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Autore: Fiore di Giada    10/01/2021    1 recensioni
[Sandokan]
– Yanez, finalmente! – urli, gioioso. La tua voce esprime felicità, Sandokan.
Ne sono sicuro, ti senti leggero, libero da un peso.
E anche io, in questo momento, mi sento sciolto da un carico assai pesante.
Nulla conta più, se non la realtà del nostro ricongiungimento.
E, d’impeto, mi getto tra le tue braccia e mi lascio cullare dal tuo affetto, fratellino mio.
(Lo stato di orfano di Yanez è inventato da me. Panoramica dei pensieri di Yanez dalla tenebra dell'oblio alla luce del risveglio)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il paesaggio davanti ai miei occhi è d’un biancore niveo, interrotto dalla luce di decine e decine di sfere di luce dorata.

Cammino, perplesso, per alcuni istanti, poi mi siedo. Ho bisogno di riflettere.

La malinconia si fa strada nel mio animo. Quel demonio di Suyodhana si è impadronito di nuovo del mio corpo.

E, ne sono sicuro,lo ha usato per danneggiare i miei amici.

Che cosa avrà fatto, servendosi di me?

Mi prendo la testa tra le mani, il cuore stretto nella morsa dello sconforto. Ho paura di averli danneggiati, anche se non per mia volontà.

Cosa penseranno di me?

Un ricordo percuote la mia mente. Suyodhana, servendosi di me, ha cercato di uccidere te, mio amato fratellino.

Per fortuna, tu non ti sei fatto sopraffare e, ancora una volta, lo hai sconfitto.

Tutto sembra essere tornato alla normalità, ma il mio istinto mi avverte che non è così.

Alzo la testa e il mio sguardo, perplesso, segue il movimento di queste strane sfere luminose. Dove sono? Che posto è questo?

Non è il regno dei morti.

Non vedo anime urlanti, né il vecchio Caronte con la sua barca e il suo remo.

Sorrido. Forse, queste sono immagini legate ad un passato lontano, ormai perduto per sempre.

Sto cercando dei fantasmi, per non avere a che fare con la realtà.

Io sono morto, anche se non me ne sono ancora reso conto.

Sospiro e la malinconia si impadronisce di me. Avrei voluto fare tante cose, compiere tante imprese, ma devo accettare l’inevitabile e adattarmi.

E, forse, non è un male.

Mi sento bene in questo luogo, lontano dalle battaglie.

Non ho più la necessità di una continua, inutile maschera da buffone.

Forse, nemmeno Sandokan conosce la pena che custodisco nel mio animo, fin dall’infanzia.

Ho perduto i miei genitori quando ero solo un bambino.

Sono trascorsi tanti anni, eppure, ad ogni venticinque aprile, la sofferenza del mio cuore si acuisce.

Sono morti troppo presto, a causa del colera e della povertà del Portogallo.

Il mio caro fratellino conosce la mia condizione di orfano, ma non ho mai voluto aprirgli totalmente il mio cuore, per un pudore distorto dei sentimenti.

Per alcuni istanti, resto immobile, lo sguardo fisso davanti a me.

Poi mi alzo e accenno ad un passo. Se questa è una prova per poterli incontrare, sono disposto ad affrontarla.

Vorrei risentire l’abbraccio di mio padre, così forte e vigoroso, e il profumo marino di mia madre.

Ad un tratto, una voce maschile, colma di rabbioso dolore, squarcia il silenzio.

Ti odio! Maledetta spada! Avrei preferito morire, perdere il mio onore, tutto! Ma non te, amico mio! Ovunque tu sia, non dimenticarlo! –

E’ la tua voce, Sandokan?

Di nuovo, i miei occhi si riempiono di lacrime e la mia bocca si schiude in un debole gemito. Non riesco a crederci…

Ti sento distintamente, fratellino mio.

Riesco a percepire una nota di dolore nella tua voce.

Stai soffrendo molto per me, lo sento.

E, ora, anche io sto male per te.

Rifletto. Se fossi morto, non udirei con tanta, crudele chiarezza le tue parole, fratellino, come se fossi a pochi metri di distanza da me.

Quindi, non è stato scritto il mio destino e posso tornare alla realtà.

Non mi è preclusa la possibilità di vedere te, Sandokan, e i nostri amici.

E, forse, riuscirò a confessare a quell’adorabile tigre di tua sorella Morugan l’amore che provo per lei.

Il suo sguardo sottile mi manca tanto e mi accorgo ora di questo.

Mamma, papà, perdonatemi.

Non posso ancora raggiungervi, anche se mi mancate tanto.

Vi prometto che, ogni venticinque aprile, accenderò una candela in vostra memoria e pregherò per le vostre splendide anime.

Spero che Dio accetti le preghiere di un avventuriero come me!

Quando la mia ora giungerà, spero di venire da voi e di non lasciarvi mai più.

Guardo ancora le sfere. E’ uno spettacolo magnifico, ma i miei occhi hanno bisogno di godere del mare e della luce degli astri.

Desidero che i miei sensi scoprano sempre nuove particolarità del nostro splendido e crudele mondo.

Questo luogo, così pacifico, non si adatta al mio spirito, così smanioso di avventure sempre diverse e di occasioni di conoscenza.

A passo deciso, mi incammino e seguo il suono della tua voce, fratellino mio.


Apro gli occhi e, per alcuni secondi, resto immobile. Ho bisogno di recuperare il contatto della realtà.

L’aspro aroma del mare accarezza il mio naso e le mie orecchie avvertono il canto degli uccelli notturni.

Stringo gli occhi e trattengo le lacrime. Mi sono mancate queste esperienze sensoriali, in quel mondo di quiete e candore.

Niente potrà mai eguagliare l’intensità di quelle impressioni.

Giro la testa e mi accorgo di essere disteso su un sofà. Da quanto tempo sono disteso in questa posizione?

I ricordi si accavallano nella mia mente e non riesco a distinguere realtà da allucinazione.

Un debole respiro, ad un tratto, attira la mia attenzione e io giro la testa verso destra.

Il mio amato fratellino è seduto su una sedia e riposa, la testa appoggiata sulla mano.

L’altra stringe Nandaka e le luci della lampada si proiettano sulle gemme dell’elsa, accendendole di riflessi verdi e rossi.

Riesco a vedere la stanchezza sul tuo viso addormentato

E un sorriso grato solleva le mie labbra. Sono rimasto su questo sofà per diverso tempo, come se fossi morto.

Tu non ti sei mai allontanato da me e hai atteso un segno di risveglio da parte mia.

Quante angosce hanno attraversato il tuo cuore, fratellino?

Sarei stato anche io consumato dalla disperazione, se fossi stato tu in questa situazione.

Ma il poco sonno ti ha stancato e sei crollato.

Non te ne faccio una colpa.

Anzi, sono felice che tu abbia trovato un poco di riposo.

Chiudo gli occhi. Ho pensato di svegliarti, fratellino, ma, vedendo la tua stanchezza, ho cambiato idea.

E’ giusto che tu dorma un po’.

Hai trascorso ore d’angoscia, a causa mia, e meriti di riposare, per quanto possibile.

Il sonno, ad un tratto, si impadronisce di me e io non mi oppongo. Ho bisogno anche io di riposo…

L’alba, fratellino, accoglierà il nostro ricongiungimento.

E, qualche istante dopo, mi addormento.


La luce del sole sfiora, col suo calore, il mio viso e io mi sveglio.

Mi alzo a sedere e il mio sguardo vaga ora nel ceruleo infinito del cielo, costellato di bianche nubi, ora nell’azzurro del mare, lievemente increspato da una leggera brezza. Mi sento bene.

Mi sembra di essere resuscitato dalla morte.

Oggi, il mare sembra una nuvola bianca… – mormoro, quasi parlando tra me. Sono ancora ebbro di questa felicità e la mia bocca parla da sola, quasi senza creare un collegamento con la mente.

Ho un bisogno quasi doloroso di liberare le emozioni che sento.

Mi ricorda il sogno che ho fatto stanotte… Nuotavo, nuotavo, ma non riuscivo mai ad arrivare a casa. – confesso. E così mi sento.

Ho avuto la sensazione di essermi perduto e di avere vagato nella tenebra.

Mi giro e vedo il tuo volto, fratellino mio.

I tuoi occhi verdi, lucidi di felicità, cercano i miei e le tue labbra sono sollevate in un sorriso raggiante.

Presto, io ricambio il tuo sorriso. Mi sei mancato, amico mio.

In quelle ore, sentivo l’amarezza nel mio cuore ed era dovuta alla lontananza da te e dagli altri.

Ma l’ho scambiata per incapacità di accettare la morte.

Yanez, finalmente! – urli, gioioso. La tua voce esprime felicità, Sandokan.

Ne sono sicuro, ti senti leggero, libero da un peso.

E anche io, in questo momento, mi sento sciolto da un carico assai pesante.

Nulla conta più, se non la realtà del nostro ricongiungimento.

E, d’impeto, mi getto tra le tue braccia e mi lascio cullare dal tuo affetto, fratellino mio.





   
 
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