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Autore: MelaniaTs    13/01/2021    0 recensioni
Boston è una cittadina fiorente e bellissima, ordinaria sotto certi aspetti ed anche molto conservatrice. Adelaide Thompson, cresciuta nell'alta borghesia Bostoniana, non vede l'ora di spiegare le ali verso la libertà. Gabriel Keller, però sembra pensare il contrario.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: © Questa è una saga, non una serie, per me c’è distinzione la saga ha come fondamento una famiglia, la serie al contrario un gruppo di persone collegate tra di loro ma senza legami famigliari. Questa saga a differenza di Dreams è molto più easy e più leggera senza molti shock, dovrebbe essere anche più breve (ne avevo bisogno 😜). Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.
La BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Personaggi principali durante la serie, cliccate per visualizzare: Gabriel (Adam Cowie) - Adelaide (Nataniele Bibiero - London (Kivanc tatlitug - Chester (Mark Rowley) - Brooklyn (Vika Bronova) - Dallas & Alaska (Amelia Zadro) Geller Keller (Michael Fassbender giovane) - Michaela Keller (Alessandra Deserti)
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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Boston

Adelaide

Non c'era nulla da fare, quell'estate le cose non volevano andare al loro posto. Mi sentivo sempre più demoralizzata, mamma aveva voluto che tutti noi andassimo a Rio quell'estate. Il nonno era agli ultimi mesi di vita e sentiva la necessità di rivederci tutti un'ultima volta. 
Di questo non potevo accusarlo, anche io desideravo stargli accanto e poterlo salutare un ultima volta prima che chiudesse gli occhi per sempre. Ero molto affezionata ai nonni materni, poiché erano gli ultimi che mi erano rimasti. Ero stata molto affezionata anche a nonno Adam e nonostante erano passati solo quattro anni ancora ne sentivo la mancanza. 
Il rapporto tra nonno Adam e noi era stato molto intenso, poiché avevamo vissuto sotto il suo stesso tetto fino alla sua morte. Ma nonostante così non era stato con nonna Cecilia e nonno Placido lo stesso ero loro molto legata.
Mamma tante volte aveva chiesto ai due di raggiungerli e vivere insieme a Boston, ma ovviamente i coniugi Suarez avevano altri figli e nipoti a Rio e non potevano o volevano lasciare casa solo per loro. Così era la famiglia Thompson ogni volta ad andare a Rio, che fosse Natale, Pasqua o altre festività lunghe, noi eravamo lì. 
Così ero partita mettendo da parte i miei programmi per lasciare casa e andare all'università. Fortunatamente all'ultimo minuto anche London era riuscito a venire con noi, accompagnato ovviamente dall'inseparabile Gabriel. Erano stati un paio di giorni con noi e con i nonni e dopo qualche giorno erano ripartiti verso Cuba. 
Io al contrario mi ero dedicata tanto a mio nonno, ero stata con lui anche quando la mia famiglia andava a Capocabana, in fondo ero andata lì per loro e uscire mi sembrava ipocrita. Così tra una faccenda in casa e l'altra raccontai alla nonna e a zia Bianca i miei progetti e i continui rifiuti di mamma e papà a mandarmi all'università.
"Vogliono che sposi Hoffman, tanto ormai l'ho capito." Mi ero confidata. Lo avevo capito fin troppo bene, poiché dalla cena a casa Jenkins fino alla partenza per il Brasile me lo ero trovato quasi sempre a casa, contemporaneamente io avevo imparato a difendermi facendo in modo che Alaska e Dallas fossero sempre con noi. 
Ronald Hoffman aveva infatti la cattiva abitudine di allungare fin troppo le mani e la cosa mi disgustava. Così nel momento stesso in cui ci provava senza che dicessi nulla Dallas interveniva.
Ormai le frasi di rito del mio fratellino erano: allontanati da mia sorella, giù le mani, guarda su e infine...  non hai nulla da fare? 
Lo adoravo sempre di più, non solo stava diventando un ragazzino bellissimo. Era anche attento, perspicace e intelligente.
"Se non lo vuoi i tuoi genitori non ti obbligheranno mai. Non con la loro storia tesoro mio!" Arrancava dicendo la nonna.
Io la osservai e le baciai il viso rugoso. "Io non mi sposerò fin quando non mi sarò laureata." Le disse e sinceramente vedendo anche il degrado che c'era lì a Rio nella zona povera delle favelas la mia voglia di difendere i più deboli dai soprusi era sempre più forte. 
"Diventerai un grande avvocato Adelaide, tu puoi farcela perché hai la passione e fin quando avrai quella riuscirai in tutto." Disse la nonna.
"Non c'è nessun ragazzo che ti piace?" Mi chiese la zia Bianca. Scossi la testa, ovvio che no. "Strano, perché ho visto che tu e l'amico di tuo fratello vi scambiavate occhiate." 
Arrossii. Non era come credeva lei, io e Gabriel semplicemente ci comprendiamo. "No-no...nulla! Cioè lui ha le sue ragazze e io... io devo studiare... si è il ragazzo più bello che conosco... cioè non di aspetto, ha un cuore d'oro anche se certe volte... noi in pratica..."  balbettavo e mi sentivo sempre più accaldata. "Siamo solo amici." Sussurrai facendomi aria.
Sia la zia che nonna risero. Perché mi prendevano in giro. "Sono contenta che hai un amico così bello. Perché avrà anche un bel carattere ma ho notato il suo bel sedere, io e anche le tue cugine lo abbiamo notato." Mi prese in giro la zia.
Sbuffai. Ero con Alaska una delle più piccole di casa e quella malizia ancora non mi era del tutto chiara. La nonna mi strinse la mano e mi girai verso di lei.
"Dimmi tutto!" 
"Ti aiuto io con l'università se i tuoi non vogliono. Tua madre non può negarti ciò che lei ha avuto." Mi disse
"La mamma si è laureata?" Chiesi stupita.
La zia Bianca ancora rise. "Tutti e cinque siamo laureati, cosa ne sai tu." Mi prese in giro.
Nonna annuì. "Però non lo dico per quello. Tua madre ha deciso di venir via di casa e noi glielo abbiamo permesso. Se non ti permetterà di spiegare le ali Adelaide lo faremo noi al posto suo, dimenticare chi si è stati è sempre un grande errore."  Mi disse incoraggiandomi e abbracciandomi.
Era incredibile la forza che le sue braccia avevano nonostante avesse già settant'anni. Però non c'erano dubbi, l'incoraggiamento di nonna Cecilia e zia Bianca mi era stato di conforto. 
I miei genitori invece non lo erano, al ritorno da Rio avevamo ripreso a discutere. Loro dicevano di no, io che sarei andata. 
A un certo punto mio padre mi aveva ricordato che avevo già un lavoro pronto alla Thompson e mia madre che Ronald Hoffman era interessato a me, quindi partire per una qualsiasi università non era tenuto in conto. 
Quindi niente, dovevo andare via e trovare un modo. 
Preparare la valigia con quanti più vestiti possibili, tutti i documenti, compresi l'ammissione e il libretto di risparmio, infine tutto il mio coraggio. 
Dovevo andare via prima che mi incastrassero in quella gabbia dorata. Quando fui certa di essere pronta andai alla ricerca dei miei fratelli e cercai Alaska con lo sguardo. 
"Tu e Michaela andate a pattinare oggi?" Chiesi con indifferenza.
Lei annuì e io ringraziai il cielo che entrambe ancora non avessero preso la patente. 
"Posso accompagnarvi io se vi va. Devo passare in centro a controllare se è arrivato il libro che ho ordinato." Le disse quindi.
"Michaela viene qui con Gabriel, così lui può salutare London prima di partire." Mi disse lei.
Rimasi interdetta. "Parte questa sera?" Chiesi cercando di elaborare un altro piani.
"Domani mattina alle quattro. Questa sera dorme all'albergo vicino il Logan." Rispose ancora Alaska.
"Capisco... sai che ti dico, chiederò un passaggio io a lui. Così poi potrete tornare con me a casa." Proposi.
"Senza auto?" Chiese Dallas divertito. "Loro non sono come te, odiano camminare." 
Non riuscii a non ridere io stessa a quell'affermazione. "Vuol dire che tornerò da sola. Vado a far la posta a Michaela e Gabriel." Dissi uscendo dalla stanza.
Intanto sentivo Dallas ridere mentre diceva ad Alaska che sicuramente Gabriel avrebbe accettato di portarmi anche in capo al mondo. 
Io feci spallucce e andai via, dovevo  essere rapida. Avrei lasciato il biglietto di addio nella stanza di mamma e papà, sul cuscino di lei. Così da non dar loro pensiero, stessa cosa avrei fatto con i miei fratelli e dovevo trovare una scusa per mettere il trolley nell'auto di Gabriel senza destare sospetti. Potevo farcela, ne ero sicura.

           Quando Gabriel e Michaela giunsero ero pronta a prestare la mia recita. Impassibile e senza far emergere le mie emozioni, come solo un vero avvocato sapeva fare mi ero avvicinata ai Keller.
"Vi dispiace se vengo anche io con voi in centro?" Chiesi più rivolta a Michaela che a Gabriel. "Giuro non rovinerò il vostro pomeriggio, ho da regalare dei libri e dei vestiti alla casa famiglia e da prendere un libro che ho prenotato in libreria." Spiegai.
"Devi proprio oggi Adelaide? Questa sera avremo la famiglia Hoffman a cena e Ronald si anticipava per poter stare un po' con te prima." Intervenne mia madre. 
Sinceramente non ci tenevo a rivedere i genitori di Ronald in via del tutto privata a casa. Dava molto segno di qualcosa di ufficiale che io non volevo.  
"Possiamo portarti con noi Adelaide." Disse la voce di Gabriel.
Al che sollevai lo sguardo su di lui sorridendogli. "Sei gentilissimo come sempre Gab." Soprattutto quando mi salvi da Ronald 'mr polipo' Hoffman. "Sono giorni che mi aspettano alla casa famiglia." Gli dissi così da ammutolire anche i miei genitori.
"Il problema non sarebbe persistito se avessi preso una macchina tua." Intervenne London che spesso mi faceva da autista. 
"Quando riesco uso quella che prende mamma. Ma visto che tu e la signora Hoffman visitate l'ospedale oggi non credo sia possibile usarla. Giusto?" Chiesi.
Mia madre sospirò ed annuì. "Verremo a prenderti noi al ritorno." Annunciò.
"Non so che ora farò mamma. Appena finisco prendo un taxi o un autobus o altro e torno." Perché era così difficile. 
"Facciamo che quando hai finito mi chiami e vengo io." Mi disse infine London.
Accennai uno sguardo a mio fratello ed assentii. Lo avrei deluso, lo sapevo. Avrebbe aspettato una telefonata che non sarebbe arrivata e avrei lasciato tutti da soli con gli Hoffman. 
Sorrisi a tutti per poi rivolgermi direttamente a Gabriel. "Se mi presti un attimo le chiavi dell'auto metto le scatole nel cofano." 
Lui rise divertito e mi lasciò le chiavi. "Non graffiarmela." Mi disse intanto che tornava a rivolgersi ai miei. 
Uscii dalla sala degli ospiti in corsa per andare a prendere le scatole che avevo realmente preparato, una con il trolley e l'altra con dei libri che effettivamente avrebbero potuto servirmi in quegli anni.
Mia madre intanto la sentivo si stava lamentando di me e di come effettivamente ci fossero più libri nella mia camera che nella biblioteca di casa. 
Sbuffai mentre prendevo la prima scatola portandola nella Chevrolet di Gabriel. Aprii il cofano e la buttai dentro, dopodiché lasciando tutto aperto rientrai a prendere la seconda scatola. Nel mentre che la issavo su mi trovai di fronte Gabriel, in imbarazzo evitai di guardarlo e feci per andare all'auto. Ma lui senza dir nulla mi prese la scatola di mano e andò a posarla nel cofano. 
"Hai finito?" Mi chiese, annuendo incrociai i piedi sul posto e mi guardai intorno, Alaska e Michaela ci stavano raggiungendo. 
"Avanti i grandi e dietro le piccole Aly." Disse Michaela aprendo la portiera esteriore all'amica.
"Oh... io vado avanti?" Chiesi al mio autista improvvisato. 
"Eh già!" Mi rispose lui sempre con la sua aria beffarda. 
Sospirai, prima o poi quel suo sorriso sghembo mi avrebbe uccisa, lo sapevo...

... Lasciate le due ragazze al parco Gabriel mi guardò mettendo in moto. 
"Dimmi dove devo fermarti." Mi disse.
Io sollevai gli occhi al cielo poi guardai oltre al finestrino. "A Jeffries Point." (1)
Lui mi guardò stupefatto, poi sollevò un sopracciglio.  "Così lontano? Credevo fosse vicino." 
Scossi la testa. "Eh no! Per questo mamma non voleva che andassi oggi. Ce la faremo ad arrivare per stasera?" 
Lui annuì. "Certo che sì, alle sei saremo lì." Mi disse calcolando il percorso che avrebbero fatto. "Ma non credo che farai in tempo a tornare per..." concluse senza dire parole. "...potremo trovare traffico." 
Mi grattai la fronte al fine di coprire gli occhi, così che non potesse vedere il mio sguardo. 
"Forse... è il caso di avvertire mamma se dovessimo trovare traffico." 
"Di sicuro!" Mi disse lui con un sorriso a trentadue denti.
Io feci spallucce, certe volte sapeva essere proprio strano.

Gabriel

Avevo trascorso l'ultima settimana evitando accuratamente sia mio padre che mio nonno. Pensai che se la nonna fosse stata viva adesso avrebbe avuto modo di fare una bella ramanzina sia a papà che al nonno. 
Il secondo dopo che gli avevo detto che rinunciavo a tutto, orgoglioso non mi aveva voluto più parlare. Mio padre al contrario quella mattina mi era venuto a cercare, forse capendo che aveva sbagliato. 
Mi aveva chiesto se era vero che ero innamorato di qualcuno, non gli avevo risposto. In fondo chi tace acconsente! 
Al che aveva continuato lasciandomi sorpreso. "Simon vorrebbe che Adelaide sposasse Ronald Hoffman, una buona occasione per assorbire la sua impresa senza doverla comprare." 
Avevo alzato la testa di scatto. "Non può, Heidi non vuole quel tipo, lei non può assecondare i suoi genitori." Cazzo eravamo nel ventunesimo secolo, queste erano cose che non si facevano più. 
"Se è solo la sua parola potrebbe non essere ascoltata." Mi disse papà.
Io lo fissavo, come faceva a saperlo? Mi ero sempre tenuto per me quei sentimenti, senza mai rivelarli neanche a London. Come faceva invece lui a saperlo? 
Mi guardai le mani che stringevano forte la camicia che stavo posando in valigia. Le rilassai e le lasciai andare.
"Non è come pensi. Heidi..."
"Smettila di chiamarla Heidi! Smettila di darle così confidenza se non vuoi andare avanti, smettila di marchiare il territorio ogni volta che arriva un nuovo ragazzo!" Mi zittì mio padre.
"Non marchio il territorio..." 
"Assolutamente no!" Continuò sarcastico. "La manipoli solo a tuo favore allontanandola dai suoi corteggiatori. Ronald ha trovato irritante il tuo atteggiamento dai Jenkins." Mi informò 
"Allungava un po' troppo le mani." 
"Hannah è invece rimasta basita notando che erano stati cambiati i posti a sedere." Concluse
"Giuro non so chi sia stato." Ho risposto con un sorriso sulle labbra.
"Ripeto, queste cose non sono più fattibili. Lei è adulta e anche tu." 
"Lei ha solo diciotto anni! Non posso farenulla..." dissi allora scompigliandomi i capelli.
"Concordo che è giovane per un matrimonio. Ma sua sorella nonostante si sia fidanzata a sedici anni ancora non è sposata. Questo significa che i Thompson non mettono fretta per un matrimonio, ti basta poco Gabriel, per essere felice tu e lei e per azzittire tutti." Mi disse mio padre.
"Sto partendo papà... domani all'alba ho l'aereo per Monaco." Gli dissi
"Cercherò di spingere Kristin Jenkins verso Ronald, ma non ti prometto nulla. Questo è il tempo che posso darti, se ci tieni a lei ti consiglio però di parlare con suo padre Gabriel. Questa sera gli Hoffman sono a cena da loro." Concluse papà 
Lo guardai, avevo poco tempo e mi stava sfuggendo di mano. 
"Tua sorella vorrebbe andare a pattinare con Alaska Thompson oggi. Potresti accompagnarle tu!" Mi consigliò andando alla porta.
Avevo un'ultima occasione per vederla e forse... sì avrei potuto parlare con Simon Thompson e anche con London. Dovevo spiegargli tutto!
Ovviamente tra il dire e il fare c'era di mezzo il mare e quando ero arrivato a Villa Thompson avevo scoperto di non essere l'unico ospite.
Oltre London c'era anche Olivia Thompson, giunta a fare due chiacchiere con la cugina Manila, con i suoi figli che urlanti come solo gli adolescenti sapevano essere stavano decidendo se andare a fare un tuffo in piscina o giocare con la Xbox. Di Simon Thompson non c'era traccia e se non lo avessi incontrato avrei perso quella chance.
Anche di Heidi non c'era traccia, mi rammaricavo più di non poter vedere lei che del padre. Poi la sua voce esplose tra le altre.
"Vi dispiace se... vengo anche io con voi..." diceva e cercavo di capire cosa stesse dicendo. 
Tornai in me e prestai attenzione alle sue parole. Voleva un passaggio, glielo avrei dato con piacere. Mi bastavano il suo sguardo ed il suo sorriso per concederle tutto, anche se contraddire Manila forse non era il caso.
Poi però la matriarca dei Thompson accennò a Ronald Hoffman, mossa sbagliata a parer suo, e non ebbe più di che pensare. 
"Possiamo portarti con noi Adelaide." Dissi impulsivo.
"Sei sempre gentilissimo Gab..." e quel nomignolo detto da lei era sempre apprezzatissimo. 
Non era difficile non cedere alle sue richieste così dopo aver salutato London e i suoi parenti l'avevo presa su in auto con me. 
"Perfetto. Dimmi dove devo fermarti." Le dissi avviando il motore e immettendomi sulla strada, mi voltai appena verso Heidi, ma il suo sguardo era fuori dal finestrino.
"A Jeffries Point." 
Jeffries point? E da quando nei quartieri di lusso c'erano case famiglia? Puntai lo sguardo accigliato ah di lei.  "Così lontano? Credevo fosse vicino." 
Lei scosse la testa guardando più avanti a se che me. "Eh no! Per questo mamma non voleva che andassi oggi. Ce la faremo ad arrivare per stasera?" 
"Certo che sì, alle sei saremo lì. Ma non credo che farai in tempo a tornare per..." la cena con gli Hoffman, ingoiai il groppo. "...potremo trovare traffico." Le dissi, sapevo di essere egoista. Ma non volevo che fosse a quella cena. 
La osservai e ancora lei eludeva il mio sguardo, sicuramente stava mentendomi. Altrimenti come sempre mi avrebbe affrontato. 
"Forse... è il caso di avvertire mamma se dovessimo trovare traffico." 
"Di sicuro!" Le risposi, avrebbe fatto tardi, molto tardi. Se per le diciotto fossimo arrivati comunque doveva fermarsi alla casa famiglia e poi in libreria. London per quanto potesse fare presto ad andarla a prendere sarebbe potuto arrivare verso le venti? Sì decisamente Adelaide Thompson aveva boicottato la sua presenza alla cena e lui era stato il suo complice, consapevole. 
"Scusami, dopo mi presti il telefono? Ho dimenticato il mio a casa." Mi disse e io le indicai il cruscotto, le avrei dato tutto di mio, non solo il cellulare.

...Arrivammo a Jeffries Point dopo le sei, una volta lì chiesi a Heidi dove dovessi portarla ma questa volta lei fu evasiva. 
"Puoi fermarmi ovunque e andare. Posso a piedi da qui in poi." Mi rispose 
Sospirai. "Guarda che ho capito che era una scusa la tua." Ammisi quindi. "Non vuoi partecipare alla cena con gli Hoffman." 
Lei mi guardò stupida, i suoi splendidi occhi per una volta si incupirono. Abbassò lo sguardo annuendo.
"Non posso tornare a casa stanotte. Io... non posso permettere loro di decidere per me." Singhiozzò 
Fermai l'auto alla prima piazzola disponibile così da poterle dare tutta la mia attenzione. "Devo dire a loro queste cose Adelaide. Non è così che risolvi la cosa, perché domani ritornerai a casa e Ronald Hoffman sarà ancora lì e tuo padre indispettito dalla tua azione potrebbe veramente decidere per te." Le dissi.
Lei sollevò il viso umido di lacrime. Mi sentii stringere il cuore, la mia Heidi non piangeva mai ed ora invece era inerme di fronte a me. 
"Credi io non l'abbia fatto già sono mesi che sto lottando con i miei genitori. Sono stata ammessa all'università voglio studiare legge e loro vogliono impedirmelo. Poi ultimamente stanno insistendo affinché io accetti la corte di Ronald non lo voglio e non sono interessata a nessuno. Il mio solo scopo e laurearmi non è difficile da capire..."
"Ah..." Quindi quella storia sta andando avanti da parecchio. Non sapevo come aiutarla, però potevo comprenderla quando diceva che voleva studiare e andare avanti. In fondo come ho detto a mio padre stesso, Adelaide aveva solo 18 anni. Lei aveva una vita avanti tutta in salita e studiare era il minimo che potesse fare se solo lo voleva. Ero sempre più convinto che nessuno doveva accontentarsi solo delle briciole soprattutto se poteva permettersi di andare avanti. E non parlavo di permetterselo a livello economico, bensì per motivi che trascendevano tutto tranne la volontà stessa delle persone di proseguire un percorso di vita. "Cosa ti hanno detto i tuoi?" 
" Che ho già un lavoro che mi aspetta la Thompson se voglio è che l'università non mi serve...Che studiare legge non è per me e soprattutto che poi non saprei cosa farmene della laurea. Ma  io so cosa fare...Io voglio difendere i più deboli." Mi disse con fervore.
"Io comprendo ciò che dici però effettivamente riuscirai a portare avanti i tuoi obiettivi senza l'aiuto della tua famiglia? La facoltà di legge dura parecchi anni, mio cugino la frequenta ed è ancora fermo al primo anno." Le dissi.
Lei annuì. " forse il diritto non è fatto per tuo cugino. Io mi sono premessa di studiare e tanto, i libri che ho dietro sono tutti libri inerenti il diritto civile e penale. Poi voglio già iniziare a lavorare e cercherò lavoro in qualche studio come apprendista o forse come ricercatrice, come segretaria anche alle pulizie per me va bene l'importante è che io entri nell'ottica di ciò che voglio fare. Ripeto forse tuo cugino queste cose non le fa." Disse lei. "Io avendo studiato alla Latin Academy sono già avanti, lo sai che ci hanno fatto studiare latino ed ho voluto continuare a studiarlo proprio per questo obiettivo, invece che cinque anni studierò forse quattro anni. Può essere che dopo i primi due anni di corsi generali studierò direttamente alla scuola di legge. Anche se non dovesse andare bene almeno so che ci avrò provato non avrò rimpianti. Io non voglio rimpianti nella mia vita, non posso accontentarmi Gabriel." 
Scossi la testa. "Tuo padre adesso è molto vicino all'ambiente politico. Se vuole ti impedirà di andare a lavorare ovunque, ha le sue conoscenze. Anche se ancora non senatore, Jenkins è comunque un rappresentante della camera, ha le sue conoscenze ha fatto entrare suo figlio Jonathan tra il suo staff senza problemi. E fidati Jonathan si è laureato per il rotto della cuffia non è un bravo avvocato, però conosce il minimo di leggi che serve per lavorare con suo padre. Dimmi quali sono le tue vere intenzioni Heidi." Le dissi infine, non poteva fare tutto da sola. 
Lei si torturò le unghie mordendole nervosa. Al che attesi paziente, misi in moto e mi diressi verso lo Hyatt hotel dove avevo prenotato la camera per quella notte.
"Nella mia valigia c'è tutto..." Iniziò a raccontare Heidi. "Ho preso gli abiti che mi servono per ora e per l'inverno ho già spedito al camper universitario tutto. Io sparirò di casa, non tornerò né stasera né domani. Ho deciso tutto, starò via per un poco; prenderò un treno e uscirò dal Massachusetts. Ho lasciato una lettera alla mamma e a papà una per i miei fratelli. Sono maggiorenne quindi ho tutto il diritto di lasciare casa, per quanto vogliano cercarmi fin quando non rientro in Massachusetts papà non avrà il potere di venirmi a trovare o prendere. I corsi inizieranno ottobre, ho ancora un mese di tempo.  Nel  frattempo troverò lavoro in una caffetteria da qualsiasi parte per mantermi da sola e mio padre si sarà arreso. Inoltre ho un libretto di risparmio mio personale e la nonna Cecilia mi ha aiuterà con le tasse se ne avrò bisogno. Ma non toccherò i fondi che ho conservato gelosamente per scopi personali." 
La ascoltavo, mi raccontava i suoi progetti e non la disturbavo. Ogni parola mi confermava che Heidi aveva studiato tutto nei minimi dettagli, anche la fuga. Non era stata impulsiva come mi era parsa e sicuramente era stata una coincidenza che fosse fuggita quel giorno con me.
Arrivammo all'albergo e parcheggiando l'auto all'ingresso cercai il suo sguardo. "Scendi dai." 
Scesi io stesso e dissi all'autista che attendeva, che era stato pagato la giacenza per tutto l'anno poi andai ad aprire il cofano per prendere le valigie. Intanto Heidi mi raggiunse e aprì la scatola che conteneva il suo trolley e poi quella dei libri. Facendoci caso attentamente, non erano tanti come sembrava, per questo prima mi era risultato leggero. I libri erano solo quattro, sotto di essi c'erano solo riviste. 
"Resta qui con me se ti va!" Le dissi indicandole l'albergo. "Domani potrai poi organizzarti. Dimmi la verità da quando progettavi questa fuga non è una cosa organizzata al momento.
Lei  mi guardò e mi sorrise. Era un sorriso che conoscevo benissimo, quello che le arrivava gli occhi. Era furbo e sicuramente questo l'avrebbe aiutata se avesse fatto l'avvocato.
"In realtà volevo fare tutto in sordina quest'estate, ma nonno Placido si è ammalato e quindi sono partita anche io per Rio. Altrimenti sarei già stata lontano mille miglia da casa." Si avvicinò a me e fece spallucce tirandosi dietro il trolley. "Non mi avresti trovata a casa e non ci saremo salutati adesso...Non penso sia il caso di abusare della tua gentilezza, non vorrei metterti nei guai con London e soprattutto non posso permettermi questo albergo adesso." Mi disse tranquilla. 
"Sei una sciocca, dormi nella mia stanza ovviamente. In fondo tra un poco sarai universitaria sai con quanti ragazzi dormirai!" Le dissi con una punta di gelosia.
Lei sbuffò. "Voi maschi siete tutti uguali pensate sempre a quello andrò all'università per studiare non per fare sesso quello è proprio escluso. Ti  ho detto che ho degli obiettivi." Mi disse decisa.
Come si vedeva che fino ad allora non aveva vissuto. "Puoi avere tutti gli obiettivi che vuoi, ma non potrai sfuggire alla vita universitaria, alle feste, ai ragazzi alle confraternite e tutto quello che gira intorno all'università." Le dissi facendole aprire gli occhi. "Ma secondo te perché i tuoi genitori non vogliono che tu ci vada? Sveglia una volta fuori casa inizierai a vivere e loro non potranno far nulla perché tu cresca." Le rivelai, perché era quello che sarebbe accaduto da quel momento in poi. Per questo cazzo ne ero geloso perché sapevo a cosa andava incontro e l'avrei persa per sempre. Ma non potevo fermarla, non dovevo. Aveva solo diciotto anni, una vita e dei sogni davanti. 
Le presi la mano e sicuro di me entrammo nella hall. "Dormirai con me stanotte, domani potrai fare ciò che vuoi. Prenderai un treno che ti porti fuori dallo stato oppure..." 
Lei mi guardò in attesa che continuassi. "Oppure cosa?" 
La guardai in silenzio, diedi il mio documento alla receptionist e dissi che la signora era con me. Ovviamente anche Adelaide dovette dare il suo documento, quindi chiesi alla donna l'assoluto riservo sui miei ospiti. "Nel caso mi chiamano o chiedono di me sono solo, inoltre non passatemi alcuna chiamata. Grazie!" Conclusi ritirando il documento e prendendo la valigia. 
Heidi seguiva tutti i miei movimenti e le mie parole, gli accordi per una cena leggera che avevo richiesto in camera e altre informazioni generali. Quando fummo soli in ascensore ancora mi guardava in attesa. 
Presi il cellulare e scrissi un messaggio a London, dopo di che lo feci vedere alla ragazza.
- Tua sorella Adelaide ti ha chiamato? Mi ha chiesto di lasciarla nei pressi della stazione e durante il viaggio ci ho pensato. È strano che si sia fatta lasciare lì, purtroppo non sapevo dove era la casa famiglia e non me l'ha voluta indicare. - 
"Questo è il messaggio che manderò più tardi a tuo fratello." Le dissi intanto che le porte si aprivano. 
Ci dirigemmo alla stanza e continuai. "Ci tengo a te Heidi, ci tengo che tu realizzi i tuoi sogni, perché è giusto che sa così." Le dissi aprendo la stanza e facendola entrare. 
Lei mi seguì in silenzio e solo quando chiuse la porta alle nostre spalle mi parlò. "Perché lo fai?" 
"Weil ich dich liebe!  Du bist meine Heidi, meine größte liebe." Glielo dissi in tedesco, avevo bisogno di dirgliela, la verità! La mia verità e il mio grande amore per lei. Volevo che vincesse e doveva farlo, per se stessa e e sopratutto per me. 
"Non ho capito!" Disse titubante. "Parlo e comprendo il portoghese, ma di tedesco non capisco nulla, ho capito solo Heidi." 
Le sorrisi. "Ti ho detto che sei la mia Heidi e che credo in te. Quindi se vuoi puoi venire a Monaco con me, lì sarai ben nascosta, pagherò io il biglietto di andata e ritorno ovviamente." Le spiegai.
Lei mi guardò e spalancò gli occhi sorpresa. "In Europa! Con te?!" Saltellò sul posto e mi saltò in braccio eccitata. "Non sono mai stata in Europa soprattutto a Monaco una delle città più romantica del mondo. Grazie Gabriel, grazie infinite... so che avevo detto che non volevo sperperare denaro ma questo è un sogno. Dio ho sempre voluto fare qualcosa con te, sempre. E finalmente posso!" Disse stringendo le mani  intorno al mio viso e stampandomi un bacio sulle labbra. 
Io sinceramente non mi aspettavo quella dichiarazione o peggio, o forse meglio, non mi aspettavo che mi baciasse. E cazzo non me lo lasciai sfuggire, la strinse tra le mie braccia e io stesso la baciai anche se il bacio non fu casto come il suo. Anzi fu carico di passione e desiderio. Tutto il desiderio che avevo tenuto per me negli ultimi due anni, quel desiderio che provavo da quando eravamo rimasti chiusi nella dispensa di casa sua al suo ingresso in società. 
La baciai con fervore, cercai la sua lingua e lei rispondeva a quel bacio con altrettanto fervore. Non mi rifiutava, al contrario mi istigava a dare di più. Attirava il mio viso verso il suo e lasciava aderire il suo corpo al mio. 
Cazzo! Lei era finalmente tra le mie braccia e sembrava volerci stare e io non riuscivo a fermarmi. Presi a carezzarla fremente, assaporavo la sua bocca con ardore, lasciavo che mi carezzasse la schiena e il collo e che le sue mani attraversassero la mia t-shirt alla ricerca della pelle dei miei fianchi. 
"Heidi!" Mi fermai, la fermai! 
Lei ansimante mugolò. "Posso fare a meno del viaggio a Monaco." Mi disse guardandomi.
Dio se era bella, le labbra erano rosse e tumefatte per via del bacio che ci eravamo appena scambiati. Decisamente era forse meglio che non la portassi con me a Monaco. Decisamente era il caso che lasciassi quella stanza, che dicessi alla reception che mangiavo fuori e che aspettassi lei andasse a dormire prima di rientrare, anzi no. Dovevo prendere un'altra stanza. Ma la sua frase successiva mandò all'aria tutte le mie buone intenzioni. 
"Però non posso fare a meno di te!" Mi disse infatti Heidi. "Ti prego Gab. Baciami ancora, toccami e concedimi di toccarti... mi basta anche solo una volta. Una cosa insieme io e te..." disse sussurrando. "Ho sempre voluto farla." Ripetette lieve.
E al diavolo le buone intenzioni. Anche io avevo sempre voluto fare una cosa insieme a lei, adesso nessuno me lo avrebbe impedito. Potevo amarla, potevo amare la mia Heidi. 
Così la presi tra le braccia e ripresi a baciarla portandola spedita verso la camera da letto. "D'ora in poi non sarai più la mia Heidi lo sai? D'ora in poi sarai meine liebe." 
——-
Traduzione:Perché ti amo. Tu sei la mia Heidi, il mio grande amore 
(1) Jeffries Point è un quartiere di Boston est, vicino all'aeroporto. Qui si trova lo Hyatt hotel anche uno degli alberghi della zona e dove pernottano Adelaide e Gabriel.
Loro vivono a Boston sud, nei pressi di Quincy lei e a Brookline lui.

 

   
 
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