Magicamente Io
 

«Cantami, o Diva, del pelide Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l'alto consiglio s'adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de' prodi Atride e il divo Achille.»
 
(Proemio dell'Iliade nella traduzione di Vincenzo Monti)
 
 
 

«Raccontami qualche particolare in più»
« Era alto più di tre metri, stava per uccidermi con uno dei suoi fendenti.
L’ho tenuto fermo, così, ecco sì esatto! In questo modo non può liberarsi.».
«Davvero, amico? Continua».

 
Nei silenzio sente solo il rimbombo dei suoi stessi passi.
Sorride compiaciuto, estasiato; il maestoso pavimento  color dell’onice riflette la sua immagine e non può fare a meno di gioire.  Una piccola parte di sé stesso si chiede se qualcuno del suo calibro abbia mai ricevuto un onore simile; in effetti, nessuno ha mai compiuto quelle gesta prima di allora.
Annusa l’aria e appagato si inebria della sua stessa fragranza.
Si domanda inoltre, come possa cominciare a narrare quelle vicende così complesse, così terrificanti che quasi prova un briciolo terrore lui stesso; solo che i ricordi non possono essere messi da parte, quelle avventure fanno parte di lui e nessuno può metterle in dubbio. Ridacchia smanioso, provando a ricacciare, anzi soffocare quella minuscola parte nella sua testa che urla all’impostore; ma Gilderoy ride ancora gelido e si appresta a salire sul grande podio.
Viene accolto come sempre a uno sciabordio di fotografi e donne smaniose e con un sorriso scintillante inizia a narrare:« Un manto di neve ricopre ogni cosa, come il silenzio.
Un leggero chiacchiericcio veste ogni anfratto della piccola cittadina; tutti stanno mormorando, impauriti. L’accaduto dell’altro ieri non è stato dimenticato  e nemmeno le urla di Agnes, che straziata dal mostro ha implorato pietà ad ogni suo fendente; nei suoi grandi occhi color della pece, gli abitanti hanno rivisto l’emblema della loro inettitudine e pochezza. Le sue urla, ancora echeggiano nelle loro menti e chiedono, anzi implorano vendetta».
Gilderoy osserva bene tutti coloro che occupano la prima fila con una strana curiosità; li tiene in pugno senza alcun dubbio.
«In quel momento, per loro immensa fortuna mi trovavo di passaggio. Sapete, spesso in quel periodo dell’anno sono come un pellegrino che va in cerca di popoli, persone, maghi e streghe che hanno un estremo bisogno del mio aiuto» esordisce.
Davanti agli occhi s’immagina la scena e non può fare a meno di sistemare i bei riccioli d’oro che possiede e di fare un cenno voluttuoso a un gruppetto di streghe che lo stanno osservando fameliche.
« Arrivato nei pressi di quel piccolo villaggio così lontano, così arretrato ho subito compreso che qualcosa non andava. Insomma, il mio sesto senso avvertiva vibrazioni molto negative, oscure»  dichiara con nonchalance.
«Signor Allock! Sono Ignatius della Gazzetta del Profeta! Ho una domanda!» urla un uomo butterato.
Gilderoy non se lo lascia ripetere due volte; sorride ammiccante e fa un elegante cenno con il capo, per far sì che quel pover uomo possa continuare  a parlare.
«Insomma lei mi sta dicendo che ha salvato un’intera popolazione?» domanda il giornalista incredulo.
Allock ride piano, con quel tono seducente e ricolmo di una sfolgorante luce, che solo gli eroi possono emanare percependo la sua incredulità.
Si sposta dal podio dorato e muove con estrema lentezza ed eleganza recondita il lungo mantello di broccato corallo con le bordature dorate e alza le mani; Gilderoy non deve chiedere attenzione, lui le riceve per diritto di nascita.
«Capisco che tutto ciò possa sembrare troppo, insomma un mago comune non può compiere determinate gesta. Ma io sì e deve comprendere che, ciò che adesso vi racconterò sarà solo l’inizio di una grande e pericolosa avventura; consiglio a chi ha lo stomaco debole di andare via prima che sia troppo tardi!» esclama con voce alterata.
Il pubblico è contrito e fermo, ormai tutti trattengono il respiro.
Gilderoy fa una giravolta, ebbro dell’immensa sensazione di potere che solo la fama può accrescere.
Il mondo pende dalle sue labbra e lui le inumidisce lascivo .
«Signor Allock! Sono Amalia dal Settimanale delle Streghe! » urla una giovane donna con un grande blocchetto.
«Amalia, prego, sono tutto tuo» sussurra con voce sussiegosa.
La giovane donna avvampa, deglutisce e schiarisce un po’ la voce per riprendere il dominio di sé.
Ancora una volta Gilderoy si compiace, e quella è l’attività che più preferisce; godere del suo corpo, del suo essere così famoso, ricercato senza eguali.
«Ecco, si potrebbe mettere in posa? Vorrei una foto per la prima pagina» chiede lei imbarazzata.
«Ma certo, certo. Diamo alle folle ciò che le folle bramano!» dichiara imperioso posizionandosi sul lato destro, vale a dire il suo angolo migliore.
«Adesso però, anche se vorrei continuare devo purtroppo incamminarmi nel mio racconto. Vi chiedo massimo silenzio e intensa concentrazione. Seguitemi, dove nessun mago ha mai osato avventurarsi e combattere!» mormora con contrita attenzione.
 

« Adesso non ti ricorderai nulla di tutto ciò.
 Dirai che io ho compiuto queste straordinarie vicende!»
«Ma cosa diamine stai dicendo, amico?»
«Oblivion!»

 

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Note.
Ciao a tutti! Inizia questa nuova avventura. Io amo Gilderoy  e questa nuova long proverà a narrare tre delle sue meravigliose vicende; spero che vi piaccia. Questo prologo inoltre, partecipa al contest indetto da BessieB sul forum  di EFP, “Chi ben comincia è a metà del prologo”. Un abbraccio.