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Autore: denna    10/01/2021    0 recensioni
Dopo essere sopravvissuti alla Meteorfall e aver salvato il pianeta, i nostri eroi dovranno fronteggiare una nuova terribile sfida contro un avversario mai affrontato prima: una vita normale.
Prima fanfiction ambientata nello straordinario universo di Final Fantasy VII, spero di coinvolgervi in una piacevole lettura.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Cloud Strife, Tifa Lockheart
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: FFVII, Advent Children
Capitoli:
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Cap. 2 Forbidden Friendship

«Certo che l’ho baciata!»

«Sono contento. E come l’hai baciata?»

«...»

«Non essere inopportuno come al solito, fratello!» intervenne bonariamente Jules, poggiando per un attimo i pesi.

«Mi preoccupo solo della salute della coppia!»

«Grazie… ma non c’è niente di cui preoccuparsi.» replicò Cloud, cercando di ostentare quanta più sicurezza possibile. Purtroppo per lui, Andrea non si fece abbindolare.

«Proprio quello che direbbe una persona preoccupata della sua relazione!» esclamò, preparando un bilanciere mentre con la coda dell’occhio osservava una giovane coppia di clienti.

Cloud si sforzò di ignorarlo, iniziando una nuova serie di trazioni. 

«Comunque sono contento che la serata sia andata bene!» trillò Jules, «... sembrate davvero la coppia perfetta!»

«Mmh… grazie.» troncò Cloud, stanco delle attenzioni. Tuttavia, appariva compiaciuto dell’ultima affermazione.

«È proprio per questo che mi preoccupo! Anche le coppie perfette non funzionano automaticamente…» insistette Andrea.

Cloud si chiese cosa fosse successo negli ultimi giorni, per attirare così tante premure da parte di Andrea. Prima la cena offerta nel suo locale, adesso consulenze e consigli non richiesti sulla sua vita di coppia; come se a lui servisse aiuto. Dopo tanto tempo la sua vita finalmente aveva iniziato a scorrere come voleva lui: normalmente. E la relazione con Tifa andava benissimo.

«E dimmi… fate altro, oltre a baciarvi?» chiese Andrea a bruciapelo.

Cloud perse la presa sulle impugnature e cadde rovinosamente. Tutte le teste si voltarono verso di lui. Andrea mal dissimulò una risatina.

«Andrea!» sibilò Jules, fulminandolo con lo sguardo. «Dagli tregua!»

Cloud ignorò gli sguardi di tutti i presenti e ricominciò l’esercizio, sebbene Andrea avesse notato una familiare sfumatura porpora sul viso del ragazzo. Doveva intervenire immediatamente, ma ormai aveva intuito che i metodi diretti servivano solo a farlo chiudere in se stesso, e suo fratello lo avrebbe cacciato via al prossimo passo falso.

«Dai Cloud, non dirmi che ti sei offeso prima… scherzavo! Voglio farmi perdonare: passa all’Honeybee Inn quando hai finito gli allenamenti, ti offro da bere. Anzi!» esclamò, rivolgendosi agli altri atleti «Offro un drink a tutti dopo gli allenamenti!»

Un coro di voci entusiaste si sollevò dalla sala pesi.

«Sono venuto in moto, mi dispiace.» disse subito Cloud.

«L’Inn ha anche delle stanze…»

«No, grazie. Domani ho delle consegne.»

«Un altro uomo ti invita a dormire altrove e le consegne sono il tuo primo pensiero? Non la tua dolce metà?»

Un ciclone con lunghi capelli scuri e vestiti attillati interruppe la conversazione.

«Signor Rhodea!! Non sapevo che si allenasse qui!»

«Tesoro, non potrei farlo da nessun’altra parte. Siamo nella migliore palestra delle vicinanze.»

«... è anche l’unica…» sussurrò Jules ridacchiando, udito solo da Cloud.

«Mio eroe… posso ardire… a chiederle un autografo sui miei leggings?» chiese la donna, sbattendo gli occhi languidamente.

«Ma certo… dove sono?»

«Proprio qui…» disse ancora lei, passandosi le mani sulle gambe.

Cloud avvampò istantaneamente, mentre Andrea sembrava divertito.

«Subito, my dear… porgimi una gamba!»

«Veramente… pensavo a tutt’altra zona…» 

La donna si girò e si chinò; Andrea tirò fuori da un punto imprecisato della sua tutina un pennarello e accontentò la donna con una firma molto elaborata. Solo quando se ne andò tutta contenta, Andrea si girò di nuovo verso Cloud, che era rimasto fermo in tensione e stava ancora fissando allibito il punto dove si trovava la donna.

«Il prezzo della celebrità… allora quando potremo strapparti alla vita coniugale per una serata?» disse, pimpante.

«Non lo so. Devo andare... Tifa mi aspetta.» rispose il biondo, sbrigativo, scendendo finalmente dalla sbarra.

«Salutamela.» disse Andrea, rassegnato ma non sorpreso.

«E ricordale che avrebbe un bello sconto su un abbonamento, con la nostra nuova promozione di coppia!» disse Jules, salutandolo con la mano.

Andrea sbuffò.

«E poi dici a me che sono inopportuno, fratellino?»

 

***

 

«Bentornato! Com’è andato l’allenamento?» chiese Tifa, vedendolo entrare al bar. 

«Bene.» rispose Cloud, laconico.

«Vuoi mangiare qualcosa?»

«Si, grazie.»

Cloud la osservò mettersi all’opera, tamburellando le dita sul bancone; le frasi di Andrea continuavano a tornargli fastidiosamente in mente e il silenzio era rotto solo dallo sfrigolare di qualcosa in padella.

«Come è andata stasera?» chiese finalmente.

«Come al solito… poco movimento durante la settimana.» rispose lei, armeggiando abilmente ai fornelli.

«Già…»

«Ecco a te, ginnasta!» disse Tifa sorridente, posando sul balcone un generoso piatto di uova e pancetta.

«Grazie.»

«Sai… oggi ho visto Andrea in palestra.» esordì Cloud, quando fu a metà del piatto.

«Di nuovo? Ma cosa fa, ti segue?» esclamò lei, sorpresa.

«Mmh...?» fece lui, a metà di un boccone.

«È la seconda volta questa settimana… ci tiene a rimanere in forma, ma è anche molto riservato. Come ci si sente ad allenarsi con una celebrità?» domandò scherzosamente.

«Ha ha ha… non mi alleno con lui. Siamo solo nella stessa stanza.» rispose Cloud, prima di attaccare il resto del bacon.

«Certo, scommetto che non ti parla nemmeno. Ci ha offerto una serata gratis nel suo locale… non mi dire che lo eviti! Sarebbe scortese!»

«No… certo che no… io…» rispose lui, sulla difensiva.

«Dovremmo invitarlo qui!!» disse lei, battendo il pugno sulla mano tesa.

«Come?!» squittì Cloud, colto alla sprovvista.

«Si! Per ringraziarlo della serata! Certo, il Seventh Heaven non è l’Honeybee Inn, ma… ha detto che voleva assaggiare il Cosmo Canyon!» disse Tifa, esitante.

«Vero…però è un tipo… particolare.» disse Cloud.

«Che intendi?» chiese Tifa, sorpresa.

«Non dimenticarti che era uno dei delegati di Don Corneo… e in palestra tutti sembravano conoscerlo. Una donna addirittura…»

«Cosa?»

«Gli ha chiesto un autografo.»

«Ahahaha… dai Cloud, mi sembra normale!»

«No… gli ha chiesto di firmarle i leggings. Quelli che aveva addosso.»

«Ah… sarà una cosa da celebrità.» disse Tifa, togliendogli da davanti il piatto ormai vuoto.

«Non lo so…» ammise Cloud. «Ma se vuoi invitarlo, va bene. Pensa che anche lui mi ha invitato a bere qualcosa dopo gli allenamenti.» 

«E perché non ci sei andato? » chiese Tifa, girandosi e sgranando gli occhi.

Cloud rimase stupito dalla domanda. Si alzò e prese un bicchiere di acqua, andando ad appoggiarsi vicino a Tifa, che stava lavando il piatto.

«Avrei dovuto… accettare?» chiese, rigirandosi il bicchiere tra le mani.

«Certo, stupidone! Se volevi, perché no?»

«Ma non volevo!» esclamò lui.

«Non fare così! È stato gentile…» replicò lei.

«...»

«Non c’è nulla di male se frequenti altre persone, oltre a noi.» disse bonariamente Tifa, accarezzandogli affettuosamente il ciuffo ribelle, mentre metteva a posto il piatto.

Cloud non rispose, ma la ragazza notò che non sembrava del tutto convinto.

«Tu pensa ad invitarlo, io preparerò il locale.» disse.

Cloud sgranò gli occhi.

«Invitarlo? Io?»

«Hai detto che ultimamente lo incontri spesso in palestra, non dovrebbe essere difficile.» disse con tono eloquente.

Cloud abbassò di nuovo lo sguardo sul bicchiere. Tifa lo guardò, in attesa.

«Suppongo di no.» rispose il biondo, prima di bere. Prevedeva guai.

 

 ***

 

«Come sarebbe a dire che oggi non c’è? È tutta la settimana che viene!» urlò Cloud, lievemente contrariato, cercando di farsi sentire al di sopra dell’assordante musica techno. 

«Dovevi dirgli qualcosa di importante? I’m so sorry!» rispose gridando Jules, abbassando gli occhi.

«Non preoccuparti, sarà per un’altra volta!» strilló il biondo, scuotendo la testa.

«Ma no! Visto che sei tu, proverò a chiamarlo! Dammi un secondo!!»

Il culturista tirò fuori un minuscolo telefono cellulare da dietro il bancone e compose un numero, rimanendo in attesa alcuni secondi. Il caos della musica dalla sala pesi rimbombava intorno a loro.

«Non risponde!! Chissà cosa sta facendo!!»

«Ho detto che non fa niente! Ci vediamo domani!»

Cloud uscì dalla palestra, massaggiandosi le orecchie. Non voleva allenarsi, aveva un paio di consegne da ultimare ed era già abbastanza tardi. Non si prese la briga di informare Tifa, tanto per quel giorno Andrea non si sarebbe fatto vivo.

Terminate le consegne, fece rotta verso il Seventh Heaven. Notò subito che il piccolo spiazzo antistante il locale era pieno di persone assiepate che si spintonavano per entrare. Un bruttissimo presentimento lo fece affrettare a parcheggiare; per evitare la folla fece il giro ed entrò dal retro.

Una volta spuntato da dietro il bancone notò il motivo dell’agitazione, seduto su uno sgabello e circondato da una torma di fan adoranti: Andrea Rhodea.

«Non ci credo…» sussurrò a nessuno in particolare.

«Meno male che sei qui! Forza, aiutami!» esclamò Tifa, travolgendolo con un vassoio pieno di bicchieri.

«Ah, comunque… grazie per avermi avvisata che lo avresti invitato stasera! Per premio starai al lavaggio!» aggiunse, prima di addentrarsi nel muro di folla tenendo il vassoio in alto sopra la testa. Cloud sospirò e si diresse al lavandino, già ingombro di bicchieri.

Riuscì a sollevare la testa dal lavandino solo a notte inoltrata, la schiena dolorante e le mani indolenzite. Andrea era riuscito a portare un numero record di persone al Seventh Heaven; il pavimento non aveva ceduto per miracolo.

«Ma è venuto per parlare con noi o per fare un bagno di folla?» chiese Tifa, ormai senza fiato.

«Direbbe che è il prezzo della celebrità.» sospirò Cloud, asciugando l’ennesimo calice.

«Dai, ti do il cambio, vai a salvarlo.»

«Non so se ne ha bisogno.»

«Ma noi si!! Chiudi il locale, caccia via tutti!»

«Hai ragione. Vado.»

«Prendi la Buster Sword, se necessario.» disse Tifa. Non ne poteva più e nemmeno il pensiero dell’incasso record riusciva a farle dimenticare i piedi in fiamme.

Dopo dieci minuti di lotta Cloud riuscì a far uscire tutti e a chiudere l’entrata. Nulla potè contro i curiosi che ancora si accalcavano alle finestre.

Stanco come non mai, si diresse verso l’ultimo cliente rimasto, la causa di tutto quel marasma, che stava chiacchierando con Tifa, mentre lei puliva il bancone.

«Cloud! Finalmente riesco a salutarti!» esclamò Andrea; anche lui era visibilmente stanco.

«Mi dispiace di aver creato tutto questo trambusto, non era mia intenzione. Ho cercato di essere il più discreto possibile, ma qualcuno deve avermi visto lo stesso mentre venivo qui.»

Cloud guardò i vestiti scarlatti e verdi chiaro di Andrea e scosse la testa.

«Posso proporre il bicchiere della staffa?» chiese di nuovo, guardando Tifa.

«Se verso un altro bicchiere urlo. Fate da soli.» esalò lei, poggiando una bottiglia e dei bicchieri sul bancone.

«Mi priveresti di un ultimo Cosmo Canyon?» domandò Andrea, deluso.

«Attento, potrebbe privarti di ben altro.» si affrettò a dire Cloud, avendo notato il cambiamento di espressione di Tifa.

«Va bene, non insisterò.» capitolò Andrea, aprendo la bottiglia e versando un generoso quantitativo di alcol nel suo bicchiere e in quello di Cloud. Tifa li guardò un attimo, compiaciuta, poi se ne andò nel retro.

«Ragazza meravigliosa.» commentò Andrea, osservandola andare via.

«Si.» concordò Cloud, bevendo un primo sorso. 

«Vi ho sentito!!» gridò Tifa.

«Ah, non ti ho ancora ringraziato dell’invito, Cloud.» disse Andrea, rivolgendo un palese occhiolino al biondo.

«... figurati. Anzi, grazie a te.»

«Magari mi avesse avvisata!» puntualizzò la voce dal retrobottega.

«Colpa mia, my dear, devo averlo distratto in qualche modo…»

Cloud bevve un altro sorso, senza commentare. La situazione cominciava a richiedere dell’alcool. Tifa riapparve per un attimo, con il volto deformato dalla stanchezza.

«Ragazzi, mi dispiace, ma io vi lascio e vado a dormire.»

«Non ti dispiace veramente.» fu il commento divertito di Andrea.

«No, non mi dispiace.» confermò lei, prima di imboccare le scale. «Sono distrutta.»

«Buonanotte Tifa.»

«Sogni d’oro, Darling

«Buonanotte.»

Andrea si girò verso Cloud con fare teatrale ed esclamò: 

«Finalmente un po’ da soli!»

Cloud vuotò il bicchiere ed optò per versarsene un altro, realizzando troppo tardi che si era cacciato in una situazione pericolosa.

«O preferiresti raggiungerla a letto?» proseguì maliziosamente.

Cloud arrossì e distolse lo sguardo. 

«Dovrei entrare nella sua stanza per farlo.» rispose, prendendo un altro sorso.

«Bevine un altro e non ti ricorderai nemmeno dov’è!» disse Andrea, ridacchiando.

«Non sottovalutarmi, reggo bene l’alcool.»

«Quanto bene?»

«Che… che intendi?»

«Sto pensando a quanto mi costerebbe farti ubriacare per farti fare qualche follia.»

A Cloud andò di traverso il liquore, ma decise di rispondergli per scoraggiarlo.

«Metà della tua fortuna.»

«Oh my God!» esclamò Andrea, lanciando un’occhiata fugace alla bottiglia sul bancone. 

Per quella sera avrebbe dovuto rimandare. Tornò a concentrarsi sul motivo per cui era venuto.

«Vi ho osservati sai? Tu e lei. Soprattutto tu»

«E perché?» domandó Cloud, in parte infastidito da tutta quell’attenzione, ma in parte, per quanto gli costasse ammetterlo, curioso. 

«Te l’ho già detto in palestra: sono preoccupato per voi due, per te in particolare, Cloud. » 

«Di nuovo con questa storia?» esclamò il biondo, con una nota di esasperazione nella voce, prima di finire il bicchiere. 

«Yes, è per questo che sono venuto qui.» rispose Andrea.

«Hai sprecato il tuo tempo. Non c’è niente che non va.» affermó sbrigativo Cloud. Fece per prendere la bottiglia, ma Andrea lo anticipó.

« Puoi continuare a ripetere che sta andando tutto bene...» esordí, sostenendo lo sguardo contrariato del biondo, «… ma non puoi ingannare un esperto, quale sono io .» affermó, versando a entrambi da bere. 

«E credimi, so riconoscere una Black Ice Situation»

«Black Ice... Situation?» ripeté perplesso Cloud.

«È un termine che ho inventato io per descrivere situazioni come la tua.» gli spiegò Andrea orgoglioso, prendendo un lungo sorso di liquore. Posó il bicchiere e guardó il ragazzo di fronte a lui. 

«Sai cos’è il Black Ice, Cloud?» 

“Una magia proibita?”

Il biondo scosse la testa. 

«È un ghiaccio straordinariamente sottile, che si forma solo in particolari condizioni atmosferiche.» esordì l’uomo, adottando un tono scientificamente serio. «Tuttavia è ancora in grado di sostenere il peso di chi è abbastanza coraggioso da avventurarvisi sopra. Una combinazione tra l’acqua sottostante e la ripartizione delle forze, credo.» 

Cloud inarcò un sopracciglio, non capendo il nesso tra lui e quello di cui Andrea stava parlando, ma aspettó che finisse la spiegazione.

«il punto è che non tutti possono pattinare sul Black Ice, e anche i più esperti devono essere cauti: il ghiaccio si crepa continuamente e può sempre rompersi, man mano che si procede, e restare fermi non è la soluzione migliore.» continuó Andrea.

«Se ti fermi, sprofondi; puoi solo andare avanti, procedere, seguito costantemente dalle crepe sotto i pattini; consapevole che i tuoi nervi dovranno essere più saldi del ghiaccio su cui ti trovi; perché sai che, in qualsiasi momento, una mossa sbagliata, un minimo errore, può farti perdere tutto e finire per sempre nelle nere acque gelide.» concluse. Si concesse una pausa ad effetto, bevendo. 

«Hai capito la metafora, Cloud?» chiese, anche se vedeva già benissimo la risposta, scolpita nel viso del ragazzo: stava sudando freddo e, per la prima volta in assoluto, Andrea vide che aveva tutta la sua attenzione. Lo smarrimento sul suo volto lo faceva apparire molto più giovane dei suoi ventuno anni. 

«E… perché uno dovrebbe pattinare sul Black Ice?» domandó Cloud, rompendo finalmente il silenzio. Andrea sorrise. 

«Il ghiaccio produce un suono meraviglioso, ultraterreno, quando qualcuno ci pattina sopra. Una melodia unica con cui la natura ricompensa gli audaci».

«Mi prendi in giro? Un rischio così grande solo per un suono?»  esclamò Cloud, scettico.

«Dipende quanto quel suono significa per te.» disse Andrea, con una strizzatina d’occhio.

«Tranquillo, non lascerò che tu vada a fondo.»

Dopo questa ultima, teatrale uscita, l’uomo si alzò. 

«Oh, quasi dimenticavo… prima che vada, prendi questa.»

Andrea estrasse da una tasca un cofanetto e lo porse a Cloud.

«Con questa potremo vederci più spesso.»

Il biondo aprì la scatolina, esitante. All’interno c’era una scintillante tessera dorata che recitava:

V.I.P. Pass

Cloud Strife

«La fila per entrare all’Honeybee Inn non sarà più un problema per te, con questa.» disse Andrea, orgoglioso.

«...»

«Ci vediamo in settimana allora!» trillò, avviandosi all’uscita.

 

***

 

“Vado o non vado?” 

Cloud era fermo da qualche minuto, indeciso sul da farsi. Poco lontano da lui, dietro l’angolo, il vociare del nuovo Mercato Murato si attorcigliava ai suoi pensieri. Fissava la sua tessera VIP senza trovare una risposta.

«Vado…?» mormorò.

“Ah, comunque… grazie per avermi avvisata che lo avresti invitato stasera! Per premio starai al lavaggio!”

«Non vado…?»

“Sto pensando a quanto mi costerebbe farti ubriacare per farti fare qualche follia.”

«Vado…?»

“Non c’è nulla di male se frequenti altre persone, oltre a noi.”

«... non vado?»

“Dipende quanto quel suono significa per te.”

«Vado?»

“Sempre meglio che stare fermi!”

Cloud sospirò e si avviò verso l’Honeybee Inn, stringendo la tessera. I dubbi che lo attanagliavano riguardo l’intrattenere rapporti con un ex delegato di un boss non lo avevano abbandonato; gli altri due delegati lo avevano soltanto sfruttato, raggirato, o entrambe le cose, prima di degnarsi di aiutarlo a salvare Tifa.

Andrea era stato l’unico a mantenere subito la parola, dopo aver ottenuto quello che voleva.

“Sarà abbastanza?” 

Non se la sentiva di chiedere consigli ai suoi amici per risolvere i suoi problemi nel relazionarsi con Tifa. Perché si, aveva dei problemi, come Andrea gli aveva fastidiosamente fatto notare. Sospirò e oltrepassò dubbioso la lunghissima fila di persone, che gli rivolsero più di qualche commento astioso.

Esibì la tessera e il buttafuori lo fece passare. I commenti tacquero istantaneamente, sostituiti da un vociare sommesso.

Le apette lo accolsero calorosamente, lui fece un veloce cenno di saluto.

«Privé centrale! Aspettalo là!» gli disse una delle ragazze, prima ancora che potesse parlare. Cloud obbedì e andò verso le scale.

Aspettò per tutta la serata, sorbendosi lo spettacolo. Una volta terminata l’esibizione, coronata dalla solita standing ovation e scrosciare di applausi, Andrea lasciò il palco.

“Chissà quanto ci metterà ad arrivare…” pensò Cloud, sbadigliando.

«Ciao Cloud.»

Cloud sobbalzò e si girò di scatto, trovandosi di fronte Andrea Rhodea in tutto il suo splendore.

«Ma eri laggiù un attimo fa! Come hai fatto?» disse incredulo, indicando il palcoscenico sottostante.

«Le ali dell’amore mi hanno condotto fino a qui.» rispose Andrea, allargando le braccia.

«Come. Hai. Fatto?» insistette il biondo, per nulla impressionato dalla frase stucchevole.

«Ti interessa sul serio o sei venuto qui per parlare di cose serie?»

«... vada per le cose serie.»

 

***

 

Gli habitué dell’Honeybee Inn erano in fermento ormai da giorni e si interrogavano su chi fosse il bel biondo misterioso che era stato visto al locale almeno un paio di volte nell’ultima settimana, entrando con una tessera VIP e accolto dal grande Andrea Rhodea in persona nel privé. Ma le notizie sul nuovo favorito erano poche e frammentarie: c’era chi giurava che facessero ormai coppia fissa, avendoli visti anche insieme nella palestra del fratello di Andrea; altri sostenevano che fosse nient’altri che l’ex SOLDIER Cloud Strife, impegnato a scialacquare il grande premio in denaro che aveva ricevuto dalla Shinra per motivi loschi. Quello che nessuno sapeva era che queste voci avrebbero presto raggiunto le orecchie di una certa barista.

«Cloud!!!»

«Che c’è? Che succede??»

«Ti sembra normale fare serate mondane all’Honeybee Inn!?»

«... ma veramente…»

«Ma un corno! Che ci vai a fare??»

«Tifa, me lo hai detto tu…»

«Quando mai ti avrei detto una cosa del genere??»

«Hai detto… di frequentare altre persone…»

«Ah quindi c’è una persona che frequenti!! Ma bene!» esclamò la ragazza, lanciandogli un’occhiata incendiaria.

«Tifa calmati… è solo Andrea.»

«Non mi calmo neanche un po’! Quello ti spoglia con gli occhi!»

«...»

«Vuoi dirmi che non te ne sei accorto?? Oppure ti sta bene??»

In realtà lo aveva notato dalla primissima visita al locale, e no, non gli stava bene per niente, ma non voleva rivelarle i veri motivi per cui aveva iniziato a frequentare l’Inn.

“La prima regola è: Tifa non deve sapere che parliamo di voi due. La causa è giusta ma… forse non capirebbe.”

I consigli che Andrea aveva iniziato ad impartirgli, senza che nessuno glielo avesse mai chiesto, erano solo uno dei motivi; il secondo era la combriccola che puntualmente si radunava al seguito dell’uomo in tarda serata: Jules e alcuni dei culturisti che Cloud vedeva molto spesso in palestra.

I consigli di coppia erano limitati al tempo che lui e Andrea passavano da soli, ma Cloud aveva iniziato ad apprezzare anche i momenti di svago con la compagnia intera.

«Non frequento Andrea… ci sono anche alcuni ragazzi dalla palestra…» 

«Non è quello il punto! Possibile che tu esca più con loro che con me??»

«Ma…»

«Ti ho detto di frequentare altri amici ma non di smettere di frequentare me!»

Tifa si girò e se ne andò; dopo poco Cloud sentì la porta della sua stanza sbattere con violenza. Possibile che non gliene andasse mai una giusta?

Si diresse nella sua camera, ma a metà strada gli squillò il telefono.

Una voce familiare lo salutò:

«Ciao biondone!»

«... ciao Andrea.»

«Ora ha anche il tuo numero di telefono?!!» urlò Tifa, esasperata, dall’altra parte della porta della sua stanza. Cloud corse nella sua, maledicendo le pareti sottili dell’edificio.

«Mi sa che la scenata di gelosia contro cui volevo metterti in guardia, per via del tempo che passi con me, è già successa e ti ho chiamato troppo tardi.»

«Già.»

«Non temere, Andrea ha sempre un piano di emergenza!»

«Sono ansioso di sentirlo.»

«Colgo del sarcasmo? Potrei commuovermi…»

«...»

«Non attaccarmi il telefono in faccia! Sai quante fan adorerebbero poter parlare con me!»

«Sono ancora qui…»

«Bene. Ho pronto un invito per voi ad una serata che ho co-organizzato in un locale del distretto finanziario. Roba molto elegante: open bar, cibo di alta classe… pensandoci bene forse non fa per te. Dovrei invitare solo Tifa per scusarmi.»

«Se preferisci…»

«No! Dovete venire insieme! E dovrai accompagnarla a cercare un vestito per l’occasione.»

«Come fai a sapere che vorrà un vestito?»

«Devo ricordarti la seconda regola, mio allievo?»

«Sigh… Andrea Rhodea ha sempre ragione…»

«Esattamente. E pagaglielo tu.»

 

***

 

Cloud bussò alla porta della stanza di Tifa. 

«Sei tu, Andrea?»

«... no, sono Cloud.»

«...»

Il biondo esitò, incerto sul significato da dare al silenzio della ragazza. Poi chiese:

«Posso entrare?»

«Così, senza neanche una raccomandazione?» disse sarcasrica la voce dall’altra parte della porta.

«... mi dispiace.»

Tifa fece capolino, senza aprire del tutto la porta, trafiggendolo con i suoi occhi scarlatti, ma non disse niente.

“Forza, dille dell’invito!”

«... la… telefonata di prima…»

«Mmmh…?»

«Era… un invito a una festa. Per entrambi!» si affrettò a dire, notando che lo spiraglio della porta si stava richiudendo.

«Tutti e due?»

Cloud annuì. 

Tifa aggrottò le sopracciglia.

«Non me lo aspettavo. E tu cosa hai risposto?»

«... ho detto di si.»

«Perché vuoi andarci, o perché vuoi che ci andiamo insieme? Non sei mai stato un tipo da feste…»

«Voglio andarci con te!» rispose il ragazzo, di getto, incrociando mentalmente le dita.

Tifa accennò un sorriso, e lui tornò a respirare.

«Mmmh… e va bene, andremo. Ma tu non sei ancora perdonato!»

Era un inizio.

«Mi servirà un vestito nuovo!» continuò Tifa, rivolta a nessuno in particolare. Cloud impallidì, ma si affrettò a dire:

«Andiamo insieme a prenderlo, te lo voglio regalare io!»

Tifa lo guardò con gli occhi sgranati.

«Chi sei tu? Cosa hai fatto a Cloud Strife??»

«È che vorrei… finire di essere perdonato.» mormorò lui, sentendo crescere l’imbarazzo.

«Dai che scherzavo! Comunque, in tal caso… mi accompagneresti anche a prendere qualcosa per il bar?» chiese Tifa, sbattendo gli occhioni.

«Si, certo!» rispose Cloud, contento del risultato, ma ignaro di cosa lo aspettasse.

 

***

 

«Dai, giuro che questo è l’ultimo negozio!»

Lo aveva detto almeno altre tre volte, vari negozi prima. Cloud non ci credeva più, voleva solo che l’incubo finisse presto.

«Guarda che carini questi segnatavoli a forma di piccoli reattori di mako!»

«... sei seria?»

«Dovremmo nasconderli a Barret, o potrebbe farli esplodere.»

Nonostante fosse schiacciato dal peso di svariati sgabelli da comporre, set di bicchieri nuovi e tovaglie abbinate alle tende, Cloud non riuscì a non ridacchiare.

«Scherzi a parte, penso che prenderò questi… sembrano delle piccole materie!»

«Allora le dovremmo nascondere a Yuffie.» commentò lui.

Stavolta fu Tifa a ridere di gusto. Il carico sembrò alleggerirsi.

«Manca solo il vestito!»

“Meno male…” pensò il ragazzo, sollevato.

«Uuuh! Guarda che carini!» esclamò Tifa, gettandosi di fronte alla vetrina di un negozio di animali.

«Non… cercavamo dei vestiti?» chiese Cloud, sconsolato per l’ennesimo ritardo.

«Eddai! Guarda come scodinzolano! Me li porterei tutti a casa!»

Cloud aspettò che finisse di contemplare il mucchio di cuccioli che saltavano uno sopra all’altro e si mordevano a vicenda.

«Ok, ti ho torturato abbastanza, andiamo a vedere il vestito. Conosco un negozio perfetto!»

“Finalmente… non mi sento più le mani!”

«Eccoci! Guarda che belli… che ne pensi?»

Cloud guardò gli abiti in mostra sui manichini e arrossì.

«Non sono troppo… piccoli?»

«Saranno elastici! Dai, entriamo!»

Cloud cercò di passare indenne dalla porta del negozio senza rompere nulla, contorcendosi sotto gli sguardi di disapprovazione delle commesse. Una di loro iniziò subito a parlare con Tifa, mostrandole vari modelli.

Il ragazzo si abbandonò su una sedia, contornato da mucchi di buste. La commessa alla cassa non smetteva di fissarlo, ora leggermente più incuriosita.

Mentre Tifa entrava nel camerino con i primi abiti, lei si fece avanti e gli chiese:

«Mi scuuusi… ma lei è Cloud Strife, vero?»

«... si.» rispose Cloud, incerto.

«Non mi riconosce, vero? Certo, con questa divisa che sopprime il mio fascino… ci siamo incontrati in palestra, qualche giorno faaa… lei e il suo fascinoso amico, Andrea Rhodea.»

“Ah, è la matta che si è fatta firmare il culo.”

«Ehm… si, ora mi ricordo.»

La donna continuava ad osservarlo ad occhi sgranati, come aspettandosi qualcosa; Cloud stava solo pregando che Tifa uscisse presto dal camerino. Finalmente lei ruppe il silenzio:

«Saaa… Andrea è veramente inavvicinabile!»

«Ma non mi dica…» rispose lui, contenendo a fatica una nota di sarcasmo. La donna continuò come se non avesse sentito.

«Cosa deve fare una povera fan, per incontrare il suo idolo!»

«Mi sembra che lo abbia già incontrato.» disse Cloud, che iniziava ad essere stranito e seccato dall’invadenza.

«Ma io non intendo un tale, fugace incontro… come due clandestini… io vorrei trascorrere una serata con lui! Godere… della sua compagnia!»

«Lo inviti allora.»

«Che scortesia! Come potrei avvicinarmi a lui??» esclamò lei.

«Come ha fatto in palestra, basta che mi lasci in pace!» sbottò Cloud, stufo della conversazione.

La donna si portò una mano alla bocca, sbarrando gli occhi, poi se ne andò con un mugugno stizzito. In quel momento Tifa si avvicinò, vestita con un abito rosso fuoco, con un ampio spacco che lasciava intravedere le gambe. Cloud rimase atterrito a quella vista.

«Che ne pensi?» domandò lei esitante.

«Io… non so...» disse a fatica Cloud, mentre lottava per ricacciare indietro ricordi e fantasmi. Tifa lo guardò per un attimo, poi si fece seria.

«Forse è troppo appariscente… aspetta, provo l’altro.» disse, prima di tornare nel camerino.

“Ma che mi prende?” si chiese il ragazzo, ancora confuso per la sua reazione.

Tifa uscì di nuovo, stavolta con indosso un corto tubino nero. Quando si avvicinò sotto la luce del negozio, Cloud notò l’intricato disegno di sottili linee argentate che percorrevano l'intera superficie dell’abito.

«Meglio?»

Il ragazzo annuì vigorosamente. 

“Tutto tranne il rosso.”

Tifa sorrise, ma con un velo di tristezza nello sguardo. Tornò in camerino a cambiarsi e Cloud si fiondò in cassa per pagare.

«Che ha comprato?» chiese freddamente la donna di prima.

«Il vestito nero con le linee.» rispose Cloud, evitando il suo sguardo.

«Eeeh? Che ha preso??»

«Il modello Black Ice!» gridò la seconda commessa. Cloud impallidì di nuovo; il mondo  stava seriamente cercando di farlo impazzire.

«Sono diecimila guil… ma se mi fai incontrare Andrea ti faccio lo sconto.» disse maliziosamente la donna.

Cloud di tutta risposta posò un mazzetto di banconote sul tavolo e andò a recuperare le buste.

 

***

 

«Allora, forza con quei centrotavola in alabastro! Le tovaglie in broccato vanno stese a filo con il pavimento! E dove avete ficcato il pannello con i posti assegnati??»

«Eccolo, Signor Rhodea!»

«Mettilo all’entrata, cosa aspetti!? E sistemati la cravatta, sembri un senzatetto!!»

“Anche se hai un bel culetto…”

«Signor Rhodea! Le quaglie che dovevano fare le uova sono scappate! E uno degli inservienti ha rovesciato per sbaglio l’acqua dello straccio nella zuppa!»

«CHE COSA HAI DETTO???» strillò Andrea, con gli occhi fuori dalle orbite.

«Andrea, brutto isterico, calmati! Scherzavo!» esclamò l’uomo di mezza età che aveva parlato.

«Ti sembra il momento di scherzare, Gideon?? Gli invitati sono qui! Premono come una massa unica sulle porte della villa!» ribatté il proprietario dell’Honeybee.

«Veramente manca mezz’ora.» lo corresse Gideon, passandosi una mano tra i capelli brizzolati con aria sconsolata. Gettò uno sguardo indecifrabile all’entertainer, più basso di lui di qualche centimetro.

«Tu!» gridò Andrea all’improvviso, indicando un ragazzo che passava di là.

«Si, signor Rhodea?»

«Vai a prendere un secchio di mako in magazzino!»

«Subito signor Rhodea!»

Il giovanissimo cameriere si precipitò verso le cucine, seguito dallo sghignazzare di Andrea.

«Sei sempre il solito stronzo.» commentò Gideon, trattenendo a stento le risate.

«Su, su… era per questo che mi amavi!»

«No, era per questo che ti ho lasciato!» dichiarò l’altro, fissando serio Andrea.

«Ti preeego, sai che serata è, non ti ci mettere anche tu!» si lamentò quest’ultimo, portandosi teatralmente una mano alla fronte.

«Dio me ne scampi! Io sono professionale… al contrario di te.»

«Io ho raggiunto il top della mia professione!»

«Che dobbiamo ancora capire quale sia esattamente…» replicò Gideon.

«Sono un entertainer, my dear!» affermò Andrea, ammiccando.

«Come no… mi sa che a furia di fare così dovrò fartelo incidere sulla lapide.» commentò Gideon, passandosi una mano tra i capelli brizzolati con fare rassegnato.

«Arrivi tardi, me lo sono già tatuato sulla natica destra. E ora sbrigati, che la festa sta per iniziare!»

«Quanti degli invitati hanno un motivo per odiarti stasera?» domandò divertito l’uomo.

Andrea si concesse qualche istante, prima di rispondere.

«Più o meno tutti… tranne due forse. No… tranne uno.»

Gideon sgranò gli occhi.

«Oh-hooo… il tuo nuovo toy-boy?» domandò malizioso.

Andrea scosse la testa.

«Macché… altrimenti mi odierebbe anche lui.»

L’altro inarcò un sopracciglio, poco convinto. Andrea si sentì rabbrividire, mentre gli occhi azzurro ghiaccio lo squadravano da capo a piedi.

«Fa’ pure il misterioso quanto vuoi, tanto scoprirò chi è… devo sovrintendere alla festa, dopotutto.» 

Il giovane cameriere riapparve, ansimando.

«Signor Rhodea… signore… non ho trovato… il secchio…»

«Sei veramente un incapace! Vedi di trovare almeno un po’ di olio di gomito!» esclamò contrariato l’entertainer.

«Vado subito… signore….»

Gideon soffocò le risate mentre il ragazzo correva nuovamente via.

«Forse Meteor doveva colpire…» borbottò Andrea, andando a controllare i tavoli.

 

***

 

«Siamo arrivati…»

«Forza, mi hai invitata tu! Sii galante!» disse Tifa, scherzosamente.

Cloud scese dalla diligenza e fece il giro, aprendo pomposamente la portiera per lei e porgendole una mano per farla scendere.

«Che esagerato…» disse lei, sorridendo e prendendogli la mano.

La enorme villa in cui si teneva la festa era completamente illuminata da file ininterrotte di lumini, che si arrampicavano intorno alle colonne, alle siepi e alle scalinate. Tifa fu quasi abbagliata da tanta, innecessaria luce.

“Se Barret fosse qui, rifonderebbe l’Avalanche… che spreco di energia!”

«Cloud, ma… sei sicuro che siamo invitati qui?»

«Sicurissimo…»

«Ok… mi sento già a disagio.»

«Anche io.» concordò il ragazzo.

«Almeno siamo insieme.» disse infine lei, stringendosi a lui. Non avrebbe lasciato tanto facilmente la sua mano. Cloud sorrise.

Dissero i loro nomi al valletto in livrea che attendeva all’ingresso e lui gli fece un ampio gesto invitandoli ad entrare. Il vociare degli invitati si poteva udire anche da dove erano.

Non fu difficile individuare Andrea Rhodea, in piedi accanto ad una sontuosa piscina, anch’essa illuminata, circondato da un mucchio di invitati e vestito con un appariscente ammasso di veli, pizzi e piume. Appena li vide gli corse incontro tra due ali di folla.

“Oh mio dio, dove siamo finiti…” pensò Tifa, mentre l’uomo stringeva calorosamente la mano a Cloud come se fossero vecchi amici. Molti dei presenti guardarono la scena con odio mal celato sul volto.

«E Tifa… sei una visione balsamica per l’anima!» proclamò, mentre le baciava la mano.

«Grrrazie…» rispose lei, freddamente. Non le stava piacendo dove erano stati invitati.

Tutti sembravano non avere occhi che per Andrea; quando lui si allontanò dopo averli salutati, la maggior parte delle persone lo seguì, lasciandoli impalati e incerti sul da farsi.

«Beh… andiamo a bere qualcosa?» chiese Cloud.

«Si… almeno stasera non sono dietro al bancone.» concordò Tifa. Il famoso Andrea Rhodea le doveva molti drink, per la sua comparsata al Seventh Heaven.

«Se vuoi… andare a sederti intanto… ti porto io qualcosa.»

Tifa sgranò gli occhi, ma cercò di dissimulare la sorpresa.

«Come sei gentile stasera…» disse, sorridendo.

«Perché, di solito non lo sono?» chiese lui, preoccupato.

«Non ho detto questo! È solo una situazione nuova… ti aspetto a quel tavolo.»

Cloud aguzzò la vista per essere certo di ritrovare il punto da lei indicato in tutto quel marasma di luci, gente in abiti sgargianti e camerieri, poi si avviò verso lo sterminato bancone.

Tifa si sedette su un divanetto, sistemandosi il vestito e guardandosi intorno: aveva già perso di vista Cloud tra la folla. L’assembramento di invitati che seguiva Andrea sembrava essersi sciolto e tutti erano divisi in gruppetti intenti a ciarlare del più e del meno. Non c’erano facce conosciute, almeno tra chi poteva vedere. 

Cloud si stava facendo strada tra la folla di persone, forte dell’esperienza maturata aiutando Tifa nel locale. Riuscì ad arrivare al bancone e si mise in fila.

«Che cosa posso mescerle, signore?» chiese il barman, arrivato il suo turno.

«Ehh?» rispose lui, confuso.

«Cosa. Vorrebbe. Bere.» scandì l’uomo, visibilmente seccato.

«Ah… ehm… avete il Cosmo Canyon?»

«Il cosa?? Non so di cosa parli.»

«Oh. In tal caso… faccia lei. Due.»

Il barman lo guardò malissimo, posò due bicchieri sul bancone e iniziò la preparazione dei drink. In breve tempo li consegnò a Cloud, che li prese in equilibrio precario e si preparò a fendere nuovamente la folla per tornare da Tifa.

“Spero che il drink sia buono, almeno.”

Uscito dalla calca con i drink ancora miracolosamente integri, cercò il tavolo dove Tifa avrebbe dovuto aspettarlo, ma vide che era stato preso d’assalto: attorno a Tifa erano seduti due uomini e una donna, che sembravano contendersi le sue attenzioni.

Ricordò immediatamente il consiglio che Andrea gli aveva dato per casi simili:

“-Ricordati, le scenate di gelosia sono assolutamente da evitare. Lei potrebbe avere chiunque ma, e non so come mai, ha scelto te; non dovresti preoccuparti!

-Questo dovrebbe aiutarmi a non preoccuparmi?

-Basta che ti aiuti a non fare scenate! Anche se sei carino, col broncio…” 

Prese un bel respiro, provando a calmarsi. Tuttavia, quando uno dei ragazzi che stava parlando toccò la spalla di Tifa, i buoni propositi e i consigli di Andrea svanirono immediatamente, rimpiazzati dal desiderio di avere con sé la spada. Si avvicinò a passo spedito al tavolo, ma una figura femminile gli si parò davanti, bloccando la sua avanzata.

«Buonaseera… due bicchieri? Abbiamo cattive intenzioni…» cinguettò la donna. Era vestita con un abito verde mako aderente ed esibiva una folta chioma bionda.

Cloud cercò di evitarla ma lei continuò a pararglisi davanti, fino a fermarlo del tutto.

«Dai, mica ti mangio! Come ti chiami, bel ragazzone?»

«Cloud. Scusami, ma la mia ragazza mi sta…»

Lei chinò la testa e la massa di capelli ondeggiò per un attimo.

«Perché? Perché quelli belli sono tutti occupati? Ma… è una cosa seria?» chiese maliziosa, rialzando la testa e piantando i suoi occhi in quelli di Cloud.

Lui stava per rispondere, quando lei cacciò un piccolo urlo.

«Ma… quegli occhi… eri un SOLDIER??»

«... si. Diciamo di si.»

«Ah ma allora forse mi hai sentita nominare: Maiko Sharpee, lavoravo in Shinra. Sezione progettazione armi.»

«Lavoravi per la Shinra!?» esclamò Cloud, incredulo.

«Si, ma non ne vado fiera. Dopo quello che è successo mi sono licenziata. Non avevo idea che la compagnia fosse tanto marcia, io progettavo solo armi da mischia.»

Cloud iniziò seriamente a pensare che la donna lo stesse prendendo in giro.

«Hai… progettato le spade dei SOLDIER?»

«Si, alcuni degli ultimi modelli. Tu quale usavi?»

«Io… ho la Buster Sword.»

«Ma… intendi dire “quella” Buster? La spada di Angeal?»

«... si. Quella spada.» disse Cloud, provando a mascherare il disagio.

«Credevo fosse andata distrutta! Sono contenta che qualcuno la stia usando. Perché la usi, vero? Mi sembri molto… competente…» disse Maiko, accarezzandogli i bicipiti con lo sguardo.

«Ehm… si, la uso.»

«Meraviglioso! Cosa stai usando per mantenerla affilata?» disse lei, assumendo improvvisamente un tono tecnico.

«Avevo riadattato una mola da vasaio che attaccavo al motore della mia moto sfruttando la catena della distribuzione. Ho finito la pasta diamantata però, ultimamente sto usando una…» rispose entusiasta Cloud.

«Te la faccio avere io la pasta. E chissà se così… tu vorrai darmi qualcosa in cambio…»

 

Qualche minuto prima…

«Cloud! Tifa!!» gridò entusiasta Andrea, intravedendoli tra gli invitati.

Si precipitò verso di loro, incurante degli urti tra le piume del suo mantello e le persone che gli avevano fatto capannello intorno. Costeggiò la piscina e li raggiunse, raggiante.

«Cloud, ragazzo mio! Pensavo che ti fossi perso!» esclamò, stringendogli la mano.

«E Tifa… sei una visione balsamica per l’anima!» continuò, prendendole la mano e baciandola con mosse esperte.

«Grrrazie…» fece lei. Non sembrava contenta, ma era davvero uno schianto.

“Uuuuh… meno male che sono coperto… fa freddo qui!” pensò, invitandoli a proseguire verso il bar e i tavolini, prima di essere nuovamente inghiottito dalla folla adorante.

«Andrea, ma… a quando qualche spettacolo più… hot, nel tuo locale?» gli chiese una signora interamente vestita di strass.

«Mi avessi visto poche volte nudo, brutta pervertita!» rispose bonariamente, strappando più di qualche risata.

«A me non dispiacerebbe vedere qualche numero del genere con le tue ballerine api.» fece notare un omone muscoloso, nella cui mano il bicchiere del drink sembrava sparire.

«Sei grande e grosso, la tua mamma dovrebbe averti già fatto la lezione delle api e dei fiori… e poi non sono mie. Lavorano per me.» rispose Andrea, con una punta di serietà stavolta.

L’auricolare che aveva nell’orecchio ronzò un attimo, poi la voce di Gideon disse, divertita:

«Ah-ha… quindi ora ti trastulli con un ex-SOLDIER, e volevi anche nascondermelo. Che carino che sei.»

Andrea si congedò in fretta dalla folla e si diresse verso la cucina. Gideon stava fumando all’esterno; appena lo vide, si tolse la cuffia e iniziò a ridacchiare.

«Non ti arrabbiare troppo, che non ti posso far rifare il trucco.»

«Fatti gli affari tuoi per una volta! Anzi, ancora meglio: fa quello per cui ti pago! Questo sistema di auricolari serve per le emergenze!» lo rimproverò Andrea, che per una volta sembrava non aver voglia di scherzare.

«E non è un’emergenza questa? Come faccio a competere con un simile splendore?» ribatté l’altro uomo.

«Non c’è competizione… il ragazzo ha solo una persona in testa.»

«Se ti riferisci a quella modella che aveva sottobraccio, fammi dire che la natura è molto crudele.» sospirò Gideon.

«Mai quanto te, che mi strappi all’abbraccio dei miei fan per queste sciocchezze!» commentò Andrea.

«Bah, esci dal tuo personaggio ogni tanto, Signor Rhodea, o non potrai più rientrare nei tuoi panni.»

«Non so di cosa tu stia parlando. Io sono io, unico e solo.» replicò piccato l’entertainer.

«E ringraziamo il cielo, con due Andrea Rhodea avremmo sfiorato la catastrofe planetaria molto tempo fa… altro che Meteor.»

«Mi spezzi il cuore! Con due me, avresti avuto due persone da amare!»

«Con tutti i problemi che mi hai dato da solo, non oso pensare ad un tuo gemello! Parlando di problemi… mi dicono che ci sono tipi strani, alla festa.»

«C’è l’intera aristocrazia, o borghesia, o chiamala come vuoi, di Edge; per forza ci sono dei tipi strani!» ribatté Andrea, agitando la mano con noncuranza.

«Questa superficialità è esattamente il motivo per cui non abbiamo funzionato. Ora vado a curare l’uscita della tartare di pavone. Questa tua fissa delle piume…» 

Detto questo, buttò la sigaretta e lo lasciò da solo. Andrea tentò senza successo di schiaffeggiargli il sedere e indugiò sul suo incedere fin quando potè.

Pronto per un altro bagno di folla, fece dietrofront e si avviò nuovamente verso la piscina. Non fece in tempo a far notare nuovamente la sua presenza, che spalancò gli occhi, inorridito dalla situazione: Tifa era evidentemente sotto abbordaggio da parte di alcune persone, che lui non avrebbe esitato ad affogare nella piscina, mentre Cloud stava parlando, con un entusiasmo che non gli aveva mai visto, con Marika… o Maiko, non ricordava bene. Ricordava i suoi capelli e le notti passate con lei, però.

L’emergenza più grave era certamente Tifa; non perché temesse un suo cedimento, ma perché dopo l’ultimo party non voleva più risse. Inoltre, Cloud non avrebbe rimorchiato nemmeno con un casco di banane in un bordello pieno di macachi.

Corse da Tifa, ignorando gli invitati che tentavano di trattenerlo e le piume che si staccavano dal mantello per la foga.

«My dear!» trillò, scostando il ragazzo accanto a lei con più grazia di quanto meritasse, «Posso rapirti un attimo?» domandò sorridendo.

«Veramente noi stavamo…» tentò di dire il ragazzo.

«Non era proprio una domanda. Vieni, tesoro.» disse sbrigativo Andrea, trascinando la ragazza lontana da seduttori e seduttrici improvvisati.

«Il prode Andrea viene a salvarmi. Sono onorata.» disse Tifa, poco convinta.

«Credimi, my dear, sto provando a salvare altri da te.»

«Non capisco di cosa stai parlan…» replicò Tifa, ma si interruppe, la sua attenzione catturata da qualcosa alle spalle di Andrea.

Lui si girò in tempo per vedere Cloud che consegnava dei bicchieri alla bionda.

“Non vedevo così tanto giallo tutto in una volta da quando i costumi delle apette avevano stinto in lavanderia.”

Dopodiché il ragazzo iniziò a manovrare una enorme spada invisibile con entrambe le mani, continuando a chiacchierare, mentre la ragazza osservava e annuiva.

«Ma che cavolo…» disse all’unisono con Tifa.

«My dear… tu sei proprio sicura che sia l’uomo della tua vita?» le chiese lui.

«Come tu sei sicuro di non volere un diretto ai gioielli di famiglia.» rispose lei seccata, aggiungendo: «Ora vado a prendermi il mio drink, visto che si è fermato a metà strada.»

«Sii gentile con Marika… o Maiko. Vorrei rivederla almeno una volta.» gridò Andrea.

«Non garantisco!» rispose lei, avviandosi. Raggiunse il suo ragazzo in pochissimo tempo.

«Cloud.» disse con voce atona.

«... e quindi come ti dicevo, il fendente sinistro mi risulta un po’ sbilanciato se metto entrambe le materie…»

«Cloud!» ripeté Tifa, alzando la voce.

La bionda lo bloccò con un gesto e lo invitò a girarsi.

«Tifa!!» gridò Cloud, appena la vide. Si girò, prese i bicchieri di mano a Maiko e ne consegnò uno a lei.

«Alla buon’ora.» commentò Tifa, lanciandogli un’occhiata di rimprovero.

«Tu devi essere la ragazza di cui Cloud mi aveva parlato, prima che lo coinvolgessi in questioni professionali!» disse Maiko, intuendo il pericolo.

«Mmh. Di che genere di professione parliamo?» disse Tifa, inarcando un sopracciglio e fissando la bionda con diffidenza.

«Permettimi di presentarmi. Sono Maiko Sharpee…» rispose la ragazza, accennando un sorriso.

«Sharpee?? Non quella che lavorava alla Shinra?» disse Tifa, mentre la rabbia veniva rapidamente sostituita dallo stupore.

«Proprio io! Hai sentito parlare di me?» disse entusiasta la bionda.

Lo sguardo di Cloud andava da Tifa a Maiko, senza capire bene cosa stesse accadendo.

«Ahem… si, diciamo che… mi sono interessata alla Shinra, in passato.» fece Tifa, impallidendo.

«Spero non come quei terroristi che facevano saltare in aria i reattori, hihihi…» ridacchiò Maiko.

Tifa e Cloud evitarono lo sguardo della ragazza, che rimase interdetta, ma dopo un momento aggiunse:

«Ah, anche fosse! Il passato è passato, e confesso che avrei piazzato volentieri una bomba anche io sotto la sedia del vecchio infame! Infatti non lavoro più per la Shinra. Mi sono messa in proprio.»

«Sul serio?» disse Tifa, sorpresa.

«Si! Il tuo ragazzo è stato così gentile da fornirmi dei pareri professionali su come utilizza la famosa Buster Sword! Vorrei progettare qualcosa di simile, ma allo stesso tempo diverso. Una spada, ma formata da diverse unità indipendenti e assemblabili a piacimento… una lama fusion!»

«Sembra un’idea fantastica.» ammise Tifa, guardando Cloud.

«Anche io lo penso. Le stavo mostrando che difetti ha la Buster, secondo me.»

«Ah… quindi tu stavi… ecco perché…» disse Tifa, avvampando.

«Maaaaarika! Sempre a parlare del tuo lavoro! Ti invito alle mie feste per farti rilassare, oltre che per celebrare il pozzo senza fondo bisognoso di attenzioni che è il mio ego!» esclamò Andrea, irrompendo nella conversazione.

«Per l’ennesima volta, mi chiamo Maiko…» disse la bionda, trafiggendolo con lo sguardo.

«Perdonami per il lapsus, my dear… sai, quando conosci tutta la crème de la crème di Edge, qualcuno tende a sfuggirti di mente.» si giustificò pomposamente Andrea.

«Tranquillo, lo so che sei uno stronzo.» disse lei, ammiccando. Per la prima volta in assoluto, a Cloud sembró che Andrea fosse quasi in difficoltà. 

«È stato davvero un piacere Cloud, grazie ancora.» disse la bionda progettista con un sorriso «E scusami per il tempo che vi ho rubato.» aggiunse, rivolta a Tifa. «Godetevi la festa.»  

I due ragazzi la salutarono e lei andò verso i tavoli. In tempo record, Andrea vide i due ragazzi dai quali aveva salvato Tifa avvicinarsi a Maiko.

«Tranquillo, li monitoro io. Te metti in salvo i piccioncini.» disse la voce nell’auricolare. 

«Grazie.» mormorò al suo angelo custode, sebbene gli auricolari non potessero trasmettere la sua voce.

«Non c’è di che. Stronzo.» 

Sbuffó, ma non riuscì a trattenere un sorriso. Riportó la sua attenzione sulla coppia.

«Devo abusare ancora della tua pazienza, my dear.» disse, cercando di apparire il più dispiaciuto possibile. Senza attendere una risposta, prese Cloud sottobraccio e lo condusse poco lontano. 

«Che succede?» domandó il biondo, non nascondendo il fastidio per essere stato separato da Tifa. 

«Sarò breve. La villa ha una terrazza favolosa, un luogo perfetto, nonché romantico, per chi non vuole essere disturbato.» disse con tono eloquente. Cloud sgranó gli occhi. 

«Potrai ringraziarmi più tardi.» aggiunse maliziosamente, facendogli l’occhiolino. 

Il ragazzo si affrettò a tornare da Tifa. Andrea lo vide lanciare un’occhiata intimidatoria che fece immediatamente desistere un paio di aspiranti corteggiatori che avevano iniziato ad avvicinarsi alla ragazza durante il loro breve scambio di parole. 

“Bene, si è ricordato il consiglio sulle scenate” pensó, tirando un sospiro di sollievo. Ora poteva tornare a dedicarsi a quello che, il suo infallibile istinto gli diceva, sarebbe stato uno dei party più indimenticabili di sempre. 

Di colpo, due uomini alti e vestiti di nero gli si avvicinarono.

«Mr. Rhodea…» sussurrò uno dei due.

Andrea li guardò, abbastanza sicuro di non averli mai visti prima ad una delle sue feste. Tuttavia cercò di mantenere la sua consueta eleganza.

«Signori… perdonatemi se non vi riconosco, anche se voi sembrate conoscermi.» disse, mentre cercava con gli occhi qualcun altro intorno a sé. Tutti gli invitati sembravano essere impegnati altrove al momento.

«Noi ti conosciamo da molto, Andrea… come conosciamo quello che hai fatto.»

Andrea impallidì.

«Tieni duro un minuto, sto mandando rinforzi. Tra parentesi, sei un coglione. Te l’avevo detto.» fece Gideon nell’auricolare.

«Non so di cosa stiate parlando.» rispose Andrea, parzialmente rincuorato dall’auricolare.

«Non fare il finto tonto. Noi siamo disposti a perdonare… ad un prezzo.»

«Altri hanno già ottenuto il perdono.»

«Se si tratta di una vendita di indulgenze, temo che la mia anima sia ormai persa, al di là di ogni possibile aiuto, condannata a vagare per...»

«Fai poco lo spiritoso, entertainer, oppure…» ringhiò minaccioso l’omone.

Tutti furono interrotti da un giovane cameriere con un enorme vassoio in equilibrio precario su una mano.

«Scusate… chi di voi ha ordinato le tartine di pavone senza glutine?»

Andrea non si fermò a pensare se quelli fossero i rinforzi o solo un colpo di fortuna: con una manata lanciò il vassoio in faccia ai due brutti ceffi, facendo volare pezzi di pavone ovunque, poi slacciò il suo mantello e si dileguò nella folla, diretto in cucina.

“Se questi erano i tuoi rinforzi, Gideon… il coglione sei tu!” pensò mentre correva.

 

***

 

Cloud si guardò un attimo nello specchio, giusto per assicurarsi di non avere segni sospetti sul collo, poi si asciugò le mani e uscì dal bagno, desideroso di tornare in terrazza. Era indeciso se portare dei drink o qualcosa da mangiare, ma abbandonò subito l’idea, temendo di non riuscire a riprendere da dove lui e Tifa avevano lasciato.

«Eccoti finalmente! Il nuovo favorito di Rhodea, eh?»

Cloud si girò, trovandosi di fronte un energumeno infilato in uno smoking che sembrava sul punto di esplodere.

«Parli con me?» chiese, infastidito.

«Si, con te. Divertente essere portato in trionfo, no?» chiese l’uomo con rabbia.

«Nessuno mi porta in trionfo. Ora se vuoi scusarmi…» rispose Cloud, facendo per andarsene.

«Dove credi di andare, ragazzino??» esclamò una donna, annunciata dal ticchettio furioso dei suoi tacchi a spillo.

«Tu che ci fai qui??» chiese l’uomo, seccato.

«Potrei farti la stessa domanda! Ma so già come mai! Quanti debiti hai accumulato?» rispose lei, incollerita.

«Taci! Indossi ancora lo stesso straccio dell’anno scorso!» berciò l’omone.

«Come ti permetti!»

Cloud era allibito; con tutta la furtività di cui disponeva, cercò di allontanarsi camminando rasente al muro.

“Tifa aveva ragione, questo posto non fa per noi…”

«Che fai, te ne vai? Andrea ti aspetta da qualche parte??» gli gridò la donna, fuori di sé.

«Andrea è mio, non ti devi intromettere!» ringhiò l’uomo, furente.

Di tutta risposta, la donna prese un posacenere d’ottone e con movenze da lottatrice lo calò sulla testa dell’uomo. Cloud trasalì e iniziò a correre verso le scale.

“Dovevo portare la Buster! Lo sapevo!”

L’ultima cosa che vide, prima di saettare al primo piano, fu la polizia che faceva irruzione proprio mentre l’uomo prendeva la donna per un braccio e la gettava a terra.

Arrivato in terrazza fu accolto da Tifa, che si lanciò tra le sue braccia e gli stampò un bacio sulle labbra.

«Finalmente sei tornato… dove eravamo?» fece lei, giocherellando con l’orlo del suo vestito.

«Dobbiamo scappare. C’è la polizia.» rispose Cloud. Tifa si fece di colpo seria e smise di toccarsi il vestito.

«Non ci torno in prigione.»

«Nemmeno io. Non abbiamo fatto niente però…»

«Non avevamo fatto niente nemmeno le altre volte!» gli fece notare lei, sempre più in ansia.

«... dici?»

«Non mi interessa! Forza, la grondaia!»

«E il vestito? Ce la fai?»

«... hai ragione. Dammi il tuo.»

«Ma che cos…?»

«Vuoi che mi vedano nuda? Sbrigati!»

«Per forza la grondaia?»

«MUOVITI! E non sbirciare!»

«Ma… prima…»

«L’atmosfera è un po’ cambiata, non ti pare??»

Scesero la grondaia alla meno peggio, scivolando sull’umidità della notte. Cloud si era rifiutato di abbandonare il vestito di Tifa, che gli era costato così tanto, così lo aveva legato al suo braccio. 

«Sapevo che avrei dovuto portare un lanciarampini!» disse Tifa, mentre atterrava nel giardino ormai spopolato; si udivano chiaramente urla e sirene in lontananza.

«Da che parte??» chiese ancora lei, spaesata.

«Di qua. Ma prima cambiatevi.» disse una voce dietro di loro.

Entrambi trasalirono, voltandosi: Gideon apparve da una porticina quasi invisibile nella semi oscurità, con in mano due fagotti.

«Abiti da camerieri. Veloci, useremo l’uscita sul retro.»

Cloud si parò davanti a Tifa, cercando di coprirla mentre si cambiava; lo sguardo di Gideon che lo spogliava dei pochi abiti che aveva addosso gli fece capire che non era Tifa quella bisognosa di privacy.

«La natura… matrigna crudele…» sospirò l’uomo, mentre anche Cloud si rivestiva. In quel momento arrivò anche Andrea, vestito dello stesso completo da servitù.

Gideon rispose agli sguardi interrogativi con un semplice: «È il mio lavoro.»

«Ed è il migliore nel farlo…» aggiunse Andrea, accarezzandogli i capelli.

«Non ci provare, ti costerebbe un extra.»

«Ho mai avuto problemi a pagare?»

«Non ti ho detto quanto…»

«Scusate!!» esclamò Tifa, agitata.

I due la guardarono per un attimo, poi fecero loro cenno di seguirli e li condussero attraverso la villa, in gran parte deserta e poco illuminata, verso il retro.

«Venitemi dietro!» sussurrò Gideon. Andrea ridacchiò ma fu interrotto da uno schiaffo.

«Non è il momento di queste cazzate!»

Cloud non era sicuro del motivo dello schiaffo, ma per quanto lo riguardava se l’era meritato. 

 

***

 

Incredibilmente, l’esperienza della festa-disastro aveva contribuito a far nascere la più insolita delle amicizie: Andrea Rhodea aveva vinto la leggendaria diffidenza di Cloud Strife. Persino Tifa aveva iniziato a tollerare meglio che il suo fidanzato passasse del tempo uno che se lo sarebbe volentieri portato a letto. 

Andrea era al settimo cielo, ovviamente. Piovevano inviti a feste, che però la coppia si guardava bene dall’accettare, accampando scuse su scuse. La star dell’Honeybee Inn non sembrava infastidito: tanto si godeva il suo nuovo amico in numerose occasioni nel suo locale o in palestra.

Naturalmente, senza smettere di dispensare consigli al biondo riguardo la relazione con Tifa. Cloud non lo avrebbe mai ammesso, ma seguirli gli aveva fatto fare dei veri passi in avanti.

«Sai, non capisco proprio questo tuo attaccamento a Cloud. Dove vuoi arrivare?» gli aveva chiesto Jules una volta, appena il biondo se n’era andato dalla palestra.

«Arrivare? Da nessuna parte… mi concedo il lusso di torturarmi, cullando qualcuno che non posso avere…» aveva risposto Andrea.

«Non è molto da te… non dirmi che con i tuoi consigli provi a sabotare la sua storia con Tifa!»

«Non ci riuscirei nemmeno se ci provassi, quel ragazzo ha occhi solo per lei. Solo Tifa beneficia davvero dei consigli che do a Cloud... servono a non fargli fare disastri, mi spiego?»

«Spero tanto che tu stia dicendo la verità, fratello.»

«Ho mai mentito??»

Jules lo aveva guardato storto, poi aveva alzato gli occhi al cielo.

«Non ti rispondo neanche. Ah, mentre non c’eri è arrivata questa lettera per te.»

Andrea aveva aperto la busta ed era completamente sbiancato, per poi correre fuori dalla palestra gridando:

«Cloooud!!! Clooooud!!»

 

***

 

«Una riunione d’affari?» chiese Tifa, incredula.

«Si… così ha detto Andrea.» rispose Cloud con un sospiro.

«Mi sembra strano… cosa ne sai tu, di affari?»

«Niente.» ammise il ragazzo, afferrando il bicchiere.

«Non dovresti bere troppo se devi guidare.»

«Ma è acqua.»

«Ah… scusa.»

«Dai, non preoccuparti… vorrà qualcuno con lui per non morire di noia.»

«... se lo dici tu…» disse Tifa, ancora poco convinta.

«Poi sarà una cosa molto rapida.»

«Lo spero per te e per lui. Mi serve una mano al bar stasera.»

«Tornerò in tempo, padrona.»

«Sempre il solito! Ci conto comunque.» disse la ragazza, con una nota di ammonimento nella voce.

Cloud si congedò da lei con un bacio sulla guancia, che Tifa ricambiò con uno sulla bocca. Lui le sorrise e andò a prendere la moto; indugiò per un attimo con la Buster Sword in mano, indeciso se portarla o meno. Alla fine decise di portarla con sé: se le feste di Andrea finivano in quel modo, non voleva pensare agli incontri di affari.

L’entertainer non aveva parlato molto del luogo dell’incontro, dicendogli solo come arrivarci. Quando le strade finirono, lasciando il posto a sentieri di terra battuta, Cloud cominciò a temere qualche brutta sorpresa. 

Il percorso terminava ai piedi di una parete rocciosa brulla. Cloud spense la moto e scese, guardandosi intorno circospetto. Da un cespuglio lì vicino uscì fuori Andrea, invitandolo con un cenno a nascondersi con lui.

«Vieni qui! Sbrigati! Devo dirti alcune cose!» sussurrò con forza.

«Per esempio come mai conduci i tuoi affari in mezzo ai boschi?» disse Cloud, con una nota di sarcasmo nella voce.

«Vieni qua! Hai sempre qualcosa da ridire tu! Sembra quasi che tu ce l’abbia con me a volte!» rispose Andrea, strattonando Cloud e portandolo con sé.

Entrambi si ritrovarono chini al di là dei cespugli; l’uomo continuava a scrutare nervosamente il punto da cui era arrivato Cloud.

«Tra poco saranno qui.»

«Ma chi? Vuoi spiegarmi che sta succedendo?»

«Bene… forse avrai capito che non si tratta di affari convenzionali.»

«...»

«Lo prendo per un si. Ci sono delle persone, a Edge, che… vogliono dei soldi da me.»

«Cos’è, qualcuno dei tuoi ex?»

«Non mi diventare geloso proprio adesso, ti prego! Siamo in una situazione di emergenza, quelli vogliono i miei soldi, oppure mi faranno qualcosa di male!»

«... quindi mi hai fatto venire qui per proteggerti??»

«... si. Sei incredibilmente perspicace, sai?»

«Beh, io me ne vado.» disse Cloud, alzandosi.

«No no no! Dove? Come?? Mi lasceresti qui??»

«Non sono una guardia del corpo. Non gratis, quantomeno.»

«No fermo! Stanno arrivando!» bisbigliò Andrea, tirandolo nuovamente dentro il cespuglio.

In effetti dopo pochi secondi il rombo di un motore annunciò l’arrivo di un fuoristrada, dal quale scesero quattro uomini. Non facevano nulla per dissimulare il fatto che erano armati di pistole.

Andrea era piuttosto agitato, ma cercò di ricomporsi e fece cenno a Cloud di seguirlo, mentre usciva dal sottobosco.

«Signori… avete scelto un posto decisamente disdicevole per un business meeting.»

Tutti e quattro lo guardarono per un attimo, poi uno disse:

«È un posto ottimo per lasciare a marcire i resti dei meeting che vanno male.»

«È tua questa?» chiese un altro, indicando Fenrir.

«... no! In effetti è del mio socio Cloud… sta liberando i suoi intestini nel bosco. Quando natura chiama…»

«Ti avevamo detto di venire da solo!» gridò uno dei quattro, puntandogli la pistola addosso.

«Boud! Vieni fuori o sparo alla tua amichetta!»

Cloud controllò di avere qualche materia utile, poi si alzò lentamente dal suo nascondiglio.

«Mi chiamo Cloud.» disse, avanzando di qualche passo. Gli altri tre uomini puntarono le loro armi su di lui.

«Fermo dove sei!» 

«Ma cosa… il tuo “socio” era un SOLDIER??»

«Vuoi giocare a un gioco pericoloso, principessa. E credo che tu abbia appena perso.»

Cloud scattò improvvisamente, trascinando Andrea con sé al riparo dietro la moto. I primi proiettili attraversarono soltanto l’aria. Cloud aprì il vano spade di Fenrir e afferrò la Buster, mentre vari proiettili rimbalzavano sulla carrozzeria. Andrea urlava come un ossesso.

Si lanciò all’attacco a massima velocità, incurante degli spari, roteando la spada. Il primo cadde senza nemmeno avere tempo di reagire.

Gli altri si rintanarono dietro al loro fuoristrada, urlando frasi sconnesse.

Cloud allungò il braccio libero verso la macchina:

«Ignis!» 

La palla di fuoco colpì in pieno il serbatoio, facendolo esplodere. Cloud si riparò con la spada, mentre i rottami volavano da ogni parte.

Si assicurò che tutti fossero fuori combattimento, poi iniziò a ispezionare Fenrir.

«Cosa… è... successo??» domandò Andrea, facendo capolino da dietro la moto.

«È successo che sei un idiota.» rispose Cloud, saltando in sella e accendendo il motore.

«No, aspetta!»

«Ciao, Rhodea.» 

 

***

 

Cloud non si fece vedere in palestra i giorni successivi, Andrea invece sembrava essersi trasferito in sala pesi. Jules era talmente preoccupato che decise di telefonargli per sapere se il ragazzo fosse malato.

-Non mi risulta…- rispose Tifa, dall’altro capo del telefono.

«Non viene in palestra da qualche giorno, ci chiedevamo come mai.» disse Jules.

-In effetti è strano, ultimamente. Sta sempre in giro a fare consegne.-

Andrea, che stava origliando la conversazione, batté una mano sulla spalla del fratello, illuminandosi all’improvviso. Gli fece cenno di tagliare la conversazione e, agli sguardi interrogativi di Jules, rispose scandendo: “con-se-gne!”

Il culturista scosse la testa, ringraziò Tifa e chiuse la chiamata.

«O mi dici che succede, fratellone, o ti trascino sul ring; e sai chi vincerà, anche se sei il maggiore!»

«L’ultima volta stavo quasi vincendo io!» rispose Andrea, piccato.

«Certo, ora prenderle di santa ragione si chiama quasi vincere… non è questo il punto! Cosa hai fatto a Cloud??» domandò Jules, che stava esaurendo la pazienza. Certe volte aveva dei dubbi su chi fosse effettivamente il fratello più grande; i loro genitori dovevano essersi sbagliati all’anagrafe.

«Io non ho fatto nulla.»

«Per l’ultima volta, cosa è successo? Ti cancello la rubrica del telefono.»

Andrea sbiancò, sbarrando gli occhi.

«Non… non…»

«Sputa il rospo!»

L’entertainer cedette, raccontando tutto.

«Perché non mi hai detto niente?» esclamò scandalizzato Jules. «Come hai potuto essere così stupido? Una faccenda del genere non si prende alla leggera! Non è una rissa tra ex!» 

«A mia parziale difesa, io…»

«No! Non hai difesa stavolta!! Sei inqualificabile! Hai messo in pericolo Cloud senza nemmeno avvisarlo! Se non si fosse portato la spada?»

«Ma dai, tra un po’ ci dorme anche con quella lama… povera Tifa…» replicò Andrea.

«Ciò non toglie che tu gli abbia mentito e lo abbia usato! Fossi stato in lui ti avrei dato un bel pugno in faccia! Evitarti mi sembra il minimo.»

«Sei sempre stato quello manesco, tra noi due.» commentò l’entertainer.

«Ora come intendi fare per risolvere la situazione delle minacce??» domandò il fratello, ignorando il commento.

«Prima le cose serie! Ho un piano infallibile per riconquistare Cloud: ordinerò decine di cose, attirandolo verso casa mia in continuazione. Prima o poi il mio charme farà nuovamente effetto.» disse Andrea, sicuro di sé. Jules si stava alterando.

«E per le minacce?? Spero tu abbia capito che col tuo charme ci vogliono fare i coriandoli.»

«Cloud ha fatto i coriandoli con loro e la loro auto, non credo che li vedrò mai più!» disse tranquillo Andrea.

«Speriamo tu abbia ragione e riesca ad aggiustare tutto… anche se non ti meriti l’amicizia di quel ragazzo.»

«Così mi ferisci…»

Andrea iniziò subito a mettere in atto il suo piano diabolico. In breve tempo, decine di articoli senza la minima utilità erano tra le spedizioni dirette all’Honeybee Inn, distribuiti tra vari giorni.

Cloud avrebbe tanto voluto gettare quelle cianfrusaglie nelle fogne di Edge, ma si trattava di lavoro e doveva sforzarsi di rimanere professionale. Imballò tutti i pacchi, incurante delle istruzioni di consegna, e si diresse verso l’Inn. Era strano vederlo alla luce del giorno, senza la consueta folla.

Non fece in tempo a scendere dalla moto, che vide Andrea uscire dall’ingresso.

«La sua consegna.» disse con il tono più distaccato possibile, posando il mucchio di pacchi.

«Oh, siamo arrivati a questo? Fai… finta di non conoscermi?» rispose l’uomo, con tono melodrammatico.

«Spero che stavolta voglia pagarmi.» replicò Cloud freddamente.

«Ma io non ho ordinato tutti questi articoli per oggi!» provò a ribattere l’entertainer.

«Non ci provare, Andrea. Sono tutti per te e sei qui. Prendili e pagami.»

«Ahh, allora il mio nome lo ricordi!»

«Sono duemila guil.» fu la risposta del biondo.

«Tremila e torniamo amici?»

«Quattromila e ci riparo Fenrir?» rispose Cloud, acido, indicando i fori di proiettile nella carrozzeria.

«Se torniamo anche amici, ci sto.» disse scherzosamente Andrea.

«Scordatelo, non siamo mai stati amici.» affermò Cloud, con voce dura.

Andrea trasalì.

«Dici… dici così solo perché sei arrabbiato!» 

«Duemila guil, per favore. Ho altre consegne da fare.» tagliò corto il biondo.

Dietro la tenda di ingresso del locale, l’intero staff aveva fatto capannello e stava spiando i due uomini che discutevano.

«Ma che è successo?» chiese un’apetta, bisbigliando.

«Si sono lasciati?»

«Lo sapevo! Che peccato!» sussurrò un’altra ragazza.

«Lui mi piaceva molto di più della sua ultima ex!» commentò affranto il receptionist dell’Honeybee Inn.

«Anche del suo ultimo ex… però Gideon non si batte.»

«Finitela o questo mese non vi pago!» gridò Andrea, causando un immediato fuggi fuggi generale.

«Basta che paghi me. Ho da fare.» replicò Cloud, gelido.

Andrea si arrese, mise su la faccia più affranta possibile e pagò. Rimase all’esterno finché Fenrir non fu più visibile.

Al gruppo dei suoi dipendenti, che lo attendeva all’interno, disse solo:

«Non vi preoccupate, tornerà. Tornano tutti.»

 

 ***

 

«Come, non torni in palestra? Che è successo, Cloud?»

Lui non rispose, continuando ad asciugare bicchieri.

«Su! Dimmi cosa c’è! Jules mi ha addirittura chiamato, non sapevo cosa rispondergli…»

«Domanda ad Andrea.» rispose finalmente Cloud.

«Non mi dire che sei ancora arrabbiato per quella festa! Te l’ho detto, io non mi sono offesa… ne abbiamo già parlato, basta che non mi ci porti più.»

«Non è per quello, è per… un’altra cosa.»

«Su, non fartelo tirare fuori a forza!» disse Tifa, con una punta di esasperazione, mentre si avvicinava a lui.

Cloud fece il fatale errore di guardare una volta in direzione di Tifa e dei suoi occhi, a metà tra l’implorante e il rimprovero. Le raccontò tutto.

«Non ci posso credere!! Andrea ha rapporti con dei malviventi??»

«Faceva il giudice delle donne per Don Corneo, ti stupisce così tanto?» le fece notare Cloud, con voce atona.

Tifa rimase un attimo interdetta, poi annuì.

«D’accordo, però pensavo che ormai fosse acqua passata!»

«Sia come sia, non è quello il punto! Mi ha usato!»

«Non è la prima volta che ti succede di essere usato per risolvere questioni pericolose altrui… anche Andrea, a chi altri avrebbe potuto rivolgersi?»

«...»

«Non capisco come mai hai questa reazione, alla fine hai fatto solo del bene…»

Cloud continuò a rimanere in silenzio, strofinando il bicchiere come se dovesse raschiarlo. Tifa trasalì, come colpita da un fulmine.

«Aspetta un attimo… non sarai mica…»

«Cosa?» chiese lui, senza alzare gli occhi.

«Ti sei offeso?!»

«Cosa?? No no…»

«Cloud!»

«Anche se fosse? Che importanza ha?» rispose lui, alzando le spalle.

«Ti sei offeso!»

Cloud finalmente posò il bicchiere, guardandolo con odio.

«Ti sei sentito usato dal tuo amico, quindi ti sei offeso! È questo il problema, giusto?»

«Lui non è mio amico! È solo un altro criminale.»

Tifa fece per ribattere, ma fu interrotta dal fragore delle porte del Seventh Heaven. Una giovane ragazza dai corti capelli bruni e dalla faccia sconvolta si precipitò verso il bancone.

«Siamo chiusi…» disse Tifa, aspramente.

«Cloud!! Cloud!! Hai visto Andrea?» chiese la ragazza, quasi senza accorgersi dell’ammonimento.

«... chi sei?» rispose Cloud, confuso.

«Come chi sono?? Mi hai vista tante volte, lavoro all’Honeybee Inn!» esclamò lei, basita.

Cloud la guardò un attimo, socchiudendo gli occhi. Poi la ricordò con il costume da ape.

«Ah si, scusa. Senza il costume non ti avevo riconosciuta.»

“Devo smetterla di essere gelosa” pensò Tifa, rilassandosi.

«Hai visto Andrea?» ripetè l’apetta, sempre più agitata.

«No, è da stamattina che non lo vedo.» rispose lapidario il biondo.

«Perché sei venuta a cercarlo qui?» domandò Tifa.

«Lo abbiamo visto andar via. Pensavamo fosse venuto qui a chiedere scusa a Cloud. Non risponde al cellulare!» rispose la ragazza, sull’orlo delle lacrime.

«Dai, non agitarti. Magari ha cambiato idea ed è andato in palestra.» provò a tranquillizzarla Tifa, che in realtà iniziava a preoccuparsi.

«Di certo non è venuto a scusarsi.» mormorò Cloud, piccato.

Tifa gli lanciò un’occhiataccia, ma fu distratta dallo squillo del telefono.

«Pronto? Ciao Jules… no, mi dispiace.»

Guardò la ragazza.

«Non è nemmeno in palestra.» 

L’apetta scoppiò in un pianto dirotto.

«Chissà cosa gli è successo? Oh no! È morto!» strillò. 

Cloud e Tifa la fissarono inorriditi.

«Dai, dai, magari è tornato a casa.» provò a dire Tifa.

«L’Honeybee Inn è la sua casa!» strillò disperata.

«Tifa! Sei ancora in linea?» gridò la voce di Jules. 

«Si.»

«Mettimi in viva voce.»

La ragazza obbedì.

«Credo che mio fratello sia nei guai. I problemi che ha cercato di risolvere tramite Cloud potrebbero essere ancora in circolazione. Non ha sgominato tutta la banda.»

Cloud sbuffò, ma non disse nulla.

«Che banda?!» esclamò l’apetta. Jules fece un verso esasperato.

«Tipico di Andrea non dire nulla.»

«Già.» mormorò il biondo appoggiato al bancone.

«Credi che queste persone possano avergli fatto qualcosa?» domandò Tifa, fulminando il suo ragazzo con lo sguardo.

«Temo di si. Sono molto preoccupato.» disse il culturista.

«Dobbiamo… dobbiamo chiamare la polizia!» esclamò l’apetta con voce rotta.

«La polizia non farà mai in tempo, e non vorrei che ne approfittassero per mandare anche mio fratello in galera.» replicò Jules. «Qua serve una soluzione più veloce.»

«Dobbiamo parlare con uno degli altri ex-delegatii di Don Corneo.» affermò Tifa «Se c’è una banda in circolazione, sono sicura che loro sapranno qualcosa.»

«Ottima idea!» esclamò Jules. « Vado da Chocobo Sam!»

«Ti raggiungo subito!» gridò l’apetta, scattando verso l’uscita.

«Aspetta! Veniamo anche noi!» gridò Tifa, mentre faceva il giro del bancone.

Sospirò, cercando di mantenere la calma, e si voltò verso la figura immobile dietro al bancone.

«Cloud…»

«Si?»

«Anche se sei offeso, dovresti venire.»

«Non mi interessa.»

«Va bene, allora andrò da sola a parlare con Chocobo Sam.»

«... aspetta.»

 

***

 

«In che senso non c’è??» esclamò l’apetta, disperata.

«Nel senso che è uscito, il capo è lui, fa come vuole.» rispose il ragazzo dall’altro lato del recinto, riprendendo in mano il forcone.

«E adesso che facciamo?» 

«Forse potremmo andare da Madame M, è l’unica altra soluzione.»  rispose Jules.

«Che ne dici, Tifa?»

La ragazza era intenta ad accarezzare un chocobo particolarmente espansivo che si era avvicinato a loro. Ci mise un attimo a voltarsi.

«Eh? Si, va bene.» rispose, anche se non sembrava felicissima all’idea. Nemmeno Cloud si stava mostrando entusiasta, rimanendo in disparte in silenzio.

«Allora andiamo, presto! Potrebbe essere in pericolo!» gridò l’apetta, iniziando a correre. Gli altri la seguirono.

Arrivarono davanti al centro massaggi, giusto in tempo per vedere Chocobo Sam che usciva con aria soddisfatta, seguito da Madame M in persona.

«E tu che ci fai qui?» chiese Tifa, spaesata.

«Noi allevatori di chocobo lavoriamo molto con le mani… e anche un uomo umile come me, ogni tanto deve concedersi un trattamento extra lusso. Giusto Cloud?»

Il ragazzo non rispose, ma lo guardò con odio mentre arrossiva.

«Ci serve aiuto! Pensiamo che una banda abbia rapito Andrea!» disse Jules.

Madame M lo guardò per un attimo, poi disse:

«Evidentemente sta avendo ciò che si è meritato. Sempre a fare la prima donna…»

«Quindi tu sai qualcosa??» esclamò l’apetta.

«Certo… ma, come qualcuno qui sa molto bene, tutti i miei servigi hanno un prezzo.» rispose maliziosamente la donna. Chocobo Sam ridacchiò.

Tifa stava per rispondere, quando l’apetta si scagliò contro Madame M.

«Come ti permetti!! È una questione di vita o di morte!!» gridò furiosa.

«E tu come ti permetti di parlarmi in questo modo?» rispose la donna a tono, puntandole il ventaglio contro.

Jules si frappose tra le due.

«Sei inqualificabile. Cosa vuoi?» chiese a Madame M, guardandola con odio.

«Mmh, vorrei che qualcuno si preoccupasse di me come tu ti preoccupi di tuo fratello. Ma questo non posso averlo… dovrai consolarmi con dei soldi.» disse lei, tendendo la mano aperta.

«E se invece per una volta ci aiutassi e basta?» chiese Tifa. «Davvero non ti importa niente di Andrea?»

«Ragazza mia, la tua ingenuità è commovente. Quando ci sono troppi galli nel pollaio, c’è una sola soluzione…»

Jules si illuminò per un attimo.

«Parli di galli e di pollai… in effetti dovresti essere seccata che una banda sia di nuovo qui a dettare legge. Non vorresti vederli morti?»

Madame M rimase in silenzio un attimo, toccandosi il mento con il ventaglio; anche Chocobo Sam sembrava improvvisamente di nuovo interessato.

«Parli bene, ma non vedo come potresti fare a eliminarli.»

Jules indicò Cloud.

«Ci sono anche io!» protestò Tifa.

Il ragazzo parve risvegliarsi in quel momento.

«No. Non se ne parla.» disse lapidario. Madame M lo guardò.

«Facciamo i conti senza l’oste, Jules?» disse, ridendo.

«Cloud ti prego! È l’unica speranza per salvare Andrea!» esclamò Jules, avvicinandosi a lui. L’apetta si gettò in ginocchio ai suoi piedi.

«Salva il mio mito, ti prego! Ti prego!!» gridò, gli occhi pieni di lacrime.

Tifa gli mise una mano sulla spalla. Cloud si girò a guardarla.

«Per favore…»

«Quindi dovrei andare a salvarlo? E perché?» chiese, sarcastico.

Tifa strinse la presa.

«Perché è tuo amico!!» gli disse.

 

***

 

“Odiavo quel ciuffo e quei baffi da finto seduttore…” pensò Andrea, appena gli tolsero dalla testa il sacco di tela.

«Bwahahahaha! Il grande Andrea Rhodea, qui davanti a me! Sono onorato!» 

Andrea guardò disgustato la persona davanti a lui, seduta sul vecchio trono di Don Corneo. Sembrava una brutta copia del vecchio boss, dai capelli fino alla terribile giacca rossa con i pellicciotti.

«Non pensavo fosse possibile essere ancora più brutti di Corneo, devo congratularmi.» disse Andrea, cercando di mascherare la paura.

«Non pronunciare quel nome!» gridò l’uomo, alzandosi. Andrea aveva le mani legate dietro la schiena, non potè fare niente per fermare il pugno che calò sulla sua faccia.

«Hai esagerato, principessa. Ora comando io sul nuovo mercato… sai, speravo fossi abbastanza intelligente da capire che certe cose non cambiano. Avrei voluto persino ripristinare la ricerca delle spose. Mi rattrista dover fare di te solo un esempio.»

Andrea aveva ormai perso ogni baldanza. Si limitò a fissarlo, chiedendosi per quanto ancora avrebbe voluto parlare, prima di agire.

«Però devo riconoscerlo, hai avuto le palle! Di voi tre, sei stato l’unico a non pagare subito. Ma hai voluto giocare ad un gioco a cui non puoi vincere… finalmente vendicherò il tuo tradimento! Preparati a…»

Un assordante boato lo interruppe, mentre il pavimento tremava.

«Che cosa succede??» gridò il boss, rivolto ai suoi uomini, mentre il rombare di un motore si faceva sempre più vicino.

«Correte alle scale! Cosa fate lì impalati??» 

Tre uomini armati corsero fuori dalla stanza, caricando i loro fucili.

 

Qualche minuto prima...

Cloud diede gas, sentendo compiaciuto il ruggito di Fenrir in risposta.

«Siamo vicini!» gridò Tifa, i capelli che sventagliavano.

«Bene!» gridò lui. «Che aveva detto Madame M del posto?»

«Che lo avremmo riconosciuto subito.»

“Meno male che non l’abbiamo pagata, stavolta.” pensò Cloud, scuotendo la testa.

«La banda è composta da ex-scagnozzi del vecchio porco, comandati da uno che cerca di assomigliargli in tutto e per tutto. Vogliono ripristinare il controllo sul nuovo mercato di Edge.»

«E voi non avete fatto niente? Avete accettato e basta?» esclamò Tifa, incredula.

«Ti sembro una che può opporsi a una banda di criminali?» rispose Madame M, agitando il ventaglio.

«Io cosa potevo fare, beccarli?» le fece eco Sam.

«Potevate comunque opporvi! Guardate ora che sta succedendo!» insistette Tifa.

«Volete il mio aiuto oppure no? E comunque se Andrea non avesse deciso di opporsi, tutto sarebbe tranquillo adesso.» rispose la massaggiatrice, piccata.

«Non potete saperlo! Una banda di criminali non è una cosa positiva!» disse Jules.

«In ogni caso, ora sono molto arrabbiati se hanno preso Andrea… potrebbe anche essere troppo tardi.»

«Allora non c’è tempo da perdere! Sai dove sono??» riprese il culturista.

«Si, l’ammiratore del Don ha voluto ricostruire il suo palazzo. Lo troverete poco fuori dal centro di Edge, verso sud. Lo riconoscerete.»

Cloud non avrebbe voluto portare Tifa con sé, ma lei non aveva voluto sentire ragioni.

«E va bene. Vado.»

«Vengo con te!»

«Non se ne parla. Non sappiamo quanti sono.»

«Appunto! Non sei a prova di proiettile!»

«Neanche tu.»

«Ce la siamo sempre cavata… insieme. Non entri da solo in una villa piena di mafiosi.»

«Tu invece puoi?»

«Che c’entra adesso!? Andiamo!»

L’edificio apparve dopo una curva, colorato e pacchiano esattamente come lo ricordavano.

«Ci siamo!» gridò Tifa. Poi si fece seria, vedendo che la moto non rallentava.

«Cloud?! Ci siamo!!» ripeté.

«Lo so!»

«Non parcheggiamo?»

«Non c’è tempo per parcheggiare!» gridò Cloud, tirando fuori la spada. Lei sbiancò.

«C’è sempre tempo per parcheggiare! Neanche volevi venire, ora non c’è tempo??»

«Reggiti!» rispose lui. Si era fatto convincere ad andare, ma avrebbero fatto come voleva lui: attacco frontale con rombo di motori. E senza travestimenti.

Tese una mano davanti a sé. Tifa gli si strinse addosso.

La palla di fuoco della magia aprì un buco nella facciata di legno laccato. Fenrir varcò la breccia rombando, in una pioggia di schegge e fiamme, e atterrò di schianto su un tavolo in un salone semideserto.

Da una porta entrarono trafelati due uomini, pistole in pugno. Cloud accelerò e punto su di loro, abbassandosi sul manubrio. I due aprirono il fuoco ma i proiettili rimbalzarono sulla lama della Buster sword, mentre Fenrir si abbatteva su di loro. Il primo fu colpito in pieno, mentre Tifa con un volteggio saltava dalla moto e atterrava sul secondo, buttandolo a terra e disarmandolo.

Cloud gli puntò la spada alla gola.

«Dov’è Andrea?»

L’uomo balbettò una risposta, terrorizzato, mentre con un dito tremante indicava il soffitto.

Tifa lo mise fuori combattimento con un pugno, poi si guardò intorno cercando delle scale.

«Di là!» gridò, mettendosi a correre. Udì Cloud dare gas. Si girò costernata.

«Cosa?? Vuoi fare le scale in moto?»

«Faccio prima!»

«Ma che ti salta in mente??» esclamò lei.

Cloud non rispose e partì, diretto verso la rampa. Udì Tifa gridare qualcosa, coperto dal rombo del motore, ma non ci badò: sapeva benissimo che si sarebbe arrabbiata, ma era ancora deciso a non coinvolgerla.

Teso sul manubrio, accelerò e imboccò deciso la rampa di scale, sgasando sui pianerottoli. Di colpo al rombo del motore si unirono i colpi secchi degli spari.

Accelerò ancora, divorando l’ultima rampa di scale che lo separava dai tre sicari, riparandosi dietro la lama.

«Crio!!»

Senza neanche rallentare, Cloud si lasciò alle spalle tre statue di ghiaccio, che ancora puntavano le armi su dove si trovava un momento prima.

“Non ho tempo per voi.”  

Arrivò rapidamente all’ultimo piano: era un’ampia anticamera rivestita interamente, dal pavimento alle pareti, di moquette rossa e oro. Vide una grossa porta di di legno dorato, simile al portone che aveva distrutto prima, al lato opposto della stanza.

Sgasò.

«È finita per te, Rhodea…»

Cloud entrò nella stanza con uno schianto assordante; la porta si staccò dai cardini e dopo un breve volo colpì in pieno uno dei due scagnozzi rimasti.

Andrea era inginocchiato a terra nel mezzo della stanza, sotto il tiro del boss. Un altro uomo fissava la scena impietrito con un fucile in mano. Per un attimo tutti rimasero interdetti sul da farsi.

Lo scagnozzo si riprese per primo e puntò la sua arma contro Cloud.

«Deve essere questo il SOLDIER che ci sta causando problemi.»

Il boss lo guardò.

«E lo abbiamo capito tutto da soli?? Complimenti vivissimi, idiota!» gridò, mentre con la mano libera cercava di spolverarsi la polvere di dosso.

«Tu, eroe del giorno! Non fare una mossa o faccio un buco in testa alla tua amichetta!»

Cloud cercò di calcolare rapidamente cosa conveniva fare. Era troppo lontano da Andrea, mentre il sosia di Corneo gli aveva appoggiato la pistola alla tempia. Decise di prendere tempo e alzò le mani.

«Hahahahah… dovevi sceglierti una guardia del corpo meno rammollita, ma da te cosa ci si poteva aspettare?» rise sguaiatamente il boss. «Forza, scendi da quel trabiccolo. Mani in vista.»

Fece un cenno al suo scagnozzo e questi si avvicinò a Cloud, tenendolo sotto tiro. Cercò di togliergli la spada, ma l’enorme arma gli cadde immediatamente sul pavimento.

Il biondo scattò immediatamente, sfruttando la distrazione: tramortì l’uomo con una gomitata in faccia in una frazione di secondo e fece per raccogliere la spada.

Un proiettile lo colpì di striscio ad una spalla prima che potesse rialzarsi, ma il colpo finale non arrivò: sbucando fuori dal nulla, Tifa colpì il boss con un calcio dietro al ginocchio. L’uomo cadde di schianto, urlando dal dolore, e lei lo finì con un laterale sulla nuca.

«Mia salvatrice!» esclamò Andrea, riprendendo fiato.

«Come hai fatto a salire??» chiese Cloud alla ragazza, ignorandolo.

«Ho scalato le pareti e sono entrata dal balcone. Non puoi sempre fare tutto da solo!!» rispose lei, guardandolo con rimprovero.

Cloud stava per ribattere, ma fu interrotto dal rumore di passi concitati che salivano le scale.

«Ne… ne arrivano altri??» balbettò Andrea, sbiancando.

“Doppia tariffa…” pensò Cloud, mentre raccoglieva la spada. I due ragazzi si prepararono al combattimento.

«Hey… io sono sempre legato!» protestò Andrea.

«Meglio. Ci intralceresti e basta.» tagliò corto Cloud.

L’entertainer rotolò al riparo dietro al trono, ma non riuscì a resistere alla tentazione di guardare. La preoccupazione si trasformò in stupore quando Cloud e Tifa iniziarono a sgominare uno dopo l’altro i membri rimasti della banda. Era uno spettacolo mozzafiato, da far impallidire la loro ultima esibizione all’Honeybee Inn: i due si muovevano con un’intesa incredibile, come se ognuno leggesse i pensieri dell’altro; perfino i respiri sembravano in sincrono. Quando anche l’ultimo nemico cadde a terra, colpito da un poderoso fendente, non poté fare a meno di esclamare: 

«True perfection

«Spero siano finiti.» commentò Cloud, rimettendo la spada nel vano armi di Fenrir.

«Anche io.» disse Tifa, mentre slegava Andrea.

«Ragazzi… è stato…» cominciò a dire l’uomo entusiasta. Il pavimento iniziò a scricchiolare, interrompendolo e facendoli trasalire.

«Che succede adesso?» esclamò l’entertainer.

«Cloud… credo che con l’ultima Limit Break tu abbia danneggiato qualche struttura portante.» disse Tifa, con una nota di preoccupazione nella voce.

«Oh…» fu tutto quello che riuscì a dire il ragazzo.

«Dobbiamo uscire! Subito!» gridò Andrea, allarmato.

«Non faremo mai in tempo a scendere! Caliamoci dal balcone!» disse Tifa.

«Ma sei impazzita??» strillò Andrea

«E Fenrir?» aggiunse Cloud.

«Ah… donne e motori…»

«Piantatela di dire idiozie! Molla quella moto e andiamo!» gridò lei, avviandosi.

Si bloccò di colpo, guardando con orrore mentre enormi crepe si aprivano nella struttura del piccolo balcone di legno. Un momento dopo, parte del soffitto si staccò e franò sul trono, bloccando la strada verso il balcone.

«Niente balcone.» commentò Andrea, guardando sconfortato la loro via di fuga andare in briciole. Il pavimento non smetteva di tremare e gli schianti di legno su legno si moltiplicavano.

«Non mi stai pagando abbastanza.» gli rispose Cloud, acido.

«Cloud! Smettila! Ci serve una via di fuga!» urlò Tifa.

«Secondo me possiamo ancora raggiungere le scale.» propose il biondo, mentre portava la moto al centro della stanza, verso di loro.

«Salite!»

Gli altri due si avvicinarono, quando il pavimento cedette di schianto sotto i loro piedi. Cloud fece appena in tempo a tirare a sé Tifa, poi tutti precipitarono nel buio.

 

***

 

Fogne di Edge, canale di scolo 7R; qualche ora dopo.

«Chi avrebbe mai detto che quel Corneo-2 avrebbe voluto ricreare persino la famosa botola con discesa nelle fogne?» trillò Andrea, mentre marciava tutto allegro nei liquami.

«Famigerata botola, vorrai dire. E ringrazia che non ci fosse nessun enorme mostro ad aspettarci.» rispose Tifa, esasperata.

«Odio tutto.» mormorò Cloud, intento a fendere l’acqua torbida spingendo Fenrir. Provò a riaccenderla, senza ottenere nemmeno un suono.

«Cloud, smettila di provare ad accenderla. Il motore è morto a causa dei liquami che ci sono finiti dentro.» disse Tifa, scuotendo la testa di fronte alla testardaggine del suo ragazzo.

«Guardiamo il lato positivo! Siamo vivi!!» esclamò Andrea.

«L’unico che stava rischiando di morire eri tu.» precisò Cloud, superandoli e trascinando la moto verso una sponda del canale.

Tifa si voltò verso Andrea, proprio mentre lui diceva:

«Grazie per averlo convinto a venire.»

«Come sai che…»

«È talmente ovvio, my dear. Non ti rifiuterebbe mai nulla.»

Tifa arrossì lievemente.

«Ciò non significa che io o lui ti abbiamo perdonato.»

«Ne sono dolorosamente consapevole.» disse lui, con un sorriso.

«Troverò il modo di fare ammenda. Hai qualche suggerimento?»

«Per quanto mi riguarda, smettila di spogliare con gli occhi il mio ragazzo. O la prossima banda che ti rapirà sarà capitanata da me.» disse la ragazza, guardandolo minacciosa.

«Ok…» sussurrò l’entertainer, sbiancando.

«Stupida… moto… pesante!» sbraitò Cloud, col poco fiato che poteva sprecare.

I due si voltarono a guardarlo. Non aveva fatto molti progressi nel tirar fuori Fenrir dal canale.

«Andiamo ad aiutarlo?» domandò Tifa.

«Io se volete posso fare il tifo.» si offrì l’entertainer.

«Muoviti.»

Una volta riusciti nell’impresa, Andrea si rivolse a Cloud.

«Grazie per avermi salvato.»

«Grazie un corno!» sbottò il biondo. «Il conto ammonta a cinquemila guil per ogni salvataggio, più i danni alla moto!»

Andrea sorrise.

«Te ne do ventimila e torniamo amici?»

«Ci devo pensare.»

 
  
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