Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: LysandraBlack    15/01/2021    1 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 49
Let us all down


 

 

Garrett rimase a fissare le scale, il tradimento che bruciava come se gli avessero gettato un tizzone ardente nello stomaco.

Marian dovette notarlo, perché lo afferrò per il braccio. «Cambierà idea, vedrai.»

Lui abbassò lo sguardo, grattandosi nervosamente la barba. «Non è il suo punto forte.»

«Una cosa per volta.» Gli rifilò una pacchetta, prima di mollare la presa e voltarsi verso i suoi colleghi.

Annuì poco convinto, salutando Adaar e Stök con un cenno del capo prima di imboccare le scale, deciso a chiarire la questione con Anders.

All'uscita, Donnic gli si fece accosto, ansioso di sapere com'era andato l'incontro.

«Sembra che ci siamo riusciti.» Rispose abbozzando un sorriso. «Hai visto dove-»

«Anders?» Gli chiese l'altro, annuendo. «Da com'era furioso, ho temuto fosse successo qualcosa. Andava di fretta, ma non ho osato chiedere dove.»

Garrett non ebbe cuore di dirgli il motivo dell'umore nero del compagno. Lo ringraziò con un borbottio appena udibile, cercando con lo sguardo tra i tetti degli edifici vicini un'altra delle loro sentinelle.

Fu Merrill però a trovarlo, spuntando da uno dei vicoli rassettandosi la veste di lana. «È andata bene, allora!»

«Così pare.»

«Si tratta di Anders, vero?» Domandò lei, sospirando. Gli afferrò una mano tra le sue, minuscole a confronto e delicate. «Forse è meglio se lo lasci sbollire. Sai com'è fatto, litigarci adesso non migliorerà niente.»

Garrett chinò il capo. Proseguirono verso la città bassa, passando davanti all'Impiccato e proseguendo verso l'Enclave. «Meredith non se ne andrà volentieri. Non vorrei essere nei panni di Marian, in questo momento.»

«Oh, io starei tremando dalla paura!» Merrill si strinse nelle spalle, rabbrividendo. «Se fossi in Meredith, intendo. Tua sorella riesce a fare più paura di un Varterral.»

Riuscì a strappargli una risatina poco convinta. «Lo spero. Ammetto che una piccola parte di me vorrebbe essere un mutaforma per poter vedere la sua faccia, quando le diranno di levarsi di torno.»

«Per non parlare di quel Capitano!» La dalish gonfiò le guance in una smorfia infastidita. «“I maghi non sono persone”... Ah, sta per avere una brutta sorpresa a riguardo!»

«Sai che verrà sostituito da Trevelyan, vero?»

Merrill sbuffò debolmente. «Spero che impari le buone maniere, allora.»

«Sai, a quanto pare ha stregato entrambe le sorelle De Launcet. Seth ha saputo dalla loro cameriera che non hanno fatto altro che parlarne, da quando è passato a casa loro per un'indagine.» Scosse il capo, sistemandosi il mantello. «Orlesiane...»

«Scheggia!»

Si voltarono entrambi, aspettando che Varric li raggiungesse. Era accanto al nano che gestiva la Botte Barbuta, Otto, il quale indossava un orrendo e bitorzoluto cappello di lana giallo senape a coprire la pelata.

«Bene, ce l'abbiamo fatta.»

Varric lo premiò con un largo sorriso. «Te l'avevo detto!»

«Mi pare di ricordare che fossi tu quello scettico, non io.»

«Hei, io sono realista, non scettico. Ma non ho mai dubitato di voi due, nemmeno per un attimo!»

«Bugiardo!»

Otto si ficcò una mano sotto la giacca, estraendone una pipa e sventolandogliela davanti. Garrett gliela accese con un gesto della mano, e il nano ne aspirò avidamente qualche boccata. «Finché quel golem della Comandante non si leverà di torno, è presto per cantare vittoria.» Commentò piatto, grattandosi la testa. Diede loro le spalle, salutandoli con una mano e inoltrandosi nei vicoli.

«Che dite, salite su per un brindisi?» Chiese loro Varric, allegro.

Garrett scosse il capo. «Non sono dell'umore.»

L'amico si fece immediatamente serio. «Che è successo?»

«A parte il fatto che Anders mi abbia rinfacciato a tradimento, davanti a tutti, di non essere mai stato rinchiuso in un Circolo e di non capire perciò un beato cazzo delle sofferenze dei maghi?» Rispose, voltandosi dalla parte opposta. Sentì Merrill trattenere il respiro. «Niente, ha solo cercato di mandare all'aria tutto quanto dopo avermi promesso che avrebbe almeno provato ad ascoltare.»

«Non avrebbe dovuto dirlo!» Sbottò la dalish, scioccata. «Non sarai mai stato rinchiuso, d'accordo, ma tutti noi ci siamo sempre impegnati per-»

«Non gli importa.» Commentò asciutto, interrompendola. Si accorse di star stringendo i pugni al punto di essersi conficcato le unghie nei palmi, fino a farsi male. Riaprì le dita a fatica, sospirando rabbiosamente. «Non ci ha nemmeno provato, ad ascoltare.»

Si sentì dare un buffetto sul braccio. «Lo sai che sono entrambi parecchio suscettibili.» Cercò di mediare il nano. «E nessuno metterebbe mai in dubbio tutto il lavoro che hai fatto, Scheggia. Sono certo che non volesse offenderti.»

Garretti si girò a guardarlo negli occhi. «Mi ha colpito dove sapeva avrebbe fatto più male, Varric. Era esattamente quello che voleva fare.» Scosse il capo, allontanando l'amico e stringendosi nelle spalle. «Ci vediamo domani. Devo... è stata una giornata intensa. Vado a dare un occhio in Città Alta, magari c'è qualcuno che ha bisogno di me, nonostante non possa capire i problemi altrui.»

Ignorò le loro risposte, troppo impegnato a rimuginare su ogni singola frecciatina che Anders aveva lanciato quella sera, ripensando a tutte quelle volte che negli anni si era sentito in colpa per non aver mai provato sulla sua pelle cosa significasse essere rinchiusi in un Circolo, ad ogni mago che non erano riusciti a salvare.

Aveva fatto tutto quello che poteva, no? Aveva sempre dato il suo massimo, per chiunque.

“A quanto pare, non è mai abbastanza per lui”, si ritrovò a pensare, un sapore amaro in bocca mentre saliva la scalinata che portava in Città Alta, le guglie della Cattedrale che spuntavano dietro ai tetti più bassi, sentendosi ancora addosso lo sguardo rabbioso di Anders.

Si ritrovò a vagare per le vie, senza un reale obiettivo. Non aveva voglia di tornare a casa e ritrovarsi da solo nel letto, e l'idea di tornare in città bassa a gozzovigliare come se niente fosse non gli andava a genio.

Passò di fronte alla forneria e proseguì oltre la villa dei Selbrech, tagliando poi per il quartiere nanico e costeggiando le ricche ville orlesiane, ritrovandosi infine davanti al Palazzo del Visconte. L'unica zona ancora illuminata erano le Caserme, mentre il resto dell'edificio era immerso nel silenzio. Si sedette sotto uno dei portici, ignorando la seduta fredda e restando ad osservare la piazza quasi deserta.

Chiuse gli occhi, appoggiandosi su una delle colonne di pietra e avvolgendosi più stretto nel mantello, trovandosi a lanciare una silenziosa preghiera al Creatore perché quell'incontro desse i suoi frutti, dopo tutti gli sforzi che avevano fatto.

E che Anders non lo odiasse.

Perchè nonostante tutto quello che gli aveva rinfacciato a tradimento, Garrett non riusciva a levarsi di dosso i sensi di colpa che quelle parole avevano riportato a galla.

Inspirò profondamente, alzandosi in piedi di scatto e voltandosi verso la Forca, le cui torri incombevano sull'intera città, spinto dalla curiosità.

Non era nemmeno arrivato dall'altro lato della piazza, che il pavé sotto i suoi piedi sembrò collassare. Un boato si sollevò dal nulla mentre qualcosa lo sbatteva violentemente in avanti, facendolo crollare a faccia in giù sul selciato. Rimase impietrito, il rumore assordante che lo costrinse a coprirsi le orecchie, la testa che gli doleva dall'energia devastante che aveva improvvisamente riempito l'aria. Qualcosa di grosso lo colpì ad una spalla, facendolo grugnire per l'impatto.

Si accorse solo dopo qualche interminabile secondo di avere una barriera magica addosso, doveva averla attivata per istinto. Un senso di nausea lo colse impreparato mentre cercava di rimettersi in piedi, i palmi delle mani sbucciati dall'impatto con la strada, le ginocchia tremanti. A terra era pieno di detriti fumanti, alcuni ancora in fiamme, grandi come un suo pugno o larghi come una porta. Le finestre dell'edificio accanto dovevano essere esplose, perché vide parecchi pezzi di vetro, alcuni che erano caduti anche su di sé. La testa gli girava, c'era del fumo, il fischio nelle orecchie non gli permetteva di sentire altro che i suoi timpani che urlavano di dolore. Si passò una mano sul viso, ritirandola sporca di sangue, uno dei vetri doveva averlo tagliato.

Cercò di guardarsi attorno, sconvolto.

Il cielo era in fiamme, metà del Palazzo del Visconte era crollato, schiacciato sotto qualcosa, il fumo e la polvere talmente densi da non fargli vedere niente.

E il Velo. Garrett cercò di tirarsi indietro, lasciando cadere con orrore la barriera che aveva eretto poco prima, ritraendosi da quel contatto. L'Oblio sembrava ruggire tutto attorno, il Velo a malapena percepibile in quel caos di energie che turbinavano come impazzite.

Con sgomento, si rese conto da che direzione provenisse la gigantesca colonna di fumo che si ergeva da dietro gli edifici ancora in piedi.

Si sentì mozzare il respiro, attanagliato dal panico, rischiando di crollare nuovamente a terra, ma serrò i denti, imponendosi di stare in piedi.

Provò una nuova, improvvisa determinazione scaldargli il petto, come se una mano amica lo sorreggesse, spronandolo a camminare. La sensazione era familiare, e ci si aggrappò come un naufrago. Non perse nemmeno tempo a capire dove stesse andando, mettendosi a correre, i polmoni in fiamme, finché quasi non sbatté contro qualcuno, il suono metallico di un'armatura.

Spostò la persona che aveva di fianco, incapace di levare lo sguardo da dove si era posato, sbattendo più volte le palpebre, cercando di dare un senso a ciò che aveva di fronte.

Anders, i capelli biondi sciolti e arruffati sulle spalle, il mantello strappato e sporco di fuliggine come il suo volto, si girò verso di lui, incontrando il suo sguardo. Quegli occhi color miele che amava, ora freddi, distaccati ma – Garrett notò con un brivido di orrore – presenti e risoluti.

«Siamo finalmente liberi.» Disse, le labbra che si muovevano a produrre quelle parole, ma era tutto così assurdo che si rifiutò di credere che fosse davvero lui a parlare. «Questa è la Giustizia che stavamo aspettando noi maghi.»

«Dimmi che è stato lui. Giustizia.» Si ritrovò a supplicare con un filo di voce.

Anders scosse il capo. «Siamo un'unica mente e un unico cuore. Abbiamo fatto ciò che era giusto.»

Garrett sentì gli occhi bruciare, bloccato sul posto, sperando di svegliarsi da quell'incubo.

L'altro parlò di nuovo, lo sguardo ancora puntato nel suo. «Tutti saranno costretti a vedere la realtà delle cose. Le ingiustizie del Circolo, la brutalità dei Templari. Abbiamo appena cambiato il mondo. Non ci sarà più alcun compromesso.»








 

Meredith li stava aspettando.

Il piccolo gruppo di templari accanto a Marian serrò ulteriormente i ranghi, fronteggiando la Comandante e i suoi nel mentre che salivano gli ultimi gradini verso la piazza del mercato in Città Alta, la Forca che si ergeva minacciosa come non mai dietro i palazzi alla loro sinistra. Avevano lasciato la metà di loro a scortare i maghi alla Forca, attraverso i cunicoli che correvano sotto l'intera città, per evitare che potessero essere sorpresi e attaccati nel caso la notizia di quell'incontro fosse arrivata fino alle orecchie sbagliate.

Com'era evidentemente accaduto.

Cullen, vedendoli arrivare, portò una mano sulla spada. «Comandante, avevate ragione.»

«Sapevo che in seno all'Ordine si celavano delle serpi, ma non immaginavo fossero così tanti.» Parlò gelida Meredith, squadrandoli dall'alto in basso. «Deponete le armi e arrendetevi.»

«Mi trovo costretta a rifiutare.» Ribatté Marian, gonfiando il petto. «E come me, i miei compagni.»

Gli occhi dell'altra dardeggiarono prima su di lei, poi verso gli altri, infine tornarono a puntarsi nei suoi. «Vedo che i maghi del sangue hanno avvelenato le vostre menti al punto da farvi perdere il senno, tenente.»

«Avete un'ultima possibilità, Hawke, arrendetevi e dateci i nomi dei maghi che state proteggendo.» Si intromise Cullen, estraendo di un paio di pollici la spada. «Altrimenti saremo costretti a scoprirli in altro modo.»

Marian sentì Trevelyan scoppiare a ridere. «Chiudi il becco, Rutherford, non siamo qui per parlare con te.» Si voltò verso di lei, facendole un cenno d'intesa mentre Cullen storceva il volto in un' espressione rabbiosa e risentita, come se avesse appena morso un limone.

«Come osi-»

Meredith portò immediatamente una mano sull'elsa del suo spadone, sollevando una mano davanti a sé per zittire il suo capitano. «Tradimento.» Ringhiò, e tre dei suoi avanzarono verso di loro, le spade sguainate. «Avete cospirato coi maghi per assoggettarci tutti. Per far cadere il Circolo. Voi, il Campione, la Resistenza... siete tutti colpevoli, ma non vi permetterò di farla franca. Non finché sarò la vostra Comandante.»

«A questo proposito...» Marian prese un bel respiro, evitando di estrarre la propria arma nonostante ogni suo istinto le urlasse di farlo. «Per il bene dell'Ordine Templare, per quello del Circolo dei Maghi e per l'intera città di Kirkwall, vi chiediamo di farvi da parte senza opporre resistenza. Non siete più il nostro Comandante.»

Meredith scoppiò a ridere, rivolgendole un'occhiata sprezzante. «Solo Val-Royeaux può destituirmi, non certo un branco di sovversivi qualsiasi.»

«Tecnicamente anche il vostro Capitano, ma abbiamo visto tutti quanto sia utile...» Commentò Trevelyan, il quale sembrava assai divertito da tutta la situazione.

Prima che lei o Meredith potessero ribattere, l'Artiglio dell'Usignolo scivolò silenziosamente verso la Comandante, comparendo accanto a Marian e sostenendo il suo sguardo. «La Divina Justinia non vi ritiene più in grado di comandare la Forca. Avete parecchi accuse a vostro carico, Ser Stannard, richiamate i vostri uomini e sottoponetevi al giudizio dei vostri superiori.»

«Come osate!» Sbraitò Meredith, estraendo finalmente la spada e facendosi avanti. «Io ho protetto questa città per anni, io l'ho governata da quando è morto il Visconte, io sono l'ultimo baluardo contro i pericoli della magia!»

L'Artiglio dell'Usignolo rimase immobile, una mano sul pugnale, l'altra portata sotto al mantello. Ne estrasse una pergamena arrotolata, il sigillo di ceralacca rosso della Divina perfettamente intatto. «Non più.» Ribattè in tono fermo, porgendogliela. «Siete sollevata dall'incarico, Ser.»

Meredith sbuffava come un toro, le pupille ridotte a spillo per la rabbia. Fece per allungare il braccio, ma all'ultimo rifilò uno schiaffo potente alla mano dell'elfa, facendo cadere la pergamena in terra. «Follia. Tradimento!» Si voltò appena verso i suoi uomini, che ora si guardavano confusamente l'un l'altro. «È un tranello per farci crollare, è tutto un complotto dei maghi del sangue. Non credete alle loro menzogne, siamo gli unici che possono fermarli. Sono in combutta con Orsino e i suoi, l'intero Circolo!» Tuonò, e quelli sembrarono riprendere il coraggio.

A quel punto, furono i templari attorno a Marian ad estrarre le armi, puntandole contro i colleghi.

«Vi state comportando in maniera irragionevole, Ser Stannard.» Replicò l'Artiglio, la voce gelida. «Non vi conviene opporvi al volere della Divina.»

«Non costringeteci a spargere sangue inutile.» Cercò di convincerli Marian, che ancora non aveva sguainato la propria. «Fatevi da parte.»

Meredith aprì la bocca per parlare di nuovo, ma le sue parole vennero sovrastate da un fragore devastante.

L'onda d'urto li spinse indietro verso le scale, facendoli incespicare e crollare a terra, i timpani che fischiavano, la schiena che sbatteva violentemente sui gradini di pietra mentre Marian scivolava verso il basso.

Si schiantò contro qualcosa, la vista annebbiata per qualche secondo, l'intero corpo che le doleva per la caduta. Sbattè gli occhi, cercando di mettere a fuoco, appena in tempo per accorgersi del portico sopra di lei che stava per crollare di sotto, rotolando da un lato e trascinando con sé un'altra figura in armatura, senza nemmeno riconoscerla.

Senza riuscire a sentire null'altro che uno squillo continuo che sembrava spaccarle la testa, si rimise in piedi barcollante, guardando verso l'alto, portandosi una mano davanti alla bocca e tossendo faticosamente, annaspando in cerca d'aria.

Fumo, fiamme, finestre divelte, detriti e polvere che rendevano difficile respirare.

Qualcuno le afferrò una spalla. Riconobbe Trevelyan, i capelli un groviglio informe, l'armatura graffiata che doveva aver assorbito l'impatto.

Non capì cosa le stesse urlando il ragazzo, ma seguì con lo sguardo dove le stava indicando, in cima alle scale.

Meredith si stava rimettendo in piedi, aiutata da Cullen e altri due dei suoi uomini.

Marian strinse i denti, scattando in avanti.

Dovette un paio di volte spingersi carponi per riuscire a scavalcare le voragini che si erano aperte sulla scalinata, ma riuscì a raggiungere la piazza prima che tutti i templari fedeli a Meredith si fossero rimessi in piedi.

Due giacevano sotto ciò che restava del palazzo accanto, e altri tre sembravano stare in piedi per sola paura della loro comandante. Un altro, a terra, rantolava debolmente in una pozza di sangue, qualcosa a spuntargli dal collo.

«Sono stati loro!» Urlò Meredith, tossendo e coprendosi la bocca, sorreggendosi sull'enorme spada che brillava rossa come le fiamme che li circondavano. «Sono tutti colpevoli. Tutti loro!» Si accorse di lei, facendo qualche passo nella sua direzione ma fermandosi di nuovo, uno sguardo verso la colonna di fumo che si alzava alla loro destra. «Hanno ucciso la Somma Sacerdotessa. Era tutta una menzogna, lo sapevo. Lo sapevo che non poteva essere vero. Sono tutti posseduti.»

Lentamente, anche Marian sollevò gli occhi in quella direzione, senza capacitarsi di quelle parole. Ciò che vide, o meglio, l'assenza di ciò che avrebbe dovuto ergersi dietro i palazzi là attorno, le gelò il sangue nelle vene.

La Cattedrale era scomparsa, al suo posto una nuvola di fumo e fiamme. L'esplosione aveva spazzato gli edifici adiacenti, e divelto parte di quelli vicini.

«Come Comandante di Kirkwall, invoco il Diritto di Annullamento!» Tuonò Meredith, la voce roca. «Ogni mago del Circolo sarà giustiziato, assieme a tutti coloro che ne prenderanno le parti.»

Marian stava per voltarsi nella sua direzione, quando qualcosa attirò il suo sguardo.

Una figura comparve dalla strada adiacente, le piume del mantello sulle spalle scompigliate dal vento, gli occhi chiusi, il bastone magico stretto tra le mani.

«Anders!» Urlò con quanto fiato aveva in corpo, riconoscendolo.

Il mago sembrò risplendere. Il Velo, che era già a brandelli, si lacerò definitivamente e la figura si rivolse a loro con una voce che non era quella che Marian conosceva.

«Non può esserci nessuna pace.» Parlò, a malapena umano, gli occhi bianchi e la pelle solcata da vene che sembravano emanare luce pura. «Nessun compromesso.»

«Abominio!» Gridò qualcuno tra i templari.

Meredith si voltò un'ultima volta verso di lei e per un secondo parve combattuta sul da farsi. «Abomini e maghi del sangue.» Poi, si rivolse verso Cullen, dicendogli qualcosa che lei non riuscì ad afferrare. «Verranno uccisi dall'abominio. Templari, con me, verso la Forca!»

Il Capitano annuì, lanciando un ultimo sguardo carico d'odio a Marian per poi seguire la sua comandante, la coda tra le gambe, assieme ad alcuni dei loro.

Marian a stento riuscì a mettere insieme i pezzi, senza nemmeno la forza di inseguirli, semplicemente senza parole.

Qualcuno la urtò, facendole quasi perdere l'equilibrio e fermandosi a pochi passi dall'abominio che avevano di fronte, che ora sembrava essere tornato umano.

Realizzò qualche istante dopo che si trattava di suo fratello.

«Siamo finalmente liberi. Questa è la Giustizia che stavamo aspettando noi maghi.» Parlò di nuovo l'abominio.

«Dimmi che è stato lui. Giustizia.» Sentì Garrett rispondergli, e con orrore Marian si rese conto che il fratello sapeva qualcosa. Ecco cosa c'era di strano attorno ad Anders, ecco perché il Velo sembrava comportarsi in modo così peculiare quando lanciava incantesimi. E Garrett l'aveva sempre saputo, tenendoglielo nascosto. Proteggendo un abominio per tutti quegli anni. Accogliendolo in casa loro. Condividendo il suo letto.

«Siamo un'unica mente e un unico cuore. Abbiamo fatto ciò che era giusto. Tutti saranno costretti a vedere la realtà delle cose. Le ingiustizie del Circolo, la brutalità dei Templari. Abbiamo appena cambiato il mondo. Non ci sarà più alcun compromesso.»

Due dei templari di Meredith scattarono di corsa verso l'abominio, che a malapena dovette sollevare il bastone per spedirli indietro di parecchi metri, come bambole di pezza. Crollarono sul selciato senza rialzarsi, le armature fumanti.

«Comandante!»

Sentì dei passi avvicinarsi, e dietro di lei arrivarono alcuni dei suoi colleghi. Appena in tempo, perché ciò che restava del portico e del muro che dava sulla scalinata crollò su sé stesso, ostruendo completamente il passaggio verso la città inferiore.

Sollevò un braccio per fermarli, non voleva perderli, non a causa di quel mostro. «State indietro.»

Solo in quel momento Garrett parve accorgersi di lei. Si voltò alle proprie spalle, sgranando gli occhi e arretrando di qualche passo, portandosi tra lei e l'abominio. «Marian.»

«Tu... lo sapevi?» Gracchiò lei, la gola le bruciava, lottando per ogni parola.

L'altro scosse il capo. «Non... non di questo. Non-»

«Sapevi che cos'era?!» Urlò, disperata, sguainando la spada e indicando la creatura, la colonna di fumo dov'era stata la Chiesa ancora lì, devastante.

«Non pensavo... non potevo immaginare che-»

«Lui non c'entra.» Tuonò l'abominio, facendo qualche passo avanti. «Lascialo stare, templare.»

Marian spostò lo sguardo da lui al fratello, soffermandosi su quest'ultimo, sentendo lo sgomento lasciare il posto alla rabbia, che le bruciava in petto all'unisono del resto della città. «Morirà per quello che ha fatto.»

L'abominio fece un altro passo, e Marian vide Trevelyan e Ruvena avanzare davanti a lei, le armi pronte. «No, fermi.» Ordinò loro, in un lampo di lucidità. «Andate alla Forca. Meredith ha invocato l'Annullamento.» Quel massacro era opera di un mago, certo, ma lei era ancora decisa a fare la cosa giusta. «Il Circolo è innocente. Fate il vostro dovere.»

«Non ti lascio da sola.» Ribattè Ruvena, senza staccare gli occhi dall'abominio, che era rimasto immobile ad appena un braccio di distanza da Garrett.

«Prendete gli altri e fermate Meredith.» Ringhiò Marian, perdendo la pazienza. «È un ordine, cazzo!»

Trevelyan si voltò verso di lei, teso. «Sì, Comandante.» Chinò appena il capo, rinfoderando la lama e prendendo per una spalla Ruvena, per poi tornare indietro sui propri passi, dovendo quasi trascinare la collega per portarla via di lì.

Marian rimase sola a fronteggiare il fratello e l'abominio.

Si accorse di star tremando, e serrò la presa sulla spada, cercando di darsi un tono. «Spostati, Garrett.»

Quello le lanciò uno sguardo quasi supplichevole. «Marian...»

«È stato lui!» Gridò fuori di sé, la gola in fiamme, il respiro affannoso. «L'hai sentito. Ha ucciso Elthina, e chissà quanti altri. Non ha mai voluto la pace.» Proseguì, il tono che tornava normale, avanzando verso di loro con l'arma stretta in pugno. «Spostati.»

Garrett si voltò appena verso l'altro, tornando a fronteggiarla e, lasciandola sgomenta, frapponendosi tra lei e il mostro. «Non posso farlo.»

Rimase immobile a guardarlo, senza capire. «È un abominio.»

«Lo so.»

«Ha ucciso tutte quelle persone.»

Ci fu una lunga pausa. Lo vide deglutire vistosamente, terreo sotto la fuliggine che gli copriva il viso, del sangue che gli colava fino alla barba.

«A causa sua, l'intero Circolo verrà Annullato. La Divina manderà una Santa Marcia, ora.»

L'altro sembrò boccheggiare, poi scosse appena il capo. «Non se li fermerai.»

«Fatti da parte, Garrett.»

«Lascia che mi uccida.» Parlò allora l'abominio, e la voce era umana, ma risoluta. «Non cambierà niente. Anzi, la mia morte ispirerà altri a ribellarsi alla Chiesa.»

Marian scoppiò a ridere, quasi folle, guardandolo incredula. «Credi di essere un martire? Una fiamma di speranza?» Sussurrò, chinando il capo e aspettando che l'ilarità cessasse. «Sei un pazzo.» Lo guardò di nuovo dritto negli occhi, come a sfidarlo a replicare. «Un mostro che ha appena condannato tutti i maghi dei Circoli alla morte! Era questo che volevi? Distruggere tutto ciò per cui avete lottato per anni?» Gli urlò addosso, tremante di rabbia.

Sentirono dei passi avvicinarsi, e dal viale alla loro sinistra comparvero tre figure che Marian riconobbe immediatamente.

Aveline incedeva in coda nella sua armatura da Capitano e Isabela doveva quasi correre per tenere il passo di Sebastian, l'arco stretto in pugno e gli occhi puntati su di loro.

Garrett si voltò verso i nuovi arrivati, il panico nello sguardo, e Marian lo sentì richiamare il mana per lanciare un incantesimo.

Agì d'istinto, lasciando andare un'aura antimagia talmente potente da far barcollare persino l'abominio a qualche metro da lei. Vide Garrett stringere la spalla dell'altro e sussurrargli qualcosa.

«No, se devo pagare, sarò io a farlo.» Ribattè quello, stringendo il bastone e sbattendolo per terra. «Uccidimi, templare. Fai pure. Prendi la tua vendetta, non ti servirà a niente.»

Prima che Marian potesse avanzare o ribattere, una freccia si piantò nella spalla dell'abominio, che a malapena parve farci caso. Sebastian, l'arco sollevato e una nuova freccia già incoccata, mirò di nuovo, questa volta mandandola a schiantarsi su una barriera luminescente eretta appena in tempo da Garrett.

Marian rimase stranita a guardare il fratello, che teneva entrambe le mani sollevate davanti a sé, un'energia chiara e brillante ad avvolgerle che gli illuminava il volto tirato. Avrebbe dovuto essere ancora sotto l'effetto della sua aura, eppure era ugualmente in grado di evocare incantesimi.

«Non posso lasciarvelo fare.» Lo sentì dire, rinforzando la barriera. Una terza freccia rimbalzò innocua, finendo a terra spezzata in due. «Non posso.»

«Garrett.» Lo chiamò lei, appena un sussurro, non volendo crederci. Incontrò gli occhi chiari del fratello, gli stessi della madre e di Bethany. Si ritrovò ad abbassare un poco la spada, faticando a respirare, ripetendo nuovamente il suo nome.

«Lasciaci andare.» La supplicò lui. «Non farà più del male a nessuno, te lo giuro.»

Marian scosse il capo, la mascella serrata.

«Ti prego. Non portarmelo via.» Lo vide afferrare la mano dell'altro, stringerla tra le sue.

“Quante volte ho chiesto al Creatore la stessa cosa?” Si rese conto di aver abbassato la spada solo quando le scivolò di mano, candendo con un forte clangore per terra e facendola sobbalzare. Fece un passo verso di loro, senza sapere bene cosa fare. «È un assassino.» Pigolò appena, senza voce, senza più forze.

«No!» Si intromise Sebastian, scagliando l'ultima freccia per terra e andando verso di loro con l'arco stretto in pugno, furioso come Marian non l'aveva mai visto. «Non lascerò che se ne vada, deve morire per quello che ha fatto!»

Uno schiocco risuonò ad appena un metro da lui, mentre una saetta si schiantava violentemente sul selciato, tra lui e i due maghi. «Stai indietro, Sebastian.» Gli intimò Garrett.

«Ha ucciso Elthina! L'unica donna che meritava di vivere in questa città!» Urlò quello, fuori di sé. «Pagherà per questo, giustizia sarà fatta!»

A quel punto, Garrett si voltò di nuovo verso di lei. «Mi devi la tua vita, Marian.» Parlò, ogni parola una stilettata. «Risparmia la sua. Ti prego.»

Marian sentì qualcosa infrangersi definitivamente. Aprì la bocca per ribattere e quando parlò, la voce era fredda, distante, tanto che stentò a riconoscerla come propria. «Abbassa l'arma, Sebastian.» Si spostò tra lui e gli altri due, impedendogli di raggiungerli.

L'uomo la guardò incredulo, scuotendo il capo. «No.»

«Abbassa quell'arco.»

«Sei impazzita?» La raggiunse, fronteggiandola e afferrandola per un braccio, stringendo con forza. «Stai davvero difendendo un abominio?!»

Resse il confronto senza battere ciglio. «Garrett ha ragione. Gli devo una vita.» Sebastian serrò la presa, strattonandola per cercare di oltrepassarla, e anni di addestramento la portarono a fare qualcosa che non si sarebbe mai sognata di fare. Lo afferrò col braccio libero, ruotando di mezzo giro e ribaltandolo a terra, facendolo schiantare violentemente contro il selciato.

L'uomo sbattè le palpebre, incredulo e oltraggiato.

«Stai giù.»

«Tu...» Si tirò indietro, strisciando sui gomiti per allontanarsi da loro, rimettendosi in piedi e reggendosi il braccio lussato. «Sono maleficarum. Hanno ucciso Elthina, dopo tutto quello che aveva fatto per questa città.»

«Gli devo una vita.» Ripeté Marian, impassibile. «Non posso farlo.»

«Allora spostati e lascia che lo faccia io!» Sbraitò Sebastian, ansimando. «Non permetterò che se ne vadano.»

Prese un respiro profondo, sbattendo lentamente le palpebre una singola volta, puntando gli occhi in quelli dell'altro. «Lasciali andare, Sebastian. Ho deciso.»

Il volto dell'altro si contorse in una maschera di rabbia. Sbatté l'arco per terra, digrignando i denti e portando il braccio sano verso la daga che teneva legata alla cintura, estraendola. «Se queste sono le tue decisioni, non spetta a te farle. Non sarai mai Comandante, non ti interessa della città né dei suoi abitanti.. sei soltanto una maledetta ipocrita!» Avanzò di un altro passo, ma notò Aveline affiancarsi all'amica, lo scudo sollevato verso di lui pronta a difenderla. «Forse ora non posso fare giustizia, ma che la Benedetta Andraste mi sia testimone, vendicherò Elthina. Ucciderò quell'abominio e il tuo prezioso fratello, spazzerò via la loro empietà da questo mondo e poi toccherà a te. Dovessi buttare giù le mura di questa schifosa città, bruciarla dalle fondamenta e setacciare ogni angolo dei Liberi Confini, non ci sarà luogo dove potranno nascondersi. E tu, tu ti pentirai di averli protetti!»

Marian rimase a guardare l'uomo che aveva di fronte, sentendosi svuotata di ogni emozione. Quella mattina, si era svegliata credendo di essere tra le sue braccia, e il pensiero l'aveva accompagnata dandole forza per tutta la giornata. Solo poche ore prima, l'avrebbe chiamato il padre del figlio che portava in grembo. Fino a qualche istante prima, aveva sperato che capisse il legame, e soprattutto il debito, che aveva nei confronti della sua famiglia, di suo fratello. Di sua madre e Bethany, che non le avrebbero mai perdonato di aver ucciso Garrett per arrivare all'abominio, non importa di quali crimini si era macchiato quest'ultimo.

Sebastian, che l'aveva guidata con parole di fiducia, speranza e amore verso il prossimo per tutti quegli anni, ben prima di iniziare la loro relazione. La persona che avrebbe voluto al suo fianco una volta finito di combattere, quella con cui forse costruire un futuro. La sua bussola.

«Uccideresti altri innocenti, per arrivare a loro e punire me?» Gli chiese, la voce piatta.

«Li stai condannando tu stessa!» Ribattè lui, furente. «Non sei una Comandante, sei una traditrice. Quando sarò Principe di Starkhaven raderò al suolo l'intera Kirkwall, anche a costo di-» Stramazzò al suolo prima di finire la frase, Isabela che lo guardava dall'alto, disgustata, il pugnale ancora sollevato dalla parte dell'elsa.

La pirata si assicurò con un calcio che restasse privo di sensi, per poi lanciare uno sguardo preoccupato in direzione di Marian e degli altri due. «Che cazzo di casino.»

Riuscì a stento ad annuire, voltandosi poi appena verso Garrett. «Volevate la libertà, prendetevela e sparite. Il nostro debito è saldato.»

Quello restò per un attimo interdetto, gli occhi sgranati dalla sorpresa. Marian sollevò una mano davanti a sé, fermandolo dall'aggiungere altro e dandogli definitivamente le spalle. «Se vi incontro di nuovo, vi ammazzo entrambi, lo giuro sul Creatore.»

Lo sentì sussurrare appena delle scuse, per poi restare ad ascoltare i loro passi che si allontanavano.

Voleva solo lasciarsi cadere a terra e restare lì per sempre. Chiuse un attimo gli occhi, rendendosi conto che non riusciva nemmeno a piangere, il vuoto dentro di sé che aveva inghiottito tutto il resto.

Due mani afferrarono le sue.

Isabela le fece un cenno d'intesa, abbozzando un sorriso, mentre Aveline le stringeva appena una spalla, come ad infonderle un po' della sua forza.

«Ci penso io a lui.» Disse la pirata accennando verso Sebastian, svenuto ai loro piedi.

Marian deglutì a vuoto, aveva la gola riarsa. Meccanicamente, fece scivolare la mano nella scarsella alla cintura, stringendola attorno ad una boccetta ancora integra. La stappò velocemente, portandosi il lyrium alle labbra e bevendo l'intero contenuto con avidità. «Devo andare alla Forca. Meredith li ucciderà tutti.» Sussurrò. «Bela, portalo via da qui. Non voglio vederlo mai più.»

«Vengo con te, Marian.» Rispose Aveline, porgendole la sua spada. «Saremo sempre dalla tua parte.»

































Note dell'Autrice: che dire, se cercavate della gioia, siete nel quartiere sbagliato. O nella città sbagliata, direttamente. 
Garrett nonostante i molteplici tradimenti da parte di Anders nel giro di pochi minuti non è riuscito a lasciarlo andare. Ma nonostante lo ami, non sarà facile risanare una ferita del genere.
Lo sbrocco finale di Sebastian è rimasto lo stesso, peggiorato dal fatto che si è sentito personalmente tradito da Marian. E Marian ha visto una versione di Sebastian che mai si sarebbe sognata esistesse. 
La rottura tra i due fratelli Hawke è stata parecchio brutta da scrivere, con tutto quello che gli era già successo è stata la mazzata finale.
Ma c'è ancora il problema di Meredith da risolvere, quindi stay tuned! Alla prossima!  :D 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: LysandraBlack