Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Nadine_Rose    18/01/2021    2 recensioni
Sarah ed Hermann sono rispettivamente due tra le tante vittime e i tanti carnefici nell’ora più buia della storia dell’umanità. Il campo di Fossoli, anticamera dell’inferno nazista, sarà la loro comune e perenne prigione d’amore malato.
Matteo, un giovane pescatore, sarà colui che proverà a sciogliere il cuore di Sarah dalle catene del tenente Hermann, nello speranzoso e disperato scenario del dopoguerra napoletano.
[Capitolo 65: Un amore a Fossoli]
AVVISO IMPORTANTE! Se state leggendo questa storia su una qualsiasi piattaforma che non sia Efp o Wattpad, siete potenzialmente a rischio di un attacco malware. Se desiderate leggere questa storia nella sua forma originale e in piena sicurezza, leggetela qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3794886&i=1, https://www.wattpad.com/story/188486067-nell%27abbraccio-del-nemico.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ImagesTime.com - Free Images Hosting

Nella foto, come immagino Hermann e Sarah nel 1947.

L’immagine è tratta dal film “La conseguenza”.

 

Capitolo 45

 

In una normale, monotona e sonnolenta domenica pomeriggio

 

“Se tu sapessi com’è terribile raggiungere tutta la conoscenza all’improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio. È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi. Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto.”

Frida

 

All’inizio del mese di maggio, Hannah e Davide avrebbero convolato a nozze secondo il rito cattolico nella Chiesa della Beata Vergine del Carmelo. A causa della vedovanza di lui e dello scandalo che la loro notevole differenza d’età aveva suscitato nel paese, la cerimonia si sarebbe svolta in forma strettamente privata, alla presenza di pochissimi intimi, ovvero il signor Gennaro e la moglie che avrebbero fatto da testimoni e, ovviamente, Sarah e Matteo.

La sposa avrebbe vestito di bianco, con un abito semplice e romantico, scelto insieme alla sua amica e alla signora Carmela, senza strascico e con una coroncina di fiori tra i capelli a reggere il velo donatole da Sarah, lo stesso che aveva indossato al suo matrimonio.

Dopo il rito, non ci sarebbe stato alcun banchetto né viaggio di nozze, ma d’altronde di ogni giorno insieme Davide e Hannah avrebbero fatto una festa nel reciproco rendersi felici e, solo in seguito, sarebbero partiti per concretizzare il loro progetto di vita e non più tornare indietro. Una partenza che, quando fu il momento, Davide decise di rimandare, pensando di poter scongiurare le disastrose conseguenze del ritorno inaspettato di colui che era stato suo nemico e che, a Fossoli, gli aveva dato un’anticipazione della crudeltà nazista.

Solo dinanzi all’irreparabile tragedia, Davide si arrese e partì con il cuore gonfio di dolore e quello di Hannah da sorreggere.

A settembre, Davide avrebbe fatto ritorno a Bologna, dove, in seguito alla sua domanda, gli era stata nuovamente conferita la cattedra all’accademia musicale, mentre Hannah sarebbe tornata tra i banchi di scuola per riprendere gli studi liceali interrotti a causa delle leggi razziali. Era stato lui a convincerla, lasciando primeggiare il suo lato paterno.

Seppur fossero due lavori dignitosi e loro immensamente grati al buon Gennaro, Davide non avrebbe più fatto da intrattenitore musicale in una sala da tè né lei sarebbe rimasta per sempre una cameriera.

Giacché le voleva un bene dell’anima, il sentimento d’invidia che si era annidato nel cuore di Sarah non sfociava in rabbia verso la sua amica, bensì in un senso di tristezza per la mancata realizzazione di sé e, a volte, come luttuosa cantilena, le tornavano alla mente le ultime parole rivoltele da don Franco. Non gli aveva dato ascolto, né allora né mai e, lasciando morire i sogni di bambina e sotterrando i suoi talenti, sentiva di esser diventata ciò che non era, ovvero una persona inasprita, incapace di gioire della gioia di un’amica.

Il rifiuto di Matteo a partecipare al matrimonio non l’aiutava a vivere il suo coinvolgimento nei preparativi e l’attesa del gran giorno pacificata con se stessa.

Fu in una normale, monotona e sonnolenta domenica pomeriggio, dopo il pranzo, durante la partita a briscola con suo padre e il compare, che lui diede alla famiglia la notizia dell’invito ricevuto, mentre Sarah, vestita di rosa, sedeva in terra a giocare con la cognata più piccola.

“E vui ca’ facite? Ce jate?[1]” Pur non sapendo parlare il dialetto, Sarah comprese perfettamente la domanda proferita dal compare con un’intonazione allarmata e, lasciando la bambola di pezza, rivolse accigliata lo sguardo verso suo marito e l’attenzione a ciò che avrebbe risposto.

“Certo che no”, rispose Matteo, in maniera seria e senza distogliere lo sguardo dalle carte, ed esultò per aver vinto il giro.

All’improvviso grido di vittoria, Sarah sobbalzò, mentre gli occhi le si empivano di lacrime per la sconfitta di una guerra che era stanca di combattere.

Facite buon[2]”, intervenne quasi prepotentemente donna Filomena, con la sua stazza robusta, sempre fiera nel suo ruolo di massaia e, portando a tavola il caffè, proseguì in italiano, affinché la nuora potesse capire bene: “Non potete essere complici di un matrimonio disonorevole.”

Sarah immaginava dove sarebbe andato a finire il discorso.

“Ci sono tante vedove di guerra della sua età e lui si risposa proprio con una ragazzina?” Anche la moglie del compare s’intromise, infierendo sui futuri sposi e ferendo Sarah che, seppur inerme, dentro ribolliva. “Avranno almeno vent’anni di differenza. Potrebbe essere suo padre.”

“Di certo, lei non è una bambina e ha guardato ai propri interessi”, riprese la madre di Matteo, incalzando con le sue calunnie. “Prima della guerra, lui faceva il professore e scriveva musica. Era una persona importante e, quando le cose si sistemeranno…” Lasciò il discorso in sospeso e, strofinando pollice e indice, alluse a un interesse economico.

“A iss ’o teng proprij ngann[3]”, affermò il compare, inalberatosi e continuando a giocare. “Ha visto la ragazza sola, senza famiglia e se n’è approfittato”, si concesse una pausa, per meglio lasciar scivolare quella goccia capace di far traboccare l’intero vaso, “come stava per fare con Sarah.”

Sarah non riuscì più a trattenersi e scattò in piedi, pronunciando a voce alta il nome di suo marito con un tono di rimprovero. Su di lei, fu indirizzata un’attenzione fatta più di sguardi irritati che stupiti e, intimorita dal sentirsi tutti contro, trattenne nelle mani chiuse a pugno le parole che avrebbe voluto urlare in difesa dei suoi amici.

Come laghi d’inverno, le lacrime si ghiacciarono nei suoi occhi, poi scintille infuocate divennero le sue pupille di miele verso colui che, ancora una volta, fu cieco al suo dolore, ma riuscì soltanto a dirgli: “Io torno a casa.” Seppur pervasa dall’ira, la sua voce fuoriuscì fioca e tremolante e lui ne fu sordo.

“Finisco questa partita e andiamo via”, ribatté, serenamente concentrato sulle carte, aizzando il fuoco dentro di lei, la quale riprese più decisa: “No, Matteo, io vado via adesso.”

Afferrò dallo schienale della sedia la sua giacchettina color panna, mentre si riappropriava del suo spirito combattivo. Senza salutare nessuno, si diresse verso la porta d’ingresso e, prima che potesse sbatterla alle sue spalle, per Matteo iniziò già una paternale.

“La lasci andare via così?” Sua madre fu la prima a intromettersi, seguita dalla moglie del compare che, però, sdrammatizzò: “Non si capisce più niente, Filumè.”

Pecché nun ’a vai a piglià? È mugliereta, t’adda rispettà[4]”, fece suo padre e il compare non poté che ribadire: “Se non ti rispetta, ca’ omm sì?[5]

Con sguardo fisso e duro, Matteo si alzò e la sedia stridette sul pavimento contemporaneamente allo sbattere della porta. Uscì di casa, a larghe falcate, portando con sé insicurezze e frustrazioni e, con la rabbia da esse scaturita, fermò l’incedere di sua moglie, prendendola per un braccio.

“Devi smetterla di farmi vergognare”, ringhiò, strattonandola verso di sé, “hai capito?”

Fremente di risentimento, Sarah non si sorprese neanche dell’inaspettata violenza, ma ad essa si ribellò, divincolandosi e urlando un perentorio «lasciami», per poi riaffermare decisamente: “Io torno a casa.”

“Tu torni dentro con me”, insisté lui a mo’ di comando, con più forza e un altro strattone.

“No!” Al diniego di Sarah, la sua mano si mosse in fretta, scagliandole un potente schiaffo che l’ammutolì, dapprima per il dolore, poi per lo stupore e la delusione.

Era quello l’uomo che, in realtà, aveva sposato e lei più non era la ragazza di un tempo, quella che, nel luglio del ’44, fu capace di tener testa al comandante di Fossoli.

 

“Forse è vero

mi sono un po’ addolcita,

la vita mi ha smussato gli angoli,

mi ha tolto qualche asperità.

Il tempo ha cucito qualche ferita

e forse tolto anche ai miei muscoli

un po’ di elasticità.

Ma non sottovalutare la mia voglia di lottare,

perché è rimasta uguale.

Non sottovalutare di me niente,

sono comunque sempre una combattente.”

 

Fiorella Mannoia, Combattente

 



[1]E voi che fate? Ci andate?

[2]Fate bene.

[3]A lui lo tengo proprio in gola (non lo sopporto).

[4]Perché non vai a prenderla? È tua moglie, ti deve rispettare.

[5]Che uomo sei?

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Nadine_Rose