Il lenzuolo dei pazzi.
Non chiederti perché la gente diventa pazza.
La stanno divorando, quelle notti trascorse a guardare fuori dalla finestra, a chiedersi com’è potuto accadere, perché. Chiude gli occhi per un istante soltanto e la luce verde dietro le palpebre la fa barcollare, un passo indietro in un vuoto che da troppi mesi sembra essersi seduto su una spalla a ricordarle quanto è costata, quella vittoria- Harry Potter è morto.Harry Potter, il suo migliore amico, due metri sotto terra a dormire un sonno eterno e lei, stretta in un lenzuolo che le impedisce di muovere le braccia, che non dorme mai.
«E’ il lenzuolo dei pazzi» le ha detto Malfoy, che é stato rinchiuso nella sua stessa stanza come fosse un topo da laboratorio e avrebbe dovuto vergognarsi, nascondere la testa sotto il cuscino, mettersi un cappio al collo e sparire dalla faccia della terra, e invece.
Invece, continua a tenere le spalle dritte e la bocca storta in quel ghigno che gli deforma il viso.Hermione non lo guarda e, ogni volta che lui le rivolge la parola, ingoia la voglia di girarsi e sputargli in faccia, se non altro perché la saliva é l’unica cosa con cui vuole dissetarsi.
Non mangia mai e, quando lo fa, poi si ficca due dita in gola e vomita anche l’anima, perché essere sopravvissuta le sembra un’ingiustizia troppo grande.
Chiediti perché non lo diventa.
«Ma tu che ci fai qui?» gli ha chiesto durante una di quelle notti in cui parlare sembra farle meno male e allora che esca, quella voce che non sembra nemmeno la sua.«Non lo sai? Qui ci mettono quelli che ce l’hanno fatta, per eliminare dalla loro mente i ricordi della guerra, perché in qualche modo devono pur provare a salvarci.»
«Non è vero» Hermione solleva lo sguardo, accarezzando gli spigoli del viso del suo compagno di camera, a chiedersi ancora una volta perché proprio lui dovesse accompagnarla in quella lenta agonia fatta di urla e ribellioni che viene punita con un lenzuolo avvolto attorno al corpo e le cinture a stringerlo nei punti dove è più facile provare dolore- lo stomaco, i polsi, la gola.
Malfoy guarda fuori, lei ha la testa inclinata e gli occhi fissi a domandarsi dove finissero i suoi confini e dove cominciasse la parete, ché é così pallido da confondersi alla perfezione con quei muri bianchi.
Davanti a tutto quello che possiamo perdere in un giorno, in un istante...
Hermione chiude gli occhi all’alba, li riapre a tramonto inoltrato, anche se non dorme, anche se riesce a cogliere tutto quello che le accade intorno: l’ha sentito, quando si era avvicinato al suo letto, dicendole che c’era una lettera per lei.Guarda la luna piena, le viene il voltastomaco e stringe più forte tra le mani quel foglio che ormai è solo carta stropicciata su cui é stato scritto che i suoi genitori sono morti, che non è servito a niente provare a salvarli e inventare per loro una vita migliore.
«Cosa si prova?» le ha chiesto, mentre la pioggia rigava i vetri delle finestre e le lacrime le rigavano il volto.
«Ma che t’importa?»
«Niente.»
Draco se ne sta fermo, le spalle appoggiate alla testiera del letto e le gambe incrociate, lo sguardo fisso sul quel corpo che somiglia a un ramo secco- da quanto tempo non mangia?-, a uno spaventapasseri. Vorrebbe dirle qualcosa, invece, si sistema pancia in giù, le braccia penzoloni ai bordi del materasso e continua a guardarla, di quello sguardo che, più che prendere, riceve: l’immagine di lei che non piange più, che sembra un leone in gabbia, con quello stupido, stupidissimo orgoglio Grifondoro che la sta piegando in due.
«Dovresti spostarli da lì» aggiunge lui. «Rischi di ammalarti.»
«Non me ne frega niente di ammalarmi, Malfoy: sono viva ed è già tanto.»
«Perché non dormi mai?»
Perché vorrei morire. «E tu perché non ti fai gli affari tuoi?»
«Almeno mangia qualcosa, sembri un cadavere. O bevi, un po’ di succo di zucca non ti farà male.»
«No.»
«Ma perché?»
«Lo hai detto tu, no? Questo è il lenzuolo dei pazzi. Dovrà pur significare qualcosa il fatto che io ce l’abbia e tu no.»
Il giorno dopo, Malfoy torna stretto in un lenzuolo sudicio e con una cintura stretta attorno al collo e ai polsi.
Hermione si volta a guardarlo e lui si stende sul letto e chiude gli occhi, il respiro che a mano a mano si fa pesante e regolare: ha cominciato a dormire la mattina, a stare sveglio la notte, perché è più facile parlare con lei quando il mondo tace, quando sembra fragile ma non lo è, vestita di cotone e orgoglio.
«Che c’è?» gli chiede lei, appena il cielo si scurisce. «Sei diventato pazzo anche tu?»
«Sai com’è: quando scalci e urli, ti legano.»
Lei annuisce e accoglie le prime stelle come fossero le custodi del suo dolore mai raccontato; lui si avvicina e osserva il taglio che ha sulla fronte.
«Somigli maledettamente a Potter con questa.»
«Non dovresti nemmeno nominarlo: Harry è morto.»
«Questo lo so.»
«Tu sei vivo, invece.»
«Anche tu. E sei bella.»
Hermione arrossisce, Draco distorce le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso.
«Sei impazzito davvero, allora» lo ammonisce, la voce ridotta a un sussurro.
Non ha mai parlato tanto da quando è chiusa in quella clinica, non ha mai parlato tanto con lui da quando lo conosce e adesso si chiede che senso ha avuto odiarsi, se poi, in fondo, sono così simili: avvolti nel lenzuolo dei pazzi, in una notte di chissà quale mese, mentre il mondo fuori ha smesso di esistere ed è diventato un cimitero d’anime perse.
«Abbiamo vinto, no?»
«Tu non sei dei nostri, Malfoy.»
«Non parlo della guerra, stupida Granger.»
«E di cosa?»
«Di questo» risponde, indicando entrambi con un gesto del mento, ché ha le mani strette dalla cintura e non può muoverle e, se proprio potesse, allora la toccherebbe ovunque.
«Tu non sei come noi, tu non hai perso niente» lo accusa, aggiungendo alla cintura che tiene stretta al collo tutte le colpe che lui stesso riconosce.
«Io ho perso tanto, ma non passo le notti sveglio a chiedermi perché respiro ancora.»
Hermione scoppia a ridere, di quelle risate che sembrano provenire dall’oltretomba, e forse prova a spaventarlo, ad allontanarlo nel modo più triste che conosce: ridendo. Ma lui non muove un muscolo.
«Siamo uguali, io e te» le dice.
«Solo perché siamo legati come salami nel lenzuolo dei pazzi.»
Draco si sporge per posarle un bacio sulla guancia, lei sposta il viso e se lo ritrova sulle labbra.
Ha la lingua spaccata, Draco, e lei riesce chiaramente ad avvertire il sapore del sangue sotto il palato e, se potesse muovere le mani, adesso lo allontanerebbe o gli darebbe un pugno sul naso.
Sorride a quel ricordo e lui fa un passo un dietro.
«Adesso ho perso proprio tutto, anche la dignità» una risata nascosta tra le parole.
«Credo tu non l’abbia mai avuta, la dignità» ribatte lei.
«Sta zitta, Granger, altrimenti ti bacio di nuovo.»
«Non provarci nemmeno» lo provoca, perché sa che lui non ne ha il coraggio, che quello che è successo poco prima è stato solo un errore, e invece.
Invece Draco la sfiora di nuovo, con quella bocca screpolata e la lingua rotta a sangue e lei glieli morde piano, quei tagli- in bilico tra un dolore e un battito di cuore perso- perché non può fare niente, perché è stretta nel lenzuolo dei pazzi e ha una cintura che le stringe lo stomaco, i polsi, la gola.