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Autore: evil 65    21/01/2021    3 recensioni
«Talune cose sono belle poiché non si possono avere» sussurrò «E tu, Saber… sei sicuramente una di queste.»
E prima che la giovane donna potesse controbattere… Gilgamesh si chinò in avanti e premette le labbra sulle sue.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Gilgamesh, Saber
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà! Salve a tutti! Siamo Rory Drakon ed Evil 65, emersi dal profilo condiviso per scrivere insieme questa one shot, la quale non è che una celebrazione ad una delle nostre coppie preferite, in questo caso la Saber x Gilgamesh.
Abbiamo scelto di trattarla tenendo conto di Fate Zero come prequel e facendola svolgere dopo la route di Unlimited Blade Works, presa come base temporale in un certo senso, con qualche mescolanza di Fate Stay Night. Abbiamo fatto del nostro meglio per basarci direttamente e fedelmente sui caratteri dei personaggi di riferimento e sulla lore della storia perché risultasse il più possibile coerente e soprattutto più IC e canon possibile, principalmente perché a noi piace lavorare in questo modo.
Speriamo che agli amanti della coppia piaccia e che quantomeno risulti una lettura piacevole, illuminante e dolce. Diteci cosa ne pensate e lasciateci il vostro parere con una recensione!


There is gonna be a flame

 


Where there is desire there is gonna be a flame
Where there is a flame, someone’s bound to get burned
But just because it burns doesn’t mean you’re gonna die
You’ve gotta get up and try…
P!nk – Try


L’abbagliante luce del sole filtrava attraverso le palpebre serrate, pizzicandole la pelle e la stoffa dell’abito.
Arturia Pendragon, il Re dei Cavalieri, evocata nella quarta e nella quinta guerra del Santo Graal di Fuyuki come Saber, la più versatile e agguerrita delle classi Servant, spalancò gli occhi color del cielo terso, proprio ciò che in quel momento le si stagliava sopra il capo, contornato da rare nuvole biancastre.
Un fresco venticello soffiò, agitando il fiocco blu che le stringeva i biondi capelli in un alto chignon, e solo allora la giovane donna si rese conto di essere distesa supina su qualcosa di morbido e fresco.
Lentamente si sollevò in piedi senza fatica e guardò fisso davanti a sé: si trovava all’interno di una distesa d’erba verdeggiante e florida, il cui lontanissimo orizzonte era praticamente invisibile, sembrando confondersi e fondersi al tempo stesso con l’azzurra volta celeste.
Abbassò lo sguardo e si rese conto di non avere più la sua armatura d’argento, e nemmeno il fodero Avalon, né la mistica spada Excalibur: non indossava altro che il suo lungo abito blu dalle rifiniture bianche.
Saber si accigliò, il volto trasudante perplessità e confusione: non aveva la minima idea di dove si trovasse, né perché fosse disarmata. L’ultima cosa che ricordava era che aveva onorato il suo patto: aveva eseguito l’ordine finale della sua seconda Master e amica, la maga Rin Tōsaka, distruggendo il Santo Graal, pregno del malefico potere dell’entità Angra Mainyu, perciò questo significava che la Guerra era terminata e che sarebbe dovuta ritornare al Trono degli Eroi assieme agli altri Servant evocati.
Ma quella non era affatto la dimensione in cui risiedevano gli Spiriti Eroici come lei, era in grado di percepirlo grazie alla propria aura mistica. E c’era di più.
Qualunque posto fosse quello… lei non era da sola. C’era qualcun altro lì con lei, lo sentiva chiaramente.
Senza nessuna esitazione, si girò nella direzione da cui percepiva provenire quella presenza, fiera e indomita come il cavaliere che era, quasi incurante del fatto di essere del tutto priva di armi e protezioni.
Ed eccolo lì, seduto a soli pochi passi da lei, su una piccola altura erbosa: un giovane uomo, apparentemente non più vecchio di vent’anni, vestito con una semplice maglia e pantaloni di lino bianco. Corti e folti capelli biondi coronavano un volto dai lineamenti affilati, la cui pelle abbronzata risplendeva sotto i raggi di quel luogo sconosciuto. Quando Arturia incrociò il suo sguardo, incontrò un paio di iridi rosse come il sangue stesso dalle pupille sottili e verticali. Occhi familiari, che potevano appartenere ad un solo individuo.
Con voce suadente e carismatica, il ragazzo parlò: «Mi hai fatto aspettare… Re dei Cavalieri.»
Egli era Gilgamesh, il Re degli Eroi, il primo fra tutti gli Spiriti Eroici, il primo eroe ad essere mai entrato nella leggenda, il Signore di Babilonia, colui che scrutò i confini del mondo alla disperata ricerca della vita eterna… e colui che con somma arroganza, dominanza e possessività aveva dichiarato e preteso di voler trasformare Arturia nella propria regina, colui che aveva tentato di scatenare il potere del Santo Graal contro il mondo esistente, minacciando di provocare la morte di migliaia di vite da lui giudicate spazzatura.
Una grande ombra era proiettata dalla sua figura e si rifletteva sull’erba attorno a lui e alla ragazza, talmente grande e innaturale da risaltare subito all’occhio. Ma Saber non ebbe occasione di concentrarvisi completamente, perché distratta dal placido sorriso del ragazzo e dalla sua calda voce.
«Gilgamesh… che cosa significa tutto questo?» gli domandò, assottigliando lo sguardo «È opera tua?»
Gilgamesh si limitò a scrollare le spalle. «Per quanto vorrei prendermi il merito di quella tua adorabile espressione, temo che questa volta dovrai puntare la tua spada contro qualcun altro.»
Detto questo, alzò lo sguardo e osservò la volta celeste che si stagliava sopra di loro.
«Ma ho qualche ipotesi al riguardo» ammise con un tono di voce assolutamente rilassato.
Avere la conferma non fosse tutto frutto della sua mente perversa da una parte era una buona notizia, tuttavia la giovane donna non aveva rilassato la propria postura combattiva: rimaneva sul chi vive, ogni muscolo del corpo teso, l’animo avvolto da un certo nervosismo, senza togliere gli occhi di dosso al suo interlocutore.
Solo allora si rese conto che erano entrambi completamente disarmati, ma soprattutto che lei che era dinnanzi a lui… senza la propria armatura. Sì, era un pensiero piuttosto assurdo da formulare, specialmente in quel momento, ma pensandoci bene, non le era mai capitato di trovarglisi di fronte in quelle condizioni: al contrario, aveva aveva modo di vedere lui sia in abiti semplici sia con l’armatura.
In qualche modo si sentiva scoperta, a disagio e vulnerabile, e non sapeva spiegarsene il motivo. Sulle prime immaginò fosse perché aveva davanti un nemico che desiderava possederla, di cui conosceva il potere e lo temeva: un cavaliere, in fondo, poteva nominarsi senza paura solo dopo averla conosciuta e affrontata, la paura.
Eppure Arturia sentiva non essere solo quello il motivo, ma per quanto si sforzasse questo sembrava sfuggire alla sua comprensione.
«Quale sarebbe la tua ipotesi?» domandò, allontanando quasi d’istinto quei pensieri dalla propria mente, osando fissarlo dritto negli occhi.
Gilgamesh le restituì lo sguardo con i suoi occhi del colore del sangue. «Penso che potremmo trovarci in un luogo situato tra la morte e il Trono degli Eroi. Una sorta di limbo a cui possono accedere solo quegli spiriti eroici che hanno appena trovato la loro fine.»
Indicò se stesso e poi la bionda di fronte a lui.
«Avrebbe senso, non credi anche tu? Dopotutto, siamo morti più o meno nello stesso istante. Io per le ferite riportare... e tu per la mancanza di mana. Che finale indegno per una guerriera del tuo calibro» borbottò, scuotendo la testa con un’espressione quasi delusa «Meritavi di meglio.»
«Ho onorato il patto con la mia Master, distruggendo ciò che avevi personalmente scatenato per i tuoi scopi indegni, così la mia missione si è conclusa» replicò la fanciulla «Non avrei potuto desiderare migliore finale. Mi auguro
per la tua nomina di eroe che la tua fine contro Shirō sia stata altrettanto dignitosa.»
«Dignitosa? La nostra battaglia sarebbe stata più appropriata per una commedia di bassa lega» ribatté l’altro, sprezzante «Pensare che io, il Re degli Eroi, si stato battuto da un simile Faker...»
Strinse la mano destra a pugno e digrignò i denti, il volto ora segnato da un’espressione rabbiosa, mentre la grande ombra sotto di lui sembrava tremolare e aumentare sempre di più. Saber si tese in preparazione ad un attacco: sapeva personalmente quanto la collera di Gilgamesh potesse renderlo imprevedibile.
Eppure, con sua grande sorpresa, il Signore di Babilonia sembrò calmarsi e prese un respiro profondo: in risposta a quel gesto, lentamente l’oscura pozza sotto di lui sembrò tremolare e ritrarsi fino a rimpicciolire.
«Ma ormai è fatta» sussurrò «Non ha più senso soffermarsi su eventi che non possono essere cambiati. È una lezione che hai finalmente appreso anche tu… dico bene, Re dei Cavalieri?»
Saber spalancò le palpebre, sorpresa nel rendersi conto che aveva ragione. Stare al fianco di Rin, Illya e Shirō – ma soprattutto, l’aver assistito allo scontro di quest’ultimo contro Archer – l’aveva cambiata, aveva completato ciò che nella quarta guerra del Santo Graal non era riuscita ad accettare, non dopo essere impazzita dal dolore per aver visto Lancillotto ridotto ad una cane rabbioso.
Il Re dei Cavalieri aveva fatto molti errori… ma paradossalmente, questi non erano che la più grande delle benedizioni, in quanto da essi aveva imparato la più grande delle lezioni: cambiare il passato significava gettare nel disonore coloro che avevano lottato al suo fianco e avevano creduto nel sogno e nella gloria di Britannia.
«È proprio grazie a quel Faker, come lo chiami tu, e alla mia Master, se questo è potuto avvenire, Re degli Eroi. Tuttavia... io non ho mai dimenticato nemmeno le parole di Iskandar, il Re dei Conquistatori.»
A dispetto di quanto si aspettava, a quelle dichiarazioni il Re degli Eroi le regalò un sorriso. La fanciulla pensò di avere le allucinazioni, poiché questo non sembrava essere il solito ghigno di scherno, arroganza e derisione, anzi… era splendente e sincero come il sole.
«Mi fa piacere sentirlo. Lui era sicuramente un uomo che valeva la pena ascoltare. Spero di poterlo rincontrare, una volta che avremo abbandonato questo luogo.»
«Non capisco.»
Quando Gilgamesh la fissò negli occhi, le sopracciglia arcuate in un’espressione perplessa, Saber si schiarì la voce per spiegarsi meglio.
«Tu… durante la precedente guerra... hai dichiarato di volermi perché ero così piena del mio desiderio. E ora che scopri che ho accettato pienamente la caduta del mio regno e riconosciuto la responsabilità dei miei errori… lo tolleri? Tu che non tolleri neppure di essere posto al livello degli esseri umani? Tu che hai voluto utilizzare il sinistro potere del Graal per abbatterlo contro l’intera razza umana?»
«È vero» confermò lo Spirito Eroico con un cenno del capo «Il tuo voler salvare la Britannia dagli errori commessi in vita era assolutamente delizioso. Il tuo continuo cercare di farti carico delle sofferenze degli altri, sacrificando te stessa e la tua felicità per coloro che avrebbero dovuto solo servirti… quale magnifica tragedia, degna dei migliori poemi!»
Dapprima, il suo sorriso si era fatto folle ed estatico per come solitamente la ragazza l’aveva sempre conosciuto, poi all’improvviso, questo sembrò quasi… addolcirsi. Ancora una volta, l’ombra sotto di lui si ritrasse di qualche passo, mentre lui si sollevava in piedi e le si portava di fronte con un’ampia falcata.
«Ma vedi, Saber… quando feci quelle affermazioni, non ti consideravo altro che una ragazzina ingenua. Il tuo sguardo era lo stesso di una vergine ricoperta di petali! Un fiore immacolato pronto per essere colto» sussurrò, allungando una mano verso di lei.
Arturia rimase immobile, mentre avvertiva il palmo di lui sfiorarle la guancia. Chiuse il volto in una maschera impassibile, mentre le sue emozioni erano in tumulto: non si sentiva sdegnata, oltraggiata e disgustata al pensiero di essere toccata da lui… non mentre percepiva il tocco della mano insospettabilmente dolce e delicato come un amante amorevole, e osservava, internamente con vivo stupore e perplessità, i suoi occhi di rubino fissarla con sguardo lieto, orgoglioso e gentile.
«Ma ora, mentre ti guardo… vedo il Re che avresti sempre dovuto essere. Qualcuno che posso rispettare come persona… e come sovrano.»
Gilgamesh le lasciò il volto e sollevò le braccia con fare teatrale.
«Gioisci, Re dei Cavalieri, perché hai finalmente guadagnato il favore del Re degli Eroi! Possa la tua nuova risoluzione guidarti verso un cammino più luminoso.»
Saber era assolutamente senza parole. Era convinta di essersi fatta un’idea precisa e concisa del Signore di Babilonia, ma con quelle dichiarazioni e quei gesti le stava dimostrando tutto il contrario. Era rimasta colpita, non poteva negarlo, soprattutto dal suo riconoscimento: non che l’avesse mai voluto o cercato, eppure, adesso che lo aveva, si rendeva conto non esserle del tutto sgradito.
«Sei una persona davvero imprevedibile, Re degli Eroi» non poté trattenersi dal commentare.
Gilgamesh ridacchiò alle sue parole. «Detto da te, ho intenzione di considerarlo un complimento.»
Quasi come ad un segnale, il sole cominciò a tramontare oltre l’orizzonte, e con lui la misteriosa ombra sotto l’ex Servant sembrò diradarsi sempre di più. Il Re degli Eroi inarcò un sopracciglio nell’osservare l’imminente tramonto.
«Sembra che avverrà molto presto» osservò, prima di voltarsi verso di lei ancora una volta «Ti va di unirti a me e goderti lo spettacolo? O forse l’idea stessa di una tregua tra di noi è troppo anche per un sovrano della tua risma?»
Il suo sorriso era malizioso, ma paradossalmente pareva avere ben poco di maligno, risultava più che altro benevolmente scherzoso. Era talmente largo che Saber se ne sentì contagiata tanto da contrarre appena le proprie labbra.
«Se ciò che dici è vero e questo non è che un limbo prima di tornare nel Trono degli Eroi, non lo sporcherò ricordando il conflitto che ci siamo lasciati alle spalle, specialmente se di armi entrambi siamo privi. Accetto il tuo invito, Re degli Eroi.»
Così dicendo, i due si posero di fianco l’uno all’altro e si sedettero. Gilgamesh semplicemente distese le gambe in avanti, Arturia si accostò sulle ginocchia, ripiegando l’ampia e lunga gonna sul verde dell’erba, la cui luminosità andava scemando in pari col calare del sole.
«Ora cos’hai intenzione di fare?»
Il Re degli Eroi continuò a fissare il sole che scompariva al di là dell’orizzonte, seguito dall’insolita ombra sotto di lui.
«Se sei curiosa di ciò che farò, una volta tornato nel Trono degli Eroi… be’, suppongo che continuerò a fare ciò che ho sempre fatto in quella parodia del mio giardino: aspettare la prossima convocazione. Ma se ti riferisci alle mie intenzioni nell'immediato futuro...»
Si voltò verso di lei con un sorriso molto più placido.
«Vorrei chiederti il permesso di baciarti.»
Ancora una volta, il Re dei Cavalieri si ritrovò incapace di proferire parola, gli occhi strabuzzati per l’incredulità di aver appena udito quelle parole uscire dalla bocca dell’altro.
«… Perché?» fu tutto quello che riuscì a dire, e solo in quel frangente si rese conto del nodo stretto attorno alla propria gola e della saliva seccatalesi in essa.
Gilgamesh si strinse nelle spalle.
«Nemmeno io riesco davvero a comprendere le ragioni di un simile desiderio» ammise senza un briciolo di vergogna, per poi tornare a scrutare l’orizzonte «Forse una parte di me anela ancora al tuo cuore… oppure voglio sole terminare questa deplorevole avventura con un ricordo piacevole.»
Abbassò lo sguardo, il viso contratto in un cipiglio contemplativo rivolto alla misteriosa ombra che rimpiccioliva.
«Non riesco a comprenderne il motivo, ma… provo rimpianto per le azioni che ho commesso nelle ultime due guerre. Per quanto mi disgusti ammetterlo, comincio a pensare che il mio legame con Angra Mainyu possa aver influenzato non poco il mio giudizio. Forse voglio solo dimenticare. Potrebbe sembrarti egoista… ma non credo di avere una ragione migliore di questa.»
Sospirò stancamente.
«Tuttavia, sei libera di rifiutare. Nelle nostre attuali condizioni non potrei comunque costringerti.»
«Io...»
Saber bloccò la propria frase sul nascere. Non si era mai sentita tanto impacciata e tanto confusa. Si rifiutava di mettersi a balbettare come una ragazzina sciocca, perciò si costrinse a prendere un respiro profondo, mentre congiungeva le mani in grembo.
«Disdegno ciò che hai fatto e ho mal tollerato le tue precedenti disposizioni nei miei confronti, perciò crederti è per me molto difficile. Eppure… finora sei stato completamente diverso da come ti ricordavo, perciò credo che da una parte tu sia meritevole di fiducia e di riscatto, specialmente se è stato il vile Angra Mainyu a corrompere la tua anima di eroe.»
«Be’, puoi vederlo da te» replicò Gilgamesh, indicando con noncuranza l’ombra che si dissolveva sotto di lui completamente «Ormai è svanito. Non ha più potere su di me. Ero fermamente convinto di averlo dominato sin dall’inizio, ma mi sono profondamente ingannato.»
«È stato lui ad ingannarti, a corromperti con la sua sozzura. Ed è accaduto perché Kiritsugu mi ha costretta a distruggere il Graal… mi dispiace profondamente...»
«Nobile come sempre, Re dei Cavalieri. È proprio vero che certe abitudini sono dure a morire» replicò Gilgamesh, con un sorriso storto «Quello che mi è successo non cancella né giustifica le azioni che ho commesso, e non ti rende colpevole della mia situazione. Ciò che hai avuto modo di conoscere ero comunque io, il Re degli Eroi, che ha agito secondo la propria egoistica volontà. Mainyu mi aveva evocato in codeste spoglie, prima che il suo contenuto mi finisse addosso riversato. Perciò… ti capirò se intendi rifiutare la mia richiesta.»
Saber abbassò lo sguardo. Le prossime parole che avrebbe voluto pronunciare erano difficili da esternare: non le aveva mai dette a nessuno, e le sembrava un paradosso confidarle all’ultima persona di cui poteva dire di fidarsi… eppure voleva farlo. Perché aveva sentito lui fare lo stesso, e perché conoscere i suoi amici aveva abbattuto la sua armatura d’argento.
«Immaginare di essere amata, baciata da un uomo… per la mia cultura, è cosa delle donne. Ed essere una donna è sempre stato per me un sintomo di debolezza, un qualcosa che dovevo repellere, un intralcio e una condizione che me lo avrebbe impedito. Un qualcosa che si sarebbe limitato a rendermi schiava d’un altro. Non desidero offenderti, cerco di spiegarti… questa richiesta offende una parte di me, una parte che non vuole sottomettersi, che non si fida di te. Ma non sono mai stata una di quelle donne che ama le altre donne, e anche se gli unici uomini che abbia mai amato si sono limitati all’amicizia... tu non sei mai stato fra loro. Ti ho odiato per ciò che volevi fare di me… ma adesso ti vedo sotto una luce diversa, e il mio codice di cavaliere mi dice sia giusto darti una possibilità. Per la prima volta, Re degli Eroi… non ho idea di cosa scegliere, cosa provare per te.»
«E non è forse questo ciò che rende la vita degna di essere vissuta?» ribatté Gilgamesh «L’ignoto… la consapevolezza che niente andrà mai davvero come ti aspetti. Il pensiero di qualcosa di sconosciuto che ti attende dall’altro capo del percorso… l’incertezza di quello che potresti scoprire.»
Tornò a scrutarla con un sorriso gentile.
«Neppure io, con tutti i miei domini, i miei tesori e le mie imprese, sono riuscito a svelare i misteri che si celano dietro questo ineffabile concetto che chiamiamo “vita”. Ecco perché non posso dirti cosa dovresti provare nei miei confronti, Saber. Tu hai le tue opzioni… hai la tua capacità di scegliere… e il desiderio di scoprire ciò che si trova al di là delle tue domande, come qualunque essere vivente. Il palcoscenico è già pronto per te! Devi solo decidere se oltrepassare il tendone… o tirarti indietro. E qualunque sarà la tua scelta, dovrai rimanere fedele a te stessa. Né più né meno.»
Adesso Saber ne aveva la conferma. Quello non era lo stesso Gilgamesh che aveva conosciuto. In passato non avrebbe mai potuto udire da lui nulla del genere, e il pensiero che stesse mentendo solo per circuirla non la sfiorava nemmeno: il Re degli Eroi era tutto, meno che uno sleale vile ingannatore, e su questo, nessun Servant al mondo avrebbe potuto transigere. Finora Angra Mainyu aveva agito enfatizzando le oscurità già presenti nel cuore dell’eroe, ma adesso si era definitivamente allontanato, lo stesso Re dei Cavalieri aveva potuto osservare quel processo mentre la loro conversazione si era protraeva.
Se quello era davvero il vero volto del Re degli Eroi… be’, Arturia non poteva fare a meno di apprezzarlo in tutte le sue sfumature. Inutile continuare a negare la sensazione che l’aveva avvolta quando si erano ritrovati. E se doveva tenere conto delle parole del giovane uomo… non doveva avere paura di questa sua attrazione, né rifiutarla o condannarla. Il punto era non lasciarsi ancora una volta incatenare dal passato che le imponeva la repressione: era e sarebbe sempre rimasta il Re dei Cavalieri perché avrebbe sempre onorato quanto aveva fatto per il proprio popolo e l’amore reciprocamente nutrito per esso, ma non avrebbe più lasciato che questo le precludesse l’idea di poter voltare pagina.
C’era una fiamma in lei, e in essa c’era desiderio… ma anche paura. Paura di perdersi, inoltre era pungolata dallo sdegno di quel che era stato fra loro e il rifiuto di concedere resa. In realtà, non aveva affatto intenzione di dimenticare le azioni maligne di Gilgamesh, ma neppure era disposta a condannarlo definitivamente.
Non doveva più essere un cavaliere senza macchia e senza paura… voleva esserlo. Come tale, voleva il coraggio di affrontare la paura… e voleva accettare, comprendere questa fiamma, questo nuovo desiderio nato nella propria persona, un desiderio all’apparenza proibito e lascivo, e voleva farlo suo, assumendosene rischi e responsabilità.
Quello del Signore di Babilonia non era che un suggerimento, un invito a lasciarsi andare: nessun ordine, nessun obbligo. Sin dall’inizio, le aveva offerto una scelta: la scelta di buttarsi nel buio, di sorpassare quel tendone, anche senza sapere cosa vi avrebbe trovato, perché la curiosità la divorava e la brama di una felicità diversa la chiamava.
Poteva scegliere di sentirsi se stessa… senza sentirsi sbagliata per questo.
«Gilgamesh» dichiarò, gentile ma decisa «ti concedo… il permesso di baciarmi.»
Forse un’altra persona le avrebbe chiesto se era davvero sicura di una simile scelta… ma non il Re degli Eroi. No, lui si limitò a fissarla con quel suo sorriso imperturbato, riconoscendo quanto avesse riflettuto attentamente sulla sua richiesta. E per questo, mai e poi mai avrebbe insultato la sua capacità di giudizio.
Semplicemente, allungò le mani e le poggiò dolcemente i palmi attorno al viso con la stessa dolcezza dei petali floreali, osservandola con occhi pieni di aspettativa e meraviglia.
«Talune cose sono belle poiché non si possono avere» sussurrò «E tu, Saber… sei sicuramente una di queste.»
E prima che la giovane donna potesse controbattere… Gilgamesh si chinò in avanti e premette le labbra sulle sue.
D’istinto, la fanciulla chiuse gli occhi, lasciandosi annegare nella sensazione che quel bacio – il suo primo bacio, l’unico bacio finora mai avuto – le trasmetteva, qualcosa che non aveva mai provato prima di allora e che mai pensava potesse provare grazie al Signore di Babilonia.
Le labbra di lui erano morbide, delicate e dolci come i suoi tocchi, eppure allo stesso tempo sensuali e invitanti: la brama e la ricerca dell’appagamento in esse erano palpabili, ma mai invasive o eccessivamente fameliche. Saber non si era mai sentita tanto leggera, libera e felice come in quel momento: un calore piacevole le avvolgeva il petto e le guance, facendole desiderare che quel contatto non finisse mai.
Gilgamesh, titubante, le passò una mano attorno alla nuca e le sfiorò i capelli dorati con i polpastrelli, mentre le avvolgeva un altro braccio attorno alla vita: il Re dei Cavalieri non lo fermò e non si ritrasse, anzi, gli poggiò i palmi all’altezza dei tricipiti per appoggiarsi a lui e portarsi più vicino.
Poi, dopo istanti apparentemente interminabili, entrambi i re si allontanarono, pur restando stretti l’uno all’altra. E allora si accorsero che i lineamenti dei loro corpi stavano diventando sfocati, trasparenti, nell’esatto procinto come di svanire.
«Sembra che il nostro tempo in questo limbo sia terminato» dichiarò il Re degli Eroi, per poi fissare dritto negli occhi la donna stretta fra le braccia «Il mio trono ci reclama, presto tutti e due vi ritorneremo, e attenderemo l’ennesimo richiamo dei mortali bramosi. Ma questo non è un addio, Saber. Questo… è un inizio.»

  
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