - Ho solo bisogno di vivere in tranquillità e dimenticare tutto il resto. Solo questo. Non ho bisogno di niente altro, davvero. -

- Luna - inizia, il mio nome trasportato nell'aria da un sospiro profondamente addolorato. - Hai ragione, dovrei smetterla di compatirti. Hai ragione tu, su tutto. Non posso capirti perché mentre tu vedevi il peggiore volto della cattiveria umana proprio dinanzi a te, io ero dall'altra parte del mondo a partecipare alle feste e a lanciare cappelli di carta in aria, fiera di aver ricevuto un diploma che non ho meritato fino in fondo. È vero, non posso neppure lontanamente immaginare quello che hai vissuto sulla tua pelle. Tutte quelle... -

- Tranquilla, impareremo a conviverci, sia tu, sia io. Vedrai, andrà bene. Io sto bene. Devo solo farci il callo, tutto qui - la rassicuro, cambiando argomento per evitare che il discorso vada a rivangare il passato.

- Mi dispiace tanto, Luna. Vorrei fare qualcosa per farti stare meglio. Posso fare qualcosa, qualsiasi cosa per te? - chiede ancora, accarezzandomi una guancia. Lo sforzo sovrumano che faccio per non ritrarmi al suo tocco è davvero ammirevole.

- Stai già facendo abbastanza così - le rispondo, obbligandomi a lasciarmi andare, senza però riuscirci. Notando i miei lineamenti tesi, Sam si ritrae di scatto, prendendo a torturarsi con il pollice l'anellino d'argento che porta all'anulare.

Senza dire più una parola, si riallaccia la cintura di sicurezza e rimette in moto la macchina. Ora anche la radio, che prima fungeva da piacevole fonte di distrazione, è spenta, per cui il breve tratto di strada fino a casa di Sam prosegue nel silenzio più assoluto, interrotto solo dalle fusa del motore e dal fruscio continuo dell'aria calda proveniente dalle bocchette.

Mi arrovello per trovare un argomento di cui parlare, ma la verità è che nemmeno io ne ho alcuna voglia. Dopo la nostra discussione Sam si è rabbuiata visibilmente, ora il suo volto è invaso dalle ombre e i suoi occhi dolci e premurosi fissano insistentemente la strada, quasi a volermi punire per le parole schiumanti di cattiveria che mi sono uscite di bocca.

Quando arriviamo a destinazione, vorrei sotterrarmi dalla vergogna. Il senso di colpa mi sta mangiando viva, come un tarlo goloso di legno si ingozza dei mobili di un'antica cantina.
Sam parcheggia la macchina lateralmente a un lungo viale alberato che si affaccia direttamente sulla spiaggia, attraverso la quale si accede al mare, talmente scuro e gonfio di onde da confondersi con il cielo livido. Non dice una parola, ma rimane con lo sguardo fisso dritto davanti a sé.

Mando giù il nodo che mi stringe la gola e, ignorando la paura che pulsa come una ferita aperta, cerco la sua mano, ancora stretta con forza attorno al volante, e la stringo. Sam si scioglie come un gelato al sole, e anche io, se devo essere sincera. Si volta verso di me e, con gli occhi lucidi come marmo, mi stringe nell'ennesimo abbraccio soffocante, dal quale faccio fatica a non sottrarmi.

- Scusami, Luna, scusami. Scusami tanto. Non è colpa tua se quello che hai detto è la verità. -

- Nemmeno tua. Tu hai vissuto la tua adolescenza e io la mia. So che tutto questo ti fa paura, fa paura anche a me. Tanta. Mi dispiace per tutto quello che ti ho detto, quando dovrei solo ringraziarti, so che tutto quello che fai è per il mio bene. Ma adesso va tutto bene, io sto bene. Perché adesso ci sei tu, adesso ho te e non sono più sola. - Faccio questo discorso con il cuore in mano, per farle capire quanto lei sia importante per me e per rassicurare me stessa. Ora che c'è Sam con me non devo più temere. Sono lontana, sono con lei, posso ricominciare tutto daccapo. Nessuno mi conosce, nessuno sa chi sono. Posso vivere la mia vita senza che il passato contamini il presente e il futuro.

- Ti voglio tanto bene, Luna. E se stare qui ti aiuterà a stare bene e a dimenticare, sono sicura di aver fatto la scelta migliore della mia vita a ospitarti in casa mia - dice, scostandosi per guardarmi dritto in faccia. I suoi occhioni mi scrutano dentro con insistenza, così decido di farle vedere una piccola parte della vecchia me. 

- Anche io ti voglio tanto bene, Sam. Non so davvero cosa avrei fatto senza di te - mormoro, ricambiando l'abbraccio per la prima volta in tutta la giornata. 

Scendiamo dalla macchina e un vento freddo mi colpisce in faccia come uno schiaffo. Inutile dirlo, non ci sono per niente abituata.
Mi guardo intorno e noto che è tutto particolare qui. In lontananza si scorge un porticciolo con la banchina affollata di barche a vela e pescherecci; il mare non è più di quello splendido azzurro carico, ma ha un colore un po' meno invitante, azzurrino misto a verde e grigio. Sarà in parte colpa del cielo nuvoloso, ma immediatamente sento un'ondata di nostalgia verso il mare dalle acque cristalline, che solo qualche ora fa si trovava a pochi passi da casa mia.

Sam tira fuori dal bagagliaio una delle mie valigie e inizia a camminare lungo la strada e io la seguo, osservando l'asfalto contorto e screpolato a causa delle radici invadenti degli immensi pini che crescono a bordo strada.

Il freddo mi si insinua fin dentro le ossa, contribuendo a rendere il mio umore già pessimo ancora peggiore, per quanto possibile. Ma il freddo che sento dentro, ben diverso da quello che provo sulla pelle - come testimonia la peluria ritta delle braccia - è ben diverso e assai più difficile da ignorare. È un freddo pesante, grave, insistente, che mi ricorda a ogni passo quanto le parole, in questo caso le mie verso Sam, possano fare male. Senza quasi rendermene conto, sono andata a toccare un tasto estremamente dolente per Sam, e questo l'ha fatta sentire in qualche modo tradita.

Mentre camminiamo lungo il molo, faccio caso anche al più piccolo dei particolari di questo luogo a me sconosciuto: lo starnazzare dei gabbiani che volteggiano sulla baia mi rallegra, il mormorio della risacca mi rilassa, l'aria profumata di aghi di pino bagnati e sale marino mi fa sentire a casa. Devo ammettere però che questo posto non mi dispiace affatto.
Passeggiamo parallele a file e file di piccole villette a pochi metri dal mare, verniciate di bianco con porte di metallo blu, ognuna con il suo piccolo giardino, esattamente come lei me le aveva descritte.

Mentre procediamo lungo il marciapiede deserto, una ragazza che sembrerebbe essere poco più grande di Sam, piccola di statura e con una folta chioma di capelli biondo cenere, ci viene incontro avvolta in uno scialle di lana. Come Sam la vede, si illumina tutta, e anche quel piccolo spiraglio di buio che le era rimasto in volto dopo la nostra discussione in macchina pare essere inghiottito dal suo solito sorriso radioso. Sam mi presenta alla ragazza, che dice di chiamarsi Lobelia e di abitare nella casa accanto. A quanto posso capire dalle loro chiacchiere complici, lei e Sam devono essere molto amiche.

- Be', sarà meglio andare, che ne dici, Luna? Non ti vedo in gran forma. Avrai sicuramente modo di conoscere Lobelia più avanti - sentenzia Sam a un certo punto, venendo in mio aiuto ancora una volta. Annuisco e mi guardo le spalle per scrupolo, ormai è diventato un gesto abituale.

Lobelia ci saluta calorosamente e Sam ricambia, mentre io mi limito a un cenno e a un mezzo sorriso fin troppo tirato. Ringrazio mentalmente Sam per il suo tatto e per l'empatia che ci lega sin da quando eravamo piccole e mi lascio guidare lungo quel viale che pare non finire mai.

Giunte al numero trentatré, Sam apre il cancelletto e mi conduce alla porta, invitandomi a entrare. Osservo le alte siepi di gelsomino - prive di fiori, date la temperatura e la stagione - con sguardo perso, non sapendo bene che cosa fare.

- Dai accomodati, qui fa più caldo... Fai come fossi a casa tua, anche perché da adesso lo è - dice quasi canticchiando. Non posso fare a meno di sorridere, questa volta veramente: basta così poco per farle tornare il sorriso, non è capace di tenere rancore a nessuno per più di cinque minuti.

Non appena varco la soglia della mia nuova casa, resto del tutto scioccata da quello che vedo: intuisco immediatamente che questo luogo è unico e completamente fuori da tutti gli schemi. D'altronde, cosa mi aspettavo dai bizzarri gusti di Sam?

Lo stipite largo è stato addobbato per dare l'impressione di entrare in un locale hawaiano: tutto ha una particolare sfumatura di unicità, a partire dai lumini gialli alla citronella che donano un che di estivo all'ambiente e diffondono un profumo che mi ricorda le grigliate che facevamo anni fa in Sicilia, quando la mia famiglia era ancora unita. Delicati ninnoli fatti di conchiglie, perle irregolari, legnetti sbiaditi dal sale e altri piccoli tesori trascinati a riva dalle onde mi accarezzano la testa, dondolando nell'aria come altalene.
I muri poi sono stati dipinti con incredibile bravura: dal lato della cucina una foresta di palme tropicali fa bella mostra di sé, con tanto di liane, noci di cocco e fiori esotici; sulla parete della camera da letto/salotto, invece, è ritratta una spiaggia di sabbia bianchissima e il mare di un azzurro brillante, spumeggiante di onde.
Solo ora realizzo che a farli è stata Sam; so bene quanto sia brava a disegnare e dipingere, in generale lei è sempre stata portata per le materie artistiche che poi ha migliorato frequentando studi privati e corsi intensivi di arte.

Anche l'arredamento è sorprendente. Tutti i mobili della cucina sono bianchi o di un verde brillante, compresi i due sgabelli accostati al bancone da lavoro di marmo bianco, che suppongo serva anche da tavolo. C'è una grande cabina armadio e, dalla parte opposta, un letto a castello di bambù, un grande divano del medesimo materiale tappezzato di cuscini di tutte le fantasie e, appesa alla parete un'enorme televisione a schermo piatto con accanto una grande libreria, dove volumi di tutti i colori e le dimensioni affollano gli scaffali.

Mi giro verso Sam ancora con la bocca spalancata, mentre lei mi guarda sorridendo soddisfatta. - Oh mio Dio, Sam... Hai fatto tutto questo da sola? - trovo il fiato per domandare.
Mi sorride ancora, ma non risponde. Invece si toglie le scarpe e si avvia verso la penisola della cucina, abbracciando il piano da lavoro come se fosse una persona viva. - Che ne dici di mangiare qualcosa? Il viaggio è stato lungo e stancante, immagino tu sia affamata. -

Annuisco, perché non so più che cosa dire. Ammiro affascinata le pareti affrescate della casa più piccola e accogliente che io abbia mai visto, quella che da adesso sarà anche casa mia, a mille chilometri di distanza dal mio passato, in una cittadina tranquilla e nascosta nel folto delle pinete dove potrò costruirmi una nuova vita.

- Questa mattina ho cucinato tutto il tempo, dato che mi sono alzata alle cinque perché non stavo più nella pelle di rivederti. Ho anche deciso di prendermi un giorno di ferie dal lavoro e non sono andata all'università, perché tanto lo sapevo che non sarei riuscita a concentrarmi su nulla se non sul tuo arrivo - continua entusiasta, appoggiando le presine sul piano da lavoro in marmo.

- Oh, Sam... - sussurro commossa, abbracciandola di slancio. Vedo con stupore che la cosa, almeno con lei, questa volta mi è uscita naturale; forse a causa del suo buon umore contagioso, forse per l'aura di felicità che avvolge questa casa... sinceramente non saprei dirlo. Sono questi i piccoli gesti che fanno capire quanto sei importante per una persona, ti convincono che dopotutto c'è ancora della speranza. Sam sgrana gli occhi e mi osserva, sorpresa almeno quanto me dal mio gesto, ma poi ricambia con altrettanto calore. 

Un profumo delizioso si espande ovunque, così lei scioglie delicatamente l'abbraccio e si avvicina al forno per estrarre la teglia di melanzane alla parmigiana per la quale ha sudato tutta la mattina. Ci laviamo le mani e ci sediamo al bancone una di fronte all'altra.

- Allora, pronta per domani? - domanda inaspettatamente lei, distraendomi dai miei pensieri.

- Non molto, a dire la verità. Sono un po' spaventata, ecco, ma credo sia normale. Come procede il lavoro? - chiedo poi, per deviare l'attenzione da me.

- Be', bene. Sai, ultimamente sono davvero un sacco impegnata tra i corsi dell'università, lo studio, il lavoro e gli impegni vari. Può darsi che non sarò molto presente in casa - sospira dispiaciuta, osservandomi di sottecchi con sguardo colpevole.

- Oh, non voglio esserti in alcun modo d'intralcio, non preoccuparti di me - cerco di rassicurarla, prendendole una mano e stringendo forte.

- Ma certo che mi preoccupo di te! Dopo tutto quello che hai passato, tutto quello in cui sei stata coinvolta... Hai bisogno di un po' di attenzioni, no? - risponde, sorridendo dolcemente e ricambiando con altrettanto vigore la stretta. Annuisco con poca convinzione e mi concentro sul cibo, rigirando nervosamente le melanzane nel piatto. Non ho molta fame, a dispetto del lungo viaggio che ho dovuto affrontare per arrivare qui.

Una volta finito di mangiare mi faccio un bagno e mi preparo per andare a dormire. Sono stanca e preoccupata per il domani, per il passato, per tutto, oltre ad avere addosso la consapevolezza che, probabilmente, passerò l'ennesima notte insonne. La paura mi stringe in un abbraccio letale, ho bisogno che qualcuno mi aiuti a liberarmene dicendomi che andrà tutto bene.

- Sam? - la chiamo, cercandola con lo sguardo.

- Sì? - risponde lei, alzando gli occhi dalla rivista che sta sfogliando. È seduta sul divano color crema ed è il perfetto ritratto della tranquillità: lineamenti rilassati, un leggero sorriso a incurvarle le labbra sottili, i capelli biondi raccolti in una crocchia scompigliata e un maglione tanto lungo da arrivare a coprirle le mani indosso.

- Ho paura - le rivelo con voce esitante, sollevandomi su un gomito e osservandola dall'alto del mio letto a castello.

- E di cosa? - chiede dolcemente, rovesciando la testa all'indietro per restituirmi lo sguardo.

- Di tutto. E se... e se mi trovassero? - sussurro, la voce spezzata dai tremiti che mi percorrono al solo ricordo di quello che ho passato.

- Cuore mio, no. Non puoi continuare a vivere nell'angoscia, devi farti forza e andare avanti. È normale, fa paura all'inizio, ma devi prendere il coraggio a due mani e proseguire, dimenticare il passato. Qui nessuno sa nulla di te, puoi ripartire da dove vuoi, crearti un'immagine nuova, costruirti una vita nuova. E ora va', hai bisogno di dormire - conclude, un sorriso triste a segnarle il volto.

Con le parole di Sam ancora in testa, mi stendo sotto le coperte. Penso a Nicole, la mia migliore amica, con cui ho definitivamente tagliato i ponti prima di partire. Nel farlo mi si è spezzato il cuore, ma entrambe sappiamo che è meglio per tutti che le cose vadano così. La sua sicurezza e quella delle altre persone che amo è la cosa più importante e, anche se ha fatto terribilmente male a entrambe, lasciarla andare è stata la cosa più giusta da fare.
Prima di salutarla, forse per sempre, le ho detto che non l'avrei mai dimenticata e lei, tra le lacrime, ha risposto che nonostante la distanza e tutto quello che sarebbe successo in futuro, non si sarebbe mai dimenticata di me. Ma quella parola, distanza, mi aveva acceso il cuore di speranza. Perché è vero che ora sono lontana dalla mia migliore amica, ma questo significa che sono lontana, spero abbastanza, anche dalla mia vita del passato.

Io e Nicole siamo sempre state legate come non lo sono mai stata con nessun'altra persona. Avevamo quell'intesa, quell'amicizia cieca e totale che esiste solo nei film, forse anche a causa di tutto quello che mi è successo. Le nostre vite sono state segnate per sempre da quella brutta vicenda che mi ha distrutto dentro, ma che mi ha unito indissolubilmente a lei.
Sospiro e la prima lacrima della giornata mi sfugge a tradimento. La asciugo immediatamente, ma non posso fare a meno di pensare alla mia amica, così lontana, che forse non rivedrò più. Ripenso alla mia casa, a quello che resta della mia famiglia, alla mia Sicilia che ho tanto amato e dalla quale sono stata costretta a scappare per non fare più ritorno. Perché, in questa nuova realtà fatta di domande senza risposta, un'unica cosa è certa: io là non ci torno più.
   
 
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