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Autore: Ghostclimber    12/01/2021    5 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Ami?"
-Stephen King





Rukawa fu svegliato brutalmente da quello che sembrava un elefante imbizzarrito.

Mugugnò qualcosa di indefinito e probabilmente non molto cordiale e Sakuragi lo scrollò con la sua usuale delicatezza: -Dai, Kaede, sorgi e splendi! Oggi è il gran giorno!- Rukawa gli mollò un calcio sugli stinchi e rotolò su un fianco.

Un soffio fresco alla base del collo gli scompigliò i capelli, infastidendolo. Era intermittente, come se si trattasse di qualcuno che soffiava e ogni tanto si interrompeva per inspirare, cosa che in effetti era. Rukawa mugugnò un'altra manciata di insulti, si schiaffeggiò la nuca e lanciò le gambe giù dal letto; con fatica sollevò il busto.

-Buongiorno, amore mio!- disse Sakuragi; Rukawa si voltò verso di lui.

-Sto cambiando idea.- annunciò.

-Lo dici sempre, poi però non sai rinunciare alle mie coccole!- ribatté Sakuragi, agganciandosi con entrambe le braccia alla sua vita. Una mano birichina sfiorò il suo membro, coperto dai pantaloni del pigiama ma già sull'attenti per l'alzabandiera mattutino.

-Nh. Quel che dici ha senso.- ammise Rukawa, poi si stiracchiò e si lasciò cadere all'indietro su di lui. Sakuragi, attivando una certa vena da contorsionista, si sporse per baciarlo sulle labbra, a bocca chiusa: sapeva per esperienza che limonare prima che entrambi si fossero lavati i denti non era un'esperienza particolarmente esaltante.

Soddisfatto e almeno in parte ripagato del brusco risveglio, Rukawa si lasciò spingere in piedi e andò in bagno. Mentre orinava, cercò di fare mente locale: di quale gran giorno stava parlando quel coglione del suo fidanzato?

Fece spallucce, rimandando la questione. Sakuragi non poteva proprio evitare di parlare delle cose, per cui era plausibile che avrebbe fornito una spiegazione, forse anche più lunga del necessario.

Rukawa tirò lo sciacquone, uscì dal bagno e si diresse in cucina, sperando che la colazione fosse magicamente apparsa sul tavolo.

Così fu, in effetti, anche se non c'entrava alcun tipo di magia: semplicemente, sua madre era a casa.

-Che ci fai qui?- chiese Rukawa, -Non sei al lavoro?- sua madre lo fissò come se fosse scemo.

-Lasci stare, Rukawa san.- disse Sakuragi, -Non è ancora partito, lo sa che è un diesel, soprattutto nei fine settimana.- Rukawa fissò il calendario nella speranza di trovare una risposta, ma nulla: era sabato, e a rigor di logica sua madre sarebbe dovuta essere al lavoro fino all'una.

-Kaede, yu-huu! Il matrimonio del dottor Yamamoto!- gli rivelò finalmente Sakuragi.

-Ah! È oggi?- chiese stupidamente Rukawa, lasciandosi cadere su una sedia. Sua madre gli mise di fronte una tazza di tè verde.

-No, stiamo facendo una prova generale per vedere se sei pronto...- rispose Sakuragi, roteando gli occhi. La madre di Rukawa ridacchiò.

Era irritante vederli fare comunella già di prima mattina, ma al tempo stesso era qualcosa di davvero bello: la madre di Rukawa, durante l'angosciante malattia del figlio, non si era espressa riguardo il suo orientamento sessuale, e nei parecchi momenti brutti della faccenda Rukawa si era spesso chiesto se le andasse bene o se semplicemente non si esprimesse per non peggiorare la situazione.

Tuttavia, dalla guarigione di Rukawa i fatti avevano parlato da soli: sin dalla prima cena con le mamme, durante la quale Minami Sakuragi e Sachi Rukawa avevano subito legato, era stato più che chiaro che per entrambe non c'era il minimo problema. Forse un po' di forzatura nell'essere più adorabili possibili all'inizio, ma niente di più grave di un plausibile imbarazzo: in un mondo a maggioranza eterosessuale è normale crescere con l'idea che il proprio figlio si fidanzerà con qualcuno del sesso opposto, e quando ciò non accade è logico che si cammini sulle uova per un po', almeno per giustificarsi di anni passati a spingere involontariamente una persona verso qualcosa a cui non era interessato. O, perlomeno, così la pensava Rukawa, e ogni tipo di imbarazzo era poi svanito durante la prima vacanza insieme, una settimana a fare escursioni nei dintorni del Monte Fuji. Sakuragi era stato così spontaneo e così socievole come suo solito che Sachi aveva cominciato a trattarlo come un figlio. Persino i proprietari del ryokan in cui alloggiavano avevano cominciato a chiamarli “bambini” come faceva lei dopo qualche giorno, il che a ben pensarci era esilarante, dato che erano due vecchietti di dimensioni Hobbit; la signora, in particolare, arrivava sì e no alle costole di Sakuragi.

Rukawa sorrise vagamente al ricordo di quando avevano dato la scalata al Fujisama: Sakuragi era tutto emozionato, continuava a fare avanti e indietro perché accelerava il passo sulla spinta dell'entusiasmo e nessuno aveva intenzione di star dietro ai suoi ritmi assassini, e quando erano arrivati in cima avevano scoperto che la giornata era troppo nebbiosa per godere appieno del panorama. Il faccino triste di Sakuragi aveva commosso così tanto le mamme che si era deciso di consumare il pranzo al sacco vicino alla terrazza panoramica, nella speranza che schiarisse abbastanza da vedere qualcosa.

La loro attesa era stata premiata: verso il tramonto, la foschia si era diradata; Sakuragi aveva svegliato Rukawa dal pisolino che si era concesso e insieme avevano guardato il sole che scendeva sul magnifico panorama, per poi baciarsi per la prima volta davanti alle mamme. La foto scattata da Minami, che li ritraeva stretti l'uno all'altro in controluce, col crepuscolo dietro di loro, aveva addirittura vinto il primo premio di un concorso di fotografia.

-Oh, oh, oh, Rukawa san, guardi, sorride!- disse Sakuragi, scoppiando la piccola bolla in cui Rukawa si era rinchiuso.

-Oh, cielo, speriamo che non piova!

-Sposa bagnata, sposa fortunata!- disse Sakuragi, annuendo in tono saggio. Rukawa si trattenne dal bofonchiare qualche cosa riguardo l'evidente doppio senso della frase, preferendo mettere su un dignitosissimo broncio di superiorità.

-Dai, Kaede, datti una mossa. Dobbiamo essere lì tra un'ora e devi ancora vestirti.- disse sua madre. Rukawa ingollò l'ultimo pezzo di pane imburrato, lo mandò giù con un sorso di tè e, senza dire una parola, andò a farsi una rapida doccia.

Si vestì, sentendosi un po' impacciato nel completo elegante, e scese con la cravatta ancora slacciata. Sakuragi lo guardò e chiese: -Cos'è, non sai fare il nodo?

-No, lo so fare, ma mi dà fastidio.- rispose Rukawa, poi fece un cenno verso sua madre: -Cos'è quello?- chiese. Sakuragi roteò gli occhi.

-Figliolo, devo farti mangiare un po' più di pesce.- commentò Sachi.

-Abbia pietà, Rukawa san, è sveglio da meno di un'ora.

-Vitamine, allora, succo di frutta, spremute.

-Ah, già, il bouquet!- mormorò Rukawa.

-Lo vede che poi si avvia?- disse Sakuragi. Quando aveva svegliato Rukawa indossava solo la camicia, mentre ora si era messo anche la giacca e la cravatta; Rukawa ebbe un lieve sussulto al pensiero di vederlo vestito così in attesa davanti all'altare.

-Domani mattina faccio partire il task manager quando si alza, magari rileva qual è il problema.- commentò Sachi. Sakuragi rise, Rukawa no: quei due condividevano la passione per l'informatica, lui invece cliccava a caso e sperava che nulla esplodesse. Capire una battuta a sfondo informatico di prima mattina era davvero chiedergli troppo, già era un progresso che avesse capito a cosa si stessero riferendo.

Sakuragi gli si avvicinò e prese in mano i lembi della sua cravatta: -Ehi, ti ho detto che sono capace!- protestò Rukawa.

-Sì, ma sei anche mezzo addormentato, rischi di presentarti così con la cravatta slacciata, non voglio che il mio fidanzato sembri uno sfollato.

-Hai detto tre parole che fanno rima.

-E quindi?

-Mi dà fastidio.- Sakuragi terminò di fare il nodo alla cravatta e gliela riappoggiò sul petto, poi sospirò e chiese: -Ma in effetti cosa non ti dà fastidio, Kaede?

-Il basket.

-Era una domanda retorica, comunque grazie.- Sachi li precedette fuori casa, ridacchiando. Se inizialmente aveva espresso preoccupazione di fronte al loro continuo punzecchiarsi, timorosa che prima o poi avrebbero finito per litigare e lasciarsi, facendo ripiombare suo figlio nell'incubo, poco a poco aveva capito che quello era semplicemente il loro modo di dimostrarsi affetto: strano, certo, ma pur sempre sincero.

-Tu sei fastidioso come il piccante sui gamberi.- rispose Rukawa.

-E cioè?- chiese Sakuragi, mettendosi i pugni sui fianchi.

-Cioè un male necessario, perché i gamberi piccanti sono buoni, senza peperoncino invece non vogliono dire niente.

-Oh, stavi facendo il romantico!- finse di commuoversi Sakuragi, poi lo baciò. Rukawa gli circondò il collo con le braccia e rispose al bacio, chiedendosi vagamente come mai dopo tre anni ancora gli sembrasse un miracolo.

Forse era quello, si disse, il vero amore: non una favola infinita, ma piccoli, brevi miracoli che si susseguivano uno dopo l'altro e andavano a rischiarare giornate di noia. La scaglietta rossa di peperoncino sul rosa del gambero che lo rende qualcosa di speciale.

Un clacson suonò, spingendoli a dividersi. Si sorrisero fugacemente e uscirono. Sachi era già in macchina, il motore già avviato, e fingeva di essersi addormentata nell'attesa. Sakuragi ridacchiò e salì a bordo, seguito da Rukawa.

-Comunque, quando ti metti le mani sui fianchi come hai fatto prima sembri gay.- disse Rukawa.

-Ma va'? Che affronto alla mia virilità!- rispose Sakuragi, poi gli fece una linguaccia. Aveva confessato a Rukawa che superare il blocco psicologico dell'andare con un altro maschio non era stato facile, e infatti prima di riuscire ad andare a letto insieme c'era voluto un bel po'. Ma aveva anche detto che Mito, buttando lì battutine prive di cattiveria, l'aveva aiutato parecchio a superare la cosa: non c'era niente di meglio che scherzarci sopra, secondo Sakuragi, per oltrepassare un problema. Rukawa, timidamente, aveva cominciato a fare qualche battutina a riguardo, e se in un primo tempo Sakuragi era parso spiazzato, dopo un po' aveva capito il senso.

Durante un rapporto particolarmente dolce, Sakuragi gli aveva bisbigliato all'orecchio: -Grazie per le tue battute di merda. Ti amo.- e Rukawa si era sentito completo. Poco a poco, avevano imparato come interagire, quanto stare vicini per non starsi in mezzo alle palle a vicenda, quando concedersi del tempo per sé e quali erano i segni che indicavano il nervosismo di uno e dell'altro, e i metodi per superare il malumore. Per Rukawa, la soluzione era un pomeriggio da solo a giocare a basket, per Sakuragi era una giornata al cazzeggio con gli amici: all'inizio, Rukawa si era preoccupato per il fatto che entrambi non sembravano avere bisogno dell'altro in momenti di malumore, ma poi si era semplicemente reso conto che poteva anche essere una soluzione molto sana. Obbligarsi a vivere in simbiosi non era una buona cosa; oltretutto, in quel modo la loro decisione di stare insieme sembrava rafforzarsi ogni giorno di più. Non era una questione di abitudine o routine, o peggio di dipendenza: entrambi sapevano di poter vivere alla stragrande senza l'altro, eppure si sceglievano ogni giorno.

-Eccoci.- disse Sachi dopo un po'. Rukawa e Sakuragi scesero dall'auto e la donna ficcò il bouquet in mano a Sakuragi: -Vai tu a consegnarlo alla sposa. Kaede, io e te andiamo dal dottor Yamamoto.

-Agli ordini!- rispose Sakuragi, poi si diresse con sicurezza verso un capannello di donne. Rukawa realizzò che le donne erano quelle che più probabilmente sapevano dove fosse la sposa e lo amò un po' di più per essere stato in grado di intuirlo senza neanche starci a ragionare. Quel che mancava a lui in materia di socializzazione, Sakuragi lo compensava alla stragrande.

-Oh, Kaede!- chiamò una voce familiare, -Che bello vederti!

-Dottor Yamamoto. Come sta?- rispose Rukawa, inchinandosi appena.

-A meraviglia! E tu?

-Il rompiscatole non mi molla un attimo, sto alla grande.- il dottor Yamamoto sorrise, persino più del solito, poi si inchinò a sua volta e disse: -I vostri posti sono laggiù. Ho dovuto mettervi in fondo perché siete troppo alti, ma sappi che se non fosse per questo sareste in prima fila. In fondo, è solo grazie a te se io e Sachiko ci sposiamo.- Rukawa sorrise.

-Felice di essere stato d'aiuto. Anche se la prossima volta preferirei fare qualcosa di più normale e meno rischioso.- Yamamoto rise di cuore, poi si allontanò per accogliere altri ospiti.

Sakuragi si ricongiunse ai Rukawa; sembrava che qualcuno gli avesse infilato un taser su per il culo. Quasi saltellando, bisbigliò: -Allora, lo so che sembro gay se faccio così...

-Oh cielo, sentiamo...- disse Rukawa.

-...ma la sposa è bellissima!- Sakuragi saltellò e Rukawa non poté impedirsi di sorridere.

-...e il bouquet si intona a meraviglia con le crinoline della gonna!- aggiunse Sakuragi.

-Hanamichi, se continui così comincerai a sputare arcobaleni.- gli disse Rukawa. Sakuragi si calmò, relativamente parlando, e dopo un paio di minuti gli mollò una gomitata: -Ehi.

-Nh.

-Stai dicendo che sono il paiolo d'oro alla base dell'arcobaleno?

-Se rispondo di sì la pianti di fare il minchione?- Sakuragi annuì, -Sì, sei il... quella cosa lì.

-Mh, non sembri convinto ma ti darò il beneficio del dubbio.- ribatté Sakuragi. Un campanello suonò, una musica si levò nell'aria e la sposa fece il suo ingresso.

Era davvero meravigliosa, Sakuragi aveva ragione. Rukawa la guardò risalire la navata, incredulo, quasi incapace di riconoscere in quella creatura eterea l'infermiera Sawada, la donnina sempre pratica, dai riflessi pronti, con i capelli sempre raccolti e un paio di guanti sempre in tasca e la passione segreta dell'hanakotoba.

Rivolse un sorriso raggiante a Sakuragi e Rukawa, stringendosi al petto il bouquet. I fiori erano stati coltivati da Rukawa in persona, mentre Sakuragi li aveva composti. Erano entrambe passioni recenti, di cui non avevano mai discusso; Rukawa, dal canto suo, la viveva come una sorta di rito. Era come offrire l'aburaage alle kitsune sacre, come mettere le mutande rosse la notte del primo dell'anno. Ogni volta che interrava una nuova pianta, o che potava un ramo secco, o quando spruzzava acqua e aglio sulle foglie di qualche cespuglio infestato dagli insetti si sentiva riverente, come un monaco che perpetua la rotazione della Terra rendendo onore alle divinità.

Per quanto Sakuragi avesse liquidato la faccenda con un secco “da qualche parte tutti quei cazzo di fiori che coltivi li dovremo pur mettere”, Rukawa intuiva che per lui fosse lo stesso. La gioia e la cura con cui disponeva gli steli nei vasi o, in questo caso, nel bouquet, era troppo intrisa di riverenza per essere solo fine a se stessa.

Vedere la loro creazione tra le mani della sposa in qualche modo sembrava un coronamento a tutto quanto. Rukawa e Sakuragi si rivolsero uno sguardo d'intesa, fieri di aver creato qualcosa di abbastanza bello da armonizzarsi con la bellezza della sposa.

 

Il matrimonio fu breve, leggero e permeato da un senso di piacevole ineluttabilità.

La mano di Sakuragi non aveva lasciato quella di Rukawa per un solo istante.

Al buffet, mentre battibeccavano sulla quantità di cibo dignitosa da mettersi nel piatto per non sembrare un vichingo che razziava un villaggio inglese, furono avvicinati da una donnina che indossava un elegante scialle argentato.

-Signora,- disse Sakuragi, -Glielo dica anche lei che sono ancora in fase di crescita e devo mangiare!

-Hanamichi, porca miseria!- lo rimbeccò Rukawa a denti stretti. La signora rise.

-Tranquillo, caro, è tutto a posto!- disse, poi si presentò: -Sono la mamma di Kenta.- Rukawa mollò il pizzicotto del secolo sulla coscia di Sakuragi per impedirgli di chiedere “Kenta chi?”. Gli avrebbe ricordato più tardi che si stava parlando dello sposo.

-Forse lui ti ha accennato, Kaede, che sono sempre stata un po' tocca. Guardo un sacco di documentari sui cerchi nel grano, sui fantasmi e baggianate simili.- Sakuragi lanciò un'occhiata perplessa a Rukawa, che disse: -Beh, a quel che ha detto è grazie a lei se siamo riusciti a capire meglio quel che avevo... quindi grazie.

-Oh, adesso ho capito!- disse Sakuragi.

-Eh... buongiorno.- commentò Rukawa roteando gli occhi. La donna si lasciò sfuggire un risolino.

-Volevo solo dirvi, ragazzi, che credo a un sacco di cose, ma so distinguere le fesserie dalla realtà. E vi dico che tra voi due vedo scorrere il filo rosso del destino. Non importa come, non importa in che modo o in quale mondo, voi due vi ritroverete sempre e vi innamorerete sempre l'uno dell'altro.

-Io... non so che dire...- ammise Rukawa, imbarazzato. Sakuragi si stravaccò sulla sedia e disse: -Ha ragione, mia bella signora. Pensi che io sono etero eppure sto con questo coso qui.

-Hana, per piacere, la signora non ti conosce, ti prende per scemo.

-E non avrebbe torto.- ribatté Sakuragi. Rukawa aprì la bocca per rispondere qualcosa, poi bofonchiò: -Va beh, almeno adesso te le dici anche da solo, meno fatica per me.

-Tu sei luce.- disse la donna, indicando Sakuragi, -Ma dentro di te vedo un'ombra. E tu,- si rivolse poi a Rukawa, -Tu sei l'oscurità, ma c'è un'alba che attende di spuntare.

-Mamma, ti stai facendo riconoscere?- chiese il dottor Yamamoto, apparendo dietro di lei; le mise le mani sulle spalle e rivolse a Sakuragi e Rukawa un imbarazzato sorriso di scuse.

-Questi due ragazzi sono come lo yin e lo yang, Kenta. Come te e Sachiko. Ora, se volete scusarmi, quello laggiù è mio cugino, vado a rompergli un po' le scatole.- la donna si alzò e si allontanò.

-Scusatela. È fatta a modo suo.- disse il dottor Yamamoto, grattandosi la nuca.

-Però è anche molto intuitiva.- ribatté Rukawa. Sakuragi lo guardò e Yamamoto inclinò la testa in una muta domanda. Rukawa proseguì: -Certo, forse è un po' plateale, ma... sa vedere oltre le cose, credo. Mi ha fatto piacere conoscerla.

-Sì, anche a me.- aggiunse Sakuragi. Il dottor Yamamoto seguì la madre con lo sguardo, poi sorrise: -E per me è stato un piacere conoscere voi. Grazie di essere qui oggi, ragazzi.- si allontanò senza attendere una risposta.

-Kaede...- disse Sakuragi dopo un po', giocherellando con l'insalata.

-Nh?

-Pensi davvero che siamo legati dal filo rosso del destino?- chiese Sakuragi. Rukawa lo guardò, e lesse nei suoi occhi la speranza di avere una risposta affermativa.

-Ti conviene, testa rossa. Se provi a scappare ti inseguo per tutto l'universo.

-Sì, voglio vederti a inseguirmi con l'asma e i fiori che ti escono da tutte le parti.

-Do'aho. Ti amo.

-Ti amo anch'io, stupida volpaccia.

 

 

 

 

 

Ciaossu!

Eccomi finalmente con il finale di questa fic, so che molti si aspettavano una trombata, ma è stata una storia troppo dolce per finirla banalmente con una scena lemon.

Ho preferito mettere l'accento sull'ineluttabilità della HanaRu.

Grazie a tutti voi che mi avete seguita fin qui, anche supportandomi in momenti un po' neri. Non sono ancora tornata in forma, mi ci vorrà del tempo, ma nel frattempo voi mi avete permesso di arrivare fino a qui e io ve ne sono grata.

Tornerò a breve -cervello permettendo- con il seguito di Make it Easy, me l'ha chiesto un po' di gente e dopo un consulto con Tetsuo abbiamo deciso che si può fare.

Nel frattempo grazie di cuore, di nuovo, e come sempre battete un colpo se avete gradito!

XOXO

 
   
 
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