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Autore: Placebogirl_Black Stones    12/01/2021    3 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 24: Verdetto finale
 
 
Quando arrivarono davanti al tribunale e parcheggiarono la macchina, gli altri erano ormai entrati tutti. Li trovarono a pochi metri dalla porta d’ingresso dell’aula, in attesa di essere chiamati all’interno per dare inizio al processo. Qualcuno era seduto sulle file di sedie disposte ai lati, qualcun altro era rimasto in piedi a passeggiare avanti e indietro, nel vano tentativo di scacciare la tensione.
Il rumore dei loro passi che si avvicinavano riecheggiò nel corridoio e tutti si girarono a guardarli.
 
- Eccovi finalmente, mi chiedevo dove foste finiti- gli andò incontro James.
- Scusaci James, dovevo andare in un posto prima di venire qui e ho chiesto a Shuichi di accompagnarmi-
 
Mentre pronunciava quelle parole, vide Shiho dirigersi a grandi passi verso colui che aveva appena nominato, per poi afferrarlo per un braccio e trascinarlo lontano da loro. Probabilmente doveva dirgli qualcosa che non voleva che gli altri sentissero, ma la foga con cui aveva agito aveva lasciato spiazzati tutti. Le balenò per la mente l’idea che fosse proprio lei l’oggetto della discussione: vedendoli arrivare insieme, forse Shiho voleva accertarsi se ci fossero stati progressi nella loro relazione. Il pensiero la imbarazzò non poco, specie considerando che la famiglia di Shuichi era lì presente.
Purtroppo il tono di voce della ragazza era troppo basso ed erano troppo distanti per sentire cosa si stessero dicendo; così rimase lì a fissarli come tutti gli altri, anche se la curiosità di sapere bruciava dentro di lei.
 
.....................
 
Quando li aveva visti entrare insieme, qualcosa dentro di lei era scattato come una molla. Doveva sapere, voleva sapere. E soprattutto sperava che la risposta alla sua domanda fosse quella che si aspettava.
Adesso era lì, sola con lui in un angolo, pronta a fargli quella domanda.
 
- Che succede?- le chiese lui, piuttosto basito dall’essere stato trascinato via dal gruppo.
- Allora, ti sei deciso finalmente?-
- A cosa ti riferisci?-
- Non fare il finto tonto, tu e Jodie siete arrivati con mezz’ora di ritardo e insieme. Dove siete stati?-
 
Lo vide sogghignare come suo solito, segno che aveva finalmente capito il motivo per cui si trovavano in disparte lontano dalle orecchie indiscrete dei loro amici e parenti.
 
- Non sono affari tuoi dove andiamo io e Jodie e in ogni caso non sono questi il luogo e il momento opportuni per parlare di certe cose- la liquidò.
- Ho visto la scena ieri sera a casa tua- insistette lei, per niente soddisfatta della sua risposta - A dire il vero l’abbiamo vista tutti. Il modo in cui le accarezzavi la schiena…ma dove siamo, al liceo?! Puoi fare di meglio! Siete due adulti, perciò fai l’adulto e dille cosa provi!-
- Chi ti dice che anche comportarsi come un liceale non possa essere una strategia vincente per conquistarla?- la prese in giro - Ad ogni modo ti ho già detto che questi non sono né il luogo né il momento opportuni. Adesso abbiamo altro di cui occuparci-
 
Non riuscì a ribattere perché la porta dell’aula si aprì e furono chiamati ad entrare. Ma di certo quella conversazione non sarebbe finita così.
 
…………………………..
 
Quando le porte dell’aula si aprirono, il suo cuore perse un battito. Era finalmente arrivato il momento, la resa dei conti che avrebbe cambiato per sempre le loro vite, qualunque fosse stato l’esito. Si erano messi in gioco, tutti quanti, e tutti quanti speravano di uscire da quell’aula vittoriosi.
Entrarono tutti insieme, come un plotone di soldati pronto alla guerra, e si sedettero negli stessi posti del giorno precedente. Il giudice chiamò il primo testimone di quel giorno: Shinichi Kudo. Si girò verso di lui, che era seduto nella fila dietro, gli sorrise e fece un cenno con la testa come per dirgli “Coraggio Cool Guy, dai il meglio di te come sempre”. Era certa che avrebbe compreso e infatti il ragazzo le rispose con un veloce occhiolino, prima di alzarsi in piedi e andarsi a sedere al banco dei testimoni.
 
- Signor Kudo, giura di dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità?- chiese il giudice.
- Lo giuro-
 
L’avvocato del pubblico ministero prese il fascicolo col nome del ragazzo e cominciò ad interrogarlo.
 
- Signor Kudo, qui c’è scritto che Lei ha ingerito il farmaco APTX4869 creato dalla Signorina Miyano. Come è avvenuto il fatto?-
- Ero al parco divertimenti Tropical Land a Tokyo insieme ad un’amica e ho visto due tipi sospetti vestiti di nero.  Li ho seguiti e ho scoperto i loro traffici loschi. Poi loro si sono accorti di me e mi hanno preso alle spalle, colpendomi in testa e facendomi perdere i sensi. Mentre ero quasi completamente svenuto mi hanno fatto ingerire una pillola bianca e rossa e poi se ne sono andati. Ho avvertito un dolore lancinante, come se il mio intero corpo si stesse disintegrando e poi sono svenuto completamente. Quando ho riaperto gli occhi ho scoperto di essere tornato a quando avevo 7 anni- spiegò, con una sicurezza nel tono della voce da far invidia a tutti loro che si erano trovati prima di lui seduti a quel banco.
 
Ovviamente, dopo una risposta così certa e dettagliata, non tardò ad arrivare la replica dell’avvocato del diavolo. Il solo suono della sua voce le dava sui nervi come nient’altro, se qualcuno avesse premuto un gesso su una lavagna facendolo stridere non le avrebbe dato così fastidio come sentire quell’idiota esclamare “obiezione”.
 
- Obiezione: come può essere sicuro della veridicità del suo racconto se era quasi svenuto?- lo fissò con aria convinta, come se avesse fatto la domanda più intelligente del mondo.
- Obiezione accolta-
- Perché ricordo distintamente i due uomini, la pillola e lo shock di essermi risvegliato con dieci anni di meno- rispose semplicemente, ma senza tralasciare nulla.
 
Se ci fosse stato un tabellone punti, Cool Guy sarebbe andato a dieci in un colpo solo, mentre l’avvocato di Vermouth sarebbe rimasto a zero. Quel ragazzo era anche meglio di Shuichi seduto in quel banco.
L’avvocato del pubblico ministero continuò con le domande.
 
- Signor Kudo, Lei si è poi alleato con l’FBI per distruggere l’Organizzazione di cui la Signorina Vineyard faceva parte. Ha avuto altri contatti ravvicinati con lei? Ha cercato di farle del male?-
- Sì, ho avuto diversi incontri diretti con Vermouth ma non ha mai cercato di farmi del male. Al contrario, ha fatto di tutto perché mi salvassi la vita in ogni occasione. Ero il suo preferito, lei mi considerava l’unico in grado di sconfiggere l’Organizzazione. Mi chiama “Silver Bullet”: la leggenda vuole che i lupi mannari si sconfiggano solo con una pallottola d’argento nel cuore. Ma ad essere onesto non ho mai capito perché Vermouth ci tenesse così tanto che io distruggessi quell’Organizzazione di cui lei stessa faceva parte-
- Obiezione: se è vero che Lei era regredito all’infanzia dopo aver assunto quel farmaco, ci può spiegare perché la Signorina Vineyard avrebbe dovuto fare affidamento su un bambino di sette anni per sconfiggere un’Organizzazione criminale?- udirono per la seconda volta la voce di quel maledetto avvocato, che stavolta però aveva fatto una domanda logica e sensata.
- Obiezione accolta-
- Perché lei sapeva che la mia reale età non era quella e che la mia mente era rimasta quella di un diciassettenne, lo stesso detective diciassettenne che lei aveva già conosciuto in passato. Mi aveva soprannominato “Cool Guy”, ma una persona che non fosse stata a conoscenza della mia reale età mi avrebbe chiamato “Cool Kid” dal momento che all’apparenza avevo 7 anni. Per il resto, lo chieda direttamente alla sua assistita-
 
Cool Guy venti, avvocato uno. Stava andando alla grande, riusciva a tenergli testa senza difficoltà, come se si fosse allenato per anni a trovare le risposte giuste a quelle domande. Non per niente era diventato il suo detective preferito non appena lo aveva conosciuto. Era l’unico punto che aveva in comune con Vermouth: l’ammirazione per quel ragazzo e la fiducia nelle sue infinte capacità. Anche lei si era appoggiata a quel bambino di sette anni, nella convinzione che potesse essere un asso nella manica per l’FBI. E così era stato. Persino Shuichi, che non si fidava mai di nessuno, aveva stretto con quel bambino un’alleanza segreta da far rabbrividire i peggiori criminali del mondo.
Si girò per un attimo a guardare Vermouth, curiosa della sua reazione: stava sorridendo mentre fissava Shinichi che a sua volta la guardava.
 
- Lei ha assunto la finta identità di Conan Edogawa dopo essere tornato a quando aveva sette anni. Perché non ha mantenuto il suo vero nome?- chiese il pubblico ministero.
- Perché era troppo rischioso, l’Organizzazione mi aveva fatto assumere il farmaco con lo scopo di uccidermi e quindi ai loro occhi e agli occhi di tutti Shinichi Kudo doveva essere morto. Se avessero scoperto il doppio effetto del farmaco, credo ci sarebbero state spiacevoli conseguenze- spiegò.
- Obiezione: può provare che in realtà Conan Edogawa non sia un bambino di sette anni realmente esistente ,che semplicemente le somiglia? Magari lo ha usato per mettere in piedi questa storia e accusare la mia assistita- provò a metterlo in cattiva luce l’avvocato.
- Obiezione respinta-
- Signor giudice, vorrei rispondere comunque alla domanda dell’avvocato se posso-
- Prego-
- Può cercare anche subito tutte le prove che vuole in Giappone: non troverà nessuna traccia di Conan Edogawa, perché Conan non è mai esistito. Nonostante abbia preso parte a numerosi casi quando mi trovavo nei panni di Conan, ho sempre fatto di tutto perché la polizia non prendesse le mie impronte digitali: se lo avessero fatto avrebbero scoperto che corrispondevano a quelle di Shinichi Kudo. Le impronte digitali non mentono, per questo siamo tutti convinti che Chris e Sharon Vineyard siano la stessa persona-
 
Cool Guy cento, avvocato sottoterra. Sorrise, girandosi a guardare Shuichi che a sua volta le sorrise annuendo: sapeva di aver giocato la carta vincente. Era un match senza senso: il giovane detective sarebbe stato sempre avanti anni luce rispetto a quello pseudo-avvocato che avrebbe fatto meglio a cambiare mestiere.
Per la prima volta dopo più di un mese si sentì nuovamente pervadere da quei sentimenti che il precedente processo le aveva fatto chiudere a chiave in un cassetto: speranza, fiducia, voglia di credere. Sentiva che quel ragazzo avrebbe potuto dare a suo padre la giustizia che meritava.
 
- Obiezione: chi può garantirci che il motivo per cui Conan Edogawa non ha permesso alla polizia di prendere le sue impronte digitali non fosse perché così facendo la polizia avrebbe scoperto che si trattava di una persona diversa da Shinichi Kudo?-
 
Strinse i pugni, cercando di contenere la rabbia: se non avesse ricoperto un ruolo rispettabile come quello di un’agente dell’FBI si sarebbe alzata e sarebbe andata a prendere a pugni in faccia quell’avvocato deficiente. Non si rendeva conto delle assurde domande che faceva?!
Qualcuno dalla seconda fila la pensò come lei, dal momento che sentì distintamente Masumi sussurrare “Ma che razza di domanda è?!” e Shiho risponderle, sempre mantenendo un tono quasi inaudibile, “Quella di uno che ha fatto finta di laurearsi ad Harvard”. Cercò di sopprimere una risatina mentre Shuichi , che doveva aver sentito anche lui quello scambio di battute, si voltò e cercò di fulminarle con lo sguardo per far capire loro che era meglio trattenere qualunque commento per dopo.
Senza nemmeno attendere la risposta del giudice, Shinichi espresse quello che era il pensiero di tutti loro.
 
- E perché mai avremmo dovuto temere una cosa simile? Credo sia più preoccupante se la polizia scopre che le impronte digitali di un bambino di sette anni corrispondono a quelle di un liceale di diciassette, piuttosto che scoprire che il bambino non ha alcuna correlazione con il ragazzo, non le pare?-
- Ma se avessero scoperto che non c’era correlazione il vostro piano sarebbe finito in fumo ancora prima di iniziare-
- Piano? Lei è ancora convinto che abbiamo pianificato tutto dall’inizio?- chiese, sorridendo beffardo - Si guardi bene intorno, avvocato. Guardi alla sua destra: ci sono seduti degli agenti dell’FBI, un’agente della CIA, due agenti dell’MI6 e una ragazza che potrebbe rivoluzionare il mondo della scienza con le sue capacità. Crede davvero che queste autorità e questa ragazza prodigio abbiano del tempo da perdere ad inscenare un piano per vendicarsi di un’attrice ormai sparita dalla scene da tempo, di cui nessuno si ricorda quasi più il nome? Chi è il visionario adesso, Lei o noi che sosteniamo l’esistenza di una pillola che fa ringiovanire?-
 
Ormai aveva perso il conteggio dei punti, il giovane detective aveva schiacciato il suo avversario con quella risposta. Shiho non era l’unico prodigio all’interno di quell’aula.
 
- E bravo il nostro apprendista di Holmes- sentì Shuichi sussurrare accanto a lei.
- Sta andando alla grande, vero Shu?- gli chiese sorridendo felice.
- Direi che è perfetto-
 
Il loro breve dialogo fu interrotto dalla voce dell’avvocato.
 
- Obiezione: il testimone mi accusa di non sostenere il vero!-
- Lei sta facendo esattamente la stessa cosa!- lamentò il ragazzo.
- Silenzio!- li richiamò entrambi all’ordine il giudice - Signor Kudo, si rivolga con più rispetto all’avvocato Williams-
- Mi dispiace Signor giudice ma non penso di aver detto nulla che non sia vero- affermò convinto e senza paura, per poi girarsi a guardare Vermouth con fare intimidatorio - Avanti Vermouth, confessa. Ormai sei in trappola, non c’è niente che possa scagionarti-
- Obiezione: il testimone si rivolge irrispettosamente verso la mia assistita!-
- Stia zitto-
 
Furono tutti sorpresi di sentire la sua voce risuonare nell’aula per la prima volta dopo ben due processi. Forse Vermouth riteneva che nessuno di loro fosse degno delle sue attenzioni, a parte colui che riteneva il migliore. Ma più di ogni altra cosa fu sorprendente come aveva fatto loro un favore mettendo a tacere il suo stesso avvocato, un gesto che poteva costarle caro. In tutta risposta, l’avvocato la fissò allibito restando a bocca aperta, incredulo.
 
- Sto aspettando il colpo di scena- continuò a parlare la sua nemica storica - È tutto qui quello che sai fare? Mi deludi un po’. Coraggio, fammi vedere cosa sa fare davvero il mio detective preferito. Show me your magic, Cool Guy- gli sorrise, guardandolo con fare provocatorio e beffardo.
 
Cosa stava cercando di fare? Cosa sperava di ottenere provocandolo in quel modo e zittendo il suo avvocato? A che gioco stava giocando? Quella donna era sempre stata un mistero per lei, solo domande e nessuna risposta. L’unica cosa di cui poteva essere certa era che Vermouth non era in grado di pentirsi per i crimini commessi, perché non li vedeva come tali. Per lei uccidere era come mangiare, bere o dormire: un gesto giustificato.
La voce di Shinichi riportò la sua attenzione a ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
 
- Se credi di poterti redimere, sappi che non ci riuscirai. Lei non c’è, Vermouth. Non è venuta e non verrà. Angel non verrà a salvarti. Lei ti odia per quello che hai fatto-
 
Quella risposta strana e incomprensibile face sgranare gli occhi a Vermouth, lasciandola per qualche secondo come paralizzata. Non aveva capito cosa intendesse dire Shinichi, forse nessuno di loro l’aveva capito dal momento che continuavano a guardarsi l’uno con l’altro nella speranza che qualcuno riuscisse a dare una spiegazione logica, ma una cosa era certa: aveva colpito nel segno.
Quando l’attimo di stupore terminò, sul volto di Vermouth apparve un’espressione malinconica, nonostante stesse sorridendo. Chinò di poco la testa, come se si fosse rassegnata. Cool Guy le aveva mostrato la sua magia, ma a lei per qualche motivo non era piaciuta.
 
 
- Basta così- interruppe quel dialogo il giudice - Vada a sedersi Signor Kudo. Signora Mary Akai, la prego di prendere posto al banco degli imputati-
- Non serve Signor giudice- intervenne nuovamente Vermouth - Ormai avete prove sufficienti per incriminarmi-
- Cosa intende Signorina Vineyard?-
- Quello che dice Shinichi Kudo è vero. È tutto vero, compresa la storia del farmaco che ringiovanisce. Io sono Sharon Vineyard e sono anche Chris Vineyard. E ho ucciso io il padre dell’agente Jodie Starling-
 
Si udì un notevole brusio in aula, i giurati e coloro che erano venuti ad assistere per curiosità al processo iniziarono a mormorare l’uno con l’altro. Loro, invece, non riuscirono a dire nulla: guardavano Vermouth sconvolti, increduli, incapaci di comprendere quell’improvvisa confessione. Se l’avesse fatta mesi fa si sarebbero risparmiati tutta quella fatica e quei pensieri. Ma perché lo aveva fatto? Perché si era arresa in quel modo? Era solo parte del suo gioco o si era davvero stancata di lottare? Non aveva senso, più ci pensava e più si convinceva che non poteva essere possibile. Per anni aveva cercato di insabbiare i suoi crimini, di negare le sue malefatte, ed ora erano bastate le parole indecifrabili di un ragazzino per farle ammettere davanti a un giudice in un’aula di tribunale che non era altro che un’imbrogliona assassina.
 
- Ma si è davvero arresa così?- chiese Hidemi.
- Ci ha risparmiato il lavoro, però è strano…- le rispose Camel, grattandosi la nuca.
- Credo che il ragazzino abbia detto qualcosa che l’ha fatta crollare- intervenne Shuichi, girandosi poi verso il giovane detective seduto dietro di lui - Chi è Angel?-
- Il punto debole di Vermouth- rispose sorridendo, senza aggiungere altro.
 
Angel…Il punto debole di Vermouth…Ma cosa voleva dire? Storse il naso: a volte quel ragazzino le sembrava la fotocopia di Shuichi. Forse era per questo che le piaceva così tanto?
La loro conversazione e il brusio in aula vennero interrotti dalla voce dell’avvocato che stava cercando disperatamente di non colare a picco insieme alla sua assistita.
 
- Ma Signor giudice, si rende conto che hanno spinto la mia cliente a confessare qualcosa che non ha fatto?!-
- Non mi hanno spinta a fare proprio niente, mi sono semplicemente stancata di giocare. Sono pronta a ricevere la mia punizione, Signor giudice- continuò lei, non lasciandogli via d’uscita.
 
L’avvocato si mise le mani nei capelli e si lasciò cadere esausto sulla sedia: nemmeno il suo adorato “obiezione” poteva salvarlo dal baratro in cui era caduto. Non era mai stata una persona sadica, non faceva parte della sua natura, ma doveva ammettere che vederlo in quello stato le dava una soddisfazione immensa. La cosa incredibile era che questo lo doveva solo a Vermouth.
 
- Signorina Vineyard, Lei confessa quindi di aver assunto due diverse identità, di aver fatto parte dell’Organizzazione criminale in questione, di aver assunto un farmaco che ha bloccato il progredire della sua età per sempre e di aver ucciso l’agente dell’FBI Ryan Starling?- le chiese conferma il giudice.
- Lo confesso- ammise nuovamente.
- A fronte di questa confessione, la giuria verrà da me informata sulle leggi più appropriate al caso in questione e si ritirerà per raggiungere un verdetto-
 
Pronunciate quelle parole, il giudice si alzò dalla sedia ed uscì dall’aula seguito dai membri della giuria. Sapeva dove stavano andando: in quella stessa stanza dove, un mese prima, alcuni di loro avevano deciso di non credere che quella donna fosse l’assassina di suo padre. Chissà se questa volta invece avrebbero creduto alla confessione spontanea di Vermouth… Insomma, chi avrebbe voluto credere alle parole di una che si era appena professata una criminale della peggior specie? Ma allora a cosa credevano quei giurati? Se non credevano a lei e non credevano nemmeno a Vermouth, in cosa credevano?
Strinse forte i pugni quando si accorse che i dubbi che l’avevano attanagliata in una morsa letale per tutto quel tempo e che sembravano essersene andati quando Shinichi aveva brillantemente superato il suo interrogatorio, erano tornati più forti di prima. Sentì una mano posarsi sulla sua: era quella di Shuichi. Doveva essersi accorto del suo nervosismo, d’altra parte lui si accorgeva di tutto. Non disse nulla, non lo guardò, si limitò soltanto a posare l’altra mano su quella di lui e rimasero così, in attesa di sapere cosa ne sarebbe stato di Vermouth e delle loro vite.
 
 
Dopo solo mezz’ora, che però a tutti loro sembrò un’eternità, sentirono la porta aprirsi e videro rientrare la giuria e il giudice, il quale annunciò loro che avevano raggiunto un accordo unanime. Quella era senz’altro una buona notizia, significava che non avrebbero più dovuto affrontare altri processi, ma l’accordo raggiunto era davvero quello che speravano? Dovevano essere preparati al fatto che la risposta a quella domanda potesse non piacergli.
Lasciò andare la mano di Shuichi e prese un lungo respiro, mentre ascoltava le parole del giudice.
 
- Stando alle prove presentate dall’FBI, dalla CIA, dagli MI6 e da tutti gli altri testimoni coninvolti, e tenendo conto della confessione spontanea della Signorina Vineyard, la giuria ha raggiunto un verdetto unanime: la corte dichiara la Signorina Vineyard colpevole dei reati commessi in quanto membro dell’Organizzazione criminale degli uomini in nero e dell’omicidio dell’agente federale Ryan Starling, e la condanna all’ergastolo. Così è deciso, l’udienza è tolta-
 
Quelle parole furono come una benedizione, pioggia che cadeva dal cielo dopo anni di siccità. Ce l’avevano fatta. Era finita. Vermouth avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni chiusa in una cella, anche se forse non le sarebbero bastati per riflettere e pentirsi di ciò che aveva fatto. Ma andava bene così, le bastava sapere che non avrebbe più rivisto la luce del sole, come non avrebbe più potuto vederla suo padre.
Espirò l’aria che aveva trattenuto fino ad allora e chiuse gli occhi, ringraziando silenziosamente la sorte che aveva deciso di farle quel regalo tanto desiderato. Intorno a lei poteva sentire il brusio delle persone che parlavano e le esclamazioni di gioia dei suoi amici e colleghi, che come lei erano felici di aver vinto la battaglia. Li riaprì quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla: era James.
 
- Hai visto che ce l’abbiamo fatta? Sei contenta?- le chiese sorridendo.
- Grazie James e scusami se sono stata sgradevole. Ti voglio bene, lo sai vero?- rispose, mentre due grosse lacrime le caddero dagli occhi, costringendola a togliersi gli occhiali per asciugarle.
 
Non aveva mai avuto paura di piangere di fronte a James, che per lei rappresentava l’unica famiglia che aveva avuto da quando Vermouth le aveva portato via la sua. In quel momento comprese quanto era stata ingiusta ad escluderlo, chiudendosi nel suo dolore e facendogli capire che non aveva fiducia in lui e in ciò che stava facendo per lei. Sperò che potesse perdonarla, ma sapeva che lui lo aveva già fatto, i padri perdonano sempre i propri figli.
 
- Tuo padre sarebbe orgoglioso di te, hai tenuto duro fino alla fine- la abbracciò, facendola piangere ancora di più.
- Scusate…- furono interrotti dalla voce di Hidemi, che si sentiva un po’ imbarazzata ad intromettersi in quel momento così intimo.
 
Si asciugò gli occhi e si rimise quegli occhiali che tanto amava, sorridendo alla ragazza per farle capire che non doveva preoccuparsi.
 
- Volevo solo congratularmi con te per la vittoria Jodie- le strinse la mano.
- Grazie, è anche merito tuo e della CIA se siamo arrivati fino a qui-
 
Poco lontano da loro, Masumi stava dando il cinque a Shinichi. Provò poi a darlo anche a Shiho che in un primo momento rimase perplessa, poi le sorrise e accettò. Ormai aveva imparato a volere bene a quella cugina così esuberante e diversa da lei.
Il giovane detective si girò poi verso Shuichi, sorridendogli e tendendogli la mano. Il suo gesto venne ricambiato allo stesso modo.
 
- Sembra che ce l’abbiamo fatta ragazzino e come solito è merito tuo- si complimentò il suo collega.
- Io direi piuttosto che è stato un ottimo lavoro di squadra-
- Grazie Cool Guy- si fece avanti e lo ringraziò anche lei - E grazie anche a te tesoro- si rivolse poi a Shiho, sorridendole dolcemente.
- Avevo anche io un conto in sospeso con Vermouth, diciamo che ne ho approfittato per prendermi la mia rivincita- le rispose la ragazza, ricambiando il sorriso.
 
Infine si girò verso di lui, che per tutto il tempo era rimasto al suo fianco. Lo aveva tenuto per ultimo, forse perché a lui aveva destinato le parole più belle. Lo guardò intensamente, perdendosi in quegli occhi verdi che l’avevano catturata sin dal primo momento che i loro sguardi si erano incrociati. Chissà se anche per loro ci sarebbe stato un lieto fine, un giorno. Per il momento le bastava sapere che fosse lì, al suo fianco, a stringerle la mano come aveva fatto fino a pochi istanti prima.
 
- Sei contenta?- le chiese.
- Sai Shu, a volte penso che tu sia una specie di angelo custode che mi salva sempre, anche se la tua faccia non è proprio quella di un angelo- rise, certa che avrebbe colto l’ironia ma anche il ringraziamento che si celava dietro quelle parole.
- Allora diciamo che sono un eroe come quelli dei fumetti- si atteggiò a superuomo, ma questa volta solo per gioco in risposta alla sua battuta.
 
Avrebbe voluto dirglielo che, per lei, lui un eroe lo era davvero, ma preferì tenere quella confessione per sé. In fondo gli eroi sono creature irraggiungibili e in ogni caso lui probabilmente lo sapeva già. Non era mai stata brava a nascondergli quello che provava per lui.
In risposta alla sua affermazione, gli sorrise e poi si concesse quell’unica follia per festeggiare la vittoria: gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò forte, incurante degli sguardi della sua famiglia, dei loro amici e dei loro colleghi. Lo strinse forte, inspirando quel profumo di colonia maschile e tabacco che era per lei il profumo più buono del mondo. In un primo momento sentì i suoi muscoli irrigidirsi, probabilmente il suo abbraccio lo aveva colto alla sprovvista; poi si rilassò nuovamente e con sua grande sorpresa ricambiò quell’abbraccio cingendole la vita e stringendola di più a sé.
Presa com’era a godersi quel momento speciale, non vide l’espressione soddisfatta sul volto di Shiho, che li stava fissando dal banco dietro.
I loro festeggiamenti terminarono quando si accorsero che le guardie carcerarie stavano ammanettando Vermouth, pronti per condurla nella cella dove avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni. Dopo essersi assicurati che non potesse fare del male a nessuno, le due guardie si posizionarono una alla sua destra e una alla sua sinistra, iniziando a scortarla lungo il corridoio centrale dell’aula. Sarebbe stata la sua passerella verso l’inferno, tutti l’avrebbero guardata un’ultima volta prima di chiudere per sempre quel capitolo delle loro vite.
L’assassina si fermò davanti a loro, guardandoli tutti uno dopo l’altro, per poi concentrare la sua attenzione su Shinichi, il suo preferito.
 
- Dì ad Angel che mi dispiace. Speravo tanto che venisse, ma a me gli angeli non hanno mai sorriso nemmeno una volta…- sorrise tristemente.
 
Angel, ancora quel soprannome. Era più dispiaciuta per il fatto che quella misteriosa persona non fosse venuta che per tutti i crimini che aveva commesso. Si chiese cosa avesse di così speciale questo “Angel” da averla spinta a tanto. Forse il giovane detective le avrebbe chiarito le idee più tardi. Si girò a guardarlo, aspettando la sua risposta al commento di Vermouth, ma il ragazzo non disse nulla.
Fu allora che Vermouth si girò rivolgendosi direttamente a lei.
 
- Anche se marcirò in prigione, tu non riavrai tuo padre. Sei comunque soddisfatta?-
 
Strinse i pugni così forte che le unghie avrebbero potuto affondare nella carne: come osava quella sporca assassina rivolgersi così a lei, parlare di suo padre dopo quello che aveva fatto?! Aveva privato una bambina della sua infanzia, della sua famiglia e di una vita normale e non aveva mai provato il minimo rimorso per tutto ciò. Quella donna era un autentico mostro, un diavolo venuto sulla terra per seminare morte e disperazione.
 
- Spero che tu muoia divorata  dalle fiamme dell’inferno, Vermouth. Così proverai la stessa sensazione che ha provato lui quando lo hai lasciato lì a bruciare in quella casa- le rispose, con un odio nel tono della voce che nemmeno lei stessa avrebbe mai pensato di provare in tutta la sua vita.
- Non ha sentito niente, era già morto quando ho appiccato il fuoco- replicò la sua nemica, sorridendo beffarda come se volesse prendersi gioco di lei e del suo dolore.
 
Prima che la situazione degenerasse e che si ritrovasse a metterle le mani addosso, Shuichi la afferrò per un braccio trattenendola e Shiho intervenne in suo aiuto.
 
- Sei davvero una bastarda Vermouth!- le urlò in faccia la giovane scienziata.
- Lo sei anche tu, Sherry. Io verrò ricordata come una criminale, ma chiediti come si ricorderà tutta questa gente di te dopo aver saputo quello che sei in grado di fare- le indicò con un cenno del capo tutte le persone presenti in aula, che li stavano guardando - Sei figlia del diavolo Sherry, non dimenticarlo mai-
 
Prima che qualcun altro di loro potesse replicare, le guardie carcerarie posero fine a quella spiacevole conversazione trascinando via Vermouth e sparendo dietro la porta d’ingresso dell’aula. Potevano riprendere a gioire, oppure commentare quello che Vermouth aveva appena detto loro: invece rimasero lì, in silenzio a guardare quella porta chiusa, ciascuno di loro chiuso nei propri pensieri. Vermouth aveva tutti i difetti di questo mondo, ma le sue parole avevano colpito nel segno esattamente come quelle di Shinichi avevano colpito lei. Stavano festeggiando la fine di una lunga battaglia, erano convinti di aver chiuso il capitolo con l’ergastolo di Vermouth, ma potevano davvero affermare con certezza che fosse la fine? La realtà li colpì in pieno come un treno in corsa: non sarebbe mai davvero finita. Il dolore, i ricordi, i sensi di colpa, gli errori commessi…forse il tempo li avrebbe resi meno pesanti da sopportare, ma non li avrebbe mai cancellati completamente. Le cicatrici che si erano procurati in quella battaglia li avrebbero marchiati per il resto delle loro vite, avrebbero camminato fianco a fianco con loro come fantasmi silenziosi. Lei non poteva riavere indietro suo padre, il ricordo di quella casa che bruciava e di James che le diceva che suo padre non sarebbe tornato da lei non avrebbero fatto meno male quando ci avrebbe ripensato fra vent’anni. Shuichi non poteva cambiare il fatto di aver usato la donna che amava, che per di più era sua cugina, per raggiungere il suo scopo; il senso di colpa lo avrebbe stretto nella sua morsa ogni volta che avrebbe pensato a lei. Shinichi avrebbe guardato negli occhi quei bambini che erano stati i suoi compagni di avventure e per il resto dei suoi giorni avrebbe mentito loro dicendo che Conan sarebbe tornato a trovarli un giorno, con la consapevolezza che invece quel bambino con gli occhiali non sarebbe mai più tornato indietro perché non era mai esistito realmente. E infine Shiho, che avrebbe portato il peso più grande di tutti loro: la coscienza di aver creato quel farmaco che aveva stravolto la vita di tutti loro, chi direttamente e chi indirettamente. La verità era che quel giorno, in quell’aula, non c’era stato nessun vincitore. Avevano perso tutti quanti qualcosa.
 
- Forza, andiamo- ruppe il silenzio Shuichi, che li invitò ad uscire dall’aula per non farvi mai più ritorno.
 
“Si dice che l’inferno sia senza fine. Che sia il nostro peggio incubo, il volto dell’oscurità. Ma qualunque cosa sia e comunque sia, secondo me l’inferno è vuoto e i diavoli sono qui.”
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Finalmente siamo arrivati alla conclusione del processo, questo sarà l’ultimo capitolo che si svolge dentro un’aula di tribunale. Da questo momento la storia sarà incentrata solo sullo sviluppo dei personaggi, che dovranno superare le loro difficoltà (in modo particolare l’attenzione sarà focalizzata ovviamente su Shuichi e Jodie).
Spero davvero di aver descritto questo processo nel migliore dei modi, non ho nessuna conoscenza in materiale di questioni legali e tutto ciò che so mi è stato detto da una ragazza americana che non smetterò mai di ringraziare per le preziose informazioni.
Inizialmente la mia idea era di condannare Vermouth alla pena di morte, ma la ragazza americana mi ha detto che la pena di morte viene raramente applicata nei tribunali federali. In più il fatto che Vermouth sia donna, un’attrice e che abbia confessato i suoi crimini sono ulteriori punti a favore di un ergastolo (poiché ha comunque ucciso un agente federale) ma non di una pena di morte.
Ultima curiosità del capitolo: se vi è piaciuta la frase finale, mi spiace deludervi ma non è farina del mio sacco! XD La frase è presa dal mio telefilm preferito, One Tree Hill e la pronuncia il personaggio di Nathan Scott. Mi è sembrata appropriata al finale del capitolo e ho pensato di metterla.
Grazie a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino alla fine di questo interminabile processo!
   
 
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