Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Picci_picci    11/01/2021    3 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
.
"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il sole illuminò l’enorme stanza da letto del giovane Agreste, ma non svegliò proprio nessuno. Adrien, infatti, era già in piedi con indosso solo un paio di pantaloni grigi della tuta e, appoggiato alle grandi vetrate, ammirava il sole che sorgeva.
La luce gli ferì gli occhi verdi, ma a lui non importò, non importava più nulla.

Non gli importava delle occhiaie che aveva a causa della notte passata in bianco.

Non gli importava della stanchezza.

Non gli importava della tristezza o del dolore.

Oramai, non gli importava più nulla.

L’unica luce della sua vita, l’unico sole, se ne era andato, era stato adombrato. 

Rimase ad ammirare il paesaggio davanti a lui e gli venne in mente che la sua lady era solita a farlo. 

Con un gesto fulmineo prese il libro là vicino e lo scagliò contro il muro.

Gli aveva mentito!
Per tutto questo tempo, l’aveva guardato in faccia e nascosto la verità. Come era riuscita a farlo con una tale disinvoltura?
A lui, poi!
L’aveva giurato amore e poi...poi...scopre questo! Cavolo, lui era stato un anno lontano da suo padre, dalla sua città e lei aveva orchestrato tutto.

Voleva che stessero lontani, voleva allontanarsi da lui.

Non riusciva a capire!

Si mise seduto sul letto, poi crollò all’indietro con il busto guardando il soffitto.

In realtà capiva, capiva il suo pensiero e cosa l’aveva spinta a farlo.

Ciò che non capiva era perché non ne aveva parlato con lui; insomma, erano due persone adulte che di regola dovevano comunicare e riuscire a risolvere insieme i problemi, invece no! Era stata zitta e aveva agito alle sue spalle!
Cosa doveva fare?

Come doveva comportarsi con lei?

Si passò una mano tra i capelli biondi e li vennero in mente i suoi occhioni celesti pieni di lacrime che lo guardavano e, improvvisamente, sentì anche lui gli occhi lucidi.

Poteva essere arrabbiato nero con lei, ma la vista di Marinette in lacrime gli avrebbe sempre spezzato il cuore.
Nonostante tutto, lei è una parte di lui.
Meglio dire, era.

“Oh, Adrien!”, esclamò un esserino nero, volandogli accanto.

“Che c’è, Plagg? Niente ‘moccioso’?”

“Non puoi ridurti a zero per una ragazza, non di nuovo.”

“Il problema è questo”, esclamò il padrone alzandosi di botto, “lei non è una ragazza, lei è Marinette, è la mia lady, è La ragazza.”

“La ragazza con la ‘L’ maiuscola? Quella ragazza?”

Adrien sospirò e per l’ennesima volta si passò la mano fra i capelli, “sì.”

“Amico...sei messo male.”

“Davvero? Non l'avrei mai detto.”

Un colpo alla porta fece nascondere subito Plagg.

“Oggi vieni in maison?”, chiese suo padre, stranamente preoccupato.

Indeciso, Adrien fece passare il peso da un piede all’altro.

Vedendo il silenzio davanti a quella domanda, Gabriel scrollò le spalle, “tra quindici minuti io vado, se vuoi venire, scendi per quell’ora”, poi chiuse la porta e Adrien sentì i passi del padre che si allontanavano.

Crollò sul divano e rimase a fissare il nulla davanti a sé per un tempo indefinito.

Nella testa gli rimbombarono le parole di Plagg: “non puoi ridurti così per una ragazza, non di nuovo.”

No, non lo avrebbe fatto.

Non avrebbe stoppato la sua vita un’altra volta.

Asciugò una lacrima che scendeva sul suo volto e guardò l’orologio.

Aveva ancora sette minuti.

***

Quella mattina fece fatica ad aprire gli occhi. Un po’ perché non aveva dormito, un po’ perché da quanto era depressa e senza vita, ieri sera non si era struccata, ed ora, anche grazie al mascara mezzo colato, aveva le ciglie attaccate.

Si alzò con una tale sgraziatezza che sicuramente non avrebbe potuto essere paragonata ad una principessa disney; tranne, forse, Anna (Tikki amava i cartoni della Disney, in special modo Frozen).

La prima cosa che fece fu lavarsi il viso nella speranza di tornare a vedere correttamente, poi prese il cellulare e guardò se le era possibile lavorare da casa per oggi.

Non ce l’avrebbe fatta a rivederlo oggi.

Non ce l’avrebbe mai fatta e basta!

Vedere la sua delusione e la sua rabbia negli occhi era stato...anzi, è stravolgente. E in senso negativo.

Anche al solo pensarci le veniva da piangere, come avrebbe potuto guardarlo negli occhi?

Oh, mannaggia a lei a quando aveva valicato il confine della professionalità!

Il trillo del suo telefono la scosse e vide la risposta affermativa da parte di monsieur. Bene, avrebbe potuto mangiare quella vaschetta di gelato alla stracciatella in santa pace.
Legò i capelli in una crocchia alta e disordinata, indossò la vestaglia rosa shocking sopra il pigiamone in pile viola, poi scese in cucina a recuperare il dolce in questione con ai piedi le ciabatte nere con delle simpatiche orecchie da gatto.
Sicuramente, chi l’avrebbe vista ora, non avrebbe mai potuto pensare a lei come una stilista.
O ad una che potesse lavorare nel campo della moda.

Sicuramente, sarebbe apparsa come una disperata con il cuore in mille pezzi.

Ed, in realtà, era effettivamente ciò.

***

Passò tutto il tragitto in macchina a pensare come sarebbe stato rivederla.

Avrebbe dovuto ignorarla?

Avrebbe dovuto guardarla con odio?

Bè, si era fatto tante paranoie per nulla visto che lei non era alla sua scrivania.

Era di ritardo come suo solito, pensò.

Solo qualche ora più tardi, dopo che di lei non si era vista nemmeno l'ombra, apprese da Natalie che quest’oggi la signorina Marinette avrebbe lavorato da casa. Suo padre in persona le aveva dato il permesso.
Annuì, distaccato, e continuò a controllare quei numeri che improvvisamente stavano iniziando a girare.

Arrivata la sera, decise che era arrivato il momento di tornare a casa, indossò il cappotto nero e passò di nuovo davanti alla sua scrivania.
Mentre era da solo, dentro l’abitacolo dall’ascensore, pensò che in realtà fosse un bene che Marinette non si fosse presentata in maison quel giorno.

Era stato un bene, perché lui non si era dovuto preoccupare di come comportarsi vicino a lei.

Era stato un bene, perché non aveva dovuto fingere che non gli importasse niente di lei.

Era stato un bene, perché lei non si era accorta che il suo sguardo cadeva, ogni cinque secondi, verso la sua scrivania.

Era stato un bene, perché non si era accorta che lui l’amava ancora.

Certo, era stato proprio un bene.

***

“Capisci, Paul?! Capisci?!”

“Certo che capisco, ma anche tu a farti scappare quel bocconcino!”

Bene, si era scoperto che Paul e sua madre erano diventati veramente amici.

Infatti, dopo aver passato la mattina ad ammazzarsi di lavoro, e anche il pomeriggio, mangiando gelato e dolci vari rubati dalla pasticceria dei suoi genitori, si era presentato in camera sua Paul con un aperitivo a domicilio e, dietro di lui, spuntava la faccia di Sabine con un sorriso di scuse.

Doveva ringraziare il cielo per avere delle persone che si preoccupavano così tanto per lei; e anche Paul per aver portato alcol ed altro gelato.

“Per due volte te lo sei fatto scappare!”

“Non infierire”

“Continuerò a farlo.”

Sì, ovviamente, aveva raccontato a Paul tutto ciò che ieri era successo.

“Grazie, sei unico”, rispose Marinette affondando per la milionesima volta il cucchiaio dentro la vaschetta di gelato.

“Lo so.”

“Ero ironica.”

“Io no”, rispose lui bevendo un sorso di birra.

Poi le strappò il cucchiaio dalle mani e se lo portò alla bocca.

Improvvisamente non la circondavano le pareti di camera sua, ma era sulla Senna, di sera, e stava passeggiando accanto ad Adrien. Avevano appena comprato il gelato da Andrè e lui stava assaggiando il suo, rubandole la paletta.

“Ingrasserai di 10 kg così!”

L’immagine di loro due che camminavano di sera sulle sponde illuminate della Senna sparì e si ritrovò davanti agli occhi lo sguardo aggrottato e di rimprovero di Paul.

“Di qualcosa dovrò pur morire. Così non lo rivedo domani a lavoro.”

Lui scosse la testa, tenendo sempre a distanza il cucchiaio, “sei intelligente, speravo ci fossi già arrivata.”

“A cosa?”, chiese Marinette con le mani che iniziavano a gelare a causa della vaschetta che teneva tra esse.

“Che non potrai fuggire da lui per tutta la vita. Lo rivedrai prima o poi, soprattutto se lavori per suo padre.”

La ragazza lasciò il gelato e sprofondò tra i cuscini che aveva posato sul pavimento per stare più comodi, “pensi che dovrei licenziarmi?”, il pensiero era arrivato così, fulmineo, e lei lo aveva espresso senza rifletterci su.

Il sorso di birra andò di traverso a Paul tanto che stette a tossire per alcuni secondi.

“Stai scherzando spero! Quel posto senza di te sarebbe una noia incredibile, chi mi farà più ridere con le sue figuracce con monsieur?”

Lei lo guardò male e lui si ricompose.

“Volevo dire: non posso stare senza la mia migliore amica.”

“Lavoravi lì da prima di me.”

Lui sbuffò, “e che c’entra? Mi sarò abituato alla tua presenza.”

Marinette sorrise e lo abbracciò di slancio; voleva molto bene a Paul, non sapeva come, ma lui era diventato fondamentale nella sua vita.

Lui ricambiò la stretta, prima un po’ impacciato, poi con più decisione.

“Anche io ti voglio bene.”

“Sì sì, certo. Possiamo finire il momento sdolcinato?”

Lei rise e poco dopo anche lui si unì a lei.

“Bene, allora domani mattina ti aspetto in maison?”

La faccia di Marinette sbiancò in un attimo, “devo proprio?”

Lui la guardò male, poi cedette, “se lo fai ti ridò il gelato.”

Marinette rifletté: la proposta era allettante.

“Ma tu mi accompagni?”

Davanti agli occhi celesti spaventati, Paul annuì, “a patto che tu non faccia il solito ruolo della ragazza disperata, struccata e malconcia per una rottura.”

“Ma-”

“Niente, ma. Noi non cadiamo nei clichè, lavoriamo da Agreste.”

“Io-”

“O ti rendi presentabile o scordati che io ti passi a prendere.”

Marinette alzò il sopracciglio, pronta a rispondergli a tono.

“E scordati del gelato.”

Questo era ingiusto e scorretto!

“Va bene”, annuì sconsolata.

Paul alzò le braccia al cielo in segno di vittoria, gasandosi più del dovuto.

“E ora ridammi il gelato!”



Angolo autrice
Buonasera gente! Oggi la giornata non è stata al top, quindi mi sono rinchiusa nella scrittura, sperando di risollevarmi il morale e al contempo rallegrare voi (anche se con questo capitolo la vedo un po' dura). Detto questo, ringrazio infinitamente tutti voi che leggete, commentate o mi aggiungete nelle storie preferite/da ricordare, per me è sempre fonte di forza!
Un bacio,
Cassie
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Picci_picci