Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Ricorda la storia  |      
Autore: aplaceformyhead    10/01/2021    1 recensioni
[Zutara/Painted Spirit]
Zuko non aveva di certo tempo per dare ascolto alle leggende. O almeno, questo era ciò che pensava.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
I'm goin' away for a long time
 
 
Le voci sull’esistenza della Donna Dipinta circolavano nella Nazione del Fuoco da ben prima dell’incoronazione del Principe Zuko.
Tra i mercati affollati e tra le strade calde dei villaggi si mormorava che fossero voci antiche quanto gli spiriti stessi.
C’era chi diceva fosse uno spirito buono che faceva visita agli uomini nei momenti di necessità, invocata da preghiere sussurrate al buio, nella disperazione.
C’era chi insinuava fosse una donna bellissima dagli occhi di ghiaccio e le labbra dipinte, che con il suo tocco poteva dare o togliere la vita.
Zuko non aveva mai prestato attenzione a quelle leggende – racconti del popolo, miti da narrare ai bambini alla sera. D’altronde, lui stesso era diventato una leggenda, anni addietro. Gli era bastata una maschera e subito il suo nome aveva popolato le infamanti liste dei galeotti in tutta la Nazione del Fuoco.
Fu questo il motivo per cui, quando i pettegolezzi sul ritorno della Donna raggiunsero il suo palazzo, preferì non dar loro conto, mettendo da parte i rapporti sui suoi avvistamenti notturni nella lunga pila di documenti a cui prima o poi avrebbe prestato attenzione.
Aveva questioni ben più urgenti da affrontare: il crollo delle case vicino al fiume dovuto alle alluvioni aveva messo in ginocchio un intero villaggio.
L’unica cosa che riusciva a tenerlo sano di mente in quei giorni era la presenza di Katara nel suo palazzo. Non solo era una confortevole compagnia che riempiva le sue serate di solitudine condividendo una coppa di vino con lui, ma anche un prezioso aiuto.
C’erano giorni in cui Zuko pensava di avere l’intero mondo contro – giorni in cui i suoi amici erano lontani e lui era solo, con il peso di una nazione sulle spalle. Giorni in cui i problemi dell’intero mondo raggiungevano il suo ufficio e la pila di documenti cresceva e cresceva ancora.
Zuko non aveva di certo tempo per dare ascolto alle leggende. O almeno, questo era ciò che pensava.
 
 
La prima volta in cui la mente di Zuko era tornata improvvisamente sulla misteriosa Donna era stato subito dopo il crollo di quelle case. Aveva in programma un sopralluogo in quei giorni per trovare una soluzione per restituire a quella povera gente un tetto sopra la testa, contare i feriti e constatare i danni con i propri occhi.
Quando era arrivato al villaggio, i bambini sorridevano.
La Donna Dipinta aveva fatto loro visita.
La Donna Dipinta aveva portato loro del cibo, aveva guarito le membra ferite dei loro padri, i cuori infranti delle loro madri.
Era poi sparita nella nebbia, con la promessa di tornare.
Le donne del villaggio avevano acceso delle lanterne in suo onore. Le bambine stavano cantando delle canzoni per ringraziarla, per invocare ancora il suo aiuto.
Spirito della nebbia, oh dea delle acque buie.
C’era un vecchio sul ciglio della strada che stringeva tra le mani una porzione di zuppa e piangeva. La Donna Dipinta aveva ridato la vita a sua moglie.
Principessa del fiume, oh Guaritrice della notte.
Una bambina gli afferrò la tunica e gli rivolse un sorriso sdentato.
“La Donna Dipinta è stata qui, io l’ho vista!”
Zuko le sorrise.
“Davvero? E com’era?”
“Era bella. Aveva gli occhi blu e un sorriso gentile.”
La mamma la portò via, inchinandosi al suo cospetto e rivolgendogli le sue scuse.
Zuko avrebbe voluto fare altre domande alla bambina.
Chi sei?
Era uno spirito? Era una donna?
Chi sei?
 
 
“Hai mai sentito parlare della Donna Dipinta?”
Katara quasi si strozzò con il vino.
Intrattenersi dopo cena era diventata una piacevole abitudine. Chiacchieravano davanti a calici di vino fino a quando le candele non si consumavano, fino a quando gli sbadigli sostituivano le parole e allora ritornavano ognuno nelle proprie stanze. Era un silenzioso comune accordo per non alimentare i pettegolezzi che già giravano sulla loro relazione. Non che ci fosse qualcosa di reale, pensavano entrambi.
La reazione di Katara non passò inosservata a Zuko.
“Si, ne ho sentito parlare.” Gli disse infine, quando i colpi di tosse terminarono. “Ma è stato tanto tempo fa, durante la guerra.”
Zuko annuì e la guardò incerto.
“Dicono che sia tornata.”
“Non pensavo credessi alle leggende.”
Zuko mise giù il suo bicchiere e sospirò.
“Sappiamo entrambi che dietro alle leggende mascherate si nascondono delle persone.”
Katara scrollò le spalle.
Gli disse poco dopo di essere stanca, gli augurò la buonanotte e si ritirò nelle sue stanze.
Quando Zuko andò a bussare alla sua porta prima di andare a dormire, non ricevette risposta.
 
I vestiti neri erano riposti sul fondo del suo armadio, lì dove nessuno avrebbe potuto trovarli.
La maschera era nascosta lì sotto, una perfetta copia di quella che giaceva sui fondali del Lago Laogai.
Non avrebbe dovuto averla con sé, lo sapeva bene. Aveva promesso di lasciare andare quella parte della sua vita quando la aveva abbandonata nelle acque di Ba Sing Se.
Si vestì lentamente, i dao sulle spalle, i capelli raccolti con cura. Mise la maschera sul volto e si guardò allo specchio. L’immagine gli restituì il ghigno di un vecchio amico.
Si calò dalla finestra e lasciò il palazzo senza che nessuno lo vedesse.
 
Sapeva che l’avrebbe trovata lì.
La nebbia si era quasi dissolta del tutto attorno a lei. Il vestito borgogna toccava terra, l’enorme cappello e i lunghi veli oscuravano il suo viso e rendevano fluidi i suoi movimenti. Sembrava fluttuasse per aria.
Zuko la osservò di nascosto, mentre lasciava porzioni di cibo fuori dalle abitazioni distrutte e passava alla successiva.
La seguì mentre scivolava silenziosa tra gli accampamenti e si fermava ai piedi dei feriti.
Nella leggera nebbia intravide un bagliore azzurro. Il ricordo di mani sul suo petto che calmavano un dolore lancinante si fece vivo nella sua mente.
“Sappiamo entrambi che dietro alle leggende mascherate si nascondono delle persone.” Le aveva detto quella stessa sera.
Le lasciò curare i feriti.
Le lasciò consolare un bambino che piangeva.
Avrebbero cantato canzoni su di lei, l’indomani.
Poteva quasi udire le preghiere sulle bocche dei vecchi, i canti su quelle delle bambine.
La aspettò a metà strada tra il palazzo e il villaggio.
 
Era bellissima, le leggende ci avevano preso, almeno su questo.
Aveva la pelle dipinta, i colori brillanti sulla sua pelle scura. I capelli cascavano sulle sue spalle, i suoi occhi brillavano nella notte.
Ripensò alle leggende che aveva udito a corte.
Poteva dare o togliere la vita.
Zuko sorrise sotto la maschera. Il suo pensiero tornò a quando, occhi ridotti a due fessure, lo aveva minacciato di togliergli la vita. A quando, occhi brillanti colmi di lacrime, gliel’aveva restituita. Istintivamente si sfiorò lo stomaco, lì dove riposava l’indelebile ricordo di quel giorno.
Fu in quel momento che lei lo vide e si paralizzò sul posto. Cercò di abbassare la testa, di nascondere i suoi lineamenti all’ombra del cappello, dietro i molteplici veli che la facevano fluttuare per aria.
“Avrei dovuto capirlo prima.” Le disse, la voce ovattata dietro la maschera.
La ragazza cercò di voltarsi e andar via, ma lui le fu accanto in un attimo, i passi silenziosi sulle foglie, e afferrò il suo polso.
“Katara.”
Quando sentì il suo nome smise di opporre resistenza e si voltò a guardarlo, gli occhi del colore dell’oceano che trafiggevano lo spettro sul suo volto, penetravano nei pozzi neri delle fessure e arrivavano dritti alla sua anima.
 
Il giorno dopo Zuko ritornò al villaggio. Katara decise di accompagnarlo, nei suoi abiti blu e i capelli intrecciati. Zuko sperò che nessuno riconoscesse i suoi occhi o il suo sorriso gentile.
Le bambine cantavano e danzavano, gli uomini stavano ricostruendo le case con il sudore sulle loro fronti.
Non c’erano più feriti al villaggio, ma due donne e un bambino erano morti nel crollo delle case.
C’era un uomo che piangeva in silenzio mentre sollevava e inchiodava travi di legno.
Zuko sospirò.
Doveva ringraziare Katara e soltanto Katara se quelle tre persone erano state le uniche vittime.
Katara che in quel momento sorrideva alle bambine e aiutava le donne a raccogliere i detriti.
Zuko provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco a cui non sapeva e non voleva dare un nome.
 
Quella notte indossò nuovamente i suoi abiti scuri e la sua maschera e aspettò Katara sotto la finestra della sua camera.
Katara fece un passo indietro e scosse la testa quando lo vide.
Non è una buona idea.
Fu ciò che lesse nel suo sguardo, ma allungò egualmente una mano verso di lei.
Voglio essere al tuo fianco. Proteggere la mia gente al tuo fianco.
In qualche modo Katara capì la sua silenziosa richiesta, perché afferrò la sua mano e si diressero in silenzio verso il villaggio.
 
Così si diffusero nella Nazione del Fuoco le voci sul ritorno dello Spirito Blu.
Non c’erano stati suoi avvistamenti da anni, oramai. Il suo ricordo era caduto nell’oblio collettivo, ma dopo pochi giorni il suo nome tornò a comparire nei rapporti che arrivavano a palazzo.
Lo spirito della morte, veniva definito.
Si diceva che fosse tornato per riparare i torti dei crudeli.
Zuko sorrideva ascoltando quelle voci e ripensava alla libertà che provava di notte quando correva al fianco di Katara, per riparare i torti, per curare le ferite, per dare la vita e fermare chi volesse toglierla.
 
Nell’ultimo giorno che Katara passò nella Nazione del Fuoco, Zuko la aiutò a controllare che tutti gli accordi fossero in ordine, firmati e approvati. Sarebbe dovuta partire per una visita nel Regno della Terra, dove avrebbe incontrato l’Avatar e avrebbe partecipato al consiglio con il Re. E da lì era diretta a Nord. Sarebbe poi tornata a casa sua.
Zuko non sapeva quando avrebbe potuto rivederla.
Cenarono insieme, quella sera. Bevvero vino fino a quando le candele non si consumarono.
Ognuno si recò nella sua stanza, sussurrando una buonanotte malinconica nei corridoi scarsamente illuminati.
Nell’ultima notte che Katara passò nella Nazione del Fuoco, lei e Zuko indossarono i vestiti della Donna Dipinta e dello Spirito Blu.
Quella notte non avevano torti da riparare, ferite da curare, bambini da sfamare.
Quella notte vagarono nelle strade deserte, all’ombra degli edifici, sui tetti delle città.
Quella notte lo Spirito Blu si calò la maschera per la prima volta alla luce della luna. La Donna Dipinta lo baciò, la disperazione tangibile nella forza con cui la sua bocca si muoveva contro quella del ragazzo.
Fecero l’amore in silenzio, in un edificio abbandonato.
 
Katara lo abbracciò prima di salire sulla nave.
Gli sguardi degli uomini a bordo non passarono inosservati a Zuko.
Quando Katara salì sulla nave, erano tante le cose che non erano state dette tra loro.
Quando la nave di Katara salpò, rimasero a lungo a guardarsi negli occhi, finché lei non fu abbastanza lontana da non poter intravedere le lacrime negli occhi di Zuko.
Quando la nave di Katara scomparve dietro all’orizzonte, Zuko tornò al Palazzo in silenzio, con il cuore spezzato e il ricordo delle proprie mani sulla sua pelle, delle labbra di Katara sul suo collo.
 
Gli avvistamenti dello Spirito Blu si fecero più frequenti nelle settimane successive.
Si diceva fosse un’anima tormentata.
È stato bandito dal Mondo degli Spiriti, erano le voci di alcuni.
Gli Spiriti malvagi hanno portato via il suo amore, dicevano altri.
“Io penso che la Donna Dipinta l’abbia lasciato.” Disse l’oste della locanda a nessuno in particolare.
Zuko non sollevò lo sguardo. Era in quella locanda isolata in incognito, un mantello a coprirgli il volto, seduto in un angolo a consumare il suo boccale di birra. Non era lì per fare conversazione, né tantomeno per cercare compagnia. Era un modo come un altro di evadere dalla propria vita. Un modo come un altro per colmare un vuoto.
“Cosa ve lo fa pensare”? Gli chiese un uomo vicino al bancone.
“Le leggende dicevano che fossero tornati nel mondo degli umani insieme, ma nelle ultime settimane non c’è stata più traccia di lei.” Fece una pausa drammatica, prendendosi il tempo di asciugare il boccale e riporlo sullo scaffale.
“Lui, invece …” Continuò. “Lui viene avvistato quasi tutte le notti. Si dice che stia continuando ad aiutare le persone, stia continuando a riparare i torti. Ma ogni notte si reca sulle sponde del fiume. Si siede lì e aspetta. Sembra quasi un fantasma.”
A quel punto, aveva catturato l’attenzione di chiunque fosse nel raggio d’udito. Gli piaceva, quella parte. Gli piaceva raccontare storie e far pendere le persone dalle proprie labbra.
Una donna gli intimò di continuare la storia.
“Aspetta la Donna Dipinta?”
Il locandiere annuì con aria solenne.
“Dove è andata?”
“Nessuno lo sa. Nessuno sa perché lo abbia lasciato indietro.”
La donna si portò una mano al cuore.
“Lui la amava?” Intervenne un uomo, fino a quel momento rimasto in silenzio.
“Perché pensa che sia così tormentato, mio signore?” Rispose allora il locandiere. “Lui ne era innamorato.”
Nessuno vide Zuko lasciare la locanda.
 
“Ho avuto parola dall’Ambasciatrice Katara che farà ritorno nella Nazione del Fuoco la prossima settimana.”
Zuko guardò suo zio, le posate sospese a mezz’aria, e deglutì.
“Lo so. Mi ha scritto qualche giorno fa.”
Iroh annuì lentamente.
“Non sei felice del suo ritorno?”
Zuko lo scrutò, pensando che suo zio avesse qualche modo misterioso di leggergli dentro, di scrutare la sua anima.
“Certo che sono felice.”
Sperò che i battiti del suo cuore non fossero udibili nel silenzio della stanza. Posò le posate con calma, improvvisamente non più affamato.
“Tu quando andrai via?” Gli chiese, nella speranza di cambiare discorso.
Ma Iroh gli sorrise, guardando suo nipote con quegli occhi di chi sembrasse conoscere una verità ai più ignota.
 
La notte seguente lo Spirito Blu uscì nelle strade più malfamate di Caldera City.
Impedì ad una donna di essere picchiata da un uomo ubriaco, lasciando l’uomo incosciente legato fuori la porta di una locanda. Annuì alla donna, prima di sparire nel buio.
Più avanti, impedì ad un uomo di derubarne un altro.
Tornò sulle sponde del fiume. Si appoggiò ad un albero, senza togliersi la maschera.
L’aveva tolta soltanto una volta.
L’aveva tolta per essere baciato da lei.
L’aveva tolta per fare l’amore con lei.
E lei era andata via.
L’indomani sarebbe tornata.
 
Quella mattina all’alba una fabbrica era esplosa.
Aveva inquinato i fiumi, aveva distrutto delle abitazioni.
Zuko si ritrovò sommerso dai documenti. Si recò sul posto per constatare i danni.
Questo gli impedì di aspettare Katara al porto, come avrebbe voluto fare.
Una parte di lui non vedeva l’ora di riabbracciarla.
L’altra temeva il momento in cui si sarebbe ritrovato davanti ai suoi occhi.
Ma Katara non gli diede il tempo di rimuginare su tali pensieri. Zuko la trovò immediatamente al suo fianco, al villaggio.
“Ho sentito cos’è successo e mi sono fatta accompagnare qui.” Gli disse.
Zuko sorrise sentendo quelle parole. Era Katara. Ovviamente si era precipitata lì.
“È bello vederti, Katara.”
Katara sorrise a sua volta e arrossì vagamente.
“Sono felice di essere tornata.”
Lo abbracciò forte.
Zuko non aveva dimenticato il suo profumo nemmeno per un giorno.
 
Quella sera cenarono insieme.
Dopo qualche attimo di esitazione, erano entrambi riusciti a lasciarsi l’imbarazzo di chi non si vede da tempo alle spalle ed erano tornati ad essere i due soliti amici di vecchia data.
Katara lo prese in giro sui suoi capelli lunghi, afferrandone una ciocca tra le dita.
“Stai molto bene.” Gli disse.
Quando, nel ritrarsi, le sue dita sfiorarono la sua pelle, Zuko avvertì un brivido lungo il suo corpo.
Fu più doloroso sussurrarle la buonanotte davanti alla porta delle sue stanze.
 
Sapeva che l’avrebbe trovata all’ingresso del villaggio.
Era sempre bellissima. Le braccia scoperte, le labbra dipinte – ebbe un sussulto al cuore quando si fermò a guardarle, forse per un secondo di troppo.  
“Mi stai seguendo, Spirito Blu?”
Zuko ringraziò la maschera che nascondeva il rossore sul suo viso.
“Ti stavo aspettando da tempo.”
 
Quella notte lo Spirito Blu fu l’ombra della Donna Dipinta.
La osservò curare i feriti, le mani scintillanti sulle loro membra bruciate.
Raccolse i detriti mentre lei cominciava a ripulire il fiume.
Non sarebbe bastata una sola notte, ma dai suoi movimenti esperti capì che non era la prima volta che lo faceva.
Da quanto tempo stava proteggendo la sua gente nel silenzio della notte?
Perché continuava a farlo?
Poteva quasi sentire le canzoni che sarebbero state cantate l’indomani.
Guardò come stregato i suoi movimenti fluidi, le braccia che si distendevano e ritiravano come le maree. Gli ampi cerchi che sollevavano l’acqua, che separavano il liquido che le avvelenava e lo gettavano via.
Stava guarendo quel fiume così come i cuori della sua gente.
Era quasi l’alba quando gli prese la mano e lo riscosse come da un sogno.
Tornarono al palazzo quando comparvero i primi raggi di sole.
Quella notte lo Spirito Blu non aveva abbassato la sua maschera.
 
Nelle sue poche ore di sonno, Zuko sognò di perderla.
Era andata via, lontano. L’aveva lasciato sulle sponde del fiume con un bacio soffiato sulle labbra ed era fluttuata su in cielo, avvolta dai suoi veli. Sulla bocca di Zuko era rimasta una traccia di pittura e un’infinita malinconia.
Quando andò al primo incontro di quella giornata aveva quasi paura di non trovarla lì.
Magari la sua nave era salpata nelle prime ore del giorno e nessuno si era premurato di avvisarlo.
O forse era scappata via.
Ma Katara lo aspettava nella sala, nei suoi abiti blu e capelli intrecciati nello stile della sua Tribù. Sorrise quando lo vide.
 
 
Ci vollero sei giorni per ripulire il fiume e per curare tutti i feriti.
Durante il giorno, l’Ambasciatrice e il Signore del Fuoco erano sempre più stanchi.
Durante la notte indossavano le loro maschere e correvano in soccorso di chi ne aveva bisogno.
Non era ancora l’alba quando terminarono il lavoro, l’ultima notte.
Avrebbero potuto rientrare prima e riposare: avevano un importante incontro il giorno successivo.
Non lo fecero.
Restarono in silenzio sull’altra sponda del fiume, la nebbia ormai dileguata, lontani dal mondo dei vivi, dei dormienti.
La Donna Dipinta gli slacciò la maschera.
Lo guardo negli occhi e gli accarezzò la cicatrice prima di baciarlo.
Quando Zuko riaprì gli occhi, per un attimo pensò che l’avrebbe vista fluttuare verso il cielo, ma lei era ancora lì.
“Non volevo andar via.” Gli disse ad un soffio dalle sue labbra. “Non volevo che passasse tutto questo tempo prima del mio ritorno.”
Zuko la baciò con la stessa disperazione di quella prima volta.
“E allora non andare più via.”
 
La mattina seguente Zuko si svegliò in una camera diversa dalla propria.
I suoi abiti scuri giacevano sul pavimento. La sua maschera era poggiata su di essi.
Katara dormiva al suo fianco, la pelle nuda ancora dipinta.
 
Le leggende della Donna Dipinta e dello Spirito Blu si fusero in un unico mito.
Si diceva che vivessero insieme sulla sponda del fiume – l’uno l’ombra dell’altro, spiriti invocati nella notte che uscivano allo scoperto soltanto quando udivano le preghiere dei disperati.
Si diceva che fossero i fantasmi di due amanti.
“È tornata a guarire il suo cuore.” Disse un giorno l’oste della locanda. L’attenzione dei clienti era tutta rivolta a lui. Pendevano dalle sue labbra.
“Quindi anche lei era innamorata di lui?” Chiese un uomo, il suo boccale di birra fermo a mezz’aria.
Il locandiere annuì, come a voler confermare un fatto a cui aveva assistito in prima persona.
Le voci sugli avvistamenti della Donna Dipinta e dello Spirito Blu si fecero sempre più rade, ma qualora ci fosse un grido d’aiuto, esso veniva sempre ascoltato.
La nebbia si infittiva e la figura fluttuante della Donna arrivava ad ascoltare le loro preghiere.
Spirito della nebbia, oh dea delle acque buie.
Principessa del fiume, oh Guaritrice della notte.
Lo Spirito Blu era sempre al suo fianco – le sue spade la proteggevano, la aiutavano a riparare antichi torti.
Spirito Blu, oh scudo del cielo.
Demone della notte, oh protettore dei deboli.
Erano fantasmi di due amanti, erano spiriti invocati nella notte.
Nessuno vide mai più l’uno senza l’altro.


 
Note

Ciao a tutti! A quanto pare non sono capace di smettere di scrivere su questi due. 
Questa storia ha preso vita propria ed è venuta fuori decisamente diversa da come era stata pensata. Spero vi sia piaciuta, grazie per aver letto!

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: aplaceformyhead