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Autore: AleeraRedwoods    18/01/2021    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Tumulti-




    Elessar scrutò l’orizzonte, appena rischiarato dall’alba imminente. Non che si aspettasse di veder tornare i compagni, non ancora almeno, ma non poteva evitare di volgere lo sguardo a Ovest.
    Intanto, nessun movimento aveva attirato l’attenzione delle guarnigioni ai confini di Mordor, né sopra, né sotto terra: il nemico taceva, nascosto oltre le vette frastagliate delle Montagne d’Ombra.
    Le ricerche che avevano dispiegato in tutto il territorio poi, alla ricerca di Alatar, si erano rivelate un buco nell’acqua. Per giorni erano stati alle costole di un gruppo di non morti, diretti a Nord-Est, convinti che lo Stregone Blu si fosse unito al nemico per ricongiungersi a suo fratello Pallando. Ovviamente, il drappello in questione era svanito nel nulla, nel bel mezzo della notte, due giorni orsono. E di Alatar non si era mai più saputo niente.
    Una bella seccatura, dato che Elessar avrebbe di gran lunga preferito riaverlo sotto le proprie mani e sbatterlo ripetutamente su ogni pira innalzata per i loro morti.
    Invece, tutto era divenuto immobile.
    Un altro giorno vuoto, silenzioso e denso d’inquietudine si apprestava a cominciare e Aragorn non aveva davvero via d’uscita, questa volta: l’attesa era logorante, esasperante ma inevitabile.
    Poco dopo, Legolas apparve nel Cortile dell’Albero Bianco e abbassò il cappuccio scuro, raggiungendo il Re di Minas Tirith con un sospiro comprensivo. Accostandosi all’amico, si appoggiò a sua volta al parapetto di pietra, alzando lo sguardo verso le ultime stelle ancora visibili nel cielo blu: -Avo bresto, Estel. Sen i vad fael, im han mathon. Mellyn mìn cenitham. Esteliach nin? (Non preoccuparti, Estel. Questa è la strada giusta, io lo sento. Rivedremo i nostri amici. Ti fidi di me?)-
    L’altro gli sorrise, tristemente: -Ú manen i nauth lîn… (non è come credi…) Non sono preoccupato per loro.- Seguì con lo sguardo un gruppo di rohirrim, di ritorno dalle ronde a Nord:
-Sono solo stanco di sentirmi così impotente.-
    L’elfo annuì, posandogli una mano gentile sulla spalla nella speranza di confortarlo: -Il destino ci verrà incontro, alla fine. E forse rimpiangeremo persino quest’attesa.-
    Come dargli torto.
    Il loro futuro era incerto, buio e oscuro, come un tunnel tanto lungo da non riuscire a vederne la fine.
    Eppure, la voce del Principe del Reame Boscoso era calma, quieta e una nota di calore ne colorava l’inflessione. Elessar lo guardò di sottecchi, curioso, notando immediatamente l’aria distratta del suo amico più caro. Lo conosceva troppo a fondo, per non cogliere quei piccoli dettagli: -Ti trovo… insolitamente sereno.- Gli fece, scrutando la sua reazione.
    Legolas sorrise, chinando il capo in un moto quasi imbarazzato. -Mhm, forse.- A quel commento enigmatico, l’uomo sollevò un sopracciglio: -Forse? Di certo non sembri un elfo sull’orlo di una guerra probabilmente fatale. Posso sapere cosa è successo?-
    Vide le guance pallide del compagno tingersi lievemente, lo sguardo sfuggente: -Gimli mi ha chiesto di partire con lui, dopo la guerra.- Fu un sussurro ma il Re degli Uomini lo percepì chiaro come se l’altro l’avesse urlato. Ricordava bene il litigio tra i due compagni, risalente ormai a qualche giorno prima, e sapeva che l’elfo aveva frainteso il suddetto nano, in quell’occasione. Per questo fu più che felice di ricevere una tale notizia.
    -Era ora! Sono felice per te, Legolas. E dove andrete?- L’altro si affrettò ad alzare una mano, frenando il suo entusiasmo: -Non lo so ma è presto per pensarci. Sai che rimarrò qui fino a quando vorrai, Aragorn. Non partirò finché il tuo Regno non sarà al sicuro.- Elessar si finse oltraggiato, battendogli una mano sulla schiena con tanta forza da farlo sobbalzare: -Come no! E io dovrei impedire ai miei fratelli di vivere una nuova avventura? Finita la guerra sarò io a spedirvi fuori di qui, parola mia.- Risero entrambi, nonostante il peso che gravava su di loro fosse pressante come non mai.
    Avevano tanto da perdere, questa volta.
    In quel momento, un corvo dalle piume scomposte e rade si posò con poca grazia accanto a loro, gracchiando sgradevolmente e con insistenza. Elessar si affrettò a raggiungerlo, allargando il proprio sorriso: -È il corvo di Miniel!-
    Legolas guardò l’amico con tenerezza, mentre questi srotolava velocemente il biglietto, sfilato dalla zampa ruvida dell’animale:
-Si ostina a tenere con sé questo vecchio corvo, eh?- Elessar scrollò le spalle: -Sai com’è fatta. A modo loro sono tutti speciali, per lei.-
    Il Sindar si sporse oltre la sua spalla, curioso, e il Re sospirò: -Dice che stanno bene. Non si annoiano, con tutto il lavoro che c’è da fare per occuparsi dei bisogni della popolazione profuga. Ma Belfalas è una provincia florida e piena di vita, e ben organizzata aggiungerei. La città di Dol Amroth le piace molto, così come le piace il mare.- Un velo di nostalgia oscurò il suo sguardo grigio, mentre stringeva forte il biglietto dalla grafia fitta ed elegante.
    Nonostante si scrivessero spesso, la mancanza di Miniel e della Regina era un silenzio sordo, che riecheggiava nella fredda Minas Tirith. Elessar non ebbe bisogno di esternare il proprio dolore, preferì custodirlo nell’animo, conscio che anche l’amico accanto a lui stesse provando emozioni simili. Infatti, entrambi rivolsero lo sguardo a Sud, quasi come se riuscissero a scorgere la piccola Principessa, intenta a osservare la loro stessa alba.
    -Andiamo, dobbiamo riorganizzare le ronde. I soldati sono stanchi, darò loro il cambio.- Lo incoraggiò l’elfo, spostando l’attenzione sull’ordine del giorno. Elessar annuì, raddrizzandosi con decisione: -Porta con te una guarnigione del Reame Boscoso, dunque. Non possiamo fare granché ma non esisteranno confini meglio sorvegliati dei nostri!- E si allontanarono, mentre il vecchio corvo sbatacchiava le ali per raggiungere la sua vecchia piccionaia, gracchiando affamato.

 
**
 
 
    Nel frattempo, a Casa Baggins, il Vanyar dorato stava lanciando uno sguardo divertito a Thorin Elminpietra, che russava rumorosamente sul piccolo letto al centro della camera. Era davvero soddisfacente guardarlo dormire così profondamente, come se gli sconvolgenti avvenimenti del giorno prima e di quelli prima ancora non l’avessero riguardato affatto.
    Dopotutto era un nano, anzi, il Re dei Nani e questi erano soliti affrontare i problemi di petto, di certo non avrebbero rimuginato inutilmente per tutta la notte!
    Glorfindel ringraziò comunque i Valar per la propria natura di elfo: un pover’uomo bisognoso di una bella dormita non avrebbe chiuso occhio, con tutto quel fracasso!
    La camera che i due compagni avevano condiviso per la notte era ancora parzialmente nascosta nella penombra e gli abitanti della valle non si sarebbero ridestati prima del canto del gallo.
    Il Vanyar era certo che gli unici individui svegli nel raggio di venti miglia fossero lui e il Re degli Elfi, nella stanza accanto.
    Stanza in cui anche la stella, probabilmente, stava ancora dormendo.
    Al pensiero, l’elfo dorato abbandonò la testa contro il muro dietro di sé, con un sonoro sospiro. Non erano passate che due notti da quando era stato lui a farle compagnia e lo innervosiva sapere quanto questo cambiamento lo turbasse.
    E pensare che era stato proprio lui a spingerli l’una tra le braccia dell’altro, finendo per sperare davvero che la relazione tra il Re e la stella funzionasse, portando un po’ di calore nelle loro vite scombussolate dalla guerra e dalle incertezze.
    Voleva che la Stella dei Valar, ormai libera dal peso del proprio potere, vivesse al di là del proprio destino scritto, sfuggendo a quelle catene che lui stesso odiava immensamente.
    E a cui lui stesso non era riuscito ancora a sottrarsi.
    Anche se quella cocciuta ragazza si era intestardita ad accompagnarli nella risolutiva missione, l’elfo dorato voleva che in futuro nessuna scelta le fosse preclusa, fosse persino vivere al fianco del giovane Re del Reame Boscoso.
    Buffo, perché adesso Glorfindel non aveva neanche voglia di pensarci.
    Si alzò silenziosamente, uscendo nel basso corridoio buio. Istintivamente, lanciò uno sguardo alla porta accanto e si stupì di trovarla aperta. Suo malgrado, non poté fare a meno di avvicinarsi.
    La prima cosa che notò fu la stella, rannicchiata tra le coperte in quel suo tipico modo, tanto che l’unica parte visibile era l’aggrovigliata chioma nera, in netto contrasto con i lenzuoli candidi. Sorrise involontariamente, appoggiandosi allo stipite tondo.
    Poi indirizzò lo sguardo sull’altro individuo presente nella stanza, in piedi accanto alla finestra. Thranduil ricambiò lo sguardo, studiandolo in silenzio e, per il momento, nessuno dei due sentì il bisogno di parlare.
    Solo quando la natura si destò pigramente, tra il borbottio assonnato degli uccelli e il frinire delle cicale, Glorfindel si decise a indossare nuovamente il suo sorriso sghembo: -Mi aspettavo una scena diversa, Re degli Elfi. Cosa ti ha frenato? Hai paura di non ricordare come si fa?- Lo provocò, con uno sguardo obliquo e spudoratamente lascivo.
    Thranduil contrasse appena la mascella, un poco turbato. Non era stata la frecciatina dell’altro elfo a irritarlo, quanto il suo sguardo velatamente triste e arrendevole. Anche se non sapeva spiegarsi perché lo fosse: -Taci, Glorfindel. Non sei in grado di comportarti dignitosamente? Stavo quasi per ringraziarti.- L’elfo dorato, dal canto suo, sollevò un sopracciglio elegante, sorpreso: -Ringraziarmi? Mh, ti riferisci forse alle abilità che ho tramandato alla Stella dei Valar, mentre non c’eri? Prego, heru en amin. Ha imparato dal migliore.- Allargò il proprio ghigno felino, pungente:
-Dopotutto, saprei soddisfare anche il più esigente dei Re, sai?-
    Thranduil scrollò la testa, scacciando le immagini poco piacevoli che le parole dell’elfo avevano evocato nella sua mente:
    -Riesco a capire quando stai mentendo.-
    -Ci hai proprio creduto, invece. Almeno, fino a ieri sera.-
    Il Re degli Elfi non poteva ammetterlo così francamente ma nemmeno avrebbe negato, dunque preferì riservare a quell’irritante elfo un più diplomatico silenzio, accompagnato da un’occhiata eloquente.
    Il Vaniar rise, lasciando che le brillanti onde dorate dei suoi capelli gli accarezzassero il viso, mentre lo piegava da un lato con fare civettuolo: -Mi manca parlare con te, sai?-
    -A me no.- Mentì ancora l’altro, l’ombra di un sorriso sul viso affilato. -Crudele Re degli Elfi.- Ribatté allora Glorfindel, la voce deplorevolmente mielosa e cantilenante.
    Poi seguì lo sguardo del compagno, diretto verso l’ignara stella, che si stava rigirando nel letto.
    Thranduil abbassò automaticamente la voce, come a non volerla disturbare: -Sono stato ingannato dalle mie stesse paure, credendo che un essere puro come lei potesse farmi del male. O addirittura… usarmi.- Sussurrò, una nota di rammarico nella voce.
    L’elfo dorato puntò di nuovo lo sguardo su di lui, mordendosi l’interno della guancia: -Non fartene una colpa. Come avresti potuto fidarti senza temere le conseguenze? Hai violentato il tuo stesso animo per troppo tempo, amico mio. Il dolore gioca brutti scherzi anche alle menti più razionali.- Era una verità scomoda ma il Re degli Elfi la custodì dentro di sé, conscio di quanto, suo malgrado, la saggia presenza dell’elfo dorato gli fosse mancata.
    Con un sospiro rassegnato, confessò i suoi stessi pensieri, rimarcando ancora una volta come quell’esperienza l’avesse profondamente cambiato: -Ti ringrazio per esserti preso cura di lei.- Scandì, tornando a guardare l’amico e incontrando il suo sguardo: -E non sono così stolto da non capire che sei stato tu a schiarirle la mente, mentre io non ero in grado di gestire la situazione. Grazie, Glorfindel, perché non eri tenuto a farlo.- Continuò, la voce ridotta ad un sussurro, udibile solo dal Vanyar davanti a lui.
    Glorfindel, improvvisamente turbato, sentì le proprie difese crollare vertiginosamente, pesando sul suo petto come macigni.
    Fissò il Re degli Elfi intensamente, indeciso su come rispondere. Thranduil aveva compreso il suo obbiettivo, dunque: tutti i suoi sforzi erano vòlti al bene della loro storia d’amore.
    Avrebbe dovuto esserne felice.
    Allora perché stava sopprimendo un moto di rabbia, sorto nell’osservare quella singolare espressione sul viso di ghiaccio del Re? Cos’era, sollievo? Oh, ma certo: gli stava chiaramente dicendo che adesso poteva farsi da parte.
    Quell’indesiderata consapevolezza, unita all’espressione di serena tenerezza sul volto del Sindar, gli fece ribollire il sangue nelle vene. Serrò la mascella, per non lasciarsi ardere dal fuoco che era divampato dentro di lui.
    Una voce, la sua stessa voce, rimbombava nella sua testa, urlando rabbiosamente: “Non ero tenuto a farlo? Perché, cosa sai di me? Cosa sai di lei?! Non la conosci come la conosco io, non meritavi il mio maledetto aiuto! Oh, credi sia così facile, Re Thranduil?! Credi che lascerò la presa solo per farti felice?! La mia felicità non è contemplata?! A nessuno è mai importato ciò che penso IO!?”
    E spalancò gli occhi dorati, a quei pensieri violenti.
    Cercò di calmarsi, respirando a fondo ma Thranduil aveva già fatto un passo verso di lui, un’espressione confusa a turbare i suoi algidi lineamenti: -Glorfindel?-
    Questo sollevò una mano per tranquillizzarlo, fissando un punto indefinito sul pavimento: -Prego, Re degli Elfi. Dunque, vedi di non sprecare l’occasione come tuo solito.- Rispose, la voce meccanica e dal tono irriverente che lasciava le sue labbra sorridenti con uno sforzo considerevole.
    Senza attendere la risposta dell’altro, lanciò un ultimo sguardo al letto sfatto, maledicendo il cuore che gli martellava pesantemente nelle orecchie e si allontanò, uscendo da quella piccola e soffocante casa hobbit.
    Una volta giunto nel cortile, l’aria tiepida del mattino gli gonfiò la camicia bianca, asciugando il sudore che, con suo grande sconvolgimento, gli imperlava la pelle d’alabastro.
    Il suo corpo aveva cominciato a ribollire e ondate di energia divina lo scuotevano dall’interno: -Dannazione- Ringhiò, stringendo con forza lo steccato di legno con le lunghe dita pallide. Erano secoli che non accadeva.
    Imprecò di nuovo quando il legno si spezzò sotto la sua stretta.
    Avrebbe dovuto capirlo la sera prima, quando aveva avvertito chiaramente il proprio fuoco ridestarsi dal suo sonno.
    Tirò indietro i capelli dorati, tremando per lo sforzo di contenere la propria energia, prepotentemente risvegliata da quell’assurda situazione.
    Il suo animo di antico immortale si contorceva per il bisogno di manifestarsi, di imporsi ma Glorfindel non poteva permetterlo: non dopo tutto il tempo che aveva impiegato per imparare a controllarsi, dal suo ritorno dalla morte.
    Il tutto durò una manciata di minuti, poi, così com’era cominciato, si placò, lasciando l’elfo dorato esausto e stordito.
    Era troppo coinvolto: desiderava il potere dell’Alfiere del Cielo e la gloria che esso poteva conferirgli e, contro ogni sua aspettativa, desiderava la stella. Avido come solo un antico elfo poteva essere, bramava persino l’oggetto di quella stupida ed egoistica infatuazione, solo perché un avversario minacciava di portarlo irrimediabilmente lontano da lui.
    Si sentiva sfidato, in tutti i modi possibili.
    Non ci voleva, non adesso.
    Riacquistò a fatica il controllo su di sé ma quell’esperienza doveva essergli d’avvertimento: doveva rimanere concentrato o presto si sarebbe pentito delle sue stesse azioni.
    Sobbalzò quando, dietro di sé, udì una voce profonda richiamarlo: -Tutto bene, elfo pervertito?- Thorin lo stava squadrando con un cipiglio quasi preoccupato, fermo sulla porta di casa. Glorfindel annuì, sforzandosi di sorridere: -Avevo solo bisogno di prendere un po’ d’aria. La casa è troppo piccola.- Fece, fingendosi tranquillo, anche se sapeva bene che non avrebbe mai potuto ingannare l’acuto Re dei Nani, con quel suo patetico tono forzato.
    Thorin intrecciò le dita dietro la schiena, avvicinandosi allo steccato. Non commentò quando i suoi occhi scuri si posarono sul legno incrinato e si limitò a guardare la valle davanti a sé, pacatamente. -Sei preoccupato per il viaggio?-
    Glorfindel fissò il nano dall’alto, leggermente stranito: Thorin stava cercando di fare conversazione?
    Accortasi dello sguardo insistente dell’elfo, il Re sotto la Montagna aggrottò le folte sopracciglia, facendo ondeggiare la barba intrecciata sul petto ampio: -Sì, non mi sei simpatico e ti trovo oltremodo irritante. Ciononostante, siamo compagni, in questa spedizione. Quindi vedi di sputare il rospo e non darmi problemi, elfo!- Chiarì, con voce tonante.
    L’altro rise di gusto, a quelle parole. Non avrebbe confessato un bel niente a quel giovane nano arrogante ma si sentì quasi ammirato da tanto buon senso: -Devo ammetterlo. Sei il nano più saggio che io abbia mai incontrato, mio signore. E dare del saggio a un nano è già di per sé un controsenso.- Thorin gli lanciò un’occhiataccia, tirando la lunga pipa fuori dalla saccoccia: -Buon per te.- L’elfo osservò gli intricati rivoli di fumo sollevarsi al ritmo dei lunghi respiri del nano, tranquillizzandosi leggermente.
    Consapevole che il Re sotto la Montagna non l’avrebbe lasciato andare senza una valida spiegazione, Glorfindel rivelò una minima parte dei suoi cupi pensieri: -L’Alfiere del Cielo sarà arduo da trovare. E ancor più arduo sarà convincerlo a servire nuovamente qualcuno. Le ferite dell’orgoglio sono tra le più profonde e difficili da guarire, sai?- E, nel pronunciare l’ultima frase, cercò di non immedesimarsi troppo, scacciando via ogni pensiero non relativo al loro imminente viaggio.
    -Moria è già un’immensa tomba. Non voglio che altri periscano nelle sue profondità. Dovremo stare attenti.-
    Thorin tossicchiò, per nulla preoccupato: -Dimentichi che ci sono io, elfo. Stai pur certo che, se davvero c’è qualcosa là sotto, io la troverò.-
    Glorfindel sorrise, curioso: -Perché ti sei unito alla Compagnia, Thorin Elminpietra?- Quello picchiettò la pipa contro la staccionata in modo da svuotarla, raddrizzandosi con portamento fiero: -Figurati se vengo a dirlo a te.-
    Prima che Glorfindel riuscisse a ribattere, la voce della dolce Rosie Cotton li chiamò, timidamente: -Preparo la colazione. Prego, accomodatevi a tavola, prima che i bambini si sveglino.-

    Thranduil non aveva né i mezzi, né la pazienza per cercare di sondare i comportamenti di quell’elfo superbo. Aveva sentito la sua energia vacillare e scuotersi: era insolito ma non era di certo la prima volta. Congedò quindi quell’evento come irrilevante, come molte altre volta aveva fatto e, con un sospiro arrendevole, sedette pesantemente sul bordo del letto.
    Le sue orecchie sensibili avevano udito i padroni di casa svegliarsi e raggiungere la cucina e già una miriade di profumi aveva invaso la casa, annunciando una colazione più varia ed abbondante di quanto persino la sua mente immortale potesse concepire.
    Il suo sguardo adamantino corse sul viso della stella, che si era lasciata sfuggire un mugolio contrariato ai suoi movimenti sul morbido materasso. Osservò le sue lunghe ciglia nere tremare leggermente e le delicate sopracciglia incurvarsi in un’espressione infastidita. Quasi si sentì in colpa per aver turbato quei lineamenti altrimenti distesi: gli stessi che aveva osservato tutta la notte, cercando di convincersi che quanto stava accadendo tra di loro era reale.
    Con dolcezza, le scostò i capelli dal collo, ancora deturpato da grandi cicatrici, chiedendosi se svegliarla o meno. Certo, lei doveva nutrirsi o il suo corpo ormai umano non avrebbe sostenuto i ritmi del viaggio.
    Thranduil esitava solo perché non aveva idea di cosa dirle, una volta sveglia.
    Rise di sé stesso: quel maledetto Glorfindel aveva ragione, non ricordava niente di tutto ciò che comportava una relazione di quel genere. E lei era in grado di confonderlo persino da addormentata, così innocentemente abbandonata tra le coperte fredde. Si era fidata di lui, della sua presenza e il suo sonno rilassato ne era stata la riprova.
    Inconsciamente, il Re degli Elfi si avvicinò ancora, posando la fronte su quella di lei. Rabbrividì quando avvertì l’innaturale gelo della sua pelle dorata ma si sarebbe abituato anche a quello.
    Avrebbe accettato qualsiasi cosa, purché fosse parte di lei.
    Sillen, destata da quel contatto improvviso, aprì piano gli occhi, confusa. La luce del mattino filtrava tra i capelli d’argento del Re, chino su di lei. -Thranduil? Va tutto bene?- Sussurrò, la voce ancora impastata dal sonno.
    L’altro annuì contro di lei, gli occhi chiusi e il respiro regolare:
-Non muoverti.- Non che lei ne avesse intenzione. Sorrise, guardando quel viso marmoreo così vicino al suo con tenerezza.
-Che ore sono?-
-È tardi.- Rispose l’elfo, con tono asciutto: -Gli altri sono già in cucina.- Come in reazione a quelle parole, lo stomaco della stella si lamentò rumorosamente: -Mhm, credo sia il caso di raggiungerli, allora.- Ridacchiò, scalciando le coperte con le gambe.
    Ma Thranduil non pareva così propenso a spostarsi. Lasciò scivolare il viso sulla guancia della stella, affondando nell’incavo del suo collo, tra i suoi lunghissimi capelli scompigliati.
    Sillen si ritrovò a contorcersi a causa del solletico, causato dal lieve sfregamento sulla sua pelle sensibile: -Thranduil, che cosa stai facendo?-
-Ho detto non muoverti.- Le intimò il Re, con voce terribilmente morbida, in netto contrasto con la presa salda che intrappolò la stella contro il suo petto.
    -Dispotico.- Commentò lei, divertita, arrendendosi senza tanti complimenti e stringendogli le braccia attorno al collo. Per quanto tempo aveva sognato di poter condividere un momento così spensierato con quel glaciale Re degli Elfi?
    Persa nella sua gioia mal contenuta, si ritrovò a un tratto a rabbrividire vistosamente, mentre il solletico sul suo collo sottile si trasformava in una carezza a fior di pelle. Sentì le labbra dell’elfo sfiorarle la gola e non riuscì a spiegarsi la natura di quegli insoliti brividi lungo la schiena, che le intimavano di chiudere gli occhi e lasciarlo fare.
    Invece si schiarì la voce, deglutendo a vuoto: -D-dovremmo andare adesso.- Al tono incerto che tinse la voce della stella, Thranduil si scostò, liberandola dalla sua stretta.
    Fu solo per un momento, poi tornò con impeto travolgente su di lei, prendendo definitivamente possesso delle sue labbra schiuse dalla sorpresa. Era tutta la notte che aspettava, non le avrebbe concesso un secondo di più.
    Infatti, Sillen non ebbe nemmeno il tempo di realizzare ciò che stava succedendo che si ritrovò scompostamente avvinghiata all’elfo, come se non avesse fatto altro in tutta la sua vita. Un debole mugolio di protesta s’infranse sulle labbra dell’altro che, per tutta risposta, intensificò quel bacio vorace.
    Thranduil si impose di rimanere il più immobile possibile, costringendo le sue stesse mani contro il materasso morbido ma, ben presto, anche quell’accortezza diventò assolutamente inutile. Sentì i muscoli tendersi sotto il tocco leggero della stella che, con innocente curiosità, aveva lasciato scivolare le dita sottili sotto la sua camicia candida.
    Era decisamente il caso di fermarsi.
    Eppure, tutte le sue buone intenzioni cedettero come pareti di carta al respiro accelerato della giovane, che ricambiava ogni suo gesto con altrettanta, istintiva passione.
    Casa Baggins scomparve, così come tutti i suoi abitanti.
    Non esisteva più una battaglia da affrontare, né un artefatto da trovare o un nemico da sconfiggere: c’erano solo loro, l’una dell’altro.
    Almeno fino a quando la porta della stanza non sbatté con violenza contro il muro, rivelando la sagoma minacciosa di un piccolo hobbit in camicia da notte. -Trovati!- Urlò Tolman, indicandoli con un ditino paffuto.
    L’intima bolla attorno ai due scoppiò all’istante, tra il sobbalzo imbarazzato della stella e il sospiro rassegnato di Thranduil, che si passò una mano tra i capelli scompigliati.
    Tolman salì sul letto con movimenti scoordinati, finendo addosso alla stella, senza curarsi di aver impudentemente scansato il Re degli Elfi: -Senti, tu con la pelle dal colore strano.- L’apostrofò: -Il tuo amico nano si sta mangiando tutto. Meglio che vieni, meglio che corri! Finiranno le ciambelle, dico io.-
    A quelle parole, Sillen irruppe in una risata cristallina, le guance ancora tinte dall’imbarazzo e dalla foga del momento. L’elfo al suo fianco cercò di sistemare gli abiti, distaccato e freddo come sempre. Solo la stella riusciva ancora a scorgere la tensione del suo corpo, costretto ad abbandonare il letto, reso terribilmente accogliente dal suo stesso calore.
    Sillen accarezzò i ricci chiari del piccolo hobbit, con delicatezza: -Arriviamo. Dammi giusto qualche minuto.- Gli assicurò, con un sorriso. Questo annuì, soddisfatto, scendendo dal letto aggrappandosi alle coperte, come se niente fosse. Nemmeno degnò l’elfo di uno sguardo, troppo impegnato a correre nuovamente in cucina per accaparrarsi la propria razione.
    Sillen si affrettò ad abbandonare le coltri bianche, evitando di dar retta a tutte quelle sensazioni che invece la spingevano a tornare tra le braccia del Re. Di sottecchi, lo guardò alzarsi e ricomporsi, fino a tornare l’algido elfo d’argento che aveva incontrato la prima volta, a Bosco Atro.
    Sorrise tra sé e sé, finendo di legare i capelli in una treccia morbida: -La prossima volta che decidi di svegliarmi in questo modo, vedi di tenere quelle orecchie ben aperte. O ti piace essere interrotto dai piccoli e probabilmente impressionabili hobbit?-
    Thranduil le rivolse uno sguardo tagliente, fermo sulla soglia. Cercò di ignorare quelle labbra sfrontate, deliziosamente gonfie e arrossate a causa dei suoi stessi baci, e l’ombra di un sorriso distese il suo volto affilato: -Fa silenzio, inutile umana. Se mi provochi adesso, sarà peggio per te.- Ed entrambi, nonostante i dolci sorrisi, non sottovalutarono quelle parole apparentemente scherzose.


 
**

    Sam si fermò di fronte ai possenti Maiar, fuoriusciti dalla boscaglia con uno scrollare deciso delle ali maestose. Sbatté le palpebre, ammirato e sconvolto, lisciando gli abiti leggeri come ad apparire più formale: -Oh santo cielo. L’Alleanza deve essere davvero formidabile, la più potente della storia!- Esclamò, realizzando in quell’istante di non riuscire nemmeno a immaginare un tale esercito, formato dai grandi guerrieri dei popoli liberi.
    Sillen gli strinse la mano ruvida, sorridendo: -Grazie per l’aiuto e per l’ospitalità, Samvise L’Impavido. Avrai presto nostre notizie. Intanto, prenditi cura della tua famiglia.-
    Era stato triste lasciare i cinque bambini hobbit con i lacrimoni agli occhi, disperati per non poter prendere parte a un’incredibile avventura come aveva fatto il loro papà anni prima.
    Sam ricambiò la stretta, annuendo deciso ed emozionato: -Lo farò, Sillen. E voi sarete sempre i benvenuti nella mia casa.-
    Glorfindel gli assestò una leggera pacca sulla spalla, con fare amichevole: -Addio, mastro hobbit. Che il nostro prossimo incontro possa avvenire in circostanze più liete.-
    Thorin III, che si stava grattando con insistenza la schiena e il torso sotto il mantello, mimò un breve inchino: -Io tornerò senz’altro. Il cibo di tua moglie è ottimo, anche se credo mi abbia fatto allergia. Incredibile, che prurito!-
    Thranduil, al suo fianco, sollevò un sopracciglio: -Non è più probabile che sia colpa delle formiche?- Thorin sgranò gli occhi, senza trovare un senso a quella strana domanda: -F-formiche?!- E tolse velocemente il mantello, scrollandolo con decisione.
    In effetti, era assurdo che non avesse notato tutti quegli insettini neri, che adesso cadevano a terra a manciate.
    Inaspettatamente, scoppiò in una risata fragorosa, divertito:
-Quei bambini me l’hanno proprio fatta!- Si limitò a risolvere la situazione sbattendo il mantello, più soddisfatto che arrabbiato.
    Thranduil sollevò gli occhi al cielo e rivolse la sua attenzione verso la stella, che lo stava raggiungendo. Questa aggiustò il mantello, stringendo forte le labbra: -Adesso dobbiamo essere concentrati. Troveremo l’Alfiere e faremo ritorno a Minas Tirith, dai nostri amici. Non voglio che accada loro niente di male.- I suoi occhi violetti si persero nel vuoto e la sua voce si incrinò appena: -Pallando è troppo spietato, troppo forte. Potrebbe attaccare in qualsiasi momento. E Alatar…- Deglutì, sopprimendo il moto di tristezza che le attanagliò lo stomaco e il petto al solo pronunciare quel nome: -…mi auguro solo che non sia già tornato da suo fratello.-
    Il Re degli Elfi scrutò il suo viso e fu estremamente infastidito dalla sua espressione contrita.
    Contrasse la mascella, più arrabbiato che dispiaciuto.
    Quell’Istar traditore e fuggiasco l’aveva ferita abbastanza, non voleva che il pensiero di lui sfiorasse ancora la sua mente.
    Parlò con voce controllata, serio: -Per adesso, nulla ha turbato Gondor. In caso contrario, avremmo già ricevuto notizie.-
    Sollevata da quella realtà, la stella sorrise, ringraziandolo con lo sguardo. Glorfindel, poco lontano, si appestò a prendere posto sul dorso dell’aquila bruna.
    Ignorò con tutte le sue forze i due compagni, stretti sotto il mantello del Re degli Elfi, e deglutì il boccone amaro che gli bloccava il respiro: -Andiamo a Nord-Ovest, ai Cancelli di Moria.- Ordinò, imperioso.
    Così, accompagnata dai saluti sentiti di Sam, la Compagnia si alzò nuovamente in volo, per raggiungere l’ultima tappa della loro spedizione.




 





N.D.A

Ciao! Bentrovati <3

Ho accumulato altro ritardo e il capitolo è piuttosto breve e di passaggio. Spero vi sia piaciuto comunque, nonostante tutti i sentimentalismi XD
Insomma, avevo proprio bisogno di definire la situazione, prima di spedire tutti verso l’azione D:

Grazie a tutti quelli che sono arrivati sino a qui, siete pazienti più di quanto io meriti T-T

Per questa volta sarò breve,
ci vediamo al prossimo capitolo!

Un bacio

Aleera
 
   
 
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