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Autore: pumpkin_    13/01/2021    0 recensioni
Un angelo e un demone si incontrano in un bar.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Warlock Dowling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spesso capitava che nella libreria d’antiquariato del Signor A. Fell, nel quartiere di Soho, il telefono squillasse per ore senza che nessuno mai rispondesse. Il negozio, che aveva aperto l’ultima volta al pubblico solo per un’ora due mesi prima, era noto ai vari rigattieri e collezionisti di libri rari come un miraggio della scena dell’antiquariato londinese: se si trattava di provare a piazzare un manoscritto, il signor Fell era pronto a rispondere, e riusciva sempre a procurarsi gli articoli migliori al prezzo più basso sul mercato, talmente basso che anche i rivenditori rimanevano scioccati per aver accordato una cifra del genere.

 

Ma a volte si spargeva una voce a Londra di una certa copia di un’opera introvabile, di una pergamena antichissima che si era data dispersa, di un oggetto dal valore inestimabile; e questa voce riportava che tale libro, pergamena o oggetto si trovassero proprio lì, in quella libreria a Soho. E allora per settimane, mesi, il negozio veniva tempestato di telefonate, lettere, uomini che si accampavano fuori dal negozio nella speranza che qualcuno finalmente si facesse vivo; ma il signor Fell sembrava svanito nel nulla.

 

Quel giorno, però, Aziraphale si ritrovò costretto a rispondere, in quanto il trillo del telefono proveniva dalla sua teiera.

 

Aziraphale la guardò per un momento, tentato (ah!) di ignorarla. Alla fine tirò su il coperchio: «Pronto?» sussurrò sul suo tè caldo, anche se non si sentiva per niente pronto alla prospettiva di questa conversazione.

«Sapevo che così mi avresti risposto» replicò con un leggero rimbombo una voce che conosceva molto bene, il suono rimbalzando sulle pareti della teiera.

«Ah, Crowley! Amico mio, sono talmente abituato a vederti piombare qui senza preavviso, non mi aspettavo una tua chiamata».

«Avrei voluto, ma sai quanto è difficile trovare parcheggio» rispose il demone, ed entrambi sorrisero tra sé: gli abitanti del quartiere avevano ormai sviluppato un riflesso condizionato di panico ogni volta che sentivano il rombo di una Bentley.

Dopo una breve pausa, Crowley riprese la parola: «Raggiungimi a quel caffè su Wardour Street, dobbiamo parlare di una cosa urgente». Aziraphale guardò di fronte a sé con un’espressione sofferente.

«Crowley, ti ho già dovuto coprire con quella faccenda nell’Irlanda del Nord la settimana scorsa, e lo sai che mi sento a disagio in mezzo a tutti quei cattolici! Cos’altro vuoi che faccia?».

«Tranquillo, caro mio, questa volta si tratta di una questione diversa… dobbiamo parlare del bambino».

«Quale bambino?»

Un lungo, esasperato sospiro. «Di quale bambino sto parlando secondo te, Aziraphale! Parlo di Lui!»

«...»

«L’Anticristo! L’avversario! Il figlio di Satana in persona!»

«Ah, quel bambino… mi pareva ci fossimo messi d’accordo che non avremmo più pensato a lui per i prossimi 7 anni»

«Be’, le cose sono cambiate e… ascoltami Aziraphale, raggiungimi al caffè e basta, ti spiegherò tutto lì!»

«Crowley, non so...»

«Insomma angelo, vieni e basta!» e Crowley chiuse la conversazione, un distante tu tu a segnarne la fine.

«… Va bene, verrò» rispose Aziraphale, rassegnato. Rimise il coperchio sulla teiera e andò a mettersi il cappotto. La teiera era vuota e pulita, la bustina di tè che poco fa era in infusione riposta di nuovo con le altre, asciutta.

 

*

 

Crowley era già di fronte al caffè al suo arrivo, appoggiato alla Bentley che era parcheggiata giusto di fronte all’ingresso.

«Sei in ritardo, angelo».

«Non ricordo che ci fossimo accordati su un orario» disse con un tono irritato Aziraphale, mentre accelerava il passo e si spostava verso l’entrata del locale, il demone subito dietro di lui.

«Mettiamoci a quel tavolo lì in fondo, non dovremmo dare troppo nell’occhio così in disparte; per quanto non sia una cosa di cui dobbiamo preoccuparci veramente» disse Crowley, tirandolo per un braccio; ma Aziraphale si liberò dalla presa.

«Vorrei ordinare qualcosa».

Crowley lo guardava con un’espressione sconvolta.

«Per tutte le fiamme dell’Inferno, Aziraphale, siamo qui per discutere affari, non è una visita di piacere!»

«Be’, si dà il caso che tu mi abbia interrotto mentre stavo per prendere il mio tè pomeridiano, per cui ordinerò qualcosa che ti piaccia o no. E non accetto obiezioni!» rispose l’angelo, le guance leggermente rosse, bloccando Crowley che era sul punto di aprire bocca per replicare. Il demone lo guardò furibondo.

«… Fai in fretta» rispose, camminando poi velocemente verso il tavolino. Aziraphale guardò un momento il demone borbottare tra sé imprecazioni mentre camminava, poi soddisfatto si voltò verso il bancone.

 

Il caffè dove si erano incontrati era uno di quei nuovi locali dove tutto era healthy, bio e prodotto in massa per tutti i bar della catena. Non era molto grande: aveva giusto spazio per quattro tavolini, ma le grandi finestre e le pareti bianche lo rendevano molto luminoso e lo facevano sembrare più ampio; il legno chiaro dei banconi e delle cornici delle lavagne dietro la macchina del caffè gli davano un tocco semplice, accogliente, ma elegante; sembrava che l’arredamento avesse un’ispirazione vintage, ma tutto aveva comunque un’aria moderna e asettica.

Aziraphale guardò per un po’ il menù, ma la lista infinita delle bevande disponibili gli faceva girare la testa; nel frattempo, una commessa, una ragazza giovane dai capelli castani e la frangia dritta, era di fronte alla cassa e aspettava che lui le rivolgesse la parola, guardando il vuoto con un’espressione annoiata. Poco prima, aveva provato a tirare fuori un biscotto senza farsi notare, ma sia Aziraphale che un paio di clienti l’avevano vista, e ora lo sbocconcellava semi nascosta dall’espositore dei dolci. Aziraphale rimase per qualche minuto a guardarla, prima che lei si accorgesse della sua presenza.

«Oh!» disse quando finalmente lo vide, «Mi scusi signore io, accidenti, non l’avevo vista mi perdoni», ogni parola biascicata a fatica intorno al boccone che ancora aveva in bocca, il tono dispiaciuto di chi sperava di non essere disturbato. «È pronto per ordinare, signore?».

«Sì, grazie», rispose Aziraphale, mettendo molta enfasi sul grazie. La ragazza stava ancora masticando, solo molto più lentamente sperando che non si notasse troppo. Aziraphale era allibito. «Vorrei un tè caldo, il blend nero più forte che avete. E questo pezzo di torta. E tre di questi pasticcini. E vorrei anche questo piccolo dolcetto. Grazie». Sperava di non sembrare troppo scortese, ma ci teneva a comunicare il suo disappunto allo stesso tempo. La ragazza sembrò vacillare un po’.

Per un momento, Aziraphale pensava di aver voluto troppo, mentre lo sguardo della ragazza si faceva sempre più vacuo ad ogni aggiunta sul suo ordine; ma poi la vide selezionare i vari prodotti sullo schermo di fronte alla sua cassa, mentre ripeteva al barista ciò che aveva chiesto, e l’angelo tirò un sospiro di sollievo. Finalmente la ragazza deglutì.

«Si accomoda a uno dei nostri tavoli o le incarto il tutto a portar via?» disse la commessa, e poi gli sorrise. Aveva ancora delle briciole tra i denti; se ne dovette accorgere anche lei, perché chiuse subito la bocca, ma Aziraphale vedeva che si stava passando ossessivamente la lingua sulle gengive per togliere i residui del suo biscotto, lo sguardo nervoso ma che tentava di trasmettere cordialità. Aziraphale non pensava di essere capace di avere i brividi.

«Mi siedo», l’angelo abbassò lo sguardo. La ragazza finì di armeggiare con la cassa, poi disse: «Il suo totale è di £8.90».

Aziraphale mosse la mano, e il totale esatto comparve sul piatto di fronte la cassa. Normalmente si sarebbe preoccupato di esporsi così tanto, ma la ragazza aveva smesso completamente di prestargli attenzione, lo sguardo fisso sul pezzo di biscotto che le era rimasto da mangiare. Aziraphale si schiarì la voce.

«Ah, già, perfetto! Grazie mille signore, si accomodi pure al tavolo, il mio collega le porterà il suo ordine al più presto» disse la commessa, poi staccò un pezzetto di biscotto e se lo mise in bocca, facendo un gesto con la mano invitando Aziraphale ad incamminarsi verso il proprio tavolo. L’angelo si spostò con espressione scioccata.

 

Quando Aziraphale si sedette, Crowley stava guardando la strada, dove un impiegato in macchina suonava il clacson furiosamente, mentre di fronte a lui si era formata una lunga coda da un momento all’altro. Quando il demone posò lo sguardo su di lui, aggrottò le sopracciglia. «Tutto bene angelo?»

Aziraphale sospirò, borbottando tra sé qualcosa sul rispetto, sull’educazione, sulla mancanza di professionalità; Crowley lo guardò per un po’ spaesato, finché non arrivò l’ordine al tavolo e, guardando cosa aveva preso l’angelo, sorrise. «Brutto peccato davvero, la gola...»

Aziraphale alzò lo sguardo, un’espressione furiosa in volto, e la confusione di Crowley  aumentò. «Assolutamente!» urlò poi, stringendo forte con la mano sinistra il manico della tazza di tè, mentre con la destra versava con foga quantità copiose di zucchero e latte. Alcuni clienti si erano voltati a guardarli, e Crowley si coprì il volto con una mano, le sopracciglia inarcate talmente tanto da formare una V dietro gli occhiali da sole. «E datti una calmata! Stavo solo scherzando!», disse, ma Aziraphale scosse la testa.

«No no, caro mio, hai assolutamente ragione!» intervenne, infilzando la fetta di torta di fronte a lui quasi gli avesse fatto un torto, «Che pressapochismo! Che maleducazione! Mangiare così spudoratamente, di fronte alla clientela, e proprio mentre sto ordinando… I giovani non sanno davvero più come ci si comporta!» concluse, addentando con furia uno dei pasticcini che aveva preso, e ingoiandolo a fatica in un sol boccone.

Crowley guardò per un attimo il suo amico, poi la commessa dietro di lui, che nel frattempo si era messa a riempire i portatovaglioli sui tavoli: si chiese se avesse sentito qualcosa. Dall’espressione assente sul viso non sembrava.

Non aveva capito un granché dove fosse il problema, quindi disse l’unica cosa che era il caso di dire in quel tipo di situazione: «Capisco».

Aziraphale sembrava soddisfatto da quella risposta, e continuò a mangiare con più calma. «Comunque, volevi parlarmi dell’Anticristo» disse, col tono di chi parlava dei piani per il fine settimana. Crowley si illuminò.

«Sì! Il bambino!»

«… ebbene?»

«C’è qualcosa che non va in lui, angelo» disse Crowley, mentre Aziraphale prendeva un sorso dal suo tè, guardandolo di sottecchi. L’angelo poggiò lentamente la tazzina, e lo guardò.

«Se non ricordo male, avevamo deciso di non interferire nei Piani del Signore, o nella vita del bambino in nessun modo» disse, guardando Crowley con fare accusatorio.

«Esatto».

«Ebbene, Crowley… come fai a sapere che c’è qualcosa che non va in lui?» continuò Aziraphale. Il demone fece spallucce.

«Magari ho avuto qualche dritta dall’Inferno, non c’è bisogno di essere così sospettosi...»

«Sappiamo benissimo entrambi che non è vero, Crowley. Tu sei andato a controllare l’Anticristo».

Sembrava che Crowley volesse provare a negare, ma alla fine sbuffò e disse: «Va bene, va bene! Sono andato lì… ero curioso! Volevo vedere come se la cavava la Progenie del Demonio!»

«Sì, e magari provare a influenzarlo in qualche modo per fermare l’Apocalisse» disse Aziraphale, con tono duro.

«No, no no! Te ne avrei parlato, lo sai!» disse Crowley, alzando le mani come a voler calmare il suo amico. «Abbiamo un accordo, dopo tutto.» aggiunse, un po’ imbarazzato.

Aziraphale sembrava poco convinto, ma continuò dicendo: «E quindi, qual è la ragione del nostro incontro?»

Crowley si mise dritto sulla sedia e abbassò di poco gli occhiali, per guardare Aziraphale negli occhi. «Angelo, te lo dico io, qui c’è qualcosa che non va. Il bambino non ha nessuna aura demoniaca».

Aziraphale lo guardò aggrottando le sopracciglia. «Be’, è molto piccolo… immagino che fino al giorno del suo undicesimo compleanno, non avrà il pieno dei suoi poteri».

«Sì ma… non so come spiegarlo. Non c’è niente di diabolico in lui. Non c’è quello… charme che noi demoni abbiamo» disse Crowley, tentando di dare enfasi alla parola charme. «È solo… umano» concluse, un’espressione esasperata sul volto, come se fosse estremamente deluso da questo fatto.

Aziraphale capiva cosa intendeva: il fascino dell’Inferno era uno dei punti chiave per tentare gli esseri umani e allontanarli dalla luce divina; ed era una delle qualità che più spesso gli era capitato di osservare nei vari demoni che aveva incontrato sulla Terra, e in particolare Crowley. Il modo con cui si rapportava con gli umani era così naturale, così genuino che sembrava a volte fosse uno di loro, che si divertisse a mescolarsi a loro. Al contrario, per quanto Aziraphale fosse al corrente che gli uomini erano creature di Dio, che Lei si era impegnata molto a renderli come sono, aveva sempre avuto qualche problema a interagire con loro, nonostante anche lui li amasse, in un certo senso. Aveva sempre preferito viziarsi con le cose che gli umani creavano, il cibo, i libri, la musica… Aziraphale era un’esteta, e gli umani provvedevano ai piaceri che lui ricercava nella sua permanenza sulla Terra.

«Quindi cosa suggerisci che facciamo? Andiamo lì, lo interroghiamo, lo obblighiamo a fare qualche sortilegio demoniaco, cosa?» chiese, finendo la sua torta e raccogliendo le briciole sul piatto con la forchettina. Crowley seguiva con lo sguardo il movimento sul piatto.

«Chiaramente non possiamo andare lì e parlare direttamente con lui, altrimenti potremmo influenzare la sua indole, anche se...» continuò, sollevando le sopracciglia con un’espressione cospiratoria sul viso, ma Aziraphale lo interruppe.

«Assolutamente no Crowley, lo sai che non ho intenzione di ribellarmi al Piano Ineffabile»

«Angelo, sei sicuro di quello che dici? E se doveste vincere? E se dovessimo lasciare questo pianeta?» disse il demone, guardandolo con un sorriso sornione. L’angelo sorrise di rimando.

«Amico mio, mi sto preparando».

Crowley si lasciò scappare una risata quando vide l’angelo tirare fuori un vecchio iPod argentato dalla tasca - sempre anacronistico, il suo angelo - ma il sorriso morì sulle sue labbra quando Aziraphale lo accese e gli fece vedere i brani che aveva caricato.

Tutta la colonna sonora di “Tutti Insieme Appassionatamente”, rimasterizzata per il cinquantesimo anniversario.

Crowley si ingobbì, un’espressione infastidita sul volto. «Bene, so quando ho perso una battaglia».

Aziraphale ripose l’iPod nella tasca, soddisfatto. «Quindi? Il piano?»

Il demone sospirò.

«Nessun piano, vorrei semplicemente che andassi a controllare anche tu. Io già ci sono stato e, per quanto sia riuscito ad avvicinarmi, non ho ottenuto delle vere informazioni… e, considerando che tu lavori per il Nostro nemico, forse riuscirai a cogliere qualche vibrazione che io non ho sentito» aggiunse, facendo il vago.

Aziraphale annuì. «Sì, mi sembra una buona idea… per il bene del Creato, sia chiaro».

«Certo, certo».

«Nessun tipo di intervento».

«Assolutamente no».

«Bene».

«Bene».

«...».

«Anche se...».

«CROWLEY!»




A/N: Questo capitolo in realtà doveva far parte di una storia più lunga, ma alla fine un po' per pigrizia, un po' perché non sapevo bene come scrivere il resto, l'ho messo da una parte in attesa di finirlo. Ma è da così tanto tempo che sta lì, e l'idea di base mi piaceva troppo per non pubblicarlo, per cui, nell'attesa di tornarci a mettere mano, lo pubblico! Spero che vi piaccia!
  
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