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Autore: Adamayer    18/01/2021    1 recensioni
Germania, 1933.
Gracie, una pittrice emergente, fa ritorno a Berchtesgaden, suo paese d'origine, dove ha l'occasione di rivedere Rambert, il suo migliore amico d'infanzia e Dominik, fratello maggiore del ragazzo.
Dell'amico che ricordava però, Gracie riconoscerà ben poco...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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"Siamo in arrivo alla stazione di Monaco centrale“ annunciò il capotreno passando di vagone in vagone. 

L'avviso attirò l’attenzione di Gracie, che distolse immediatamente lo sguardo dalle pagine di “Orgoglio e Pregiudizio”, nel quale era immersa fino a quel momento. 

Ricordate del passato solo ciò che vi fa piacere. 

Non c’era nulla di più vero. Nonostante fosse appena ventenne, Gracie aveva avuto già modo di attuare la filosofia insita in quella semplice citazione, che l'aveva aiutata a superare i  momenti difficili della propria vita. 
La protagonista di “ Orgoglio e Pregiudizio ” era il suo personaggio letterario preferito, al quale si era sempre ispirata.              
 Adorava il modo in cui la Austen aveva caratterizzato Elizabeth, dotandola di forza morale e intelligenza miste a sensibilità e vivacità, che la inducevano a ribellarsi alle rigide regole del tempo. 
Dopo aver chiuso il libro che aveva poggiato sulle cosce, si apprestò a recuperare la valigia dalla cappelliera, trascinandola fino a far sì che sbattesse con un pesante tonfo sul pavimento, per poi prendere anche la cassetta cavalletto e la cartella che custodiva le tele da pittura.
 Gracie amava dipingere fin da quando aveva memoria, e aveva sempre pensato che disegnare fosse il modo più semplice di esprimere se stessa.         
Raffigurava qualsiasi cosa le capitasse di vedere, imprimendo così su carta i ricordi di momenti di vita quotidiana che altrimenti le sarebbero facilmente sfuggiti dalla mente. 
Nel corso degli anni, aveva trovato in suo padre il suo più grande sostenitore; nonostante le difficoltà economiche insorte per lo più dopo la crisi del 1929, che aveva dissolto i suoi risparmi da modesto insegnante, aveva sempre fatto in modo che non le mancassero mai gli strumenti per mettere in pratica la sua creatività, e di questo lei gli sarebbe stata grata per tutta la vita. 
Era stato proprio lui a insistere nel farla tornare a Berchtesgaden, il piccolo paese dell'Alta Baviera al confine con l’Austria in cui era nata e sua attuale destinazione.                      
 Ed era stato sempre lui ad accompagnarla alla stazione di Francoforte quella mattina. 

Qualche tempo prima, aveva scritto a uno dei suoi più fidati e cari amici, il generale Gunther Mayer e, tramite una breve missiva, gli aveva chiesto di ospitarla. In risposta, il generale stesso le aveva offerto la possibilità di seguire le lezioni di storia dell'arte impartite dai precettori dei suoi due figli, che egli considerava i migliori insegnanti in circolazione. 
Per convincerla a partire, suo padre aveva fatto leva sulla bellezza dei paesaggi di Berchtesgaden, che riteneva essere ottimi soggetti per i suoi dipinti. 
Quelle parole bastarono per persuadere Gracie, che per questo motivo, si trovava nella carrozza numero tre del treno diretto a Monaco.  

Una volta raccolte le sue cose, arrancò fino alle porte del treno, oltrepassandole e, per via del peso dei troppi bagagli, rischiò di inciampare nei gradini. 
Per fortuna ad aspettarla al di fuori della stazione, avrebbe dovuto esserci il signor Kurt, l’autista storico dei Mayer, che l'avrebbe accompagnata fino alla tenuta. 
Spinta da quella consapevolezza, Gracie si fece forza e si incamminò verso l'esterno della struttura, cercando di districarsi tra i pendolari. 
A rendere la situazione più complicata di quanto già non fosse, ci pensò il suo copricapo, che iniziò pian piano a scivolarle davanti agli occhi, coprendole la visuale. 
Proprio nel momento in cui aveva deciso di risistemarlo, urtò contro qualcosa che la fece capitombolare a terra insieme a tutti i bagagli. 

“Scusate, signorina. Vi siete fatta male?“ 

Era la voce di un uomo dall’accento particolare, diverso dal suo. 

La curiosità la indusse ad alzare lo sguardo, incrociandolo con gli occhi cerulei di lui.                         
L'uomo in questione aveva il viso  ovale completamente rasato,  la mascella ben proporzionata, il naso tondeggiante e delicato e la bocca sottile ora incurvata in una smorfia preoccupata. 

“No, sono io che vi chiedo scusa. Vi sono finita addosso…“

Senza indugiare oltre, Gracie si accinse a raccogliere i suoi disegni, soffermandosi poi sulle pagine di un quaderno appartenente al ragazzo con cui si era scontrata. 
Sul foglio che aveva davanti era rappresentato un rigoglioso paesaggio di campagna e, sebbene si trattasse solo di una bozza a matita, Gracie non poté fare a meno di notare il talento di colui che l'aveva disegnato. 

“Avete un animo artistico?“ azzardò lei, mentre lui l’aiutava a rimettersi in piedi. 

“In un certo senso sì. È stato proprio il mio animo artistico a condurmi a Monaco. Anche voi vi intendete d'arte?“ rispose in un tedesco risicato, sbagliando la maggior parte degli accenti, mentre le porgeva il suo cavalletto pieghevole e il resto delle tavole sfuggite dalla cartella.

Prima di restituirgliele però, lo sconosciuto si soffermò su alcune delle tele, studiandole con occhio attento. 

“G.Miller. Posso domandarvi per cosa sta la G? Se non sono indiscreto ovviamente…“ 

“Non lo siete affatto. G  sta per Gracie, il mio nome di battesimo.“ 

Fu colta da un improvviso e travolgente moto d'imbarazzo. Non aveva mai mostrato i suoi dipinti a persone estranee e farlo in quelle circostanze, di certo non l'avrebbe aiutata a superare la paura delle critiche, che l’aveva da sempre portata a desistere dall’esporre in pubblico le sue doti. 

“Complimenti, siete molto brava. Gracie… non mi sembra un nome tedesco. Siete anche voi straniera?“ 

“Mia madre ha origini inglesi, ma io sono nata e cresciuta in Germania.“

In quell'istante, Gracie si concentrò di più su di lui, in modo da farsi un'idea sulla persona a cui stava rivolgendo la parola. 
Secondo la sua stima, il giovane doveva avere qualche anno in più di lei, cinque al massimo.          
Indossava un completo gessato marrone scuro chiuso fino all'ultimo bottone, che lasciava intravedere la cravatta verde smeraldo e il colletto immacolato della camicia bianca, il tutto in tinta con il cappello in feltro. 
Era alto e aveva un fisico asciutto,  i capelli castano chiaro erano in ordine e fissati all'indietro da un modico strato di brillantina, che aveva impedito loro di scompigliarsi dopo la collisione di qualche momento prima. 

“Comunque, per rispondere alla domanda che mi avete posto prima... sì, sono appassionata di storia dell'arte e inoltre mi dedico anche al dipinto, come avete avuto modo di vedere“  Rispose infine, abbassando lo sguardo sulla valigia in cuoio del suo interlocutore. 

“Angelo Della Valle, QuintoSole“

Recitava la targhetta in cartone appuntata sulla maniglia del bagaglio, scritta che lasciava pochi dubbi sulla provenienza del ragazzo e dissolveva quelli sul suo accento. 

“Vogliate scusarmi, ma devo andare, sono in forte ritardo“ tentò di congedarsi Gracie, voltandogli le spalle. 

“Aspettate, posso darvi una mano? Vedo che siete molto carica" 

“Grazie, mi fareste un enorme favore. Mi attendono fuori alla stazione"

Angelo le sottrasse gentilmente la valigia, alleggerendole il peso dei bagagli. 

Proseguirono così silenziosamente in direzione dell'arcata in ferro che segnava la fine della ferrovia. Intorno a loro vi era solo il chiacchiericcio delle persone di ogni età che si affaccendavano per non perdere il treno successivo, altre invece che si abbracciavano dopo essersi ritrovate e altre ancora che si salutavano prima di separarsi. 
Tutto questo però per Gracie non contava poi molto.                        
Il tempo sembrava aver cominciato a scorrere con più lentezza da quando era in compagnia del bell'italiano che condivideva le sue stesse passioni. 
Per forza di cose però, quella magia si dissipò, e i due si ritrovarono all'esterno.           
 Gracie prese a guardarsi nervosamente intorno, scorgendo tra i passanti un uomo dai capelli canuti che cercava di attirare la sua attenzione con un gesto ondulatorio della mano. 

“Grazie ancora… è stato un piacere fare la vostra conoscenza" osò, mentre il giovane straniero
le rendeva la valigia. 

“Il piacere è stato tutto mio“ replicò lui, aggiustandosi il cappello per poi allontanarsi definitivamente. 

A quel punto, Gracie passò istintivamente il palmo sulla giacchetta color porpora, la quale si sposava perfettamente con la gonna della stessa tonalità che le arrivava all'altezza delle caviglie, il tutto con il cuore che ancora le batteva furiosamente nel petto. 
Aveva scelto apposta il suo completo preferito in occasione del ricongiungimento con i vecchi vicini e ci teneva ad apparire in ordine, ma in mancanza di uno specchio a portata di mano, distendere le pieghe del vestito era stato il massimo che aveva potuto fare. 
Con un sospiro si fece nuovamente carico dei propri averi e si affrettò a raggiungere Kurt, che però la precedette. 

“Salve, signorina Miller. Avrebbe dovuto specificare che sarebbe partita con tutti questi bagagli. Avrei potuto raggiungervi al binario“ esordì l'uomo, venendo in suo soccorso e facendole segno di salire sulla Mercedes blu notte, parcheggiata al limite della piazzetta all'esterno della stazione. 

A quel punto, la giovane pittrice si accorse che Rambert Mayer, il suo migliore amico d’infanzia, non era venuto a prenderla insieme all'autista e questo non era quello che si aspettava. Perciò, dopo aver incassato il colpo, Gracie si accinse a entrare nell'auto squadrata, mentre Kurt si metteva alla guida. 

Appena ebbe preso posto, fu investita dalla piacevole sensazione di comodità provocatole dai sedili imbottiti della lussuosa automobile, ben diversi dalle scomode panche in legno del treno. 

Dopo essersi beata per un po' di quella percezione, si voltò verso il retro del veicolo, osservando l’immensa stazione di Monaco rimpicciolirsi sempre di più. 
Quando si furono allontanati un po' dal centro della città, la ragazza si lasciò finalmente  andare alla stanchezza dovuta alle tante ore di viaggio, finendo così per addormentarsi placidamente. 




   
 
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