Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: Little Firestar84    21/01/2021    4 recensioni
A Tokyo, Ryo Saeba delude ancora una volta la donna che aveva detto di amare, spedendola in una spirale di tristezza e delusione, mentre a Shinjuku un killer semina la morte tra le donne...
A Austin, Patrick Jane scopre che la morte di John Il Rosso potrebbe non essere la fine della sua storia, e che ancora una volta, Visualize e Bret Stiles potrebbero essere connessi alla sua caccia.
Ancora non lo sanno, ma i destini di Ryo Saeba e Patrick Jane sono destinati ad incrociarsi- ed il tutto per il bene delle donne che amano, e in nome del futuro che con loro desiderano creare.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Consultant'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Shinjuku, appartamento di Maiko Watanabe- scena del crimine.

Dopo che il giorno precedente Saeko gli aveva mostrato quelle immagini e quel fascicolo, a Jane era mancata la volontà di andare avanti. Sapeva che quel viso non apparteneva alla sua Teresa, eppure, era come se non facesse altro che tornare indietro con la mente a quel giorno, di tanti anni prima, quando la trovò in casa, segnata dall’orribile killer, e temette di averla persa per sempre.

Aveva insistito per poter vedere dove fosse accaduto, e Saeko, dopo aver telefonato al proprietario dell’appartamento, aveva acconsentito: l’immobile, nonostante fosse passato quasi un anno dalla tragedia, era ancora sfitto, sembrava quasi che gli abitanti del quartiere volessero starne alla larga temendo che fosse maledetto.

Peggio per loro, e meglio per le indagini.

C’erano perfino ancora i sigilli, segno che nemmeno il padrone di casa non aveva più osato avventurarsi oltre quella soglia; la poliziotta sfilò dalla giarrettiera uno dei suoi amati coltelli, senza modestia né farsi alcun problema a mostrare un po’ di pelle all’americano, e li tagliò in un battibaleno, prima di aprire con una copia della chiave ed oltrepassare la porta d’ingresso.

La stanza, nonostante fosse pieno giorno, era immersa nell’oscurità, le persiane abbassate, e puzzava di vecchio, stantio, polvere e muffa e ferro- un odore che fece venire il voltastomaco a Jane, che riconobbe quell’aroma purtroppo per lui inconfondibile come sangue secco.

Nessuno aveva fatto più pulizia in quella stanza, nessuno aveva provato a dare dignità a quel luogo- perché quelle persone, nelle loro menti,  non ne davano alcuna a chi, in quel luogo, aveva trovato la morte: Maiko era una prostituta, quindi di facili costumi, magari pure tossica, e allora che problema c’era? Forse era per questo che solo a Saeko era parso importasse qualcosa di quella povera creatura, perché per i suoi colleghi era un rifiuto in meno che girava in circolazione. 

Mentre la poliziotta cercava l’interruttore, Jane accennò un sorriso: gli piaceva, quella donna. Sì, era una sensuale sirena tentatrice, e probabilmente non era restia ad usare il suo fascino per ottenere quello che voleva e manipolare le persone ad agire secondo i suoi desideri senza che nemmeno se ne accorgessero- un po’ come lui aveva sempre fatto- ma soprattutto, nonostante cercasse di apparire ligia alle regole, nascondeva un grande cuore, senso di giustizia, e lealtà verso i suoi amici. Sì, Saeko Nogami era decisamente una persona che incontrava le sue simpatie, soprattutto perché gli ricordava tanto la sua Teresa.

“Dannazione, devono aver tagliato la corrente!” La donna sibilò in giapponese, prima di mettersi a cercare qualcosa nella tasca del suo giacchino- un accendino.  Illuminò fievolmente l’ambiente circostante, e Jane, cercando di evitare i cartellini delle prove, la sagoma disegnata col gesso bianco sul pavimento, le macchie di sangue che ancora si potevano scorgere, andò ad alzare gli scuri, sperando che la luce naturale fosse abbastanza da permettergli di vedere, ed analizzare, per bene quel logo.

“Esattamente, cosa crede di trovare dopo tutti questi mesi?” Saeko gli domandò, sbuffando leggermente, le mani sui fianchi. Era sfiduciata: non credeva possibile che potessero trovare qualcosa dopo così tanto tempo.

“In Giappone le sette hanno spesso una forte influenza politica, vero?  Quindi, non c’è ragione di credere che Visualize non abbia già cercato di centrare il bersaglio e  arraffarsi qualche pupillo benpensante del vostro bel paese. Come nella Polizia- le vecchie abitudini sono dure a morire, e a Stiles è sempre piaciuto vantarsi che le forze dell’ordine credessero così tanto in lui da unirsi a frotte nella sua organizzazione.”

“Come i membri della Blake Society.” Saeko soppesò le parole, incerta di come quell’uomo imprevedibile potesse reagire alle sue deduzioni. “Perché crede che abbiano amici nelle forze dell’ordine?”

“Perché,” Jane rispose, senza guardarla in viso, senza smettere di controllare ogni singolo particolare, far passare i cuscini, i tappeti, tutto. “Qualcuno ha rotto i sigilli di ceralacca e li ha sostituiti, se osserva bene vedrà che i vecchi sigilli hanno lasciato una traccia, come un alone, ed il nostro killer, o chi per lui, non li ha allineati in modo perfetto, segno che forse ha dei problemi con il senso di profondità.”

“Ah!” Saeko, con espressione fiduciosa, si batté il pugno sul palmo della mano, soddisfatta, sentendo che finalmente avevano una pista che fosse stata decente. “Forse potremmo…”

“Chiedere i nastri delle telecamere di sorveglianza? Lo escludo.” Jane sospirò, spegnendo ogni speranza sul nascere; lo fece con una nonchalance tale che sembrava non gli importasse di spezzarle il cuore. “Quelle all’ingresso del palazzo sono finte, e a giudicare dai palazzi qui intorno, anche ce ne fossero, immagino che siano tutti sistemi a registrazione giornaliera, dubito abbiano tenuto i nastri di oltre un anno fa- ha visto come erano fragili i sigilli? Si sono subito sbriciolati appena li ha toccati. Quindi è passato parecchio da quando il killer è stato qui.”

Il cellullare di Saeko suonò, e lei si mise in disparte, parlottando al telefono con il suo interlocutore alzando gli occhi al cielo, e digrignando i denti. Jane la spiava con la coda dell’occhio, e tese l’orecchio per vedere se riuscisse a cogliere qualche parola, ma era difficile- sì, aveva imparato le basi del Giapponese, ma non era la sua lingua, ed un conto era chiedere che per favore rallentassero o ripetessero, ma origliare una conversazione era tutt’altra cosa… peccato che fosse la sua attività ludica preferita!

Non percepì chissà che cosa- le parole che era certo di aver afferrato erano “Hōō” e  un qualcosa che gli sembrava significasse non volere… quindi… quindi era il papà di Saeko al telefono! Con un sorrisetto malandrino e mordendosi le labbra per non ridere, si fermò ad osservarla, curiosa. La bella e composta poliziotta si stava a dir poco infervorando con il suo interlocutore, e qualsiasi cosa lui le avesse detto, lei non aveva alcuna voglia di fare come si presupponeva che lei agisse.

“Dannazione, brutto balordo rompiscatole, ma quando imparerà a farsi i fatti suoi!?” Sibilò mentre quasi stritolò il suo telefono in mano. Si schiarì la gola, si ricompose, e, col viso leggermente arrossato,  si avvicinò a Jane, che fingeva di essere interessato a qualcosa che poteva vedere fuori dalla finestra. “Ehm, signor Jane, purtroppo ho un contrattempo, e non possiamo restare oltre…”

Jane non disse nulla, ma si limitò a guardarla, con un'espressione da so tutto io, uno sguardo che sembrava andarle sotto alla pelle, vederle dentro, e che, francamente, la faceva rabbrividire. “Due, due ore e mezzo al massimo.” Disse, battendosi con l’indice destro sul labbro.

“Scusi?” Gli domandò, sbattendo gli occhioni, incerta.

“Il tempo che le servirà a sbarazzarsi di suo padre e dell’ennesimo pretendente. Tempo che impiegherà principalmente  in macchina, perché suo padre deve essere un alto dirigente della Polizia, per questo l’ha chiamata sul telefono del lavoro,  quindi immagino che gli piacciano gli intrallazzi e le cose belle. Non si farebbe vedere a mangiare con sua figlia qui a Shinjuku nemmeno morto.” Fece una pausa, poi le si avvicinò e le sussurrò nell’orecchio. “Suo padre vuole farla sposare, perché è molto tradizionalista, e fino a che lei non sarà sposata, non potranno farlo nemmeno le sue sorelle minori, e poi, lui vorrebbe davvero tanto diventare nonno!”

“Ma come ha fatto a…”

“Si è sfregata l’anulare sinistro come se si stesse rigirando una fede.”  le rispose, facendole l’occhiolino, e dandole una pacca sulla spalla. “Vada pure da suo padre, un paio d’ore da solo, chiuso in una stanza da solo…. posso cavarmela benissimo! L’aspetto qui.”

Facendogli un leggero inchino, Saeko fece cenno di acconsentire col capo, ed uscì a passo veloce dal decrepito stabile.

 

Shinjuku, sede di Visualize

“Salve Ryosuke, sono Maya, fratello Stiles la sta aspettando…” Appena ebbe varcato la soglia dell’imponente palazzone, Ryo venne subito intercettato da una stupenda donna, a cui riservò un sorriso smagliante, seduttivo; lei, lo guardò, civettuola, camminando, muovendo sinuosa le anche con falsa naturalezza.

Ed ecco un’altra cosa che i leader delle sette sembravano apprezzare: bellissime donne, con corpo da modelle. Peccato che Maya non facesse più per lui: troppo finta, costruita, una pin-up da copertina che andava bene sulla carta stampata, ma null’altro, perché se toglieva le extension, le ciglia finte, le unghie artificiali, le tette rifatte, la rinoplastica… e cos’altro? Labbra a canotto? Probabilmente anche lenti a contatto colorate… beh, tolto tutto, cosa restava di lei?

Nulla. Non come Kaori, che era bella nella sua semplicità, nella sua freschezza, nel suo essere acqua e sapone.

“Ryosuke, sono felice di rivederti,” Stiles lo salutò, stringendogli la mano- presa forte, maschia, da elemento alfa, non male per un vecchietto. “Sono felice che tu sia qui.”

“Anch’io,” Ryo  gli sorrise, con un mezzo ghigno sul volto, senza lasciare andare la presa. “Apprezzo molto il tempo che mi sta dedicando.”

“Amo dedicarmi a tutti i miei nuovi studenti, Ryosuke, e devo dire…” Stiles lasciò la presa, e scrollò le spalle, mentre si mise a guardare la vista dalla finestra del palazzo, dando la schiena a Ryo, dimostrandogli a fatti che non lo temeva. Osservò la frenetica città, persa nelle sue contraddizioni, e sospirò, sentendosi come in cima al mondo, come se, con quel palazzo, avesse costruito non solo muri, ma anche potere, fama e controllo. “Devo dire che ho pensato molto a quello di cui abbiamo parlato ieri, sulle nostre capacità di scelta, e io credo di poterti aiutare…”

“Davvero?” Stravaccato su una delle poltrone, Ryo a malapena si trattenne dal mandarlo a quel paese. Quell’emerito truffatore non era meglio di falsi sensitivi e di quei pseudo-dottori che nel selvaggio West vendevano olio di serpente per curare la Tubercolosi…

“Sì, ragazzo mio. Posso trasmetterti la mia conoscenza, le tecniche che ti permetteranno di accedere ad aree del tuo subconscio che governano la capacità decisionale ed i desideri… ad esempio, c’è l'ipnosi, oppure…” gli si sedette accanto, e lo afferrò per una spalla, stringendola con forza, ma cercando di trasmettere un messaggio rassicurante. “C’è una cosa che potremmo provare, che credo troverai davvero molto interessante. Se hai un po’ di tempo da dedicarmi, ho una sorpresa per te, ragazzo mio…”

Negozio di moda di Eriko Kitahara

“Beh, ma si può sapere cosa diavolo ti prende? Ormai è quasi una settimana che sei sempre così mogia….” Eriko, appoggiata contro uno stand di abiti, guardò la sua migliore amica, ripiegare con cura una camicetta prima di riporla dentro un armadietto. Kaori si limitò a sospirare, gli occhi tristi, quasi vuoti. Negli ultimi mesi, Eriko lo aveva notato, il comportamento della sua migliore amica era drasticamente cambiato: passava sempre meno tempo con Ryo ed il resto della loro allegra brigata, sempre più tempo con lei, ma soprattutto, si era fatta una volta più silenziosa e triste. I suoi occhi avevano perso quella scintilla di luminosità, e la stilista, in tutta onestà, non ricordava nemmeno più quando l’avesse sentita ridere l’ultima volta.

“Non è nulla,” Kaori rispose, cercando di sorridere e dissimulare le sue vere emozioni, celate dietro una maschera. “Sono solo di cattivo umore. Forse deve venirmi il ciclo.”

“Kaori…” Eriko le si avvicinò; si guardò attorno con fare circospetto, per essere sicura che non ci fosse nessuno in negozio oltre a loro, e la afferrò per la spalla, costringendola a guardarla negli occhi. “Kaori, non dirmi idiozie. Lo so quando stai davvero male. Sentiamo, cosa ha fatto Ryo stavolta?”

“Ha solo messo in chiaro come stanno le cose tra noi,” la rossa ammise, con gli occhi lucidi con lacrime che non aveva alcuna intenzione di versare, non davanti ad un'altra persona. “Ho trovato una ragazza nuda nel suo letto, tutto qui. Avrei dovuto capire che non era interessato a me, però…”

Kaori si asciugò le lacrime; in realtà, quella non era l’unica cosa a preoccuparla; sì, lui le aveva spezzato il cuore, ma a darle da pensare era quell’uomo che aveva incontrato quando era “fuggita” da casa, quella fatale mattina… gli occhi, il sorrisetto, come non sembrava volerla lasciare andare… era stato inquietante, e poi, da allora, aveva spesso avuto la sensazione di essere seguita, che qualcuno la osservasse, ma ogni volta che si era voltata, non aveva mai trovato nessuno, e si era convinta che fosse solo auto-suggestione.

La campanella sopra la porta trillò, e Kaori, ricomponendosi e mettendosi a posto la divisa, cinguettò il suo benvenuto al nuovo avventore; lo raggiunse, ed ebbe un attimo di esitazione davanti all’occidentale, perché aveva la netta sensazione di averlo già visto da qualche parte, ma non sapeva dire dove, esattamente. Tuttavia, si dette della stupida da sola: Tokyo era piena di uomini d’affari occidentali, dopo tutto, e poi, quell’uomo aveva una vistosa cicatrice sul lato destro del viso, che tuttavia non lo rendeva spaventoso o rivoltante, ma anzi, gli dava un’aria misteriosa, seducente…come qualcosa di prezioso e antico.

“Salve, sono Kaori, e la assisterò con le sue spese. In cosa posso esserle utile?” Gli domandò, sforzandosi di sorridere ed apparire naturale.

L’uomo prese a guardarsi intorno, con vivo interesse, e le trasmise quasi una sensazione di pace e tranquillità: decise che doveva essersi sbagliata, e anche di grosso… aveva quasi un’aura… rassicurante.

“Sa, sono l’assistente personale di un vecchio e arcigno miliardario, e quel vecchio balordo mi ha trascinato qui a Tokyo dall’oggi al domani senza nemmeno darmi tempo di preparare qualcosa…. e per di più, mi sono perso un importante anniversario con la mia fidanzata.” Le disse, con sguardo sognante, mentre sfiorava la soffice seta di un delicato capo spalla. “Per farmi perdonare, avevo pensato di comprarle qualcosa di abbigliamento, che fosse di alta classe, sartoria ed esclusivo, che nessuna delle sue amiche abbia mai posseduto… crede di potermi aiutare, Kaori?”

“Sono certa di sì…. mi dica, aveva in mente qualcosa di particolare? Un accessorio, un abito…. magari una camicetta…”

“Teresa,” iniziò lui, guardando le persone che camminavano nelle vie affollate di Shinjuku, quasi sovrappensiero, le mani in tasca. “Si chiama Teresa, ha lunghi capelli castani mossi, anche se lei si ostina a lisciarli, dei meravigliosi occhi verdi, grandi, un po’ come i suoi, ed è piccolina, solo un metro e sessanta… ma io la amo dal primo giorno che l’ho vista.”

Kaori si rabbuiò, e, con le mani incrociate sul ventre, abbassò lo sguardo, mentre una lacrima traditrice le lasciava gli occhi. Doveva essere bello, pensò, un amore del genere, avere un uomo che provava così tanto affetto e dedizione… lei, lo avrebbe mai trovato? Sarebbe mai stata in grado di allontanarsi da Ryo?

“Lei, invece, soffre per amore, vero? Il suo cuore è spezzato, sente il bisogno di fare una scelta per uscire da questo tunnel, da una relazione infelice che non è altro che un circolo vizioso…”

Kaori sussultò, il fiato le mancò in gola  quando quello sconosciuto prese a guardarla come se le stesse leggendo dentro, ed in quel momento, seppe di aver avuto ragione. “Oh, a proposito… lei non mi ha detto come si chiama, vero?” Domandò, nel disperato tentativo di guadagnare tempo, o cambiare anche solo argomento.

“No, infatti, non mi sono ancora presentato…” Le afferrò la mano, e la trascinò vicino a sé, strattonandola. La fissò negli occhi, lo sguardo gelido, sicuro, e prese a disegnare col pollice dei ghirigori regolari sulla pelle. Kaori socchiuse le labbra, e fu incapace di smettere di fissare ciò che l’uomo stava facendo. “Brava bambina, Kaori, adesso ascoltami bene…”

 

Sede di Visualize

Ryo fischiò in segno di apprezzamento quando un estremamente eccitato Stiles lo condusse in una stanza buia, illuminata solo da una luce blu ad infrarossi,  insonorizzata con eleganti pannelli di sughero riccamente lavorati. All’interno, non c’era nulla, tranne una specie di astronave a forma d’uovo con, stampato sopra, il logo dell'organizzazione.

Cristo, ci mancava solo il santone che vuole mandarci tutti a vivere su un altro pianeta dopo la morte…

“Carina. Sarebbe?” Chiese scettico, a malapena resistendo all’istinto di prendere a calci quell’affare.

“Quest’affare, come lo chiami tu, è una capsula del galleggiamento.” Sorrise, stringendo la spalla a Ryo con fare amichevole, mentre apriva la macchina schiacciando un pulsante su di un telecomando. Ryo osò uno sguardo all’arnese: era quasi interamente piena di un liquido che appariva a prima vista come acqua. “Aiuta a visualizzare, a concentrarsi, e credo che possa aiutarti a capire perché stai lottando così tanto per trovare la tua strada, perché non vuoi abbracciare il tuo destino.”

Ryo sussultò, voltando gli sfuggevoli occhi neri verso l’arcigno vecchietto, la voce tremante. Forse, forse, poteva prendere due piccioni con una fava, fermare Stiles e finalmente avere le idee chiare su cosa fosse accaduto, e se lo avesse scoperto, ne avrebbe potuto parlare con Kaori, le avrebbe spiegato, e poi, e poi… poi, finalmente finita quella storia e consegnato alla giustizia- sua o di Saeko, non aveva ancora deciso- l’assassino di Shinjuku, le avrebbe confessato cosa provava per lei, sarebbe stato onesto e avrebbe dato ad entrambi la possibilità di vivere il loro sentimento.

“Crede…” ingioiò, pugni chiusi e occhi che andavano all’acqua che, quieta, si muoveva sensualmente all’interno del marchingegno. “Crede che potrebbe aiutarmi a concentrarmi su… su un ricordo che credo di aver perso?”

“Sì, figliolo, ti accompagnerò io in questo percorso, sarò in contatto con te da questo pannello. Ti ho già fatto preparare un costume da bagno, non vogliamo rovinare quei bei vestiti, vero?”

Stiles scoppiò a ridere, e diede una sonora pacca sulla schiena a Ryo, indicandogli un separé in bambù e carta di riso, dall’aria estremamente antica e ricercata- lo aveva già detto che al vecchio piacevano le cose belle?

Ryo si cambiò, con calma e tranquillità, e nascose sotto alla seduta della sedia il coltello che si era portato dietro, ed indossò quel costume che, se doveva essere sincero, a lui sembrava più un paio di boxer neri. Seguendo Stiles ed assecondandolo, entrò cautamente all’interno di quel “veicolo”, e vi si coricò, come se stesse facendo il morto in mare. Chiuse gli occhi, prese un profondo respiro, e si preparò ad avvertire il coperchio che si chiudeva su di lui. 

“Allora Ryosuke, come ti senti?” Stiles gli chiese, con la voce che gli giungeva ovattata dall’altoparlante.

“Diciamo che è strano, ma sono stato in posti peggiori, che tu mi creda o no.” Ed era stranamente piacevole: la voce del gota era l’unica cosa che gli giungesse dall’esterno, salvo quello, era cullato da quella acque tiepide in cui galleggiava, e distrattamente si chiese se fosse quello che aveva provato nel grembo di sua madre, prima di nascere.

“Apri la tua mente, Ryo, permettile di svelarti le sue verità ed i suoi segreti…”

Ryo si lasciò andare, ed inspirò a fondo, mentre ciocche di capelli neri galleggiavano nel liquido, tornò alla mente al quel giorno, cercò di vincere le ritrosie e le barriere del suo subconscio, dovute ai fumi dell’alcol, ed a spezzoni, come in frammentari flash-back, rivide cos’era successo…

Mick che lo trascinava per locali, ma non aveva voglia, tuttavia, c’era troppa tensione a casa e non se la sentiva di restare solo con Kaori…

Il suo migliore amico che prima lo canzonava, poi lo aspramente criticava, e poi quella frase, fredda, cinica, spietata, offensiva- soprattutto verso Kaori. “Ho rinunciato a lei perché credevo la amassi, ma forse mi sono sbagliato. Forse farei meglio a mollare Kazue una volta per tutte e dedicarmi alle grazie della cara Kaori. Scommetto che è così stufa di aspettare un principe azzurro che tanto non arriverà mai che mi supplicherà di scoparla.”

La scazzottata.

Vedere una ragazza, una brunetta niente male,  che fuggiva da due bruti che la volevano derubare, e firmare una quiete temporanea per salvarla.

Lei che gli offriva da bere per farsi perdonare. Bere per locali, poi continuare a casa perché in giro non c’era più nessuno che li volesse servire, e addormentarsi completamente sbronzi a letto, lui che si spogliava perché aveva caldo, tanto caldo...

Svegliarsi la mattina quando Kaori era entrata in stanza, che profumava di zucchero e vaniglia, col desiderio di abbracciarla e baciarla.

E poi, lui, che le spezzava il cuore, inconsapevolmente.

Ryo spalancò gli occhi, la bocca graziata da un leggero sorriso, e sospirò di sollievo: non era successo nulla, non si era dato a quella ragazzina e non aveva tradito Kaori- perché, anche se lei ancora non lo aveva capito appieno, loro si appartenevano reciprocamente, e adesso lui l’avrebbe informata, per bene, e sarebbe stato onesto, una volta per tutte, nessun passo indietro, niente ripensamenti: voleva solo proiettarsi al futuro.

La temperatura all’interno della “cosa” si abbassò improvvisamente, e la tranquilla luce azzurrina si trasformò in un bollente rosso fuoco che gli martellava gli occhi e la testa, dandogli un senso di oppressione e soffocamento, quasi fosse stato prigioniero di un incendio. E fu allora che si rese conto di una cosa: Stiles lo aveva chiamato col suo vero nome. Ryo.

Non poteva essere un caso: Stiles sapeva.

Digrignando i denti, prese a colpire alla cieca con i pugni chiusi quella mostruosità in cui si trovava prigioniero, ma invece che leggero, gli appariva che il suo corpo fosse pesante, e sprofondasse verso il basso. Era in trappola, e la cosa peggiore era che ci fosse cascato in toto. Si era fatto abbindolare, perché aveva ritenuto il vecchietto troppo deboluccio e codardo per fare del male a qualcuno, ma evidentemente, si sbagliava.

“Bene, e adesso, Ryo, perché non mi dici la verità? Perché sei qui, e soprattutto, chi ti manda? L’FBI? La polizia di Tokyo, quella… come si chiama? Nogami, vero? Una tua amichetta, se non sbaglio.” Fece una lunga pausa, e Ryo credette di avvertirlo che camminava intorno a quella capsula; se lo poteva quasi immaginare, soddisfatto, tronfio, le mani giunte dietro alla schiena. “Sappiamo chi sei, City Hunter… quello che non so è cosa pensavi di trovare qui…”

L’acqua si scaldò, e Ryo credette di vedere delle bolle formarsi sulla superficie, e temette che Stiles volesse farlo cuocere; il livello si alzò allo stesso tempo, e lui, galleggiando, stava ormai sfiorando il soffitto di quella capsula. Sapendo quanto fosse limitato l’ossigeno in quello spazio angusto, Ryo fece del suo meglio per restare calmo, stringendo i denti , tuttavia quella cosa era sigillata ermeticamente dall’esterno, e solo una forza erculea- o la pistola che non aveva con sé- avrebbero potuto aiutarlo a fuggire.

L’acqua gli sfiorò i lobi delle orecchie, e Ryo prese un grosso respiro, sapendo cosa da lì a poco sarebbe accaduto, certo tuttavia che sarebbe stato inutile: sarebbe morto, o soffocato, o annegato, e avrebbe lasciato Kaori col cuore spezzato, ed il tutto perché era sempre stato un codardo: poteva sfidare un intero plotone da solo, ma quando era il suo cuore ad essere in gioco, tutto andava a puttane.

Il liquido riempì interamente la capsula, e Ryo andò a fondo, per la prima volta guardava in faccia la morte e sapeva di non essere pronto ad affrontarla, per la prima volta desiderava vivere.

Per lei. Per vivere al fianco della donna che amava. Di Kaori.

Le luci si spensero, e Ryo fu avvolto dalle tenebre, un attimo prima che il coperchio si aprisse. Si erse, eretto, grondante acqua, in quello spazio ristretto, i polmoni che gli bruciavano, i muscoli indolenziti, e guardò con odio Stiles, desiderando piantargli il coltello nel cuore, bramando vendetta, conscio che si era sbagliato: era pericoloso, come e più di un killer armato di coltello, perché non accettava che il suo potere assoluto fosse messo in discussione, che qualcuno potesse anche solo lontanamente pensare di portargli via ciò che riteneva suo di diritto.

“Vattene, Saeba, e non tornare mai più qui.” Contornato da guardie armate, il vecchio gli lanciò disgustato i suoi vestiti, come fossero stati vecchi stracci lisi. In condizioni normali, avrebbe potuto stenderli facilmente, ma lo shock per il suo corpo era stato troppo forte, era quasi annegato, e doveva riprendersi; con gli occhi ardenti, voltò le spalle all’uomo, e mentre camminava verso l’uscita della sede della setta, si rivestì; la pelle ed i capelli bagnati impregnavano il tessuto, rendendolo pesante, come avesse un macigno che lo accompagnava, passo a passo.

Una volta fuori, si voltò verso il palazzone, e guardò in direzione dell’ultimo piano, dell’ufficio di Stiles, e fu quasi del tutto certo che i loro sguardi, in quell’istante, si stessero incrociando in un’espressione di sfida.

Palpando le tasche della giacca, cercò il cellulare usa e getta che Saeko gli aveva consegnato per la durata del caso, ma non lo trovò: grazie al cielo dentro non c’erano informazioni, ed aveva abilmente cancellato tanto le chiamate ricevute quanto quelle effettuate, ma era comunque una seccatura: adesso, gli sarebbe stato utile per avvertire Mick e gli altri.

Perché se Stiles sapeva, allora…. allora, erano tutti in pericolo. Dal primo all’ultimo.

Appartamento di Maiko Watanabe

Jane era rimasto seduto nell’appartamento per ore, cercando di capire cosa fosse successo in quel luogo, cercando di entrare nella mente del killer, ma senza successo- evidentemente, aveva ancora un briciolo di decenza dentro di sé, e non era un completo sociopatico, come gli aveva sempre detto il padre per spronarlo a spennare tanti più polli possibili.

Sbuffò, rammaricandosi che purtroppo Saeko avesse avuto ragione, e che ormai fosse tardi: il tempo, il decadimento naturale della materia avevano cancellato ogni possibile indizio che fosse potuto sfuggire alla scientifica.

Il rumore di un treno- la stazione era proprio lì accanto- con la sua sirena, lo stridio dei binari, rapirono la sua attenzione per un attimo, e lui, nonostante ciò che era accaduto in quel luogo, sorrise, ripensando a quando aveva portato Charlotte, la sua amata figlia scomparsa, a vedere i treni che passavano quando aveva solo un anno o giù di lì, le sue risate… e pianse, lacrime calde che gli scorrevano sulle guance, al pensiero di lei, per il desiderio di poter fare lo stesso con il suo bambino. Era così preso dai ricordi e dalle speranze che non avvertì la presenza alle sue spalle fino a che non ricevette il colpo in testa- un vaso che andò in frantumi- e dopo, non poté fare altro che strisciare a terra, la testa che gli girava. Si voltò, proteggendosi il capo con le mani, sperando anche di dare un nome, o perlomeno un volto, al suo assalitore, ma vedeva solo una silhouette nera contornata dalla luce del sole basso che entrava dalla finestra.

E aveva una pistola in mano- forse solo una precauzione nel caso lui avesse opposto resistenza, come stava effettivamente accadendo. Più o meno.

Jane vide il movimento del dito sul grilletto, pronto a sparare, quando l’uomo misterioso gridò di dolore, accasciandosi a terra, tenendosi il braccio dolente al petto, prima di fuggire, gettandosi dalla finestra, ed il mentalista, con un sospiro di sollievo, si permise di perdere i sensi, una volta che nel suo campo visivo entrò la ben riconoscibile sagoma di Saeko Nogami, che, telefono alla mano, si sporse dalla finestra per guardare cosa fosse accaduto all’uomo misterioso, sperando quasi che si fosse rotto l’osso del collo.

Purtroppo, non era così, dovette constatare a denti stretti: il balordo si era gettato proprio dentro un cassonetto, riempito all’inverosimile di sacchi che avevano attutito la sua caduta, permettendogli la fuga. La scia di sangue, causata dalla ferita del suo coltello, era però ben visibile, e avrebbe fatto loro comodo sapere come e dove era ferito per rintracciarlo, ma soprattutto identificarlo all’interno della maledetta setta.

“Come sta?” Chiese una voce femminile in inglese, avvicinandosi alla finestra e voltandosi verso Jane, che tentò di alzare leggermente il capo, strizzando gli occhi, in direzione delle due donne; Saeko si limitò ad  un’alzata di spalle.

“Posso spiegarti tutto…” Jane biascicò, in direzione della nuova venuta.

“Se avessi un dollaro per tutte le volte che me lo hai detto, a quest’ora sarei milionaria…”  La donna sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Allora, non hanno ancora risposto?”  Non aveva ancora finito la frase che gli occhi di Saeko brillarono quando finalmente la linea smise di suonare dall’altra parte, e la persona che stava cercando rispose.

“Mick, sono Saeko, abbiamo Jane, ma lo hanno conciato per le feste, dovremo portarlo dal Professore. Notizie di Ryo? Non risponde all’usa e getta che gli avevo dato...” disse, freddamente, poi, quando lui le dette la notizia successiva, il telefono le cadde di mano, sfracellandosi a terra, il delicato vetro ridotto ad una ragnatela di schegge mentre lei, col cuore a mille ed il corpo freddo, guardava nel vuoto, con gli occhi spalancati…

Kaori era sparita: di lei, non c’era più traccia.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Little Firestar84