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Autore: sacrogral    19/01/2021    7 recensioni
Una storia dark, un po' horror, ma non fa tanta paura. Avvicinarsi però con cautela: alcuni passi della storia possono infastidire. E forse non è così chiara come avrei voluto. Però resta una favola. Oscar OOC, ma per forza.
Dal testo: La missione non era stata un pieno successo, ma neppure un fallimento, rifletteva André cavalcando piano: Jeanne de la Motte si era suicidata e portata con sé nella morte il marito Nicholas e tanti misteri, questo era un fatto, mentre Oscar avrebbe preferito prenderli vivi; ma d’altra parte adesso non erano più in circolazione, e questo avrebbe fatto tirare un sospiro di sollievo a molti nelle alte sfere, forse a Sua Maestà in persona, bersaglio preferito delle fantasie della Valois. Oscar sarebbe stata in odor di promozione, altroché.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La missione non era stata un pieno successo, ma neppure un fallimento, rifletteva André cavalcando piano: Jeanne de la Motte si era suicidata e portata con sé nella morte il marito Nicholas e tanti misteri, questo era un fatto, mentre Oscar avrebbe preferito prenderli vivi; ma d’altra parte adesso non erano più in circolazione, e questo avrebbe fatto tirare un sospiro di sollievo a molti nelle alte sfere, forse a Sua Maestà in persona, bersaglio preferito delle fantasie della Valois. Oscar sarebbe stata in odor di promozione, altroché.

Quando poteva, cercando di non attrarre l’attenzione, la osservava obliquo, consapevole che, se in quel castello lei fosse morta, sarebbe morto pure lui. Non una parte di lui. Sarebbe morto e basta. Invece l’aveva salvata, ripeté a se stesso. Non uno di questi damerini di bell’aspetto, buoni a raccoglierle un fazzoletto qualora le cada pensò. L’ho salvata io. Perché solo io la posso sentire anche quando non è con me. Perché io sono il suo angelo custode. E mentre i suoi demoni gli ricordavano che era solo un pazzo, si beava di se stesso e del proprio potere effimero, durante quel viaggio di ritorno a Parigi così primaverile e ormai così sereno, e si beava della bellezza di lei, a lui così evidente, che gli stringeva lo stomaco in una morsa piacevole , e per lui così preziosa, e forse un giorno – i suoi demoni ridevano – forse un giorno sua.

Il primo intoppo – che poi André, ripensando a quegli avvenimenti, avrebbe visto come la prima delle coincidenze non casuali di quel viaggio di ritorno – fu l’alloggio.  Oscar non aveva previsto che non ci sarebbe stato posto per tutti, alla Cheval fou.

« Qui vicino c’è un’altra locanda, molto piccola in verità, ma non saprei se consigliarvela o meno, monsieur » disse l’oste, con fare misterioso.

« Cosa intendete di preciso ? » domandò lei, stupita.

« Intendo che ha fama sinistra » abbassò ulteriormente la voce l’uomo « Accetta solo clienti maschi ed è gestista da una straniera. Molto straniera. Una donna nera sbucata da chissà dove che dalla sera alla mattina ha tirato su quel posto, che neppure si capisce come faccia ad andare avanti. Ha fama sinistra » ribadì.

Oscar chiamò André con lo sguardo e lui le si avvicinò. Il gestore ripeté ciò che aveva detto, aggiungendo un paio di dettagli :

« Non tutti coloro che ci entrano ne escono ».

« E come mai ? » chiese lui « Briganti ? Ladri ? Assassini ? »

« Fantasmi » disse l’oste, serissimo.

« Fantasmi » ripeté il giovane, alzando un sopracciglio.

« Neanche la maréchaussée  ci mette piede, neppure gli esattori delle imposte ».

Oscar rifletté velocemente. I cavalli erano stanchi. I soldati erano stanchi, già pregustavano il riposo.

« Te la senti ? » gli domandò, niente affatto colpita.

« Se me la sento di affrontare i fantasmi dopo aver affrontato Jeanne de la Motte ? » rispose lui, alzando le spalle « Un gioco da ragazzi ».

« Il posto si chiama Taverne des âmes perdues, giusto poche miglia più a Nord, impossibile sbagliare. Che Dio protegga le vostre anime e che il vostro destino non ricada sulla mia testa » si congedò amabilmente l’oste.

E il posto era originale, senza dubbio alcuno. Nessuno dei due aveva mai visto un luogo che accogliesse viandanti costruito con quello stile, barocco senza essere francese, pensarono. Più cupo, più buio. E incongruamente elegante.

« Un bordello » dedusse lui, spassionato « Un bordello tenuto e gestito da una strana donna. A Parigi gli aristocratici farebbero a cazzotti per entrarvi, alla ricerca di novità – fama sinistra o meno. Anzi, meglio, forse»

La signora era grossa, un po’ appesantita e volumizzata ancora di più da un vestito rosso ingombrante e da gioielli di scarso valore, ma enormi. Le braccia, in parte rivelate dalle ampie maniche, mostravano i contorni pallidi di innumerevoli cicatrici, e le mani lo stesso. Affascinati, i due ragazzi facevano domande :

« Da dove venite, madame, se posso chiedere ? »

I denti della donna, nel sorriso, apparivano bianchissimi.

« Vengo da una terra paludosa e battuta dai venti in un continente altro, da un posto che si chiama Nouvelle Orléans, che deve il suo nome al Re Sole, colmo di coreurs de bois e che ho lasciato per sua volontà, per cercare, per cercare… »

« Venite dalle Americhe ? Così lontano ? Dovete avere una storia da raccontare »

« L’unica storia che ho è la storia di lei »

« Non fateci troppo caso, messieurs » interruppe lo scambio una ragazza dalla pelle bianchissima, persino troppo bianca « Se madame inizia con la sua storia, non riuscirete a fermarla più ».

« Però è d’obbligo che la signora  qualcosa spieghi, la Dama lo richiede » intervenne un’altra, che sembrava la sorella della precendente.

Oscar e André si guardarono, e fu lui a riprender parola, sorridente :

« Ci hanno messo in guardia, mesdemoiselles. Ci hanno detto quant’è pericoloso prender qui alloggio. Ma noi, sprezzanti del pericolo, ci siamo avventurati »

Nessuno rideva.

« Noi accettiamo solo clienti uomini per far piacere alla Dama. I lutin già combinano birichinate e intrecciano i crini ai cavalli, la poudre de mort freme nelle scatole.  Sentite i tuoni ? È lei che sta arrivando ».

Oscar alzò un sopracciglio. Non c’era stato nessun tuono.

« Nelle mie terre, gli alberi ricoperti di muschio verde son sempre umidi e paiono risplendere nelle mattine di sole. Gli spiriti della palude si riuniscono in Louisiana coi tuoni del cielo sereno. Io ho portato con me la Dama, che mi protegge, e io la nutro » disse la signora, con una semplicità inquietante.

« Lei prende possesso di una donna, durante le notti. » continuò « Se un uomo la lascia entrare nella propria stanza, diventa suo. E se lo mangia. Se lo divora. E poi si addormenta per un po’, finché non si sveglia di nuovo. La mia jambalaya era la più saporita di tutta Nouvelle Orleans. Gradite cenare ? »

« Sembra parlare di credenze vudu » sussurrò Oscar.

André annuì. E si chiese pure se lei avesse approfondito le conoscenze sulle Americhe, e perché lo avesse fatto. Non fece caso al cuore che un po’ si stringeva, si rivolse di nuovo alla signora.

« Se ben comprendo, basta che non facciamo entrare nessuna di voi nelle nostre stanze stanotte, e il problema non si pone. E per quanto sia un sacrifcio non da poco, siamo davvero molto stanchi ».

Oscar annuì, guardandolo in tralice. Sempre gentile, il suo attendente. Pure quando non sarebbe stato necessario.

« Così faremo » concluse Oscar « E assaggeremo volentieri la vostra specialità. Potrei però chiedervi… madame, quelle cicatrici ? »

« Così farete… monsieur, è quello che dicono tutti ».

Le ragazze ridacchiarono. E la signora, d’improvviso, estrasse un pugnale dalle gonne voluminose e se lo piantò nella mano. Non mutò espressione, non spense il sorriso, mentre il sangue cominciava a sgorgare, e macchiava il tavolaccio di legno, venandolo di scuro, aprendo una ferita.

La guardarono increduli, persino incapaci di reazione.

« Oh » disse una delle due ragazze, spazientita « Fa sempre così, la signora » e si rivolse ad Oscar « È affetta da una malattia che le impedisce di sentire dolore, non si sa cos’è. Lei non sente nulla. E si diverte a spaventare gli avventori ».

« Lo trova divertente » aggiunse l’altra, avvicinandosi con delle bende « E poi ci si chiede perché abbiamo così pochi clientii e fama sinistra » mormorò, fra sé e sé.

« È la Dama che mi protegge, è Lei » rise ancora « Mi sembrate due giovani puliti ed educati. Conserverò di voi un buon ricordo ».

 
« In qualsiasi parte del mondo, l’essere umano è sempre lo stesso » disse André, bevendo un sorso di vino « E le stesse sono le paure, e le stesse sono le risposte. Le leggende si somigliano tutte, le superstizioni sono tutte uguali ».

« Sì, forse » gli rispose Oscar, imitando il gesto « Certo però è che quella donna ci crede, e dà per scontato che stanotte moriremo, causa sovrannaturale. È inquietante, non trovi ? »

« Certo, Oscar. Com’è inquietante mia nonna che lascia tutte le sere delle scodelle di latte per nutrire e placare gli spiriti dei morti. Com’è inqiuetante, se ci pensi un istante, la transustanziazione, e una religione che mangia il proprio Dio. Così va il mondo, così è l’uomo ».

« Parli come un seguace dei Lumi » gli fece notare, con una certa ironia.

« Adesso te lo provo » disse lui, niente affatto preoccupato « Scusi, mademoiselle » chiamò con un gesto.

La ragazza pallidissima si avvicinò con garbo.

« È tutto delizioso » iniziò lui, cavaliere per abitudine « Ma avrei ancora una curiosità sulla Dama, se permettete ».

« Naturalmente, monsieur » approvò lei, tranquillissima.

« Giacché ci troviamo esposti ad un pericolo non da poco, vorrei capire : è mai successo che qualcuno si sia salvato da questo… spirito ? »

La ragazza si illuminò.

« Oh, no, monsieur. Mai. O meglio… ma guardate che è solo una leggenda : pare che –   ormai son centinaia di anni fa – ci siano stati due amanti che han sconfitto la Dama. Ma fu necessaria una, come dire, combinazione di fattori molto, molto rara. Pare che la Dama abbia preso possesso di una donna innamorata dell’uomo su cui aveva messo gli occhi, e viceversa. Intendo il vero amore, che è veleno per la Dama. E sembra che in quel caso i due si siano salvati, e che la Dama abbia pure lasciato un prezioso regalo. Ma » e qui sospirò « anche se voi due siete molto belli, dovrete convenire che è impossibile che io, o mia sorella, o la padrona, possiamo amarvi. Insomma, è chiedere troppo, non trovate ? »

« Concordo pienamente, mademoiselle » ribadì André, ridendo.

« Anche se innamorarsi di voi sarebbe tutt’altro che impossibile » aggiunse Oscar, mostrando che sapeva essere anche più galante di lui, qualora lo volesse.
Lui, come sempre, non si mise nell’agone, tanto incontestabile trovava il fascino di lei.

« Grazie, monsieur » arrossì la fanciulla, e aggiunse, come se fosse un augurio « Spero che mi aprirete la porta, stanotte ».

 
« Hai visto ? » chiese lui, salendo le scale « L’amore vero. Centinaia di anni fa. È come dire c’era una volta un orco, che aveva cento castelli… nessuno si chiede cosa sia di preciso un orco, e perché dovrebbe avere cento castelli, e dove siano, questi castelli. Si sospende l’incredulità davanti alla fiaba. Ed è proprio questo che ci hanno raccontato queste brave donne, una fiaba ».

Era di ottimo umore, il vino era andato giù come acqua, la stanchezza sembrava un mantello pesante, ma niente più. Udirono allora, improvviso, un tuono lontano. Forse, alla fine, si sarebbe davvero scatenato un temporale.

« Sì » confermò lei « Però, ed è inutile che te lo dica, non far entrare nessuno stanotte, in camera tua ».

« Ovvio, comandante » affermò, senza esitazioni « Non fatelo neanche voi, però ».

« Sei davvero un esprit du siècle » sorrise lei, aprendo la porta della sua stanza.
 
Forse un po’ inquieto lo era, avrebbe ammesso in seguito, ripensandoci : si era trattenuto a lungo nella tinozza, osservando le decorazioni sul soffitto e sulle pareti, e stupendosi di trovarne, perché mai gli era capitato. E gli intarsi della testiera del letto, inquietanti figure distorte nel corpo e composte da mani abili, non improvvisate. E i candelabri a più braccia, che regalavano una luce calda e ombre mobili, dorati sicuramente, perché era impossibile che fossero d’oro. L’atmosfera, aveva pensato. La sensazione di non essere al sicuro, di non essere solo, che si avventurava nei muscoli giovani e li tendeva, e lo portava a voltarsi troppo spesso, per esser sicuro di non aver nessuno alle spalle. E quando si infilò sotto lenzuola linde, e credette di percepirle addirittura di seta, sentiva in ogni fibra che c’era qualcosa che davvero non tornava in tutto quel lusso, o parvenza di lusso ; e tuttavia attribuì alla sola stanchezza quel malessere inspiegabile, alla stanchezza e all’acqua che stava venendo giù con violenza e ai fulmini che ogni tanto squarciavano il buio.

Ma fu quando sentì bussare alla porta che, malgrado ogni chiasmo raziocinante, si sentì gelare.

« Non è possibile » ammise, quasi ridendo.

Eppure sentì bussare una seconda volta.

« Sono sveglio ? » si chiese ; dopo tutti quei discorsi, gli avvisi sulla Dama, le promesse di morte, ecco, quello doveva per forza essere uno scherzo, una specie di prova per divertirsi alle spalle di un povero diavolo impressionabile, premessa magari di altro divertimento. Non aveva intenzione alcuna di aprire né alla signora, né ad una delle belle sorelle pallide –  l’indomani, davanti ai sorrisi di scherno, avrebbe detto di non aver udito niente, di essersi addormentato –  e pazienza per tutto il resto.

Poi udì ancora colpi alla porta, tre colpi brevi e secchi e poi uno a seguire. Per metà si rilassò e per metà si preoccupò. Il loro codice da bambini, per chiedere un permesso inutile perché scontato.

« Solo un momento Oscar » disse, infilandosi alla bell’e meglio i pantaloni e buttandosi addosso la camicia « Arrivo subito ». E le aprì la porta, facendole spazio per entrare.
 

Si accorse subito che c’era qualcosa che non andava. Oscar entrò leggera, a piedi scalzi – erano anni che non vedeva i suoi piedi nudi, fu calamitato – con i capelli ancora un po’ bagnati – si era asciugata in fretta, evidente – in tenuta da notte, coperta da una camicia che le arrivava alle caviglie – e non era buon segno, Oscar non si presentava neppure a lui se non in perfetto ordine.

Riuscì a osservarle il viso infine, l’espressione non era decifrabile, il sorriso era tirato, lo sguardo un po’ fisso. Le labbra gli parevano più rosse del solito, più invitanti del solito – pensò – e immediatamente distolse lo sguardo.  Temette quindi di sembrare lento, si mise a riaccendere i lumi, e senza guardarla chiese :

« Oscar, c’è qualcosa che non va ? » e si rispose nell’istante, se lo disse che sì, c’era qualcosa che non andava, ma incapace di mettere a fuoco.

« Volevo farti delle domande, André. Son domande che si fanno meglio al lume delle candele » disse, e si mosse per la stanza, nella luce oscillante che  poco a poco si animava, lasciandogli intravedere – o sembrò a lui – il disegno preciso del corpo sotto la veste, mobile e opaco.

La risata di lei era almeno di un’ottava sopra il suo timbro solito.

« Vuoi dare un morso a questa mela ? » gli chiese, addentando il frutto che aveva in mano – lui non ci aveva fatto caso – di un rosso così intenso da sembrare dipinto – come le sue labbra ; e prima che lui, sempre più confuso, potesse rispondere in maniera intellegibile, lei chiese « E un morso a me, lo vuoi dare ? »

Se gli avesse chiesto di gettarsi dalla finestra l’avrebbe trovato più plausibile. Il gesto di accendere un’altra candela gli rimase congelato a mezz’aria, morto.

« Ti vuol sedurre, idiota, non lo capisci ? » si svegliò il suo demone, aggressivo  « Ti ci vuole un editto in carta pergamena per afferrare ? » e lui aprì appena la bocca, ma non trovò parole, né per rispondere a se stesso – pazzo, sei un pazzo visionario – né per rispondere a lei.

« Neppure un bacio vorresti darmi, André ? » gli chiese, con un movimento da ragazzina, quasi infantile, quasi ridicolo, che non poteva essere suo, che non poteva in nessun modo essere suo, anche se lui lo vedeva con chiarezza, e udiva con chiarezza, e il suo demone lo incitava : « Che accidenti deve fare perché ti muova, pezzo di stoccafisso ? »

Sentiva in gola un raschiare come di unghie sul legno.

« Forse non mi trovi abbastanza bella ? » chiese lei per essere contraddetta, sempre con quella maniera da civetteria di strada, assolutamente non sua, si sforzò lui di prender nota ; ma stavolta la risposta ce l’aveva, e pronta, perché non passava giorno che non pensasse alla bellezza di lei e rispose :

« Oscar, sei bella come la fioritura della lavanda, quando la vedemmo per la prima volta in Provenza, in una giornata di sole abbagliante » e l’aver parlato sembrò restituirgli anche il movimento e smise di pensare.

« Adesso ti bacio, Oscar François » le disse piano, certa la voce e incerti i gesti. E le avvicinò il volto, con una lentezza bastante perché lei si tirasse indietro, se tutto quello non fosse stato altro che una burla. Ma fu lui a ritrarsi, spaventato, col fiato corto – « Chi diavolo sei ? » urlò, perché qualunque cosa stesse accadendo, qualunque fosse il fine del tutto, di una cosa era sicuro : Oscar non aveva gli occhi neri.


Un fulmine rischiarò la stanza.

« Non può essere » mormorò, sconfitto dall’evidenza.

« Peccato » disse la Dama, e la sua voce fu sovrastata dal tuono.

 
« Mi ci hai costretto tu » disse la voce di Oscar « Quelle oche non sanno distinguere il bianco dal nero, ma io l’ho capito che solo a lei avresti aperto quella porta. Perché è il suo nome che sussurri, prima di addormentarti ».

Si muoveva spettrale nella luce fioca e lui non le staccava gli occhi di dosso.

« Però lei, prima di assopirsi, sussurra un altro nome, e prega che lui torni vivo. Lo vuoi sentire ? Già lo conosci ? »

Diede un altro morso alla mela : « Peccato perché, dopo l’amore, la carne ha un sapore migliore. Ma  adesso ti mangio lo stesso », concluse.

Lui sembrò svegliarsi in quell’istante. Si mise in posizione di guardia, pronto a caricare i pugni, imprecò.

« Provaci, mostro, voglio proprio vedere. Mi restituirai Oscar subito, invece. Lasciala andare ».

Le si disegnò in volto quella smorfietta strana, che non era assolutamente di lei.

« Son giunta da così lontano per trovarti. Ma se non vuoi… »

E davanti a lui esterrefatto, Oscar alzò le mani, mostrandogli i palmi ; e poi se le portò al collo, e cominciò a stringere, e lui capì con orrore che si stava togliendo il respiro da sola.

« No » gridò, andandole addosso – non ti ho salvata da Nicholas de la Motte per questo, nemmeno per idea – e gliele staccò a forza, quelle mani, le prese fra le sue, gliele bloccò dietro la schiena, abbracciando inorridito gli occhi neri di Oscar che lo fissavano da un posto remoto.

« È divertente, ma inutile » disse lei « Tu perderai forza col passare delle ore, io la acquisterò. Certo, puoi scappare. Ma appena mi lasci, io le caverò entrambi gli occhi. E poi la ucciderò. Perché avrò fame, e quando ho fame non mi controllo. Vuoi scappare, cavaliere innamorato ? »

Lui, con la fronte madida di sudore, i capelli lunghi ad impedirgli solo in parte lo sguardo, impossibilitato a spostarli, risentì nelle orecchie il grido di Jeanne Valois « Corri, cavaliere innamorato, corri » e la sua risata, e quella stessa paura, quello stesso cuore in gola, adesso, fermo, davanti a lei che non era lei, e che non poteva portare in salvo a forza di braccia, stavolta no.

Le figure incise sul legno del letto parevano animarsi, contorcersi, ghignare. Grotesque lugubri e vivi.

« Avrei dovuto pensarci prima » si disse in un lampo, trattenendola « Avrei dovuto capirlo che le coincidenze erano troppe. Non avrei mai dovuto permetterle di metter piede qui. Non avrei dovuto giocare a fare il figlio dei Lumi. Avrei dovuto proteggerla e basta, animale, bestia che altro non sono » e adesso si trovava senza domande e con una risposta sola. Perché c’era da scegliere fra lei e se stesso, e lui aveva già scelto, una vita prima.

« Padrenostro – Padre – Padrenostro… » formulò nella mente, incapace di andare oltre.

« Non preeeeegare il tuo diooo » si agitò lei, con la voce di Oscar distorta, con i lineamenti di Oscar distorti, e lui non lo sopportò.

 « Promettimi che non le farai del male », implorò.

Un altro fulmine illuminò la stanza.

« Posso solo assicurarti che gliene farò se mi sfuggi ».

Stanco, con le lacrime agli occhi, glielo chiese : « Solo per un attimo. Fammici parlare, solo per un attimo ».

La vide sorridere con le sopracciglia aggrottate, sentì una gamba di lei accarezzare la sua, aveva il respiro spezzato ; e vide i suoi occhi tornare chiari :

« André, lasciami. Lasciami e scappa. Fuggi, subito ! » gridò.

Lui la invitò al silenzio con un suono – ssssh – « Ti salverai, lo so. Metti una croce bianca su una collina, in mio ricordo » e prese fiato « Io ti amo, Oscar François. E adesso ti bacio »  e senza chiudere gli occhi, per vedere i suoi azzurri, la baciò.

E quando vide il colore annottare di nuovo, quando la sentì andare via, si staccò da lei, e con la mano destra fece un gesto osceno all’indirizzo del mostro che percepiva, e con la voce diede il suo assenso a prenderselo, se lo voleva. « Sono un cavaliere innamorato, sono un principe », si ripeté.

E mentre le candele si spegnevano una ad una, sentì zanne di lupo mordergli il collo, e fu quasi certo di percepire il rumore della carotide che si spezzava , come ultimo addio del mondo a lui.

 
Oscar si risvegliò in un prato. Stava albeggiando e il cielo era terso e liquido. Un mattino bellissimo.

« Come ci sono finita qui ? », si chiese.

Respirò l’odore dell’erba.

Poi si accorse di avere la mano imprigionata, la guardò e vide André a terra al suo fianco, stordito, che le aveva preso la mano, come quando da piccoli facevano a botte – sorrise – o come alla fine di un allenamento faticoso. Trattenne la mano qualche istante ancora, senza motivo, ma in fondo stava bene lì come da un’altra parte.

Poi lo svegliò.

Il giovane si riscosse, scattò a sedere, si ritrasse da lei urlando.

« André, ti ci metti anche tu, a far stranezze ? Come siamo finiti qui ? E dov’è la locanda, la Taverne des âmes perdues ? » domandò incuriosita, ma riposata, coi raggi della mattina che si riflettevano nei suoi occhi azzurri.

« Oddio… Dio.. » balbettò lui, toccandosi braccia, gambe, collo.

« Cosa hai fatto al collo ? Ti sei ferito ? » gli chiese lei ancora, senza risposta alcuna.

« Non è possibile » riprendeva fiato lui « Non è… possibile ».

« Già » ammise lei « Ci siamo addormentati in quella locanda, ci svegliamo in un prato. I cavalli sono allo stato brado. Noi siamo vestiti e riposati, e non c’è traccia di altro. Ti ricordi se abbiamo pagato per l’ospitalità ? »

« Io ? Se mi ricordo ? Sì, mi ricordo… »

« Allora ? » chiese lei.

« Cosa, Oscar ? »

« Abbiam pagato o no quella signora ? »

« Io… sì Oscar, sì… l’abbiamo pagata. Le abbiamo dato quello che ci chiedeva. Ma la domanda… come facciamo ad essere… »

« Ad essere qui ? Questo è un bel mistero, André. Magari fa tutto parte della fama sinistra della locanda, forse è regalando risvegli tipo questo agli avventori che acquistano mistero, non credi ? » e rise.

Lui fu sicuro di non aver mai udito nulla di più bello.

« Recuperiamo prima i cavalli e poi i miei soldati, André. A quest’ora saranno tutti riposati, e anche in ordine, mi auguro per loro ».

Era così viva da far spavento.

E lui, pure, era vivo. E seguendola pensava e ripensava – … il vero amore, che è veleno per la Dama – « Io l’ho sempre saputo, io lo so – e anche quel mostro l’ha capito, alla fine, solo alla fine… solo per questo sono vivo, siamo vivi – il farmaco che è veleno e cura… l’hai avvelenata, Oscar… io sono vivo grazie a te, solo grazie a te, che ancora non lo sai » e gli sembrava di delirare ; e seguendola, osservadole la schiena e i capelli che si muovevano con delicatezza, si ripeteva ancora : « Io l’ho sempre saputo… e posso aspettare… ho tempo, adesso ho tempo, finché anche tu non lo saprai… »

 
Nessuno dei due, allontandandosi, notò poco lontano da lì, in mezzo all’erba, una preziosa collana di diamanti e zaffiri, che per bellezza e pregio non avrebbe sfigurato al collo di una regina. La trovò invece, un paio di giorni dopo, un ragazzo che portava al pascolo le pecore del suo padrone. La portò a suo padre, che la smontò e vendette singolarmente le pietre, e si trasferì poi in Svizzera con la famiglia, avviando un’attività di gioielliere e orologiaio. Il nome del ragazzo era Michel Piaget.
 

  
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