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Autore: Ramalilith    20/01/2021    1 recensioni
Questa è una trasposizione a romanzo del videogioco "The Witcher 3 - Wild Hunt", completa di missioni secondarie, cacce al tesoro e contratti.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciri, Geralt di Rivia, Triss Merigold, Yennefer
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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Se Gaunter O’Dim aveva detto il vero, Yennefer aveva parlato con gli ufficiali della guarnigione prima di ripartire per chissà dove; non era molto, ma perlomeno aveva un indizio. Geralt diede di sprone al cavallo, riflettendo. Da quanto ricordava, i nilfgaardiani avevano stabilito il loro campo a nord, lungo il fiume, perciò si portò sul sentiero che lo costeggiava, il quale avrebbe avuto il duplice vantaggio di mantenerlo nella direzione giusta e di permettergli di assumere un’andatura più sostenuta, essendo meno trafficato della strada principale. Dopo pochi metri , però, si rese conto che il terreno sabbioso e costellato di erbacce ispide non era l’ideale per il galoppo, e rallentò. Il sole gli arrivava alle spalle, ed era ormai alto sull’orizzonte. Sentì le prime goccioline di sudore spuntargli sulla nuca, dove l’alto colletto della giubba lo proteggeva dai colpi imprevisti.

Si stava chiedendo se i nilfgaardiani sarebbero stati disposti ad aiutarlo, o se invece non gli convenisse tenere la spada d’acciaio a portata per aiutare le trattative durante l’incontro, quando la sua attenzione fu attratta da una capanna sgangherata che sorgeva proprio sulla riva del fiume. Aveva un curioso tetto spiovente fino a terra, una veranda di assi riarse e alcuni patetici vasi di piante nerastre – morte da tempo immemorabile – disposti intorno. Era ormai fuori dall’abitato e la posizione isolata, insieme alle pessime condizioni, faceva pensare a una casa abbandonata da decenni; ma evidentemente non era così, dato che davanti alla porta c’era una vecchia che bussava e imprecava furiosamente. Ci viveva qualcuno, dunque? O forse la vecchia era pazza?

Incuriosito, Geralt tirò le redini e scese da cavallo. La donna, che ora stava sulla veranda con le braccia incrociate, fumante di rabbia, non diede segno di accorgersi di lui finché non le rivolse la parola.

“Ha perso la chiave, signora?”

Lei si voltò verso di lui tirando su col naso. Aveva la faccia arrossata e segnata da una vita sotto le intemperie, gli occhi infossati e i capelli avvolti intorno alla testa in una treccia grigia.

“No, non la chiave… la mia padella!”

Per un attimo Geralt dubitò della propria conoscenza del dialetto temeriano, ma la vecchia, quasi non aspettasse altro, si lanciò in una spiegazione anche troppo dettagliata.

“È sempre rimasta qui, vuota, questa capanna. O meglio, fino alla notte prima della battaglia. Poi è arrivato un uomo, ed è entrato come se fosse sua. Io ero alla finestra, a guardare cosa succedeva… deve avermi vista, perché a un certo punto è venuto verso di me!” Geralt aggrottò le sopracciglia, sempre più perplesso. “Così ho afferrato la mia padella… sai, per proteggermi. Ma lui mi ha chiesto, tutto gentile…‘Nonnina, hai della corteccia di betulla, per caso? Bacche di lillà o magari del carbone?’ ‘No’, ho risposto io. ‘E devi essere proprio matto per disturbare la gente di notte per simili sciocchezze!’”. La vecchia fece un passo verso il witcher, fissandolo con gli occhi pallidi, quasi spiritati. C’era un odore spiacevole nell’aria e per un attimo pensò che provenisse dalla sua blusa macchiata, ma no… veniva da dentro la capanna.

“Ma ho visto che non mi stava ascoltando… Fissava la mia padella come una gazza fissa una moneta di rame! ‘Prestamela, nonnina, te la restituirò domattina’. Sono rimasta perplessa… Cosa doveva friggere di notte? Ma ho il cuore tenero, così gliel’ho prestata”.

Si fermò a riprendere fiato. Geralt sentiva la nuca pizzicargli per il sudore, e iniziava a pentirsi di essersi fermato a quella capanna puzzolente. “Una storia affascinante… per caso stai per arrivare alla fine?”

La donna gli scoccò un’occhiataccia, ma non si fece pregare e proseguì: “Prima dell’alba, alla capanna è arrivato un altro uomo a cavallo… Ma, al mattino, soltanto il primo uomo ne è uscito. Ha chiuso la porta, è saltato in groppa al cavallo… e non ho più rivisto né lui né la mia padella! Era vecchia, nera per la fuliggine e non valeva molto… ma non ne ho altre!” Sospirò, poi gli si avvicinò di un altro passo. “Mi aiuterai, caro?” chiese con voce lamentosa. “Riporterai a una vecchia vedova la sua padella? Non potrei mai sfondare quella porta da sola…” abbassò la voce, come per confidare un segreto “…e sinceramente, ho comunque paura di entrare. C’è una tale puzza, che credo che l’altro uomo… be’, che sia morto lì dentro”.

Questo potrebbe essere il punto più basso della mia carriera, pensò il witcher. Assoldato per aprire una porta e portare in salvo una padella. Ad alta voce, disse: “Non mi era mai capitato un contratto per una padella. D’accordo, entrerò a dare un’occhiata. Dovresti aspettare qui… non si sa mai”.

La vecchia annuì impaziente, facendo un passo indietro in modo da permettergli di avvicinarsi alla porta della capanna. Era una vecchia porta di legno sbilenca, e bastò un segno Aard per farla implodere su se stessa in uno sbuffo di schegge e polvere.

L’interno era scuro e pregno di quel pessimo odore che era filtrato fuori. Geralt fece qualche passo avanti, dandosi un’occhiata intorno. Su un cofano di legno era appoggiata una placca di acciaio annerita che intascò senza pensarci. A terra, reclinato contro la parete, c’era invece qualcosa di molto più tetro.

“Un cadavere. Questo spiega il tanfo”. Si sporse verso di lui per cercare di osservarlo meglio, cercando nel contempo di non respirare, quando un luccichio a terra attirò la sua attenzione. Raccolse l’oggetto con due dita: era una piccola lente rotonda, montata in argento.

“Un monocolo incrinato… interessante”. Gli sembrava vagamente familiare, ma non riusciva a collocare il ricordo. Ad ogni buon conto, lo mise in tasca.

“Che hai detto, caro?” trillò la vecchia da fuori, facendolo trasalire.

“Niente, niente!”

Tornò ad occuparsi del corpo, scrutandolo in cerca di ferite o segni particolari. Si rese conto che doveva essere morto da qualche giorno, e che era stato ucciso. “La gola… è stato strangolato. E ha delle vecchie cicatrici, come quelle di un soldato”.

Da fuori venne ancora la voce gracchiante della donna. “Quando parlo da sola io, dicono che mi sto rimbambendo!”

A quanto pareva, il ladro di padelle era anche un assassino. Ora non gli restava che recuperare il maltolto. Una padella… si diresse verso il focolare nell’angolo, ed eccola lì, appoggiata sullo scaffale. Era molto più splendente di quanto si aspettasse.

“Ah, la preziosa padella. Mmh, è stata ripulita”. Ma perché mai prendere in prestito una vecchia padella e pulirla? Un’occhiata agli altri oggetti presenti sul ripiano fu sufficiente a svelare l’arcano.

“Sembra che al nostro uomo misterioso non servisse tanto la padella, quanto la fuliggine che la ricopriva. Per ricavare dell’inchiostro e scrivere delle lettere”.

Avrebbe potuto arrivarci anche prima, quando la donna gli aveva elencato le strane richieste dello sconosciuto. Corteccia di betulla, bacche di lillà… ottimi ingredienti per inchiostro fatto in casa.

“Hai trovato la padella, eh?”

Geralt la ignorò, e usò un Igni per accendere i moccoli di candela sullo scaffale, in modo da vederci meglio. Nessuna lettera in vista, ma come si aspettava, c’era qualcosa di interessante nella cenere del focolare.

“Documenti… quasi del tutto bruciati. Ma alcuni pezzi sono ancora leggibili…”

Tenendoli con delicatezza per non sbriciolarli, li sollevò ad altezza occhi. Riuscì a individuare qualche brandello di frase qua e là:

…quando si fanno piani per incontrarsi, ci si presenta, cazzo!... pensavo che l’esercito  nilfgaardiano fosse organizzato meglio di così… non interromperemo i negoziati…

A quanto pareva, c’era ben più di una padella rubata in fondo a quella storia.

Quando uscì dalla capanna, sentì le proprie pupille restringersi improvvisamente per adattarsi alla luce di mezzogiorno. La vecchia si fece avanti con espressione ansiosa.

“Ecco… la tua padella”. Lei la prese, guardandola stupefatta, quasi fosse una reliquia.

“La mia…? Ma la mia era nera per la fuliggine! In questa potrei specchiarmi, se volessi…” Fece una smorfia. “Ma gli anni sono passati…”

“Quell’uomo voleva la fuliggine” spiegò il witcher. “L’ha tolta per ricavarne dell’inchiostro. Doveva avere urgenza di scrivere una lettera. E ha anche bruciato degli altri documenti”.

“E… e l’altro uomo?”

“Morto” tagliò corto Geralt. Rifletté rapidamente. “Raduna alcuni ragazzi e seppellitelo fuori dal villaggio. In profondità, in modo che i necrofagi non lo dissotterrino. E ascoltate il mio consiglio… non parlatene con i nilfgaardiani”.

Sperò che fosse abbastanza. C’era un qualche intrigo sotto quella storia – qualcosa di complicato e pericoloso che sarebbe potuto ricadere sugli ignari abitanti di Bianco Frutteto.

Si avvicinò a Rutilia, che stava brucando svogliatamente alcune piante coriacee, ma la vecchia lo richiamò. “Aspetta!”

Lui si voltò, curioso.

“Ti sei guadagnato  un segno di riconoscenza”. Si frugò nelle tasche ed estrasse degli involti che gli mise in mano. “Tieni, figliolo. Per la strada”.

Geralt riconobbe del pane, una fiaschetta di sidro e anche… quell’odore… erano mele cotte? Incapace di resistere, se ne ficcò una in bocca mentre montava su Rutilia.

Alle sue spalle, sentì la vecchia allontanarsi lungo la spiaggia, borbottando fra sé e sé: “Mmm…Per cena friggerò un bel pesce bianco… o un luccio!”

   
 
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