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Autore: nenaDC    10/01/2021    0 recensioni
Coreen è la figlia del famigerato pirata "Gray" Gordon e della regina del mare dell'Est. Abilissima spadaccina, comanda la nave appartenuta a suo padre. Temutissima e rispettata dall’equipaggio per il dono della parola e della magia. Serba rancore per la stirpe reale di un regno terrestre, che reputa responsabile del suo dolore e delle sue perdite. Rimasta sola con quattro regni da governare porta avanti una missione suicida, tendando di liberare quello che resta del suo equipaggio e cercando di vendicare il torto subito uccidendo il re in persona.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Arrabbiarsi a quel punto non sarebbe servito a nulla. Steve lo sapeva bene. Ma non riusciva a capire come il padre potesse pretendere tutte quelle tasse dal popolo, quando il popolo stesso non era in grado di pagare. Era appena finita la stagione dei raccolti, quindi i fattori e i mercanti non avevano più merce da vendere e comprare. Tutto quello che possedevano gli sarebbe servito per vivere e affrontare l’inverno ormai alle porte. Il poco grano che i contadini avevano da parte serviva loro per ripartire in primavera con la nuova semina. Ma il Re era sempre insoddisfatto delle casse, se pur piene, della corona. Era avido e timoroso di una carestia. Non capiva che a lungo andare l’avrebbe portata lui stesso una carestia, e che ben presto nel regno non vi sarebbe più stato un solo chicco di grano da piantare o da vendere. Steve questo lo sapeva, ma non poteva fare nulla, se non assecondare il padre e magari agire alle sue spalle in tempi per lui non sospetti. Così quella mattina lasciò il padre e i suoi scagnozzi a discutere nelle sue stanze. Ne aveva abbastanza, aveva bisogno invece di una bella cavalcata per schiarirsi le idee e pianificare una contro mossa a discapito dei progetti del padre.
Prese il suo destriero, un cavallo nero delle terre selvagge. Un raro esemplare regalatogli dalla madre al suo diciottesimo compleanno. Sorrise al ricordo di lei, morta oramai da nove anni. Era l’unica che riusciva a far ragionare il re di tanto in tanto. Steve però non voleva rattristarsi con i ricordi della madre, così li scacciò via e con un abile salto montò in sella a Rubik, per poi sfrecciare nella campagna davanti a sé. Una distesa di campi e piccoli boschi disseminati per tutta la vallata. Un fiume la tagliava a metà. Sgorgava dall’immensa montagna che sovrastava tutto il regno. Usciva da una fenditura al centro della roccia, sgorgando in una meravigliosa e altissima cascata, visibile da miglia e miglia di distanza. Proseguiva la sua corsa, zigzagando per la valle per poi sfociare nell’oceano. Una vasta, immensa distesa d’acqua dell’azzurro più chiaro che un uomo possa immaginare. Nel punto esatto in cui l’acqua dolce incontrava l’acqua salata, si creava una sorta di corda fatta di schiuma, e il blu del fiume sfumava diventando cristallino. Era una vista mozzafiato e vivere in quella valle era per Steve un sogno ad occhi aperti. Il suo regno infatti era considerato il più bello, se pur uno dei più poveri, dai regni vicini. La sua vastità di terre era oggetto di continue rappresaglie e dispute per accaparrarsi almeno un pezzo di terra. Ma almeno su questo era d’accordo con il padre. Mai e poi mai avrebbero ceduto quelle terre ad altri.
Stava osservando il tramonto, rapito da quei colori così accesi che quasi non si accorse della piccola imbarcazione che stava approdando nella spiaggia ai piedi del costone alla sua destra. Da quella distanza e con la luce che si stava scurendo, non riusciva a capire chi fosse l’individuo che la stava trainando a riva. Sembrava goffo però, o quanto meno affaticato o addirittura ferito. Sembrava zoppicare e la corda gli sfuggiva continuamente dalle mani, come se non avesse forze sufficienti. Steve montò così a cavallo e si diresse alla spiaggia. Il sentiero che conduceva in basso si fece più impervio, così che fu obbligato a lasciare Rubik all’inizio della discesa. Proseguì a piedi quindi, mantenendo però una mano sull’elsa della sua spada. L’istinto da cavaliere gli imponeva di essere sempre cauto, in ogni situazione. Anche in una come quella che apparentemente non destava preoccupazioni. Arrivato alla spiaggia, notò che l’individuo era riuscito a trainare del tutto la barca sulla sabbia. Stava ora cercando di prendere quello che sembrava essere un vecchio e logoro sacco. Era l’unico bagaglio che portava con sé. Si avvicinò ulteriormente, schiarendosi la voce. L’individuo si girò di scatto, spaventato dalla presenza del principe. Quest’ultimo alzò le mani rassicurando l’uomo davanti a sé. Era totalmente avvolto da vecchie coperte. Solo gli occhi, di un azzurro penetrante, facevano capolino da quell’ammasso di stoffa.
«Stiate tranquillo. Non voglio farvi alcun male. Anzi mi chiedevo se avevate bisogno di un aiuto.» chiese Devon fermandosi a qualche metro da lui. L’uomo lo scrutò e dopo diversi attimi accennò un lieve sì con la testa. Steve sorrise e si avvicinò.
«Mi chiamo Steve. Voi siete?» domandò lui allungando la mano.
L’uomo la guardò ma decise di non stringerla. Il principe la ritirò e vide del timore in quegli occhi. Ma subito dopo l’uomo cominciò a togliersi la bandana che gli copriva il viso e la testa, liberando così una lunga chioma nera. Un viso delicato ma provato dal viaggio si mostrò fiero. Le labbra carnose contrastavano con l’esile mento. Quello che Steve pensava essere un uomo si rivelò una donna. Una bellissima donna, aggiunse il suo cervello in risposta.
Indietreggiò istintivamente di un passo.
«Mi dovete scusare, pensavo foste un uomo. È doveroso in vostra presenza un inchino, madame.» si affrettò a dire, facendo così la riverenza.
Lei continuava a guardarlo sospettosa, scrutando ogni dettaglio di quell’uomo. Dedusse così che doveva trattarsi di un nobile, considerando le buone maniere e gli abiti di una certa foggia. Non si fidava ancora però. Era da molto tempo che incontrava persone gentili solo all’apparenza. Decise quindi di rimanere sulla difensiva.
«Non dovete inchinarvi per forza. Non sono certo una nobildonna.» esordì accompagnando il tutto con un cenno della mano. Steve sorrise. «Siete comunque una donna quindi vi è dovuto.»
«Ma io non voglio queste attenzioni. Se volete aiutarmi, va bene. Ma devo continuare il mio viaggio al più presto, quindi se non vi dispiace mi metterei in marcia.» Steve la guardò un secondo ma poi, incrociando le braccia le sbarrò il passaggio che portava al sentiero. Voleva assolutamente sapere il suo nome e dove voleva andare. L’impazienza della donna lo aveva incuriosito. «Non vorrei sembrarvi scortese, ma devo conoscere il vostro nome e che intenzioni avete nei riguardi del regno.» Steve si mostrò autoritario. Lei continuava a guardarlo torvo. Si mise il sacco in spalla e fece un passo verso il principe.
«Il mio nome o cosa devo fare non vi riguarda. Quindi vi chiedo gentilmente di lasciarmi passare.» e fece per avanzare ancora ma le mani di Steve la bloccarono. Lei reagì d’istinto allontanandosi da lui riuscendo a mettersi nella posizione ottimale per fuggire su verso il sentiero. Ma lui capì le sue intenzioni e l’afferrò nuovamente, ma questa volta non avrebbe allentato la presa.
«Lasciatemi o sarò costretta a farvi male. E non vorrei sporcarvi la casacca di sangue.» la sua voce era mielosa ma Steve percepì la minaccia e all’istante capì che veramente sarebbe stata capace di fargli del male. Allentò la stretta ma non tolse le mani dal suo braccio.
«Non voglio farvi del male, ma veramente voglio sapere il vostro nome. Mi sta a cuore l’interesse di questo regno. Ditemi chi siete e cosa fate qui e io vi lascio andare.»
«Dai vostri abiti deduco che abitate a palazzo. Sono raffinati, ma decisamente non sono regali. Siete una sorta di consigliere? O valletto magari?» Steve lasciò il braccio della ragazza e raddrizzò la schiena. Improvvisamente il suo portamento divenne quasi minaccioso.
«Le domande le faccio io. Si abito a corte ma non vi dirò la mia posizione se prima non mi darete le risposte che voglio.» la guardò solenne.
Sembrò fare effetto perché la ragazza si sistemò i capelli dietro la spalla e sospirò. Mantenne sempre una certa sicurezza.
«Il mio nome è Coreen, ma non posso dirvi cosa faccio qui. Vengo da molto lontano e ho una missione importante da compiere.»
«Tutti abbiamo missioni da portare a termine. Quello che mi interessa a me è sapere se questa vostra impresa può nuocere al regno.»
«Dipende. Quelli fedeli al Re sicuramente ne soffriranno.» rispose lei e con un gesto fulmineo estrasse da sotto il mantello un piccolo pugnale. Si avventò sul principe. Lui la schivò ma la lama gli graffio il dorso della mano. Estrasse quindi la sua spada. «Non potete battermi. Ho una spada.» replicò, facendo un passo indietro.
«È vero, avete una spada. Ma la mia lama è avvelenata, quindi mi basta attendere altri pochi istanti. Vedete? Già sta facendo effetto.» rinfoderò il pugnale e rimise in spalla il sacco, per nulla intimorita da quell’uomo con la spada. Lui barcollò e l’arma quasi gli sfuggì dalle mani. Si inginocchiò sulla sabbia per poi cadere lungo disteso. L’ultima immagine che vide fu un bellissimo sorriso e poi una schiena che si allontanava. E dopo perse i sensi.

***

Ingannare quel damerino era stata una passeggiata. Gli uomini non sono mai intimoriti dalle donne. Era bastato attendere il momento giusto per colpire e così lo aveva messo fuori gioco. Avrebbe dormito un bel po’, pensò Coreen. Considerando la corporatura dell’uomo avrebbe impiegato un paio d’ore il veleno a scomparire del tutto. Un vantaggio non troppo buono, ma in quel momento non aveva altro. Ormai il sole era tramontato e lei doveva trovare un riparo per la notte. Non conosceva quel luogo e non poteva permettersi di cadere vittima di qualcuno o qualcosa. Avrebbe affrontato la sua missione alle prime luci dell’alba. Ora doveva solo trovare un posto ben nascosto dove dormire e il bosco che riusciva ad intravedere alla sua sinistra faceva al caso suo. Si incamminò quindi, stando all’erta e ascoltando ogni piccolo suono che la natura emetteva. Si sentiva solo il vento fra l’erba alta e qualche animale notturno. A vista d’occhio non c’era segno di vita umana. Meglio per lei, pensò. Mentre camminava stringeva il piccolo pugnale fra le mani, pronta ad usarlo in caso di necessità. Era nervosa perché non si era mai ritrovata ad affrontare l’ignoto sulla terra ferma. La sua vita era in mare a bordo della sua nave, a comandare quella che era ritenuta la più temibile ciurma di pirati. Era lì proprio per salvarli perché le guardie reali li avevano catturati una volta messo piede sulla terra ferma. Li avevano attesi in una taverna e i suoi uomini, stanchi del viaggio non avevano percepito il pericolo. Aveva perso più della metà dell’equipaggio. Solo in nove si erano salvati, ma ora erano rinchiusi nelle segrete del castello. La pirateria era considerata come il crimine più atroce. Era secondo solo al tradimento del Re. I suoi uomini avevano i giorni contati, ma lei non era disposta ad abbandonarli, quindi eccola lì, al buio in una terra sconosciuta che si arrampicava sopra un albero per ripararsi dalla notte e da eventuali pericoli. Si sistemò fra due grossi rami che si intrecciavano fra loro. Le fronde erano talmente fitte da nasconderla alla vista da terra così che si sentì al sicuro. Strinse il mantello sulle spalle e coprì la testa. Il pugnale ben stretto in mano.
  
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