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Autore: miss_MZ93    14/01/2021    2 recensioni
Marinette ed Adrien hanno ormai diciotto anni. Le loro vite continuano ad essere minacciate dalla presenza di Papillon ma qualcosa sta per cambiare. Gli anni iniziano a farsi sentire e gli equilibri fragili che esistevano tra i due ragazzi iniziano a spezzarsi. Tra Adrien e Marinette qualcosa cambierà radicalmente, lasciando uno spiraglio per qualcuno che, in segreto, non ha mai smesso di provare grandi sentimenti per Marinette.
Tra dolci e sensuali drammi, i nostri protagonisti dovranno affrontare anche un nuovo pericolo per Ladybug.
Ho iniziato a scrivere la storia prima dell'uscita della terza stagione, quindi mancheranno alcuni personaggi o dettagli particolari.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov Adrien
 
Uno… Due… Tre… Quattro…
Il soffitto sembra rischiararsi, illuminato dai primi raggi di luce della giornata.
Cinque… Sei… Sette…
C’è una piccola macchia sull’intonaco, probabilmente il risultato di qualche pallonata data quando ero più piccolo.
Otto… Nove… Dieci… Undici…
In verità sembra avere un colore particolare, quasi rosato. Mi giro, intrappolando il volto sul cuscino. Ho perso il conto di nuovo. Penso di aver ricominciato almeno venti volte da quando mi sono svegliato, troppo presto per alzarmi, troppo presto per la colazione, troppo presto anche per iniziare a pensare a lei.
Uno… Due… Tre…
Forse non servirà a nulla ma contare mi aiuta a far passare il tempo. Sapere che i secondi stiano passando, inesorabilmente, mi aiuta a non pensare ad altro. La mia testa però sembra non volermi concedere quel dolce riposo e nuovamente mi trovo a pensare a lei. Si sarà ripresa? Non mi sembrava stare molto bene ieri.
Sbuffo per l’ennesima volta, perdendo nuovamente il conto dei secondi che passano. Mi volto verso la sveglia, che segna appena le sette del mattino. Plagg dorme ancora, beatamente abbracciato al suo pezzo di camembert. Non capisco come faccia a sopportare quella puzza anche mentre dorme, i gatti non dovrebbero mangiare croccantini? Torno a guardare il soffitto, cercando qualcosa che possa tenermi impegnato più dei secondi che scorrono ma nemmeno seguire il profilo delle forme geometriche che lo compongono riesce a distrarmi. Continuo a pensare a cosa possa averla fatta sentire così male e davvero non so trovare una risposta. Non sembrava influenza, non sembrava stanchezza, forse sembrava solo panico.
Scosto il lenzuolo, avviandomi in bagno e lasciandomi cullare da una doccia calda. L’acqua continua a scorrere mentre la mia testa cerca di svuotarsi dai pensieri ma più ci provo, meno sembro riuscirci. Quando riemergo dal bagno, è passato appena un quarto d’ora. Afferro un libro, leggo qualche pagina, mi siedo al computer, scorro le notifiche sul telefono, avvio qualche videogioco ma niente sembra così importante da attirare la mia attenzione. Il tempo sembra non scorrere più e quando finalmente Nathalie compare per avvisarmi della colazione, servita in sala, la ringrazio per avermi dato modo di uscire da quella stanza, che ormai sembrava stesse iniziando a soffocarmi.
Non ho molta fame ma il pensiero di poter finalmente passare un po’ di tempo con mio padre sembra aiutarmi a smettere di arrovellarmi il cervello. Accompagnato da Nathalie, esco dalla mia stanza, avviandomi verso le scale. Un gradino dopo l’altro, raggiungo la stanza, imbandita di cibo e con alcuni giornali freschi di stampa. Mio padre, il grande Gabriel Agreste, è già seduto, intento a leggere le ultime notizie riguardanti la moda, come se davvero potesse importargli qualcosa dei commenti di chi, come lui ama ribadire, “non distinguerebbero un capo di alta moda da un vestito acquistato in un banale supermercato”.
Mi accomodo  sulla sedia, la stessa che in tutti questi anni mi ha visto mangiare quasi sempre da solo. Avvolto dal silenzio, afferro un croissant ma un solo morso mi basta per tornare a pensare a lei. I dolci che prepara suo padre sono decisamente più buoni. Non ho mai capito quale fosse il segreto della sua cucina ma tutto ciò che sforna sembra avere un sapore unico, quasi impagabile.
“Nathalie mi ha detto che vorresti partecipare ad un evento”
La voce di mio padre mi distoglie da quei pensieri, riportandomi alla mente l’impegno preso tempo prima con i miei amici. Avevamo pensato di festeggiare la fine delle lezioni a giugno ma l’evento che Alya sta organizzando per i supereroi di Parigi ha cambiato i nostri piani. Rose ha pensato che fosse una buona idea intrattenere gli ospiti con un po’ di musica dal vivo, oltre che con alcuni pezzi mixati da Nino. Nonostante l’evento sia alle porte, però, non riusciamo a trovare un attimo libero per provare tutti assieme. In verità, penso di mancare solamente io agli incontri ed il problema principale è l’uomo che siede di fronte a me.
“Sì, padre. Una mia compagna di classe sta organizzando una festa in onore dei supereroi di Parigi”
“Davvero?”
Gabriel Agreste non si interessa mai di eventi che non riguardino le sue creazioni, eppure sembra incuriosito da ciò che Alya sta preparando. Dopo avermi chiesto i particolari di quella festa, il suo sguardo torna a concentrarsi sul giornale che tiene ancora tra le mani.
“Puoi partecipare”
“Cosa?”
“Sembra si tratti di un evento importante”
Ho trascorso gli ultimi giorni a pensare a mille modi per convincerlo, fino a capire che nemmeno uno solo di quei tentativi sarebbe andato a buon fine. Sapere che, per una volta, mio padre abbia acconsentito a lasciarmi partecipare a qualcosa a cui tengo, mi rallegra la giornata. Sento nascere sul mio volto un sorriso, forse riflesso del suo. L’euforia inizia a scorrermi nelle vene ed io decido di dover approfittare del buonumore che sembra averlo contagiato.
“Questo pomeriggio dovremmo vederci per discutere di alcuni dettagli. Posso uscire?”
Il suo sguardo torna freddo e distaccato mentre riflette sulla mia richiesta. Aspettare la sua risposta è quasi una tortura ma quando lo vedo annuire, inizio a chiedermi se davvero io non stia semplicemente sognando.
“Non fare tardi, mi raccomando”
Lo vedo richiudere il giornale e lasciarlo sul tavolo, dirigendosi nuovamente al suo studio. Velocemente finisco anche io di mangiare e torno in camera mia.
La figura di Plagg sbuca dal comodino, dove sicuramente era intento a procacciare un pezzo di camembert. Raccolgo il telefono dalla scrivania, lasciandomi cadere sulla sedia accanto al computer. Scorro lentamente le immagini dei social, ritrovando gli ultimi aggiornamenti di Nino, risalenti al pomeriggio al cinema. I pensieri tornano ad affollare la mia mente, lasciandomi vagare dalla preoccupazione alla curiosità. L’ansia di questa mattina riprende a scorrere in me ed il desiderio di vederla diventa quasi insopportabile. Trascorro la mattina a pensare a lei, a quell’espressione tormentata che aveva ieri pomeriggio, al suo volto sconvolto mentre cercavo di capire cosa le fosse successo. Riesco addirittura ad ignorare Plagg e le sue continue domande sul prossimo ordine di camembert che, come più volte mi ha fatto notare in questi ultimi giorni, sembra stia finendo.
 
Dopo pranzo, decido di non poter più aspettare. Rientro dal mio pasto solitario con le idee ben chiare su ciò che voglio fare in questo momento: vederla.
Plagg svolazza da una parte all’altra della stanza, seguendomi mentre cerco qualcosa da indossare per poi optare per il solito completo. Cerco le mie scarpe arancioni in ogni angolo della stanza, fin quando un’idea malsana inizia a sfiorare la mia mente.
“Plagg, hai visto le mie scarpe?”
Sulla scrivania, il Kwami mangia tranquillamente, ignorando la mia domanda.
“Plagg?”
“Sì, Adrien?”
“Hai visto le mie scarpe?”
“Parlavi con me?”
“Con chi dovrei parlare? Ci siamo solo noi due qui dentro”
“Dimentichi il camembert”
“Non parlo con il tuo formaggio!”
“Peccato. Non sai quante cose dolci potrebbe dirti”
Mi porto una mano al volto, cercando di riacquistare un po’ di sanità mentale nel parlare con l’unico Kwami in grado di pensare solo al suo stomaco. La mia domanda rimane senza risposta mentre i pensieri su cosa sia successo alle mie scarpe inizia a spaventarmi.
“Cosa ne hai fatto?”
“Niente”
“Plagg?!”
Plagg ingurgita un’ultima fetta di formaggio prima di guardarmi con quegli occhi verdi che tante volte ho trovato molto simili ai miei.
“Dove le hai messe?”
“Al sicuro”
“Che significa?”
“Pensavo non le indossassi più ormai. Le avevi buttate in un angolo”
Mi siedo sul letto, cercando di non immaginare le mille cose disgustose che potrebbe aver fatto a quelle scarpe.
“Non potevi essere più normale?”
“Normale? Il mio amore per il camembert è normalissimo! Sei tu che non comprendi quanto possa essere affascinante!”
Scuoto la testa, rassegnato all’idea di dover acquistare un altro paio di scarpe. Abbandono il letto, recuperando un paio di sneakers ed infilandole velocemente.
Plagg si nasconde velocemente all’interno della mia maglia mentre io esco dalla stanza, raggiungendo le scale. Una volta lasciato anche l’ultimo gradino, il gorilla si palesa, ricordandomi che, nonostante la mia età, nonostante mio padre abbia iniziato a lasciarmi uscire qualche volta in più, nonostante io non corra alcun pericolo per le strade di Parigi, non potrò mai essere davvero libero.
Alzo gli occhi al cielo, chiedendogli di accompagnarmi nemmeno io so bene dove. In fondo, il mio piano era quello di raggiungere Marinette ma più la macchina sembra avvicinarsi alla zona dove abita, più inizio a pensare che vedermi sia davvero l’ultimo dei suoi desideri.
Lascio che il mio bodyguard accosti la macchina al ciglio della strada, per poi avvicinarmi al palazzo che molte volte ho visitato negli ultimi anni. Attendo che la macchina svolti l’angolo e, velocemente, mi nascondo in un vicolo, assicurandomi di essere solo.
Una volta al sicuro, Plagg inizia a svolazzare davanti al mio volto.
“Adrien, non farlo”
“Non so di cosa stai parlando”
“Ti ho già detto una volta di non assillarla. Non ha bisogno di…”
Ignoro il suo monologo, qualcosa che sicuramente riprenderà appena rientreremo a casa. Intimo al mio Kwami di trasformarmi nel supereroe di Parigi e con un balzo raggiungo il tetto della struttura accanto  alla pasticceria.
I miei occhi ritrovano velocemente quella terrazza e, oltre lei, la ragazza che ha occupato i miei pensieri tutta la mattina. Marinette è appoggiata alla ringhiera che delimita la struttura, con il volto sorretto dalle sue mani in una posizione di sconforto profondo. I miei pensieri tornano al pomeriggio precedente, a quello sguardo che vagava dal preoccupato, al terrorizzato, al preoccupato. Nuovamente il desiderio di sapere cosa le sia successo prende il sopravvento ed io inizio ad ipotizzare mille teorie, una meno probabile dell’altra.
Scuoto la testa, riprendendo coscienza del mio ruolo in tutta questa storia e con un balzo raggiungo il camino di casa Dupain-Cheng. Con lentezza, in silenzio, mi avvicino a lei, assumendo la stessa sua posizione ed invadendo il suo spazio.
“Ti godi il panorama?”
“Eh? Ah… Sì”
“Che succede, Marinette?”
La vedo lasciar sparire alcuni pensieri e tornare ad osservare il cielo che ormai si è tinto di nuvole scure e minacciose. I suoi occhi sembrano spenti, quasi invasi da una profonda tristezza, qualcosa che non vorrei mai vedere in una ragazza che ho sempre pensato fosse la rappresentazione pura dell’allegria.
Marinette sembra risvegliarsi velocemente, allontanandosi da me e preoccupandosi della finestra di camera sua. La vedo osservare ogni più piccolo dettaglio della sua stanza, o di quel poco che si riesce ad osservare da qui e poi tornare a rilassarsi.
Ho quasi l’impressione che voglia tenermi lontano dalla sua camera e davvero non riesco a capirne il motivo. Non è la prima volta che “entro”, se così si può dire, in casa sua, eppure questa volta sembra volermi nascondere qualcosa.
Marinette si lascia cadere su una sedia in vimini, tornando ad ignorare la mia presenza. Sono quasi tentato di entrare in camera sua e capire il motivo di quel cipiglio così preoccupato ma la mia attenzione ormai è rivolta solamente alla sua espressione, ai suoi occhi stanchi.
“Marinette stai…”
“Portami alla Torre Eiffel… Per favore”
La sua richiesta mi lascia un po’ confuso ma senza pensarci troppo la sollevo da terra, iniziando a vagare per Parigi e raggiungendo velocemente la nostra destinazione. Saltare da una casa all’altra mi dà l’opportunità di sentirla vicina come non succedeva da tempo. Le mie mani stringono il suo corpo mentre le sue sono saldamente ferme sul mio collo. Il suo volto triste si nasconde sul mio petto mentre i suoi occhi si chiudono, beandosi probabilmente dell’aria che ci sfiora. Solo quando arriviamo alla torre Eiffel mi accorgo di quanto avrei preferito allungare il tragitto. Il profumo di Marinette ormai mi aveva circondato, accogliendomi con dolcezza. Le sue braccia sembravano così delicate e calde nello stringermi a sé. La sua pelle sembrava così morbida, così liscia che il mio istinto felino  sarebbe stato felice di accarezzare il suo collo.
Mi riscuoto da quei pensieri, cercando di ignorare il rossore generale che sembra aver invaso il mio volto. Con estrema lentezza, quasi incerto sul volerla davvero lasciare, mi costringo a chinarmi, facendole posare i piedi sulla struttura in ferro. Marinette vacilla un momento, prima di avvicinarsi al bordo della piattaforma. Quasi ho paura che possa cadere da un momento all’altro ma quando la vedo sedersi, lasciando che il vuoto sfiori le sue gambe, inizio a rilassarmi. La calma dura un solo secondo, prima di ritrovare preoccupazione e tristezza nei suoi occhi. Non so a cosa stia pensando ma più i minuti passano, più la curiosità mi assale. Non comprendo cosa la stia facendo soffrire così tanto ed il pensiero che possa star male ancora per me mi devasta.
Mi appoggio alla colonna della struttura, cercando di rispettare il suo silenzio. I minuti passano ma le mie preoccupazioni continuano a crescere. Non riesco a star fermo e, se da fuori posso sembrare calmo e tranquillo, dentro di me sento la confusione regnare sovrana. Il desiderio di sentire la sua voce e di capire a cosa stia pensando prendono il sopravvento ed il buon proposito di aspettare che fosse lei a parlarmi svanisce velocemente.
“Marinette?”
La vedo voltarsi verso di me quasi disorientata dall’aver sentito la mia voce. Non ho idea di cosa affolli la sua mente ma deve essere qualcosa di molto intenso per averle fatto scordare la mia presenza.
“Marinette?”
La vedo sbuffare, lasciandosi cadere distrattamente sulla pedana che ci sorregge. I suoi capelli si sparpagliano sulla struttura, creando un tappeto scuro ma morbido.
“Vuoi dirmi a cosa stai pensando?”
La curiosità ormai mi sta divorando, ho bisogno di sapere. Il silenzio però non sembra voler terminare e Marinette scuote la testa leggermente, in una tacita richiesta di rispettare la sua decisione. Per quanto io sia preoccupato per lei, non posso insistere.
“Dimmi almeno se stai bene”
“Si, credo...”
Mi avvicino a lei, cercando di confortarla come posso, anche solamente rimanendo al suo fianco.
“Non credo di averti mai vista così immersa nei tuoi pensieri prima d'ora. Forse non ti sei ancora ripresa da ieri”
Le parole mi scivolano di bocca e quando capisco di aver detto qualcosa di troppo, mi rendo conto di quanto ormai sia tardi.
“Hai visto Adrien?”
Fortunatamente Marinette non sembra cogliere la verità dietro le mie parole, rifugiandosi nella convinzione della grande amicizia che dovrebbe legare me ed il modello. Se solo sapesse chi si cela dietro questa maschera…
I suoi occhi sembrano concentrati nel capire cosa possa pensare io di lei, la mia parte civile in realtà. Decido di assecondare i suoi pensieri, tornando a nascondermi dietro la maschera di Chat Noir.
“Mi ha detto che non sei stata molto bene ieri”
“Ti ha chiesto lui di venire da me?”
Annuisco lentamente, cercando di non perdere nemmeno un dettaglio delle sue espressioni. I miei occhi riescono a vedere molto bene ogni sfumatura della sua pelle, nonostante il buio abbia offuscato l’ambiente. Non so dire se sia lo stesso per Marinette, probabilmente è solo l’effetto dei poteri di Plagg. L’espressione confusa che vedo sul suo volto colpisce un punto dentro di me, molto vicino al mio cuore. Non so quale parte di me stia parlando in questo momento ma mi rendo conto di averle detto quanto io sia preoccupato per lei. Vorrei solamente farle sapere che può contare su di me, anche se in questo momento non riesce a fidarsi di me, di Adrien Agreste, di colui che ha affrontato nel modo sbagliato una situazione tanto delicata quanto importante.
“Vuoi parlarne?”
Vedo il terrore prendere vita sul suo volto, che qualche istante più tardi si tinge di un rosso acceso.
“Non voglio costringerti, se non vuoi ma se avessi bisogno di qualcuno con cui parlare, sappi che io ci sarò”
Vorrei davvero che lei potesse credermi, che potesse rivolgersi a me in caso di bisogno, che si confidasse con me, che mi cercasse quando è triste, vorrei poter essere per Marinette la spalla che io ho sempre visto in lei. Se non fossi stato così stupido, se avessi trattato i suoi sentimenti con il rispetto che meritavano, se solo mi fossi comportato in maniera differente, forse adesso non saremmo qui, forse io non starei cercando di consolarla nascondendomi dietro ad una maschera nera, forse lei non avrebbe quell’aria affranta in volto.
Il rossore della pelle di Marinette viene nascosta in parte dal suo braccio, un chiaro tentativo di non mostrare i suoi pensieri tramite quel colore acceso. I miei dubbi aumentano, una domanda tra tutte comincia ad affollare la mia mente, ovvero il motivo di tanto imbarazzo.
“Penso di essere molto più confusa adesso delle ultime volte che ci siamo visti”
Il mio sguardo torna su di lei, cercando di capire il vero senso di quelle parole. Le ultime volte che sono passato a trovarla nei panni di Chat Noir è successo di tutto, da litigate a complimenti per quel taglio di capelli nuovo ed ogni volta nel mio cuore sentivo nascere sentimenti nuovi e difficili da spiegare. Mi sono arrabbiato con lei per essersi buttata tra le braccia di Luka, mi sono sentito uno stupido nel capire quanto lei tenesse a me, quanto il suo amore fosse reale e profondo, mi sono sentito male vedendola soffrire, ho iniziato a sentire il mio cuore battere in modo confuso quando mi ha raccontato il motivo per cui aveva scelto di non tagliare i capelli negli ultimi anni. Dopo tutto questo, però, speravo che Marinette si fosse calmata, che si stesse riprendendo, che finalmente stesse tornando a ridere. Cosa può averla portata a sentirsi peggio di quando mi urlò in faccia il suo disprezzo?
“Sono successe molte cose ed io non riesco a trovare un senso a nessuna di queste”
La mia mente registra avidamente questo momento, mettendo in allarme ogni parte di me. Non riesco a capire cosa sia potuto succedere che possa averla sconvolta in questo modo. Mi serve qualche minuto per vagliare le mille possibilità ma più penso di avvicinarmi ad una soluzione, più sento di allontanarmi dalla realtà. Non comprendo, davvero non comprendo!
I suoi occhi continuano a sembrarmi stanchi, spenti, velati da una tristezza profonda. Non sopporto vederla così, in difficoltà, triste, sconvolta, in preda a sentimenti scoraggianti. Vorrei davvero avere il potere di ridarle il sorriso, di farla star meglio ma tutto ciò che posso fare è avvicinarmi a lei ed abbracciarla. La stringo a me, cercando di infonderle un po’ di coraggio, un po’ di forza, un po’ di serenità.
Marinette continua a far vivere il silenzio tra noi mentre io inizio a pensare che forse non voglia dirmi ciò che le sta succedendo.
“Mi sento strana”
“Strana?”
“Strana...”
Stringerla a me si rivela essere stata una pessima idea. La sensazione di qualche minuto fa torna a colpirmi con forza e mentre io cerco di capire cosa sia quel calore che sento iniziare a prendere vita in me, il mio corpo si muove da solo, mostrandomi la via verso i suoi capelli, verso quel profumo di lei che prima mi aveva avvolto con dolcezza.
“C'è qualcosa che non va in me”
Non potrebbe mai esserci nulla che non vada in lei, mai! Il fatto stesso che lei possa pensare una cosa simile prova quanto in realtà sia una persona splendida, sempre preoccupata di poter sbagliare.
“In che senso?”
“Sto cercando di dimenticarlo”
I miei muscoli si tendono istintivamente sentendo quella frase. Qualcosa inizia a ribollirmi nel sangue. Sta cercando di dimenticarlo, di dimenticarmi. Perché? Forse non è la domanda migliore o la più intelligente ma nient’altro sembra importarmi in quel momento. Lei vuole dimenticarmi, Marinette sta cercando di abbandonare i suoi sentimenti verso di me. Perché? Non mi sto chiedendo “perché vuole farlo” ma piuttosto perché questo mi stia infastidendo così tanto. Non dovrebbe interessarmi, non dovrei pensare così tanto a lei, in fondo, per me è sempre stata solamente un’amica. Perché? Perché mi lascia così vuoto sapere che stia cercando di superare questa fase della sua vita? Perché mi sento come se tutto l’ossigeno di Parigi non bastasse a riempire i miei polmoni?
“C-come?”
Sputo quella domanda come se mi stesse costando la vita.
“Non posso continuare ad amare una persona che non prova nulla nei miei confronti. Non posso continuare a soffrire per colpa sua. Eppure...”
“Eppure?”
Quella parola sembra riempire parzialmente il vuoto che si era creato in me. È bastato un “eppure” a ridarmi forza ed io non riesco a capire come questo sia possibile.
“Eppure ogni volta che mi guarda, mi preoccupo di cosa possa pensare di me e, nell'ultimo periodo, potrei giurare di aver visto nei suoi occhi cose contrastanti”
Contrastanti?
“Sembra preoccupato per me, quasi più dolce nei miei confronti ma oltre questo, lo vedo giudicare le mie decisioni, le mie parole, le mie azioni. Non riesco a capire cosa stia succedendo. L’attimo prima sembra imbarazzato nel parlarmi, quello dopo sembra volermi incenerire con lo sguardo. Mi confonde!”
Cosa? Davvero ha visto tutto questo in me?
I miei pensieri si intrecciano nuovamente, lasciandomi in balia di sentimenti strani, questa volta davvero contrastanti. Ammetto di essermi sentito confuso in questi ultimi giorni ma non mi ero mai fermato a chiedermi il motivo di tutto ciò e non credevo che qualcuno potesse essersi accorto di quel mio malumore generale.
Ricordo di aver passato notti in bianco, in preda ad uno strano sentimento che non avevo mai provato prima. Ricordo di essere arrivato tardi a lezione, con profonde occhiaie ed un sonno incredibile. Ricordo di aver cercato lo sguardo di Marinette a scuola, forse anche per strada. Ricordo il fastidio provato quando Marinette pronunciò il nome di Luka mentre decidevamo di andare al cinema tutti assieme. Non capivo perché avesse quell’espressione nel parlare di lui, non capivo perché il suo viso fosse diventato di una tonalità più accesa, non capivo perché avesse quell’aria sognante mentre parlava di lui. O forse non volevo capire. Ricordo di aver visto Marinette strozzarsi con un po’ d’acqua quando Rose disse che, secondo lei, Luka aveva finalmente trovato una ragazza da frequentare e ricordo molto bene la rabbia che avevo provato quando, arrivato davanti al cinema, avevo notato la loro assenza.
Probabilmente nella realtà saranno passati solo alcuni secondi ma dentro di me i pensieri sembrano avermi rapito per minuti interminabili. Sento il respiro di Marinette farsi pesante, in preda a quella confusione che posso leggere nei suoi occhi e più la guardo, più i miei muscoli sembrano rilassarsi. Non so quale potere abbia su di me questa ragazza ma averla accanto riesce a destabilizzarmi e, se prima pensavo fosse solo una mia impressione, adesso so di non essere l’unico ad essersi accorto di quanto lei possa influenzarmi.
“Come posso dimenticarlo se continuo a preoccuparmi di ciò che pensa, di ciò che fa o non fa?”
La risposta viaggia veloce dal mio cuore alla mia mente, passando per la mia bocca senza filtri.
“Forse non dovresti”
Il suo volto ritrova il mio e quella distanza che fino a qualche istante fa ci separava, ormai sembra essersi accorciata terribilmente, lasciandoci a pochi centimetri l’uno dall’altra. I suoi occhi, quelle pozze azzurre e tremendamente intriganti, mi osservano con sorpresa. Nel loro riflesso trovo una versione diversa di me, un ragazzo determinato, un ragazzo che, nonostante ancora non abbia capito cosa stia provando, sembra volersi aggrappare a qualunque cosa possa renderlo felice o anche solo dargli un briciolo di speranza. Il bello di tutta questa situazione è che non so nemmeno io in cosa sto cercando di riporre speranza. Tutto ciò che so è che sapere che stia cercando di dimenticarsi di me ha aperto un vuoto nel mio cuore. Posso sembrare egoista ma non voglio che succede.
Quella domanda ritorna nella mia mente con troppa forza. Perché? Perché mi sto aggrappando così disperatamente al suo amore nei miei confronti? Perché non riesco a lasciarla andare?
“Forse semplicemente non dovresti dimenticarlo”
Non so cosa mi stia spingendo a dire certe cose ma ogni parola che esce dalla mia bocca sembra dettata da qualcosa di totalmente diverso dal cervello, qualcosa che forse dovrei imparare ad ascoltare più spesso.
“Non posso continuare ad illudermi di qualcosa che non avverrà mai”
Illudersi?
“Ne sei sicura?”
Non capisco il perché io non riesca a riprendere il controllo sulla mia bocca. Cosa significa quella domanda? Cosa sta succedendo?
“Non iniziare anche tu, per piacere”
Il flusso costante di pensieri che ho avuto finora sembra interrompersi, alla ricerca di una spiegazione che non tarda ad arrivare.
“Alya ha l'assurda convinzione che lui stia cominciando ad interessarsi a me... Ad essere geloso del mio rapporto con Luka”
Gelosia. Ecco cos’è. Gelosia. Che parola semplice e banale per descrivere un tormento che affligge gran parte della popolazione umana. Gelosia. Una parola, tre sillabe, sette lettere. È davvero questo quello che provo? Gelosia? Per cosa poi? Sono geloso di Marinette? Sono geloso di saperla al fianco di Luka? Sono geloso di sapere che si sono baciati? Sono geloso del pensiero che possa succedere un’altra volta? Sono geloso di averli visti sparire dentro ad uno stanzino, da soli?
La risposta lampeggia chiara e semplice nella mia mente e questa volta non posso ignorare tutti i segnali che il mio corpo mi sta mandando.
Sì. Sono geloso. Sono tremendamente geloso.
“Sono solo sciocchezze. È stato molto chiaro riguardo ai suoi sentimenti per me”
Marinette torna a nascondersi al mio sguardo mentre io riemergo da quella mia consapevolezza. Troppi sentimenti iniziano a sovrastarmi ed il pensiero di aver impiegato così tanto tempo per capire di essere geloso di questa ragazza mi fa sentire un perfetto idiota. Se solo quel giorno avessi saputo cosa sarebbe successo tra noi, mi sarei comportato diversamente.
“Adrien però è solo un pezzo di questo puzzle confuso”
Quel sentimento torna a colpirmi violentemente. Se io rappresento solo una parte dei suoi problemi, non mi è difficile immaginare chi possa occupare i suoi pensieri assieme a me.
“Luka?”
La vedo annuire e segnare la totale sconfitta della mia mente che ormai soccombe al suo volere.
“Lui è riuscito più volte ad aiutarmi. Mi è stato accanto quando Papillon ha cercato di prendere il controllo della mia mente ed è quello il motivo per cui noi... Ci siamo baciati”
La voce diventa un sussurro, iniziando ad essere sovrastata del rumore del mio cuore che dà vita ad una personale maratona.
“Qualcosa però è cambiato”
Se prima potevo dirmi teso, potevo dirmi preoccupato per lei, adesso so che tutte quelle sensazioni hanno un nome bel preciso che non riuscirò mai più a scordare.
“Cosa?”
Marinette sospira un paio di volte, portandosi le mani alla bocca e sfiorandosi le labbra, immersa in un ricordo che avrei tanto voluto abbandonare nel dimenticatoio. I suoi pensieri diventano ben presto i miei e mentre lei sembra arrossire ed imbarazzarsi nell’immaginare nuovamente ciò che ha vissuto, io tento in ogni modo di non focalizzarmi su quell’idea. Qualcosa però, mi dice che la sfortuna che colpisce sempre i gatti neri non sia ancora finita.
“Ho iniziato a provare qualcosa”
Eccola, la doccia gelida, il freddo polare che mi colpisce in pieno, paralizzandomi. L’aria inizia a mancarmi nei polmoni, l’ossigeno sembra evaporare velocemente mentre mi trovo a balbettare una frase, una domanda, una serie di parole confuse.
“A... Provare qual-qualcosa? Cosa?”
Il silenzio torna tra noi mentre io cerco di richiamarla alla realtà.
“Non lo so, Chat Noir!”
Una pessima, brutta, bruttissima sensazione si fa strada in me. Cosa significa? “Ho iniziato a provare qualcosa” ha detto. Qualcosa, cosa? Cosa diavolo sta succedendo? Cos’è successo tra loro? Cos’è questo qualcosa?
“Ogni volta che siamo insieme, una strana sensazione si impossessa di me. È come se il mio corpo iniziasse ad andare a fuoco sotto le sue attenzioni ed io non riesco a capire cosa mi stia succedendo! Non comprendo cosa sia quella sensazione! Non riesco a capire cosa mi stia succedendo e più ci penso, meno ne vengo a capo!”
Sento il sangue nelle mie vene congelarsi, paralizzarsi totalmente, così come il resto del mio corpo. Non posso credere a quello che ho appena sentito uscire dalle labbra di Marinette. Quella sensazione di cui parla, quel calore che prova, dice di non riuscire a capire cosa le stia succedendo ma io credo di aver compreso fin troppo bene. Marinette è attratta da Luka. O forse… Anche qualcosa in più.
“Ti sei innamorata di lui?”
Il suo sguardo cerca il mio, dando voce all’unica risposta che sarei riuscito ad accettare in questo momento, l’unica che avrei potuto sopportare questo pomeriggio.
“Cosa?! No!”
La sua voce diventa incerta, quasi distratta da qualche pensiero. Non credo si sia resa conto di quanto la mia sanità mentale dipenda dalle sue parole.
“Io non... Non credo... È qualcosa di diverso! Non è amore, è qualcos'altro”
“Qualcos'altro?”
“Non so come spiegartelo. Non è la sensazione che provo accanto ad Adrien e non sono sicura che riuscirei a sentire le stesse cose”
Non credo di aver capito bene. Se da una parte posso ritenermi soddisfatto di sapere che solo con me lei riesca a provare certe cose, un’altra parte, poco più profonda della prima, non comprende le sue ultime parole.
“Come fai a saperlo?”
Marinette mi guarda confusa, con gli occhi spalancati,
“Come fai a sapere che con Adrien non proveresti le stesse cose?”
“Sarebbe imbarazzante perché Adrien non prova nulla nei miei confronti”
“E pensi che con Luka tu riesca a sentirti in quel modo perché lui è interessato a te?”
“È difficile da spiegare”
“Provaci!”
Mi rendo conto di aver alzato davvero troppo la voce ma quel discorso mi sta portando sull’orlo di un precipizio. Tento di trovare una scusa qualsiasi pur di giustificare quel mio comportamento, troppo interessato al rapporto tra Marinette ed Adrien, tra lei e me.
“C-credo sia importante capire i tuoi sentimenti per entrambi... Per te...”
La sento sospirare, lasciandosi avvolgere da un ricordo che le imporpora le guance.
“Ieri, con Luka, mi sentivo bene. Non c'era imbarazzo, non c'era timore, non c'era indecisione. Mi sono sentita amata, desiderata, era come trovarsi avvolti dalle fiamme mentre fuori dalla stanza tutto il mondo sembrava sparito”
“Stanza? A-aspetta. Quindi voi... In quello sgabuzzino...”
Quella stanza! Sapevo fosse successo qualcosa, eppure ho continuato ad ignorare il tutto, cercando di concentrarmi sul malumore che sembrava aver colto Marinette in quel momento.
“Con Adrien non sarebbe lo stesso. Da parte sua mancherebbe quella passione e quella determinazione che sento con Luka, perché lui non è interessato a me. Diventerebbe tutto molto imbarazzante”
Imbarazzante. Altra parola densa di significato.
Le sue frasi continuano a lasciarmi stordito, in balia di troppi sentimenti contrastanti che sembrano lottare per conquistare il dominio sulla mia mente.
“Marinette, posso darti un consiglio?”
So di star giocando con il fuoco ma forse è questo è l’unico momento in cui potrò mai dirle certe cose, nascosto dietro una maschera, nascosto dietro l’identità di qualcuno che non accosterebbe mai ad Adrien.
“Non credo dovresti continuare a vedere Luka. Non in un modo così... Intimo”
“Cosa?”
Recupero quella dote che solitamente appartiene alla ragazza al mio fianco e balbettando cerco di spiegarle parte del motivo che mi ha spinto a quella conclusione.
“N-non pensi a lui? I-insomma sai quanto tenga a te, come puoi approfittare dei suoi s-sentimenti per soddisfare i tuoi capricci?”
So bene quanto questa sia solo una facciata della medaglia, nemmeno la più importante in realtà. Quel sentimento che ho appena iniziato ad identificare già sta avendo effetti su di me che non credevo avrebbe mai potuto esercitare. Sicuramente non voglio che Marinette si approfitti dei sentimenti di Luka ma ciò che più mi ha spinto a dire quelle parole è semplicemente la consapevolezza di non poter sopportare l’idea che tra loro si possa creare un legame così profondo. Non so come potrei accettare di saperla tra le sue braccia, di sapere che si sia innamorata di lui, di sapere che tra loro ci sia stato qualcosa di più di un semplice bacio.
“È esattamente quello che ha fatto Adrien a me!”
La sua voce mi riporta alla realtà in modo quasi drastico.
“Cosa?!”
“Pensaci, anche lui ha fatto leva sui sentimenti che provo per rimanere al mio fianco senza che il nostro rapporto cambiasse. Sapeva cosa provassi nei suoi confronti e non si è preoccupato di quanto io potessi soffrire”
“Sì ma lui, al contrario tuo, non ne ha approfittato per baciarti o..”
La mia voce si interrompe, assorta in un dubbio che avrei preferito rimanesse mio ma che ormai sembra voler scivolare dalle mie labbra.
“Toglimi una curiosità, fin dove vi siete spinti tu e Luka?”
Non credo sarei mai riuscito ad essere così diretto se non vestissi i panni dell’eroe di Parigi. Adrien non gli avrebbe mai chiesto di raccontargli nei dettagli cosa abbia fatto con Luka. In verità, ancora non sono sicuro che sia stata la scelta migliore ma ormai questo pomeriggio sembra sancito dall’assenza completa della mia volontà, vinta da quel desiderio di conoscenza, un desiderio che potrebbe ritorcermisi contro.
“C-cosa intendi dire?”
“C-che cosa avete f-fatto assieme?”
“N-niente!”
Il mio sguardo sembra spingerla a chiarire quella posizione.
“C-c'è stato solo qualche bacio”
“Marinette...”
“C'è stato davvero solo qualche bacio!”
Non sembra credere nemmeno lei alle sue stesse parole.
“L-lui… Sentire le sue mani su di me…”
Un imbarazzo generale scende ad avvolgerci. Le sue parole sembrano confuse alle mie orecchie o forse semplicemente non riesco ad assimilare il fatto che lei si sia lasciata andare così tanto alla sua presenza.
Trascorrono istanti di silenzio mentre cerco di capire cosa stia succedendo dentro di me, tra noi, tra lei e Luka. Una confusione profonda mi invade e più cerco di far chiarezza, meno sembro riuscirci. La distanza tra noi si accorcia nuovamente mentre io mi specchio in quegli occhi profondi e pieni di sentimenti.
“M-Mari...”
Il suo volto mi attira inevitabilmente ed è altrettanto inevitabile il rombo lontano che sento propagarsi nell’aria. Il gatto nero della sfortuna, della distruzione non è solamente un modo di dire, per me rappresenta la verità assoluta, la mia realtà.
Mi rendo distrattamente conto di esserci alzati e di stringere Marinette nuovamente tra le mie braccia. Questa volta però non c’è nulla di dolce o romantico in tutto ciò, solamente paura che possa farsi male. Non aspetto nemmeno di sentire la sua opinione, trascino Marinette da un tetto all’altro, lasciandola a poca distanza da casa sua, sul tetto dal quale la stavo osservando tempo prima.
“Devo andare...”
“Cosa?”
I miei occhi tornano sui suoi mentre il pensiero di dover combattere, in quel momento, non mi attira per nulla. Mi infastidisce però maggiormente il dover lasciare Ladybug da sola a fronteggiare chissà chi.
“Non muoverti da qui, Marinette, tornerò presto, promesso!”
Non avevo la minima idea che non sarei mai riuscito a tener fede a quella promessa.
 
Vago per la città verso i boati che sembrano rimbombare nei pressi della scuola. Raggiungo il fulcro della confusione appena in tempo per appoggiare i piedi a terra durante una scossa devastante. In una via stretta e buia trovo due figure intente a distruggere tutto ciò che le circonda. Automobili, palazzine, cassette postali ed edifici vengono ridotti in macerie senza forma, ammassi di metallo. Le loro figure sono diverse da tutto ciò che ho visto fino ad ora e, di nemici, ne ho visti davvero molti.
Un pezzo di maceria si alza da terra dopo un nuovo colpo inferto da uno dei due personaggi controllati da Papillon. Il calcestruzzo inizia a sgretolarsi mentre il rimasuglio si staglia con velocità in direzione di una signora che sembra stia cercando di trascinare via il figlio piccolo, evidentemente attratto da tutto ciò che riguarda i supercattivi di Parigi. Velocemente allungo il bastone alle mie spalle, sollevandomi da terra e raggiungendo la donna appena in tempo per portarmi direttamente sulla traiettoria del cumulo di cemento.
Un tonfo sordo si perde sulla mia schiena mentre avvolgo gli innocenti che ho giurato di proteggere da qualunque pericolo. Un dolore incredibile si propaga nel mio corpo, costringendomi a far forza sulla donna per non cadere a terra.
“Chat Noir?”
La voce del bambino mi riporta al presente e su quel volto dove fino a pochi istanti prima potevo vedere solo curiosità, adesso leggo paura e preoccupazione. I suoi occhi continuano ad osservarmi, probabilmente cercando di capire il perché di quella smorfia di dolore. Io per primo mi trovo incredulo da tutta quella situazione. I poteri del Miraculous e di Plagg mi hanno sempre protetto, difeso da tutto ciò che avrei potuto affrontare in una lotta contro i nemici francesi. Questa volta però qualcosa sembra essere diverso e non sono sicuro che la colpa sia dei due personaggi travestiti da campioni mondiali di arti marziali.
“Sto bene, non preoccuparti”
Il bambino sembra credere alle mie parole quanto basta affinché io possa far presa sul suo istinto di maschio alfa intimandogli di portare sua madre a casa.
“Vieni, ti proteggerò io!”
Lo sento vantarsi del ruolo di paladino che gli ho conferito e trascinare la madre lontano da quella confusione.
Lentamente, molto lentamente, cerco di ricompormi ed adattarmi a quel nuovo dolore che mi ha sconvolto. Pochi secondi bastano per notare la presenza di altre persone, troppe per riuscire ad affrontare questi due nemici senza coinvolgerli, per di più, da solo.
“Dove sei Ladybug?!”
Utilizzo il mio bastone come arma, cercando di attirare l’attenzione di quelle due figure dagli strani costumi. Li colpisco un paio di volte prima di vederli voltarsi verso di me e capire che, in quel momento, solo io posso essere il loro obiettivo. Schivare i loro colpi non è la cosa più facile che io abbia mai fatto ma non risulta più difficile di un incontro di scherma. Ho passato anni a praticare quello sport ed ormai il mio corpo sembra muoversi e rispondere in automatico a certi movimenti avversari.
Dopo aver schivato la maggior parte dei loro attacchi, attiro la loro attenzione spostandomi da quella zona troppo affollata verso un campo più vasto e deserto, la Torre Eiffel.
I minuti seguenti sembrano avvolti da una strana forma di loop temporale. Mentre un avversario continua ad attaccarmi senza sosta, l’altro ricomincia a provocare scosse alla pavimentazione che ci circonda, lanciandomi contro tutto ciò che riesce a staccarsi da terra.
Evito l’ennesimo macigno ed un nuovo calcio per poi intravedere quel lampo rosso scagliarsi alle mie spalle e disintegrare qualcosa che sicuramente mi avrebbe provocato nuovamente un gran dolore.
“Ladybug, non ti nascondo che avrei preferito avere la tua compagnia molto prima”
“Scusa, sono stata occupata”
La vedo avvicinarsi con cautela, osservandomi con un’espressione dubbiosa. I suoi occhi continuano a vagare sul mio corpo, cercando i segni dei colpi subiti dai nemici ed io inizio a sentirmi a disagio sotto quello sguardo azzurro.
“Allora? Qualche idea, Ladybug?”
La sua attenzione si focalizza sui nemici, liberandomi da quella situazione.
Qualche secondo di pace basta alla mia mente per farsi sopraffare dai ricordi.
“Ho iniziato a provare qualcosa”
“Non è amore, è qualcos'altro”
“Mi sono sentita amata, desiderata, era come trovarsi avvolti dalle fiamme mentre fuori dalla stanza tutto il mondo sembrava sparito”
Ogni parola continua a ripetersi nella mia mente, ogni sillaba, ogni lettera sembra premere in un punto ben preciso dentro di me provocandomi una sensazione fastidiosa di ansia, tristezza e fastidio.
Scaccio quei ricordi velocemente, tentando di concentrarmi su ciò che ho di fronte, l’ennesima battaglia con l’ennesimo nemico. Ladybug continua a cercare una qualche soluzione ma più tempo si prende per vagliare ogni possibilità, più la mia mente sembra non concentrarsi a sufficienza, lasciando che quella sensazione strana si espanda dentro di me.
“Non vorrei metterti fretta, milady ma forse il tuo Lucky Charm potrebbe esserci utile prima del solito”
La maschera prodotta del potere della coccinella si beffa di noi e del nostro voler porre termine alla battaglia velocemente. Ladybug indossa quello strano oggetto, cercando di capirne l’utilizzo ma nulla sembra aiutarla e mentre lei sembra in balia dell’incomprensione, uno dei nemici pare aver capito quanto sia difficile per noi affrontarli.
Un colpo sordo mi giunge alle orecchie quando Ladybug crolla a terra, colpita in pieno addome.
“Ladybug! Stai bene?!”
“Forse ho… Capito”
La paladina di Parigi viene colpita una seconda volta ed il mio corpo sembra tornare a muoversi in automatico, ponendosi tra lei ed i nostri nemici. Gli attacchi nemici iniziano a sembrarmi sempre più precisi, sempre più veloci, sempre più forti ma so bene di non poter attribuire loro tanto merito. Non so cosa stia succedendo ma le forze che solitamente mi conferiva il Miraculous del gatto nero si stanno affievolendo secondo dopo secondo.
Vedo Ladybug osservare attentamente i corpi delle vittime di Papillon ed un sorriso lieve le tinge le labbra mentre mi spiega cosa fare per porre finalmente termine a questa battaglia. Bastano pochi istanti per vedere Parigi tornare allo stato originale e mentre la guardo, vedo sul suo corpo comparire dai vuoti lasciati dalla tuta. Proprio come la prima volta, la paura si fa spazio dentro di me, accompagnata da un’infinità di domande. Che diavolo sta succedendo? Il potere della coccinella dovrebbe assicurare a Ladybug forza e protezione, non solamente un bell’aspetto ed una maschera intrigante!
Ignorando il dolore di quelli che probabilmente diventeranno i primi lividi prodotti da Papillon, raggiungo la mia compagna d’avventure, preoccupato per il suo stato ma quando finalmente la raggiungo il mio corpo si lascia vincere dai colpi subiti, intaccando quel briciolo di forze che ancora mi teneva in piedi. Davanti a me, la paladina di Parigi inizia a sfocarsi, rendendosi sempre più un miscuglio tra i colori accesi del suo costume e le tonalità grigie dei palazzi che ci circondano. I suoi occhi azzurri iniziano a confondersi con la carnagione chiara mentre sento le ultime forze abbandonarmi.
Ricordo solo il suo tentativo di raggiungermi ma ormai il buio prende il sopravvento, dandomi la possibilità di sentirla ma non di reagire.
Non so dire di preciso quanto tempo sia passato, potrebbero essere secondi, come minuti od ore. Quello che so è che una strana sensazione inizia ad invadermi, un senso di calore che pare avere origine proprio dove so di essere stato colpito dai succubi di Papillon. Qualcosa di freddo e cremoso sembra posarsi sul mio corpo, lasciando dietro di sé sollievo da quell’inferno. Il dolore inizia a scemare ed il mio corpo sembra riuscire a muoversi, finalmente. Un volto mi appare davanti agli occhi, un volto sfocato, un volto confuso, un volto sorridente, un volto felice e dolce, un volto che incornicia due gemme azzurre dalla bellezza inconfondibile. Il colore profondo e splendente di quegli occhi non può che appartenere alla ragazza che negli ultimi giorni sta occupando ogni secondo delle mie giornate. Solo adesso mi rendo conto di quanto tempo io passi a cercare di non pensare a lei ed a quanto poco io ci riesca davvero. In fondo, nelle ultime settimane, in un modo o nell’altro, la mia testa non riesce a scostarsi da lei, da Marinette, dalla ragazza che non volevo ammettere che mi amasse profondamente, dalla fanciulla che riesce a farmi sorridere con molta semplicità e con forse più velocità riesce a farmi arrabbiare, dalla meravigliosa persona che è riuscita ad innamorarsi di me ed a nascondermelo per paura di non essere abbastanza per me. Da lei. Lei, che è riuscita a farmi provare affetto, tenerezza, dispiacere, dolore ed anche gelosia. Marinette.
Basta un secondo per riportarmi alla realtà, una realtà del tutto diversa da quello che stavo osservando fino a pochi istanti fa.
“Ladybug…”
Ero sicuro di aver visto Marinette, potrei davvero giurare di averla avuta accanto finora ma la persona che mi sta osservando con preoccupazione indossa un costume a pois lacerato dall’ultimo combattimento affrontato ed i suoi occhi non trasmettono felicità o allegria ma solo tanta preoccupazione e sofferenza. È in quel momento che la sento sussurrare qualcosa mentre il dolore riprende possesso del mio corpo, riportandomi in quell’oblio scuro e solitario.
 
Nuovamente perdo il conto del tempo trascorso. Il dolore sembra mitigato e, sebbene sappia di avere bisogno di riposo, qualcosa attira la mia attenzione, un profumo a me famigliare ed il rumore di alcuni recipienti che vengono spostati da una stanza all’altra.
Le mie palpebre si aprono velocemente, mostrandomi una stanza completamente sconosciuta. Non ricordo niente, nulla su come io sia potuto arrivare qui e nemmeno dove sia esattamente questo posto.
Lentamente scosto le coperte dal mio corpo, scendendo dal letto con cautela. Una strana sensazione prende il sopravvento su di me, qualcosa di diverso dal senso di oppressione e prigionia che hanno offuscato la mia vita per anni, qualcosa più simile al calore di una famiglia.
Raggiungo la porta della stanza e con decisione la apro, scoprendo che il profumo che sentivo altro non era che un aroma di formaggio ed erbe aromatiche.
“Non è salutare mangiare tutto quel formaggio prima di cena”
“Non posso resistergli, è come un sirena per me”
“Sai che le sirene non esistono, gli esseri umani le hanno inventate secoli fa per giustificare il loro destino avverso”
Un rumore più lieve si sente appena distante da quelle voci e l’odore di una tisana aromatizzata alla cannella si espande fino a me. Con molta lentezza raggiungo la soglia di quella stanza, sorprendendo Plagg alle prese con un formaggio ben più profumato rispetto quello che solitamente mangia. Al suo fianco, Wayzz sta gustando dei semplici biscotti mentre il Maestro Fu si accomoda, lasciando sul tavolino due tazze dai decori orientali.
Un passo ancora e la mia presenza viene notata da Plagg che, stringendo tra le mani il suo formaggio, svolazza fino a raggiungermi.
“Ben svegliato, Adrien”
“Plagg… Grazie…”
Il suo corpo ha delle piccole macchie trasparenti, qualcosa che mai avevo visto prima.
“Cosa ti è successo?”
Il Kwami osserva il suo colorito sbiadito per poi ingoiare l’ultimo pezzo di formaggio e riprendere il suo volo verso il tavolo.
“Questo succede se ti fai confondere dal camembert”
“Cosa?”
“Adrien”
Il Maestro Fu attira la mia attenzione e quasi mi dimentico di quella frase sconnessa sul suo formaggio preferito. Cosa centra adesso il camembert?
I miei occhi vagano per la stanza, fino a trovare quelli rassicuranti del Guardiano dei Kwami. Con un gesto semplice mi invita ad unirmi a lui per gustare una tazza di quello che, sono sicuro, sarà un’ottima qualità di thè.
Lentamente mi avvicino al tavolino, inginocchiandomi a terra come le usanza cinesi impongono. Ricordando le lezioni sulla cultura orientale, chino la testa, ringraziando il Maestro per la tisana e l’ospitalità. La mia mente sembra elaborare i pensieri senza che io debba far nulla, quasi come se fossi un automa e non un ragazzo con mille domande in testa.
Plagg e Wayzz riprendono a conversare mentre io sorseggio in silenzio quel liquido scuro.
“Come ti senti?”
“Cosa? Ah, bene… Più o meno”
I miei occhi ritrovano i suoi, verde nel marrone intenso.
“Ne sono felice”
“Cos’è successo a Plagg?”
Il sorriso di quest’uomo si adombra, rendendo l’atmosfera cupa e triste.
“Credo sia arrivato il momento di raccontarti una storia, Adrien”
Il Maestro posa gli occhi sul liquido dentro la tazza mentre inizia a narrare la storia non troppo felice di una portatrice del Miraculous della volpe, una giovane piena di buoni propositi ma dal cuore e dalla mente troppo combattuta. Qualcosa mi suggerisce che la sua vita possa in qualche modo farmi capire cosa sia successo a Plagg ma più cerco di trovare delle somiglianze, meno sembro riuscirci, almeno fin quando i miei occhi non tornano sulla sua figura, trovando la posizione delle sue zone vuote molto famigliari. Il Kwami sembra cercare di ignorarmi, in attesa che sia io a comprendere il significato di tutta quella storia.
Immagini dell’ultima battaglia contro i nemici di Parigi si palesano davanti ai miei occhi e le mie mani tornano veloci al mio corpo. Sollevo la maglia, scoprendo lividi rossastri di dimensioni che mai avevo visto, nemmeno dopo ore di allenamento.
“Ma cosa…”
Sono proprio quei segni a collegare la storia del Maestro Fu a quel dolore durante l’ultimo combattimento. Non mi ero nemmeno reso conto di poter fare del male a Plagg, non mi ero reso conto di poter limitare così tanto il suo potere sul mio corpo semplicemente assecondando la confusione della mia mente. Non mi ero nemmeno reso conto di avere così tanti pensieri, confusi e complessi tanto quanto i miei sentimenti.
“Com’è possibile?”
“La mente può influenzare molto il corpo umano, Adrien”
“Al punto da indebolire il potere del Miraculous?”
“Esattamente. Il legame tra te e Plagg viene condizionato dalla confusione dei tuoi pensieri e questo può arrivare ad annullare la trasformazione prima del tempo o renderla talmente flebile da non proteggerti”
“I miei pensieri…”
“Ed i tuoi sentimenti, Adrien”
Il silenzio mi avvolge, lasciando spazio in me solo ad una serie di dubbi e quesiti. Sono quei pensieri ad aprire in me una voragine profonda. Quei lividi, quel dolore, la trasformazione svanita in alcuni punti, io ho già visto tutto questo e non sul mio corpo purtroppo.
“Ladybug…”
“Sta bene, non ti preoccupare”
“No, non sta bene, non stava bene l’ultima volta e sicuramente non sta bene adesso!”
“Adrien, calmati”
“Non posso calmarmi! Lei ha bisogno di aiuto!”
“Adrien…”
“Calmati, il tuo camembert sta meglio di te”
La voce di Plagg risuona nella stanza e con poche e semplici parole riesce a riportare tranquillità dentro di me. Lui è l’unico che possa capirmi, perché è l’unico che sappia quanto tengo a lei.
“Cosa?”
“Ladybug sta bene, meglio di noi comunque”
“Ne sei sicuro?”
Un sorriso beffardo gli dipinge il volto.
“Certo. Sai, è stata lei a salvarti”
“Cosa?”
La voce del Maestro torna a farsi spazio nella discussione tra me e Plagg.
“Ti ha portato da me, in modo che io potessi aiutarti. Le vostre trasformazioni ormai si erano sciolte e lei non aveva potuto accompagnarti fino alla mia porta. Prima di svenire mi ha pregato di raggiungerti e di salvare te, Plagg e Tikki”
Il Maestro assapora l’ultimo sorso di tisana prima di riprendere il suo monologo.
“Tu, però, non avevi più bisogno di me mentre lei sì”
“Cosa significa?”
“Le tue ferite erano già state curate attentamente da Ladybug mentre le sue erano fresche e profonde”
“Com’è possibile?”
“A volte sei davvero stupido, Adrien”
“Plagg!”
Sento il Maestro sghignazzare mentre Plagg mi guarda con arroganza. Cosa c’è di tanto stupido nella mia domanda?
“Avevo lasciato a Ladybug una pomata speciale per queste occasioni, la stessa che l’ha aiutata dopo l’ultimo scontro. Avrebbe potuto usarla su di sé, portarti qui e lasciare che fossi io a guarirti ma ha preferito aiutare te, ignorando il dolore che provava e lo sforzo che le sarebbe costato accompagnarti da me”
“Cosa…”
“Per fortuna le sue ferite non erano molto gravi. Si è ripresa dopo appena mezz’ora di sonno e, dopo aver ricevuto una nuova confezione di pomata, è tornata a casa di fretta. Voleva evitare di vederti senza maschera”
“Capisco”
Il pensiero che Ladybug abbia rischiato di sentirsi davvero male pur di aiutarmi mi lascia senza parole. Ho sempre saputo quanto lei fosse altruista e generosa ma non credevo che potesse tenere alla mia sicurezza più che alla sua.
“C-come stava?”
“I suoi lividi stanno meglio dei tuoi ma ci vorrà ancora qualche giorno perché si rimetta completamente”
“Tikki?”
“Anche a lei servirà qualche giorno di tranquillità”
“Tranquillità eh?! Potremmo chiedere a Papillon il favore di non disturbarci per un po’”
Il Maestro Fu si adombra per un istante, prima di ricordarmi che non sempre ciò che desideriamo si avvera.
“Possiamo solo sperare che non si sia accorto di nulla”
“Già”
Il silenzio torna prepotente tra noi, lasciandomi il tempo di costatare quanto il dolore sia ancora forte nei punti colpiti dai nemici qualche ora fa.
“Maestro?”
Lo sguardo di questo vecchietto torna su di me, abbandonando i suoi pensieri, evidentemente non troppo felici.
“Quanto tempo servirà a me per guarire completamente?”
“Purtroppo credo avrai bisogno almeno di una settimana. Il tuo corpo non è abituato all’effetto della pomata ed i lividi faticheranno a sparire velocemente”
“Capisco”
Il Maestro lascia la tazza sul tavolo, alzandosi e dirigendosi verso una piccola credenza. Una volta estratto un contenitore di medie dimensioni, richiede lo sportello e torna accanto a me.
“Ricordati di spalmarla sui lividi almeno una volta al giorno, anche due se ti senti male”
Afferro il barattolo ed al suo interno vi trovo una crema fredda ma dal profumo intenso, lo stesso aroma che mi era sembrato di sentire poco dopo la battaglia. Il ricordo confuso della sensazione di avere accanto a me Marinette torna a farsi presente nei miei pensieri mentre ringrazio il Maestro ed aiuto Plagg a posarsi all’interno della mia maglia. Solo in quel momento mi rendo conto del problema che rappresentano i lividi.
Velocemente srotolo le maniche e chiudo la camicia, così da coprire ogni macchia sulle braccia e l’assenza della tshirt sul torace ma i pantaloni strappati potrebbero rappresentare uno scoglio.
Non posso rientrare a casa con dei lividi, mio padre potrebbe anche non accorgersene ma a Nathalie non sfuggirebbero e basterebbe una parola a Gabriel Agreste per condannarmi a passare il resto della settimana, o peggio, del mese, chiuso in casa. Non posso permetterlo. Specialmente quando il prossimo week end si terrà l’evento dedicato ai due paladini della città.
Ringrazio nuovamente il Maestro e mi avvio verso il primo negozio di abbigliamento aperto. Afferro il primo paio di jeans della mia taglia e corro a cambiarmi. La vera impresa è pagare quell’acquisto senza dover subire una radiografia dal personale. Per fortuna i convenevoli durano non più di qualche minuto e, dopo aver infilato i pantaloni sgualciti nella borsa del negozio, mi avvio velocemente verso casa.
Varcata la soglia di quella prigione dorata, non passano che pochi secondi per vedere uscire mio padre dal suo studio. Intento a raggiungere più velocemente possibile la mia stanza, ignoro completamente il suo sguardo da falco che impiega poco per trovare quel dettaglio che stona completamente con l’immagine che suo figlio deve riportare al pubblico.
“Cosa sono quelli?”
“I miei pantaloni si sono bagnati, padre. Un mio amico mi ha prestato un paio di suoi jeans per il rientro”
“La prossima volta portati un cambio. Sei il primo modello del marchio Agreste, non puoi indossare abiti di un altro marchio”
Il suo sguardo si sposta sui pantaloni che indosso mentre sposta leggermente gli occhiali dal suo volto.
“Sempre che di marchio si tratti. Sembrano acquistati in un supermercato”
“Mi cambio subito”
“Bene”
Gabriel Agreste torna all’interno del suo studio, seguito da Nathalie mentre io mi avvio a passo spedito in camera mia. Una volta richiusa la porta della stanza, finalmente posso lasciarmi scivolare sul pavimento, sfinito.
Una sola parola riesce a spiegare questo pomeriggio, tutto ciò che è successo e tutto ciò che ne è seguito.
“È un disastro…”

***

Buon pomeriggio e ben ritrovati!! Lo so, lo so, sono super in ritardo ma tra le mille cose che ho da fare tutti i giorni non ho smesso un attimo di pensare a questa storia, infatti ho già in mente moltissime dinamiche per i prossimi capitoli, devo solo trovare il tempo di metterle per iscritto ^^'
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un pov Adrien pieno di sentimenti, sensazioni e tanta confusione! Ammetto di aver amato follemente le uscite di Plagg e tutto il caos che vive dentro Adrien, povero cucciolo <3
Mi raccomando, come sempre fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, sono sempre molto curiosa dei vostri commenti! Torno a scrivere, finché posso ;) <3
Un bacio ed un caro saluto,
miss_MZ93
  
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