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Autore: Delirious Rose    13/01/2021    0 recensioni
Fin dalla sua presentazione a corte, tre anni prima, la regina aveva ripetuto ad Albirea quale importante tassello lei fosse. Che poco importava chi il Signor Padre avrebbe adottato: lei, Albirea, era l’unica a poter garantire la legittimità del sovrano grazie al suo sangue e alla sua carne. Ovviamente, suo marito avrebbe anche ottenuto il supporto del clan Zurija e dei loro alleati, ma la politica non era un argomento di conversazione adatto alle orecchie di una fanciulla.
Questa è la versione estesa, riveduta, e corretta trentordicimila volte della mia vecchia one-shot "La Regina di Giada"
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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—I— 
Rami Morti


 
 

Tre tristi rintocchi echeggiarono tre volte dalla Cittadella. Le campane del Santuario risposero un battito dopo, seguite da quelle di ogni cappella e torre civica di Eimerado. I rintocchi si sarebbero propagati come un’onda dalla capitale fino agli angoli più reconditi di Vernolia, annunciando la fine ufficiale del lutto per il Conte Saril Tevoul, Bisnipote del Re.

La vita avrebbe ripreso. Nozze e nascite sarebbero state celebrate di nuovo—fidanzamenti e adozioni sarebbero stati annunciati di nuovo.

Albirea si alzò con un movimento fluido—le ci erano voluti anni per padroneggiare il gesto—e andò alla finestra. Nel cortile interno di Palazzo Nidiacéo, servi e schiavi erano indaffarati come api o formiche; l’odore untuoso delle cucine e il puzzo distante dei canali soffocavano i profumi primaverili del giardino della sua defunta madre. I preparativi per il banchetto commemorativo andavano avanti da due settimane. Nessuno aveva osato rimproverare dei preparativi così anticipati e fastosi, neanche un folle avrebbe osato criticare il Signor Padre, Sua Altezza Reale il Quinto Principe, Akamareo Gabirai.

Il maggiordomo e tre ospiti giunti anzitempo attraversarono il cortile, diretti allo studio privato del Signor Padre. Il Capitano Hraustion Relda, il Leone di Bal’avash, era il braccio destro del Principe Akamareo; un uomo austero il cui occhio morto pareva scovare i segreti più reconditi e turbi di chiunque ne incrociasse lo sguardo. Era accompagnato da uno dei suoi figli adulti e da—

Albirea si irrigidì, aprendo un po’ di più le imposte e sporgendosi, e strinse gli occhi per contrastare la luce della controra. Non c’era alcun dubbio, il terzo ospite era Ser Elsa Relda, vestito in abiti civili—perché, per Elanne? Se avesse indossato l’armatura d’argento e madreperla del suo ordine, Albirea lo avrebbe riconosciuto a qualsiasi distanza. Che cosa ci faceva lì? A quell’ora?

Albirea corse allo scrittoio, liberandolo da mappe celesti e rotoli di pergamena con un largo gesto del braccio. Le sue dita scorsero lungo la sua copia manoscritta e annotata dell’albero genealogico della famiglia reale. Anche se poteva recitarlo senza errori, Albirea sentiva il bisogno di confermare che la sua memoria non la tradiva.
Quasi tutti i nomi dei suoi parenti paterni maschi erano sbarrati con un tratto deciso di inchiostro bruno.

Il Nipote del Re, Duca Shuke Gabirai, era stato l’unico sopravvissuto all’Epurazione della Notte Oscura e terzo in linea di successione fino a quando non era caduto dalle mura della Cittadella. Si era ubriacato durante un banchetto, pochi giorni prima che chiedesse ufficialmente la mano di Albirea, per ottenere il supporto della Regina Ililsea e della fazione sahrenida. Correva voce che si fosse trattato di un assassinio, di un vino drogato o di un dardo avvelenato perso durante la caduta. Gli archiatri di corte avevano provato ad eseguire l’autopsia, ma l’incidente aveva reso il corpo del duca Shuke un ammasso sanguinolente e informe di carne e ossa spezzate. La sua morte aveva confortato Albirea: lo sguardo e i modi del Duca Shuke la mettevano a disagio, al pari di una cerva spaurita dinanzi a un lupo affamato.

Il primo in linea di successione, l’Arci Principe Thalbas Gabirai, era ancora scomparso—il suo nome non era sbarrato, ma affiancato da tre punti interrogativi. Aveva lasciato Vernolia quindici anni prima, sdegnando la sorella minore di sua madre: nessuno l'aveva più visto da allora. Secondo alcuni era partito per ottenere un potere più grande di quello del Re e del Sìsepa[i]. Altri spettegolavano che fosse stato ammaliato da una femmina originaria di uno di quei strani mondi oltre le stelle, poco importava se fosse una donna mortale o una strega. La maggior parte concordava che fosse morto da tempo, ma i cortigiani e i parvenu assecondavano l’illusione del re, dichiarando che l’Arci Principe Thalbas sarebbe tornato presto. Ma anche se egli fosse stato ancora vivo, la sua unica concubina non aveva partorito alcun figlio ed era prossima al termine dell’età fertile.

Il fato del precedente erede al trono, l’Arci Principe Lars Gabirai, era meno incerto. Aveva fatto vela verso Madoda o Yireen per una visita diplomatica o svago personale. La nave era affondata e Cugino Lars non era stato ritrovano né fra i sopravvissuti, né fra i corpi spiaggiati. I pescatori locali avevano parlato di sirene mangiatrici di uomini; gli eruditi vernoliani sostenevano che i suoi resti fossero stati consumati dagli squali o i draghi marini pescati nella zona. La sua morte era stata un colpo duro per la lucidità mentale del re e la stabilità della Dieta, creando una frattura fra i Vehroli[ii]. Tutto quello che Albirea sapeva di lui, era che nonostante la disabilità mentale del padre, il Secondo Principe, cugino Lars aveva posseduto tutte le qualità necessarie per un sovrano.

Non c’era nessuno oltre al signor Padre che, in rispetto delle leggi e dei costumi, potesse salire al trono. Correva voce che la Dieta potesse proporre il Duca di Vendele, diretto discendente del Buon Re Saril. Un’assurdità: nessuno avrebbe accettato il discendente di una etera, e poi la rinuncia a ogni pretesa sul trono era la condizione imprescindibile per la legittimazione.

L’unica soluzione rimasta per evitare una quarta guerra di successione era l’adozione.

Non vi erano precedenti nella famiglia reale, ma era un costume diffuso fra i nobili. Il figlio di una figlia o di una sorella era la prima scelta; questi poi avrebbe sposato la sorella adottiva nubile più anziana. Tuttavia, la Principessa Reale non aveva avuto figli.

Molte aspettative si erano riversate sul Conte Saril Tevoul, unico nipote del Principe Akamareo e Eria[iii] Ántere, sua sposa ufficiale. Il Signor Padre avrebbe dovuto attendere il nono compleanno del bambino per adottarlo ufficialmente; poi, all’età di quattordici anni, avrebbe sposato una delle sue zie più giovani per aumentare il sangue reale della sua discendenza.

Il Conte Saril non era sopravvissuto al suo terzo inverno.

Secondo l’autopsia, il piccolo conte non aveva sopportato il rigido inverno bal’avashi ed era deceduto a seguito di una febbre polmonare. Eppure, nella lettera indirizzata alla madre, Pelia[iv] Miana aveva accusato i ribelli bal’avashi di averle ammazzato il figlioletto, e supplicava il Signor Padre di punire l’incapacità del marito.

Adesso, il Signor Padre avrebbe dovuto cercare il suo erede altrove.

Albirea aprì il baule ai piedi del letto e prese un tomo dalla copertina di capretto rosso e lo aprì a un segnalibro. I testi di legge non erano una lettura che si confaceva alla mente fragile e delicata di una fanciulla. Albirea probabilmente era un’eccezione, o forse comprendeva tali testi era grazie alle note a margine del suo compianto fratello maggiore. Quando Eria Ántere aveva saputo che era in possesso dei libri di Deneveo, Albirea aveva avuto la presenza di spirito di simulare stupidità e supplicare che per lei non erano altro che un incomprensibile ma caro memento.

Dovette scorrere lungo tre pagine prima di trovare il comma. Solo un figlio legittimo poteva essere adottato; solo un uomo di stato sociale simile poteva essere adottato. Ogni eccezione doveva essere validata dalle autorità. Per fortuna, il Signor Padre era “solo” il secondo in linea di successione, almeno ufficialmente.

Il cadetto di un Vehroli era la scelta naturale da un mero punto di vista legale, ma avrebbe messo a soqquadro l’equilibrio della Dieta. Mentre il cadetto di un Auditore sarebbe stato politicamente meno rischioso, ma la scelta restava sottoposta al veto del Re, dei Vehroli e delle Loro Devozioni. Dopotutto, non tutti gli Auditori potevano vantare nobili radici. Il Governatore delle Isole Ahrizéè, ad esempio, restava un capitano della marina mercantile in congedo. Qualcuno dell’alta nobiltà avrebbe richiesto una procedura burocratica più lunga, ma avrebbe permesso di scegliere una persona più adatta.

Altro punto, era la scelta della consorte del figlio adottivo.

La figlia della sposa era la scelta usuale, ma le figlie di Eria Ántere erano tutte già sposate. Ussia[v] Ethaïs era la cugina di secondo grado del Signor Padre, nipote della precedente Principessa Reale: Asilla[vi] Hraveene, la sua unica figlia, era stata consacrata alla Santa Elanne. Anche se Sithuta[vii] Vernina l’avesse sciolta dai voti, Hraveene aveva ventisette anni, troppo vecchia per essere una giovane sposa.

E poi c’era la defunta Ussia Minkarea, cugina di primo grado del Principe Akamareo, figlia del Conte di Sahrena, Thouvaneo Zurija, fratello maggiore della Regina Ililsea—la compianta madre di Albirea.

Fin dalla sua presentazione a corte tre anni prima, la regina aveva ripetuto ad Albirea quale importante tassello lei fosse. Che poco importava chi il Signor Padre avrebbe adottato: lei, Albirea, era l’unica a poter garantire la legittimità del sovrano grazie al suo sangue e alla sua carne. Ovviamente, suo marito avrebbe anche ottenuto il supporto del Clan Zurija e dei loro alleati, ma la politica non era un argomento di conversazione adatto alle orecchie di una fanciulla.

Come a confermare le parole della Regina Ililsea, non appena era terminato il lutto per il Duca Shuke, Albirea era stata la fanciulla più corteggiata di Vernolia, al punto che a diciassette anni era già disgustata dagli uomini.

Tutti ipocriti. Tutti pieni di borioso paternalismo. Tutti bugiardi che lodavano la sua supposta bellezza. Tutti supponenti della sua intelligenza. Alcuni accettavano di giocare a scacchi, ma le davano vittorie troppo facili—non era cortese infliggere una sconfitta a una fanciulla—e le loro conversazioni mancavano di acume—non era cortese imbarazzare una fanciulla con argomenti intellettuali.

Tutti tranne Ser Elsa Relda.

Ser Elsa, che era stato compagno di studi e d’arme di Deneveo. Ser Elsa, che l’aveva consolata durante i funerali di Deneveo, nascosta in un angolo solitario del giardino di sua madre. Ser Elsa che aveva mantenuto la promessa di Deneveo di insegnarle a giocare a scacchi e che le faceva sudare la vittoria. Ser Elsa, che non si imbarazzava a discutere con lei d’Astronomia.

Ser Elsa Relda, che all’età di diciannove anni era riuscito a stringere un legame con un Netrarg, diventando il più giovane Paladino del Dahrak Argenteo della generazione. Ser Elsa Relda che, grazie a quell’exploit, aveva fatto prova del suo valore morale prim’ancora che guerresco.

Ser Elsa Relda che, per un motivo a lei ignoto, era stato scelto dal Signor Padre come suo futuro erede prima ancora della nascita del Conte Saril Tevoul. Un’adozione che si prospettava legalmente e burocraticamente complessa.

Una fanciulla non avrebbe dovuto affaticarsi con elucubrazioni al di sopra delle sue capacità mentali, ma Albirea non aveva potuto farne a meno. Si trattava del suo futuro, e aveva le note di Deneveo per sincerarsi d’aver compreso un concetto.

Il Capitano Hraustion Relda era un popolano, senza ricchezza né titoli. Ma era anche il Leone di Bal’avash, l’Eroe della Prima Guerra Bal’avashi che aveva decapitato il re nemico durante il Sacco di Bordos-sul-Sandaal. Sarebbe bastato a rendere suo figlio degno agli occhi della Dieta?

Di certo nessuno avrebbe ignorato che sua madre fosse Eria Næjehre Lamnes. Nonostante due gravidanze e la matura età di trentasette anni, era ancora considerata l’epitome della bellezza vernoliana. Ma soprattutto era una degli ultimi discendenti noti della precedente famiglia reale, deposta oltre trecento anni prima dal fondatore della dinastia Gabirai. Per alcune frange religiose o aristocratiche era qualcosa di desiderabile—Albirea non era certa di quanto queste fossero effettivamente influenti e se la scelta del Signor Padre fosse dovuta alla necessità di espandere la sua influenza.

«E se…»

Con molta cura, Albirea spostò il cannocchiale dalla finestra a ovest, da cui era solita osservare il cielo notturno, a quella settentrionale. Anche spiare non era una cosa che si confaceva a una fanciulla dabbene, e ancor di più a una principessa di sangue reale.

Il cuore le batteva nelle orecchie come un tamburo, mentre regolava il cannocchiale. L’immagine capovolta dello studio del Signor Padre si fece nitida davanti al suo occhio.

Il Signor Padre era di spalle ed era impossibile leggere l’espressione del Capitano Relda, con quella cicatrice che gli sfregiava il lato sinistro attraversando l’occhio morto e deformando il labbro superiore in una smorfia di costante disprezzo. Ma c’era dell’eccitazione o dell’impazienza nella postura di Ser Elsa e del suo fratellastro, o forse era sconcerto, come se avessero ricevuto una notizia inattesa.

«Per l’amor di Elanne, non vorrà annunciare l’adozione di Ser Elsa questa sera?!» mormorò Albirea con voce sdegnata, l’occhio ancora sul cannocchiale.

Non era vietato, ma malvisto e di pessimo gusto.
Significava che al Principe Akamareo importasse poco del suo unico nipote maschio. Per annunciare l’adozione durante il banchetto commemorativo, egli aveva dovuto proporre e far validare la mozione dal re e dalla Dieta durante il lutto! Con sufficiente supporto, quarantanove giorni sarebbero stati più che sufficienti. Oppure aveva intenzione di mettere il re e la Dieta davanti al fatto compiuto? Albirea non avrebbe dovuto sorprendere, conoscendo il Signor Padre.

Akamareo Gabirai si atteneva a leggi e costumi solo quando queste andavano a suo vantaggio; sottostava all’autorità di Re Lajosen e delle Loro Devozioni solo perché avevano più autorità di lui. Offendere la memoria del suo unico nipote maschio e adottare un Elsa Relda erano quisquiglie.

Nella lente del cannocchiale, Ser Elsa e suo fratello si inchinarono rigidamente, la mano sul petto e le labbra che si muovevano nelle usuali formule di commiato. Sette passi indietro e uscirono dallo studio. Il Capitano Relda, invece, rimase.

«Meritia? Meritia!» chiamò Albirea, allontanandosi dalla finestra e sedendosi alla toletta. La sua ancella apparve nel riflesso dello specchio. «Presto, prima che Ser Relda vada via.»

«Come desiderate, mia signora», rispose Meritia, le labbra incurvate nel sorriso di chi la sa lunga.

Albirea non negò la tacita supposizione dell’ancella. In un certo senso, anche lei anelava agli occhi di cielo di Ser Elsa, ma al contrario delle altre fanciulle di corte, non le causavano pensieri smielati. Certo, anche Albirea si era infatuata di Ser Elsa, quando era una bambinetta di dodici anni in lutto per il proprio fratello. Nei cinque anni trascorsi da allora, il sentimento non era mai stato più che una fiamma di candela. Apprezzava la sua compagnia e l’onesto rispetto che le rivolgeva, ma Albirea non riusciva ad immaginarsi bruciante di passione per il bel paladino.

Tutto il suo interesse per Ser Elsa nasceva dalla quasi assoluta certezza che lui, e nessun altro, sarebbe diventato il figlio adottivo ed erede del Signor Padre. Che lui, e nessun altro, sarebbe diventato il suo sposo.

Ma prima doveva sincerarsi che il Signor Padre aveva effettivamente intenzione di fare l’annuncio quella sera stessa, e chi meglio di Ser Elsa avrebbe potuto darle risposte?


 

[i] Sìsepa: Gran Sacerdote, la più importante figura religiosa di Vernolia.

[ii] Vehroli: membri ufficiali della Dieta, discendenti per linea maschile dei più fidati sostenitori di Meniar il Conquistatore e delle di lui figlie. In origine dodici, si sono ridotti a sette.

[iii] Eria: moglie ufficiale. Titolo abitualmente dato alla prima consorte in ordine d’anzianità e solitamente la prima ad aver partorito un figlio maschio. È colei che ha piena gestione degli affari interni della famiglia e controlla l’educazione di tutti i figli.

[iv] Pelia: consorte. Titolo abitualmente dato alla madre dell’erede quando questa non è la moglie ufficiale, o a una concubina di sangue reale.

[v] Ussia: concubina.

[vi] Asilla: religiosa, monaca di clausura.

[vii] Sithuta: Gran Badessa del Santuario Elanneo, più importante figura religiosa femminile di Vernolia.

   
 
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