Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: marshi123    13/01/2021    0 recensioni
Se solo avesse avuto un’altra vita per ricominciare da zero, cercarlo e dirgli tutto. Ma la vita è crudele, anzi no: questo mondo è crudele. È sempre stato così, fin dall’inizio e non è mai cambiato.
Strinse troppo forte la penna e la ruppe.
Perché?
Perché così tante emozioni gli scorrevano addosso senza motivo?
Rimorso,
dolore,
calore.
Questo era ciò che sentiva sulla sua pelle, nel suo cuore e il ricordo di quegli occhi sicuramente non lo aiutava. Anzi, peggiorava le cose: quegli occhi grandi e verdi non gli uscivano dalla testa. Levi trascrisse tutto, ogni singola emozione che venne fuori. Sentiva il desiderio di toccare ancora quelle mani, mani dalla pelle delicata. Come se fossero rimaste sempre intatte da qualsiasi graffio o ferita.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 1
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Incubi del presente



 

INTRODUZIONE DA PARTEDELL'AUTRICE:
Ciao, spero tu abbia un momentino per leggere questa introduzione leggera: non rubo molto tempo, promesso!
Credetemi, è stata un'emozione l'altro giorno vedendo che la quarta stagione di Attack on Titan ha riportato in vita di nuovo il fandom! 
Non posso crederci che dopo tutti questi anni la storia avrà una conclusione!
Non vedo l'ora di seguire il resto della stagione e di vedere alcune parti, che già ho letto nel manga un anno fa, venire animate!
La storia a mia opinione, prendendo questa direzione totalmente inaspettata, sta divenendo davvero un'opera d'arte.
Tra disegni, originalità del mangaka e la storia ho perennemente gli occhi a stella!
Sono sempre dell'opinione che in sè Attack on Titan sia un trauma perenne!
Per chi fosse arrivato da poco in questo "mondo" vi auguro una buona visione :)
Pronti per la lettura!
Buona immersione! :)

Marsha 
 





Nel bel mezzo delle tenebre un uomo sussulta e si agita nel sonno. 
 

Vede sangue, creature giganti e morte nei suoi incubi notturni, non capendone la provenienza. Tutto ciò lo portava a dormire non più di 3-4 ore al giorno, assillato da quelli che sembravano dei fantasmi di una vita mai esistita. Gli incubi che faceva erano così surreali, talmente tanto da sembrare la vita di tutti i giorni.   
 

Scioccato dopo l’ennesimo incubo, si passò la mano sinistra nei capelli corvini. Sbarazzini e corti com’erano slanciavano il viso dell’uomo, che nonostante avesse quasi quarant’anni sembrava dimostrarne la metà. Decise di andare a bere un sorso d’acqua, ormai gli incubi lo tormentavano da più di tre mesi.  
 

Il capitano Levi, ecco come lo chiamavano gli uomini e le donne che incontrava in un’uniforme strana all’interno dei sogni. In particolare erano numerosi i sogni in cui appariva un ragazzo dagli occhi verdi smeraldo. Levi non avrebbe mai potuto sapere che quei sogni in realtà erano i suoi ricordi della sua vita, che non avrebbe dovuto nemmeno ricordare.  
 

Quelle terre maledette dai giganti e da Ymir dimenticarono e cancellarono ogni singola traccia inerente al passato, grazie al potere del titano fondatore. I giganti, dunque, erano solo un brutto ricordo per il pianeta e agli eldiani fu nuovamente cancellata la memoria in seguito alle tragedie successe in quei ultimi mesi. Non vi era più possibilità di trasformarsi in giganti e gli eldiani smisero di essere discriminati. Persino Eren dimenticò tutto insieme a Mikasa ed Armin.  


Nel mondo per ora regnava la pace, ma a quanto pare i ricordi di Levi non erano stati corrotti alla perfezione ed ora il povero uomo doveva subirne le tracce in sogno. Prese il suo taccuino, dove annotava ogni volta i dettagli dei suoi sogni, sperando di riuscire a capirne di più.  


“Di questo passo mi manderanno in un manicomio” pensò mentre annotava sulla carta l’ultimo incubo avvenuto.  


Il fruscio che emetteva la sua penna a contatto con la carta era l’unico rumore che vi si poteva udire in quella stanza. Stanco ormai dal dormire male, l’unica cosa che lo confortava era scrivere. Quei sogni erano ricchi di emozioni e dolore, non poteva più sopportarli. Lo accompagnava una tazza di tè nero bella calda, per rilassarsi e calmarsi.  


Mentre scriveva alcune scene a volte sudava, altre volte gli scendeva qualche lacrima. Come possono dei semplici sogni influenzare così tanto la realtà? Sono solo scenari inventati dal proprio cervello. Forse era troppo stressato. Dopotutto, non è che avesse avuto una vita facile. Quanto gli mancava sua madre. Sempre dolce nei suoi confronti, nonostante il lavoro che faceva per debiti e incosciente di chi fosse davvero il padre del suo bambino.  


Bevette un altro sorso di tè, gustandone tutto l’aroma. Gli venne in mente un ricordo molto forte del suo ultimo sogno. Rimase immobile per un attimo, incantato dalla luce debole di una candela sopra la sua scrivania. Sbuffò e si strofinò i capelli esasperato. 


“c’erano... un sacco di cose che avrei voluto dire a quell’idiota, ma... dannazione.” 


Se solo avesse avuto un’altra vita per ricominciare da zero, cercarlo e dirgli tutto. Ma la vita è crudele, anzi no: questo mondo è crudele. È sempre stato così, fin dall’inizio e non è mai cambiato.  


Strinse troppo forte la penna e la ruppe.  

Perché?  


Perché così tante emozioni gli scorrevano addosso senza motivo?  

Rimorso,  

dolore,  

calore.  


Questo era ciò che sentiva sulla sua pelle, nel suo cuore e il ricordo di quegli occhi sicuramente non lo aiutava. Anzi, peggiorava le cose: quegli occhi grandi e verdi non gli uscivano dalla testa. Trascrisse tutto, ogni singola emozione che venne fuori. Sentiva il desiderio di toccare ancora quelle mani, mani dalla pelle delicata. Come se fossero rimaste sempre intatte da qualsiasi graffio o ferita.  


Erano calde, se lo ricordava bene, e quel profumo che emanavano i suoi capelli. Ricordi di nessuno, svaniti nel nulla, ma che stranamente tornarono in mente agli occhi di Levi come un déjà-vu. Incredulo a ciò che gli stava accadendo, rimaneva con gli occhi su quel foglio troppo pieno di sciocchezze, ma lo tenne comunque conservato insieme agli altri.  


Il sole ormai stava sorgendo e la giornata in un modo o nell’altro doveva iniziare, decise dunque di farsi un bagno e di vestirsi. Chissà perché gli veniva in mente sempre quel volto, il volto di un ragazzino ma con una voglia di vivere disumana. Infilò un braccio nella sua camicia nera e poi infilò anche l’altro. Si pose di fronte allo specchio e incominciò ad allacciarsi i bottoni uno ad uno. 


Adorava quella camicia, la indossava solo in occasioni speciali ed esigeva che fosse perfetta senza nemmeno una piega, soprattutto pulita. Finito di abbottonarla si sistemò il colletto, ma mentre lo sistemava vide un capello castano incastrato tra i tessuti, come se fosse stato messo lì apposta da qualcuno pur di non farlo andare via. La sua camicia preferita... Era stata usata da qualcun’altro?  


Prese il capello e lo osservò. Castano com’era non gli veniva in mente nessuno che conoscesse di persona, quel modo di incastrare un capello con tale precisione poi era proprio strano. Un sesto senso gli disse di non buttarlo, anche se la tentazione era forte. I capelli gli facevano schifo dopotutto, soprattutto se erano di qualcun’altro. Poteva essere qualcuno che lo pedinasse o peggio, avrebbe fatto meglio a farlo analizzare da qualcuno del mestiere, così lo tenne da parte insieme al foglio.  


Finì di vestirsi, perché il tempo scorre in fretta e ormai era ora di aprire il negozio alla clientela. Questo giovane uomo aveva una passione profonda per tè e infusi: voleva dimostrare alla gente di quella città quanto una tazza di buon tè potesse allietare l’animo. Non era il personaggio adatto per essere un commesso, era un po’ distaccato, a meno che non gli si chiedesse dei consigli sul prodotto da comprare.  


Non era distante dalla sua dimora il negozietto, poco più di una decina di minuti a piedi. Quella mattina c’era un bel sole, ma comunque c’era freddo: ottima combinazione per avere clientela. Prese le chiavi e aprì la porta in legno, decorata con una semplice vetrata. Donava molta luce, essendo un piccolo locale. Aveva già deciso, non appena avrebbe avuto abbastanza risparmi si sarebbe spostato in un posticino un po’ più spazioso.  


Il suono tintinnante dei campanellini e il tipico odore di erbe, tè e legno era come una coccola, un “ben tornato” caldo e avvolgente. Accese subito il riscaldamento, altrimenti i clienti avrebbero avuto freddo. Mancavano circa una ventina di minuti all’apertura, ce l’avrebbe fatta brevissimamente in tempo ad esporre i vari barattoli di infusi in vetrina. Molte persone preferivano comprare erbe benefiche al proprio corpo. Qualche esempio era camomilla, semi di finocchio, anice, liquirizia: di questi doveva averne sempre a scorte numerose in magazzino.  


Lui però preferiva di gran lunga vendere il tè nero, il suo preferito era quello alla vaniglia: da caldo emana profumi dolci e avvolgenti, come un abbraccio da una persona cara. In quel periodo dell’anno era l’ideale per riscaldarsi e Levi lo consigliava sempre. Nonostante la cioccolata calda non era prevista nel suo menu iniziale, la clientela ne fece molta richiesta, per andargli incontro dunque Levi iniziò a prendere delle fave di cacao. Le lavorava con cura, per poi macinare il tutto finemente e fare dei barattolini regalo.  


La gente li adorava e il fatturato superava di gran lunga la spesa e le ore di lavoro. Era soddisfatto, ma mai quando era ora di pulire: il suo negozio doveva essere immacolato e scintillante. Se avesse notato un po’ di polvere sarebbe andato in escandescenza, non importava se vi erano i clienti o meno, pensava. Dopotutto era l’unico impiegato al negozio, o almeno fino a qualche settimana prima.  


Decise di assumere un dipendente per via del troppo lavoro e del poco riposo alla notte. Fu così che Jean Kirstein iniziò a lavorare in negozio. Principalmente si occupa dell’organizzazione e pulizia del magazzino per ora, è alle prime armi. Levi però crede in lui, ha del carisma il ragazzo ventenne e ha notato che attira un certo fascino nelle ragazze. È bravo a parlare con la clientela e da qualche giorno dunque Levi decise di metterlo al bancone di vendita.  


“Jean, sbrigati o faremo tardi: passami l’infuso ai frutti di bosco.”  


“sì, signore. Ecco qua, ma credo che non sia sufficiente ad andare a domani comunque.” 


Era molto bravo quando si parlava di acquisti e spese, avrebbe potuto tranquillamente studiare per diventare un contabile. L’unica pecca che possedeva era di essere sbruffone in varie occasioni mostrando, ridendo, una faccia da cavallo che Levi avrebbe voluto prendere volentieri a calci.  


“Non preoccuparti piccolo Pony, ne ho già ordinata un’altra cassa. Se tutto andrà secondo i miei piani arriverà domani, in caso estremo dopodomani. Vi sono, inoltre, alcuni articoli che non sono stati ancora venduti e che vanno consumati presto, data la loro scadenza. Cerca di venderli se vuoi guadagnarti il pane stasera. Anice, liquirizia e finocchio: intesi?” 


 Jean sbuffò e con una smorfia amara in volto semplicemente annuì, obbedendo. Non gli piaceva tanto essere comandato a bacchetta da un nano, avrebbe dovuto essere altrove in quel momento e sicuramente non in quello squallido negozio. Non capiva come mai quel posto con mobili in legno scuro piacesse così tanto ai passanti. Va bene, era decorato qua e là con delle rose rosse, ma non era affatto un negozietto di lusso.  


L’unica cosa che piaceva anche a Jean era l’idea di avere l’entrata completamente in vetro, facendo trapassare la luce del sole e riempiendo il locale di illuminazione. Ciò voleva dire tanto risparmio, a Jean piaceva il risparmio. Erano le 08.00: il negozio era ufficialmente aperto alla clientela e inaspettatamente entrò subito una bella ragazza. Anche lei, come Jean, aveva vent’anni circa. 


Bruna, ma dai capelli corti da arrivargli massimo al lobo dell’orecchio. Erano lucidi e ben curati, così come la pelle candida delle sue braccia o delle sue spalle...o di quel collo così fine e pur-  


“Bell’addormentato?! la signorina ha bisogno: dagli un cenno di vita!” 


 “S-sì, buongiorno! Benvenuta al Kucher’s tea shop! Come posso esserle utile?”  


In piedi da dietro il bancone, le indicò le varie erbe:  


“questi sono i nostri prodotti”. 


La donna sorrise al ragazzo e spiegò un pezzetto di carta, su cui aveva scritto la sua lista d’acquisti. Si avvicinò al bancone con molta grazia. Indossava un bel vestito lungo, ma comodo e leggero dal color pesco. Le spalle erano coperte da un pellicciotto folto sui toni arancioni. Un anello all’anulare, dannazione. Gli parve di vedere un miraggio invece che una semplice donna dai tratti asiatici, probabilmente era coreana o giapponese, suppose.   


“Ho sentito che la vostra miscela di cacao per cioccolata calda è deliziosa e vorrei provarne due porzioni” 


 Jean annuì e senza staccarle gli occhi da dosso le preparò un vasetto da duecento grammi circa di miscela.  


“Le consiglio, se vuole scaldare molto la serata, di aggiungervi del peperoncino in polvere. Ne basta poco, glielo aggiungo a parte... ovviamente in omaggio.”   


La guardò con occhi dolci, ma nessun segnale di risposta dalla donna. Sai quanto gli importasse che fosse sposata o promessa? Zero. Era troppo... troppo... affascinante. Quelle labbra rosacee, quegli occhi neri e profondi e quelle mani, mhh. Sua, sì. La voleva con tutto sé stesso.  


“Desidera... altro?” 


 “Sì, per favore. Il mio compagno ultimamente è un po’ agitato in sonno e avrei intenzione di prendere qualcosa che potesse aiutarlo” 


 Jean sbottò una risatina: 


“Mia signorina, spesso è naturale essere agitati in sonno se si mangia come degli anima--GH!!!” 


 “JEAN! Per favore, va un attimo a scaricare quel bancale di infuso che mi dicevi prima” 


La ragazza, da dietro il bancone non poteva assistere e comprendere il dolore del povero Jean a cui fu pestato il piede in modo così forte da ammaccare la suola della scarpa. Non si rovinano gli affari di Levi: aveva troppi debiti da pagare, di certo non avrebbe nemmeno permesso ad un ragazzino di fare i propri comodi e a suo piacimento.  


“penso io alla signorina Ackerman, non preoccuparti” 


 “GHH, Sì signore!!”  


Levi mollò la presa e diede un’occhiataccia al ragazzo, facilmente traducibile in -datti una mossa, prima che tu scuoiola cute- o cose simili.  


“Signorina, è un piacere rivederla. Per quanto riguarda la sua richiesta potrei darle della semplice camomilla, ma la camomilla se presa in quantità eccessive, o troppo frequentemente, potrebbe portare all’effetto contrario. Le consiglio, invece, un delicato infuso ai semi di finocchio, più pratico in quanto è multiuso. Per esempio, può usarlo in caso di insonnia, oppure per aiutare la digestione di un pasto, una coccola serale che non necessita nemmeno di aggiunta del miele. È già dolce di suo, vuole provarlo?” 


La signorina Ackerman annuì e attese che l’infuso le fu preparato. Nel frattempo osservava l’uomo, nonostante fosse un uomo dal bell’aspetto non la convinceva affatto. Aveva sempre delle occhiaie molto pesanti sotto agli occhi, come se non dormisse affatto. Altra caratteristica dell’uomo è che non era una persona molto confidente, tranne sul posto di lavoro ovviamente per poter vendere. Ma gira voce che frequenti sin da giovane della gente poco raccomandabile. Gli abitanti del posto non ne fanno molto parola, perché hanno paura. Come biasimarli, chi a questo mondo ha voglia di morire?  


“prego, assaggi.”  


“grazie.”  


Le piacque e decise di comprarlo.  


“Voi, signor Levi, siete molto bravo nel dialogo e a contrattare. Vi auguro tanto successo per la vostra attività, credetemi.”  


In quell’esatto momento i campanellini al di sopra della porta tintinnarono, attirando l’attenzione di Levi. Entrò un uomo, alto all’incirca un metro e ottanta, indossava un cappottone caldo di color nero, una camicetta bianca e dei pantaloni neri attillati di cotone. Il tacchettio pesante delle scarpe gli fece capire che indossasse degli stivali, dopotutto aveva il bancone davanti e non gli permetteva di vederli.  


Andò incontro alla ragazza e la luce gli illuminò il viso, circondato da qualche ciuffetto di capelli ribelli scappati dal suo codino. Capelli lunghi... e marroni... un volto fine e labbra carnose, il naso non era molto lungo. Levi, lo osservò per bene da cima a fondo. Era così familiare, gli sembrava di aver già visto quell’uomo da qualche parte.  


“Mikasa, eccoti. Mi hai spaventato: non ti trovavo da nessuna parte” 


“Scusami, Eren, ho pensato di comprarti qualcosa che ti aiutasse a dormire la notte. Il signor Levi Ackerman mi ha consigliato questo infuso” 


La donna indicò verso Levi, mentre dal retro del negozio Jean digrignava i denti dalla gelosia. Il ragazzo si voltò, aveva circa una ventina d’anni. Agli occhi di Levi era un ragazzino, insomma. Fu un movimento fluido e veloce, ma che sembrò durare in eterno. Occhi verdi, verdi, verdi, grandi ma pieni di rabbia e rancore, come se avesse visto la disgrazia del mondo per tutta la sua vita. 





 

Bene, siamo arrivati alla fine del primo capitolo!
Per favore, ditemi cosa ne pensate! Ci tengo molto :) 
Non avevo ispirazione per una fanfiction ormai da quattro anni, non potete immaginare che gioia vedere e sentire l'ispirazione ricaricarsi in me
come una pila Duracell!!!
Se anche voi avete avuto un blocco ispirativo, che sia stato di scrittura o di disegno (ecc...) credo proprio che sappiate come ci si sente :)
Avere una recensione aiuterebbe tanto quest'ispirazione spicciola ad andare avanti :)
Ogni settimana pubblicherò un capitolo nuovo, quindi segnate Mercoledì 20/01/2021 sul calendario se la storia vi intriga!

Marsha

 

 

PREVIEW CAPITOLO 2
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Di nuovo in gabbia

 

Eren fu preso per il colletto della camicia e sbattuto contro il muro.  

Un uomo di statura bassa, ma con gli occhi pieni di rabbia lo stava aggredendo.  

Con la velocità di un grilletto di pistola arrivò un pugno da destra in viso,  

facendogli saltare un dente.  

Déjà-vu.  

“Mossa sbagliata signor Jaeger.”  

   
 
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