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Autore: MelaniaTs    18/01/2021    0 recensioni
Boston è una cittadina fiorente e bellissima, ordinaria sotto certi aspetti ed anche molto conservatrice. Adelaide Thompson, cresciuta nell'alta borghesia Bostoniana, non vede l'ora di spiegare le ali verso la libertà. Gabriel Keller, però sembra pensare il contrario.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: © Questa è una saga, non una serie, per me c’è distinzione la saga ha come fondamento una famiglia, la serie al contrario un gruppo di persone collegate tra di loro ma senza legami famigliari. Questa saga a differenza di Dreams è molto più easy e più leggera senza molti shock, dovrebbe essere anche più breve (ne avevo bisogno 😜). Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.
La BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Personaggi principali durante la serie, cliccate per visualizzare: Gabriel (Adam Cowie) - Adelaide (Nataniele Bibiero - London (Kivanc tatlitug - Chester (Mark Rowley) - Brooklyn (Vika Bronova) - Dallas & Alaska (Amelia Zadro) Geller Keller (Michael Fassbender giovane) - Michaela Keller (Alessandra Deserti)
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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Atterrammo in orario, se non in anticipo di cinque minuti. Non chiesi più nulla a Gabriel della sua discussione col nonno, anche se durante il viaggio era stato lui stesso a parlarmene. La discussione doveva averlo ferito molto, avvertivo in lui una certa animosità ancora. 
"Mi dispiace che ti abbia confrontato a tuo padre, siete comunque due persone diverse." Gli dissi comprensiva 
"Sicuramente avevano anche altri progetti, cioè ho ventiquattro anni, chiudermi in un matrimonio di convenienza alla mia età è assurdo." Disse acre.
"Io tremo al pensiero che il prossimo luglio Brooklyn sposi Jonatan. Ha solo venti anni!" Dissi.
"Ci vuole coraggio a sposarsi così presto, io lo farei solo per emergenza." Disse lui.
"Non ci sono emergenze che tengano secondo me." Ammisi orgogliosa, che fossero venti o ventiquattro era presto, troppo presto.
"Sinceramente..." disse lui serio, lo sguardo puntato nel mio, mi strinse forte la mano che avevo poggiato sul bracciolo. "Se la mia ragazza fosse incinta non ci penserei neanche un minuto. La sposo subito." 
Metabolizzai le sue parole e la sua frase attentamente, poi sussultai spaventata. "Impossibile!" 
Lui rise. "Possibile e impossibile se la giocano al fifty-fifty." 
Lo osservai per poi dargli uno schiaffo scherzoso sulla spalla. "Ma perché con te non si riesce a fare una conversazione seria." Chiesi ridendo.
"È seria! Ma se viene fuori un figlio non lo si butta mica." Affermò sereno. 
Lo guardai voltandomi sulla poltrona per avere la sua attenzione. "Cioè non ti spaventa la cosa? Sarebbe orribile Gabriel, io ho l'università e tu un lavoro da iniziare, per non parlare del fatto che sarai a Monaco... io vivrò in una stanza del dormitorio." Dissi elaborando tutti ciò che ci era contro, omettendo ovviamente che eravamo ancora giovani. 
Lui sospirò per poi annuire. "Lo so Adelaide!" 
Adelaide?! Da quando mi chiamava così? Io ero Heidi, la sua Heidi! 
"Questo non vuol dire che non si possa fare." Continuò Gabriel sorridendomi. "Se si tratta di te posso fare tutto, anche i sacrifici che ci attendono. Ovviamente non voglio mettere il carro avanti ai buoi, però un figlio è il peggiore dei mali e avere te come signora Keller sarebbe niente male." 
Mi sentii battere forte il cuore. Quella era una dichiarazione? Dio! Mi aveva dichiarato amore? Cioè nei libri non c'erano frasi tipo: sei la luce dei miei occhi, l'unico mio amore e bla bla?! E lui se ne usciva con frasi buttate lì con un sorriso divertito sulle labbra? 
Feci una smorfia, le labbra arricciate e lo sguardo di sfida sul suo viso. "Io non lasciò Boston per venire a Monaco." 
Gabriel mi guardò e rise pizzicandomi sono le labbra. "Non te lo avrei chiesto. Sei così abitudinaria Heidi." 
Gli diedi un altro pugno sulla spalla poi gliela strinsi e mi accomodai contro di lui con la testa, sarebbe stato un ottimo cuscino. "Potevi usare precauzioni? Dobbiamo comprare dei preservativi." Gli dissi.
"Ma io li ho!" Ammise lui, sussultai a quella rivelazione. Perché allora? "Con te meine liebe (pr: main libe) mi sento libero, sei l'unica con cui non devo preoccuparmi e sinceramente sono contento di non averlo usato. È stato unico sentirti." Dichiarò
Al che arrossii, decisamente lui stava facendomi delle dichiarazioni, solo le faceva a modo suo.
"Ti giuro che da questa sera userò delle precauzioni." Mi disse.
Sospirai, mi misi più comoda e sollevai leggermente la testa a baciargli il collo. "Hai ragione, fin quando sei tu si può fare la cosa. Però userai il profilattico d'ora in poi." Lo minacciai, lo sentii ridere e un sorriso solcò anche il mio viso. Ci riaddormentammo così e fummo svegliati dalla hostess che ci informava dell'atterraggio. 
Una volta fuori respirai l'aria frizzante della sera tedesca. Eravamo partiti che era l'alba neanche ed eravamo arrivati che era il tramonto, eppure erano state solo dieci ore di viaggio. 
Gabriel mi prese la mano mettendosi la valigia in spalla, io lo seguii trascinandomi il trolley dietro. "Comprerai altri vestiti qui a Monaco?" Gli chiesi, ero certa che non potesse avere un vestito da lavoro nella sacca con cui viaggiava. 
Lui annuì. "Mamma mi ha prenotato un appuntamento da Hugo Boss per scegliere i migliori completi da lavoro. Sarebbe il suo regalo di laurea per gli splendidi risultati ottenuti." Disse con una smorfia. "Altre cose ne avevo già qua invece." 
Gli strinsi la mano ridendo intanto che raggiungemmo l'esterno dell'aeroporto. "Non ti è gradito questo regalo?" 
"Al lavoro inizierò dal basso, credo quindi sia il caso di prendere qualcosa di più modesto." Affermò esponendomi il suo punto di vista. "In cambio avrebbe potuto regalarmi un Rolex!" Concluse con uno sguardo divertito.
Risi, lui era fatto così, cercava sempre di sdrammatizzare anche se in realtà comprendevo cosa volesse dire. 
"Gabriel siamo qui." Disse la voce di una donna. 
Mi voltai alla ricerca del volto cui apparteneva e in lontananza vidi una donna alta dai capelli fulvi e con abiti evidentemente raffinati. Accanto a lei c'era una ragazza apparentemente della mia età, vestita con un jeans ed una t-shirt rosa stampata, aveva gli stessi capelli rossi della madre, ma sciolti e trattenuti solo da un berretto e gli occhi azzurri e vivaci. 
"Mamma... Pam!" Sentii dire intanto che Gabriel mi trascinava verso le due, solo a circa un metro di distanza mi lasciò andare per abbracciare quella che doveva essere sua madre e l'altra ragazza, sua sorella Pamela. 
"Finalmente sei arrivato e questa volta resti." Stava dicendo la ragazza. 
Io strinsi istintivamente la mano intorno al manico del trolley. Che restasse a Monaco era in ipotesi molto più concreta di ciò che sembrava. 
"Partiamo dal presupposto che ho la specializzazione da seguire..." Disse alla sorella.
"Potresti farla qui a Monaco, abbiamo delle Università eccellenti sai?" Intervenne sua madre.
"Ok... sono appena arrivato, dopo dieci ore di volo vorrei sgranchire le gambe e caso mai mettere qualcosa sotto i denti, senza parlare dei miei doveri o degli studi." Concluse con fare autoritario. 
"Hai ragione." Disse la rossa battendo le mani. "Andiamo allora, mamma ha fatto preparare i tuoi piatti preferiti." Annunciò Pamela prendendo il fratello per il braccio trascinandolo verso il parcheggio delle auto. 
In un attimo compresi che sarei rimasta indietro, andavano via e Gabriel era stato sopraffatto dalla sua famiglia e... sua madre mi stava fissando. 
Inga Meyer, responsabile della filiale di Monaco. Amante di Thomas prima e moglie di Taddheus dopo. Studiava ogni mio gesto e anche il mio abbigliamento, alzai il mento e la fissai con sfida, sinceramente anche se ero vestita comoda per il viaggio stavo molto meglio di Pamela.
"Chi sei?" Mi chiese diretta. "Gabriel non ci ha mai portato una ragazza." 
Feci un paio di passi verso di lei e tesi una mano alla Meyer. "Adelaide Thompson, piacere."
Lei sbattette le ciglia stupita. "Heidi! Oh santo cielo, Gabriel parla sempre di te, non assomigli per nulla a London."
Annuii imbarazzata pensando a cosa avessero detto di me Gabriel e London, poi facendomi forza risposi alla donna. "London assomiglia a papà, è l'unico biondo della famiglia, cioè anche Dallas lo è ma più scuro." Ecco adesso parlavo troppo. 
La signora Inga mi sorrise e fece un gesto verso i parcheggi. "Comprendo, vieni andiamo. Raggiungiamo i ragazzi, sicuramente mio marito avrà dato una calmata a Pamela." Mi disse.
Assentii seguendola, Pamela aveva praticamente manipolato da subito Gabriel, non lo avevo mai visto così accondiscendente con Michaela. "Ci sono anche suo marito e Gellert?" Chiesi pensando che non ci sarebbe stato spazio per me in auto.
"Oh no! Gellert è in vacanza a Tenerife, rientra i primi di settembre." Mi rispose indicandomi una Mercedes. "Lo consocerai con calma al suo rientro." 
Intanto un alto uomo dai capelli castani e lo sguardo dolce ci venne incontro, assomigliava a Thomas, anche se i capelli non erano scuri come la pece e gli occhi castani erano molto più amorevoli di quelli del padre di Gabriel. 
"Guarda chi c'è qui! La piccola Thompson." Disse prima che sua moglie potesse dirgli di me, anche lui sembrava che mi conoscesse e anche di aspetto. 
"Mamma, zio, Pam..." intervenne Gabriel raggiungendoci e prendendo il mio trolley. "Lei è Adelaide e resterà con noi per questa settimana." 
Annuii e seguii con lo sguardo i suoi gesti intanto che posava il trolley.
"Adelaide?!" Chiese Pamela guardandomi con i suoi vispi occhi color cioccolato. "Io sono Pamela, sei la ragazza di Gabriel? Fino ad ora non aveva mai portato nessuna qui in Germania." 
Ero la ragazza di Gabriel? Sbigottita mi scambiai uno sguardo con lui, non avevamo parlato di noi due, ci eravamo attenuti ad essere ciò che eravamo sempre stati fino ad allora. Ovvero amici! Amici che adesso avevano anche un rapporto intimo, ma pur sempre amici.
"Abbiamo fame! Possiamo andare?" Intervenne lui chiudendo l'argomento e il cofano. Per la prima volta lo vidi serio, non me lo aspettavo da lui, non mi aspettavo che non sorridesse. Con me lo faceva sempre, invece in quel momento nessuno osò contraddirlo.
Io neanche dissi nulla, perché così facendo mi aveva tolto da qualsiasi imbarazzo. Salii in auto seguendo sua sorella Pamela e durante il tragitto ella iniziò a farmi domande su di me e la mia famiglia, come mai sarei rimasta una sola settimana e cose più generiche, al che io risposi contenta che chiedesse di me e non di me e Gabriel. Lui intanto sembrava essersi immedesimato in auspicano che conoscevo poco, ovvero il figlio devoto, se al contrario con Thomas Keller c'era infatti un rapporto fraterno fatto di venirsi incontro e confrontarsi per prevalere l'uno sull'altro. Gabriel con suo zio e sua madre era diverso, era un figlio. 
Seduto accanto a me chiedeva informazioni sulla famiglia, questo fino a quando non suonò il telefono e lui rispose.

London & Gabriel

Io e Heidi non avevamo parlato di noi, di ciò che eravamo. Ci avevamo girato intorno, anche sull'aereo. Quando avevo palesato la possibilità di diventare genitori, l'avevamo affrontato alla leggere l'argomento come ci capitava anche di quelli più disparati. Eravamo una coppia di sicuro, lei mi aveva detto che d'ora in poi avremo dovuto avere rapporti protetti, questo includeva essere qualcosa. 
Comprendevo di stare sbagliando, che dovevo rivelarle i miei sentimenti, dirle di amarla. Invece ci avevo girato intorno chiamandola amore in tedesco. Potevo legarla a me? Potevo farlo quando lei aveva dei sogni da realizzare? Correttamente parlare non potevo farlo, anche se forse lo avevo fatto inconsciamente, non usando alcuna precauzione durante i rapporti. Forse ero egoista e non volevo che studiasse e si creasse un futuro? No, volevo che lei crescesse, solo avrei voluto lo facesse con me al suo fianco.
I miei pensieri furono interrotti prima da mia madre e dopo dallo squillo di London. Era giunto il momento di confrontarci. Lo feci squillare, poi una volta terminata la chiamata fui io a chiamare lui.
"Pronto..."
-Ehi fratello! Sei atterrato?- La voce di London era fremente, non mi aspettavo una sua reazione del genere.
"Sì, venti minuti fa circa. Il viaggio è andato benissimo e dalle voci in sottofondo credo tu abbia capito che Pamela è qui e ti saluta." Gli risposi facendo una smorfia a mia sorella che al contrario sbuffo
Sentii la mamma e lo zio sorridere e dopo aver mandato anche i saluti dei miei per restare evasivo non dissi nulla a London, attesi che fosse lui a parlarmi. Adelaide voleva che io non mentissi a London e per farlo mi aveva consigliato di non affrontare proprio l'argomento a meno che non mi fosse stato chiesto. 
- Ieri sera ho provato a chiamarti. Temo fosse già tardi per gli orari che ti eri prefissato. - Mi disse London, la voce di Pamela in sottofondo mi distaccai verso il finestrino per non essere disturbato.
"Quindi devi iniziare l'università?" Chiese ad Heidi che annuì.
"Sì, infatti ho visto stamane le chiamate, sicuramente eri ancora nel mondo dei sogni." Risposi io a London 
"E cosa studierai? Io mi sono presa un anno sabbatico." Chiese ancora Pamela alla mia ragazza.
Lei intanto guardava me e mia sorella, per poi mormorare la risposta in un sussurro. "Legge!" 
-S-sì! Io... dormivo effettivamente!- Mi diceva intanto London.
"Anche l'università di Monaco ha una buona facoltà di legge!" Espose Pamela. "Potresti fare il test per entrare qui, così starai con Gabriel, vero fratellone?" 
"Io devo tornare a casa!" Le rispose una Heidi smarrita. 
Guardai mia sorella con ammonimento. "Sono a telefono, puoi abbassare i toni?" Le chiesi. "Ehi London... senti è meglio se ci sentiamo dopo senza la presenza di 'Pamela worte in den wind'!" Gli dissi sarcastico. (*parole al vento.)
-Io... io penso che... hai portato una ragazza con te in Germania?- Mi chiese.
Lo sapeva! London sapeva che ero con Adelaide, me lo sentivo. Annuii prendendole la mano per avere la sua attenzione. 
"Sono con la mia ragazza!" Ammisi.
Lei mi guardò e lui intanto non rispose, sembrava soppesare le parole.
-Spero che vada tutto bene tra di voi.- 
"Oh sì! Ci godiamo questa settimana insieme e poi..."
-Tornerà a Boston?- Mi chiese in apprensione.
"Sì ovvio. A settembre inizia l'università." Gli dissi spiccio.
-Perfetto! Quale università? - Mi chiese poi. 
"Ci credi se ti dico che questo è un argomento tabù?" Gli chiesi intanto che mia sorella faceva delle smorfie verso Heidi. 
"Stanno parlando di sesso!" Sussurrava. 
"Assolutamente no!" Urlò Heidi.
"Non stiamo parlando di sesso!" Intervenni, non avrei mai parlato di queste cose con London, non quando c'era di mezzo Adelaide Thompson. 
-Per l'amore del cielo! Di a tua sorella che queste cose non voglio saperle.- Mi disse London, riconoscevo il suo tono. Era imbarazzato e divertito insieme.
"Non sei divertente, ti chiamo dopo... quando sono solo." Ci tenni a precisare minacciando Pamela con lo sguardo. 
-Ok fratello! A dopo.- Mi salutò London divertito. Quella sua risata in sottofondo ammisi che mi spaventò.
"A più tardi!" Lo salutai per poi iniziare a inveire contro mia sorella in tedesco. Gliene dissi di tutte, che era stata scostumata, che aveva messo in imbarazzo Adelaide, che quando un giorno avesse avuto un ragazzo avrei confidato tutti i suoi segreti. Perché non era assolutamente normale che infilasse la parola sesso quando 'la mia ragazza' era la sorella del mio migliore amico. 
In tutto ciò Heidi restava in silenzio a guardare tra me e Pamela, cercando di capire un discorso che a lei risultava incomprensibile. Avrei dovuto trattenermi dal parlare tedesco quando c'era anche lei, glielo dovevo dal momento che le avevo chiesto di seguirmi oltre oceano.

"Eri a telefono con Gabriel London?" Guardai mio padre ed annuì.
"È atterrato, il viaggio è andato bene." Risposi mettendo in ordine i progetti che avevo di fronte a me. Ero incredulo ancora, eppure ero certo che la voce in sottofondo anche se flebile era stata quella di Adela. Per la prima volta avrei dovuto ringraziare Pamela per la sua loquacità, avevo compreso in quei pochi minuti al telefono che Gabriel mi avrebbe detto poco e niente su Adelaide. Sicuramente sapeva che sarebbe andata all'università. Sapeva anche che era scappata di casa? E sapeva che con quella telefonata mi aveva rasserenerato. Sentire Adelaide che rispondeva anche lievemente, legge, mi aveva tolto un macigno dal cuore. Anche sentirla dire che sarebbe tornata, come avere delle informazioni da Gabriel che glielo confermava, perché aveva l'università mi aveva tranquillizzato. Era con lui e tanto mi bastava a non essere più in pensiero per lei. C'era comunque tanto ancora da sapere, Adela ci avrebbe detto dei suoi progetti? Avrebbe chiamato la mamma per dirle che stava bene inoltre dove avrebbe studiato ce l'avrebbe fatta con i suoi risparmi a mantenersi all'università almeno per quell'anno c'erano tante domande senza risposte e avevo bisogno di sapere.Gabriel mi avrebbe risposto non lo sapevo. Osservai mio padre annuendo. 
"Non c'era bisogno che chiedessi si è portato Adela con lui in Germania, sarà lì per una settimana poi rientrerà a Boston per iniziare l'università." Gli dissi. 
"Quale università?" Chiese mio padre. Ovviamente il pensiero era comune, cosa avrebbe fatto poi Adela, sarebbe riuscita a cavarsela da sola? Come avrebbero fatto mamma e papà a proteggerla se non sapevano dove ella fosse. 
"Gabriel mi ha detto che è difficile saperlo." In pratica non aveva voluto parlane, ma quando mi avrebbe richiamato. Senza l'impertinenza delle domande di Pamela per una volta aveva giocato a mio favore. Avvertire la presenza di Adelaide era stato un conto, comprendere che era davvero lei quando aveva urlato la sua disapprovazione era stata invece una conferma. 
"Dobbiamo saperlo, non può restare troppo..." stava dicendo papà. 
Al che decisi di intervenire. "Credo che ormai sia andata." Gli dissi 
"Tornerà, lo hai detto anche tu." Affermò papà.
"No papà! È andata. Ha spiegato le ali e iniziato a camminare da sola, non puoi proteggerla più perché ha iniziato a crescere." Gli dissi.
Ma lui scosse la testa. "Ha solo diciotto anni." 
Restai basito, al che sospirai. "Anche io e Chester avevamo diciotto anni quando abbiamo iniziato l'università. Addirittura con London sono partito a diciassette anni per Monaco la prima volta, mi avete lasciato andare." Gli dissi risoluto.
"Con te e Chester era diverso London!" Affermò 
"Cosa c'è di diverso? Direi che oggi addirittura la tecnologia sia anche più all'avanguardia per non perderci." Gli dissi 
"Si ma lei è una ragazza, è diverso! Sai in quanti si approf..." 
Sgranai gli occhi. Diverso? "Papà per quanto sia una ragazza... credo tu debba iniziare a comprendere Adelaide." Cazzo! Avevo stavo facendo o almeno avevo fatto lo stesso errore di papà, avevo detto a mia sorella di non essere capricciosa e che l'università non era per lei. Quando invece studiare era ciò che voleva e sì, ce l'avrebbe portata via. Ma effettivamente quella era la vita, avendo sempre io ottenuto tutto perché uomo non mi ero mai messo nei panni delle mie sorelle. Avevo iniziato a parlare e pensare come papà. Ma era sbagliato quel modo di vedere.
"Non sei un genitore London, non puoi capire. I pensieri e le apprensioni. Tua sorella è molto ingenua e si è gettata in qualcosa più grande di lei." Affermò papà
"Certo!" Risposi. "Lo ha fatto! Ed è capace che cadrà, oppure che la sua carriera universitaria sia in salita! Questo non possiamo saperlo, però infine ci avrà provato." 
"Ha scelto di studiare per diventare un avvocato!" Mi disse papà.
"Si lo so! Io come uno stupido ho appoggiato la tua causa e le ho detto che non doveva fare i capricci. Io come uno stupido ho seguito il tuo esempio e le ho detto che non le sarebbe servita a nulla quella laurea." Gli dissi ripensando a come l'avevo allontanata.
"Quindi convieni con me che il mondo legale sia maschilista e che non la faranno mai emergere." Mi disse mio padre.
Annuii titubante. "Può essere, anche se conoscendo Adela cercherà sempre una rivalsa." Dissi con un sorriso sulle labbra.
"Quindi..."
"Quindi laurearsi per lei sarà sia un traguardo che un punto di partenza. Sarà qualcosa che la farà crescere e la formerà papà. Le ragazze dovrebbero crescere proprio come me e Chester." Conclusi. 
"Quindi per te anche loro dovrebbero avere le vostre stesse opportunità." Ammise papà.
Annuii prendendo un atto notarile e passandolo a papà. "Siamo nel ventunesimo secolo, sappi che pagherò l'università ad Adela appena scopro dove studierà." 
Papà prese l'atto e lo lesse, poi annuì. "Questa è la società che avete aperto tu e Gabriel." Alzò lo sguardo poggiando i fogli sulla scrivania, l'atto della G&L associates spiccava sul nero mogano della scrivania. "Trova l'università, la retta la pago io! È mio dovere fare avere ad Adela le stesse opportunità che ho dato a te e tuo fratello." 
Compresi ciò che aveva fatto mio padre, pagare di mia tasca significava prendere soldi dal fondo della G&L. Quindi includeva anche Gabriel nel sostentamento di Adela, papà voleva escludere quindi a priori il mio amico. 
Anche lui era arrivato alla mia stessa conclusione, Adela era in Germania con lui. Adela adesso era di Gabriel e per mio padre lui non era più il mio socio ed il mio migliore amico, bensì l'uomo che gli aveva portato via la figlia. 
Mio padre voleva far comprendere a Gabriel che era ancora lui a decidere per Adela, perché era la sua bambina e perché non si sarebbe arreso lasciandola andare via di casa. 
"Il prossimo luglio c'è il matrimonio di Brooklyn e Jonatan. Cosa farai una volta che saranno sposati?" Chiesi a papà girando intorno l'argomento. Doveva capire che c'era un tempo per qualsiasi cosa, per restare a casa e crescere con i genitori e quello per spiccare il volo e lasciare il confortevole nido in cui si era cresciuti. 
"Jonatan è mite e tranquillo, lui non chiede molto. Lui..." papà abbassò lo sguardo. "Lui non si è mai portato via Brooklyn." Ammise.
Al che compresi ciò che non avevo mai visto. Brooklyn e Jonatan non si amavano, al contrario Adela amava Gabriel. Brooklyn non sarebbe mai partita per Monaco seguendo l'uomo che amava, al contrario Adela aveva cambiato i suoi piani per stare almeno una settimana in più con Gabriel. 
L'amore era ciò che faceva la differenza e papà aveva compreso che non era l'università che gli avrebbe portato via la figlia, bensì il suo migliore amico. 
"Ci penso io qui al lavoro." Gli dissi. "Perché non vai a casa e dici alla mamma che Adelaide sta bene?" Proposi, annuì! Si alzò dalla sua sedia e allentò la cravatta nera e grigia che gli stringeva il colletto della camicia. 
"Cosa farete tu e Gabriel con la G&L?" Mi chiese.
"Abbatteremo i costi!" Gli dissi sereno. C'era una crisi economica globale e per poter stare al passo bisognava progredire, muoversi al passo e trovare nuove soluzioni. "La G&L ci assicurerà di offrire servizi sia qui alla Thompson che alla BCG, che anche ad altre società se ce lo chiedono. Gabriel ha già passato il contratto dei legali della BCG a nome della G&L. Così per la controversia che abbiamo contro Parker & Minter avremo un team di avvocati valido." 
"Jared e Laurie erano abbastanza bravi." Disse papà nominando i nostri due avvocati. 
"La Parker & Minter si avvale di un team di dieci avvocati, due dei quali sono usciti da Yale." Gli ricordai.
"Jared e Laurie... hanno studiato alla Boston university." 
"Vent'anni fa papà, come Theodor Keller che oltre ad aver studiato ad Harvard fa sempre dei corsi di aggiornamento, sia è a capo dell'ufficio legale e segue le filiali qui in America. In più suo figlio Edgar che sta studiando ad Harvard è nel suo team, oltre ad avere almeno dieci avvocati infatti Keller ha anche tre sono matricole di Harvard, sono tutte menti fresche e brillanti." Gli dissi esplicando i punti a nostro favore. Se la Parker & Minter pensava di poter vincere contro di noi la causa che avevano indetto potevano star certi che non ci sarebbero riusciti. 
Era assurdo quanto certa gente non riuscisse ad accettare di perdere un appalto.

Ero sazio, sazio e stanco in realtà. Il fuso orario e il jet-leg iniziavano a farsi sentire. In aereo io e Adela avevamo dormito a tratti, ma dopo dieci ore di volo la stanchezza si sentiva uguale. Appena arrivati cenare era stata la priorità, la fame so faceva sentire. A seguire l'esigenza più grande erano state una doccia e andare a dormire. 
Mia madre non aveva detto o chiesto nulla in riferimento a Heidi. Mi ero semplicemente trovato il suo trolley nella mia camera, aveva dato per scontato che dormisse con me e sinceramente ne ero contento. Non sapevo se avremo o meno fatto l'amore, avrei lasciato decidere a lei. Eppure l'idea di averla tra le mie braccia tutta la notte mi elettrizzava e forse, molto forse, mi bastava anche. 
Appena entrato in stanza presi quindi un cambio e andai a fare una doccia intanto che lei era ancora in sala a chiacchierare con Pamela. Incredibilmente le due parlavano di scelte universitarie, Pamela quell'anno iniziava anche se ancor non sapeva su quale specializzazione concentrarsi. Parlava con Adelaide per farsi delle idee, poiché a tutti durante la cena era stato chiaro che al contrario di Pamela, Adelaide Thompson sapeva come voleva muoversi. 
Una volta fuori mi trovai Adela nella stanza pronta per usare la doccia, all'inizio mi guardò di sottecchi, poi senza dirmi nulla entrò nel bagno chiudendosi la porta a chiave. 
Divertito seguii i rumori che mi arrivavano immaginandola sotto la doccia intanto che mi asciugavo e mi infilavo il pantalone del pigiama. La sua voce stonata si accompagnò allo scrosciare della doccia, sorrisi pensando che le piaceva cantare sotto la doccia. 
Mi sedetti sul letto e composi il numero di London. Era giunto il momento di chiamarlo. 
"Eccomi qui!" Gli dissi 
-Ce n'è voluto di tempo!- Mi rispose lui, lo sentii borbottare delle cose a qualcuno poi continuò. -Scommetto che tua madre ti ha preparato i crauti.-
"Con stinco e asparagi!" Affermai. 
-Senti Gabriel...- Mi disse lui 
"Dimmi!" Evitavo accuratamente di fare il nome di Adelaide, non volevo mentirgli. Compresi che la scelta di lei di dirmi poco sui progetti che aveva alla fine era la più giusta.
-Mi serve sapere a quale università andrà.- Mi chiese senza nominare Heidi.
"È difficile, non ho volutamente informazioni. Dice che quello che non so mi permette di non avere segreti con te." Ammisi. 
-Devo trovare un modo, non voglio che viva di stenti, almeno pagarle l'università. Capisci?- 
Anche se non poteva vedermi annuii. Mi stesi sul letto e sospirai. "È una di quelle private. L'ho capito quando mi ha detto che ha speso tutti i suoi risparmi per una retta e che ha fatto un finanziamento." 
-Ha fatto un finanziamento? Posso chiedere a Laurie di cercare quindi.- 
"Se scopre quello che ti ho detto mi uccide." Dissi comprendendo di avergli dato un indizio molto grande. 
Lui rise. - Aveva ragione lei, deve tenerti all'oscuro di tutto.-
Risi anche io intanto che avvertii l'acqua non scorrere più. "Ti manderò un messaggio." Gli dissi prima che lei uscisse. "Lì come vanno le cose, hai parlato con mio zio della controversia che vede implicata la Thompson?" Chiesi 
-L'ho visto stamane tuo zio e anche Edgar, ha fatto delle scoperte interessanti tuo cugino.- Rispose London, mio cugino Edgar era un asso nelle ricerche. Nonostante fosse appena al terzo anno di università aveva quella marcia in più che lo rendeva più perspicace rispetto agli altri. 
"È il sangue dei Keller, siamo bravi in ciò che facciamo." Gli dissi mentre la porta del bagno si apriva, Heidi ne uscì avvolta in un asciugamano, i capelli umidi le cadevano in ciocche ricce sul collo. 
Le sorrisi mentre seguivo una goccia che abbandonava i capelli per scenderle sul collo e poi più giù verso il solco dei seni stretti nel telo. Inutile nascondere che mi ero eccitato, era evidente a entrambi e lei sorrise consapevole di ciò che aveva appena fatto, abbandonai il cellulare, abbandonai tutto ciò che era al di là di noi, oltre quella porta e oltre oceano. 
Non ascoltavo più London, stava parlando ne ero sicuro. Ma non lo sentivo, la sua voce era lontana mentre lei poggiava un ginocchio sul bordo del letto e felina mi raggiungeva, la sua mano si muoveva in contemporanea. Mi carezzava prima i piedi e poi salì su per le cosce, dopo essersi insinuata tra le mie gambe mi guardò allusiva infilando la mano nei miei pantaloni, sussultai. 
"Sei stanco?" Mi chiese con voce roca.
Assolutamente no! Se anche ne avessi avuto un barlume era sparito poco prima, la presi per i fianchi spingendola verso il mio sesso. "Secondo te?" Le sussurrai prima di baciarla, di averla di nuovo mia e di sentirmi di nuovo una cosa sola con lei.

 

   
 
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