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Autore: Davide Albertazzi    21/01/2021    0 recensioni
Una misteriosa bestia accerchiata da torme di gatti insanguina le periferie di Tredgor, gloriosa capitale della Redania, e solo il celebre witcher Geralt di Rivia , giunto in città a corto di denaro potrebbe essere in grado di fermarla! Tra vicoli mefitici , boschi infestati dagli Scoi'atel e cupe rovine molti pericoli ed inaspettati alleati lo attendono lungo la via pronti ad assalirlo con violenza o ad offrirgli pasti dalla dubbia commestibilità! (UN NUOVO EPISODIO OGNI DUE SETTIMANE)
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Geralt di Rivia, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                       ATTO I: POLVERE, VINO E SANGUE


Il cielo nero, scuro, privato della luna e persino del tenue bagliore delle stelle a causa di un fitto strato di nubi plumbee, incombeva sulla città addormentata, celandone le forme sotto un velo di tenebra.
Tutt’intorno alle imponenti mura, ammassati l’uno sull’altro alla base della grande collina sulla quale sorgeva l’abitato, i fatiscenti edifici del distretto minerario apparivano ancora più scuri di tutto il resto, ricoperti com’erano dalla polvere che i tunnel vi vomitavano sopra senza sosta.
Le vie, deserte a quell’ora, si snodavano tra le case di legno, formando un labirinto nel quale solo i minatori che vi abitavano sapevano districarsi agevolmente, quasi gli ricordassero le intricate gallerie dove trascorrevano le loro giornate.
La porta della taverna si aprì di schianto ed un uomo barcollò all’esterno, accompagnato da un’ondata di musica, risate e profumo di stufato caldo.
Ubriaco fradicio incespicò in avanti tentando di afferrare uno dei pali che sorreggevano la veranda, ma le sue dita incerte mancarono il bersaglio e, perso l’equilibrio, ruzzolò goffamente giù per i gradini di legno finendo gambe all’aria nel bel mezzo della strada sollevando una densa nuvola di polvere biancastra.
Una donna dai capelli corti, con un grembiule bianco macchiato di sugo ed una grossa caraffa vuota in mano, uscì rapida dalla porta, attirata dal baccano.
Come vide l’uomo faccia in giù in mezzo al selciato la locandiera scoppiò a ridere.
“Te lo avevo detto Mert!” gli disse con tono materno “Sei troppo ubriaco per arrivare a casa intero e con il borsello ancora in tasca!”
“Ah, taci donna!” rispose il minatore alzandosi in modo traballante “Ubriaco… io?” si scrollò la polvere dalla giacca con fare altezzoso “Sarei forse riuscito a scendere le scale della tua bettola con un’acrobazia così complicata se fossi stato ubriaco? Eh? Io sto alla grande!” la indicò con un dito “Quindi torna ad agitare le chiappe e versare birra alla tua raffinata clientela di zotici e contadini che a me penso io!” e così dicendo si voltò e con passo malfermo si avviò lungo la strada.
“Ah come vuoi caprone,” gli urlò dietro la donna “ma poi non lamentarti con me se domattina ti sveglierai nudo in un canale di scolo!” e scuotendo la testa rientrò nella locanda.
Il minatore procedette ancora per qualche metro poi, sbandando leggermente, svoltò verso destra infilandosi in un vicoletto laterale.
Era talmente buio che non riusciva a vedere nemmeno i suoi piedi ed era costretto a procedere quasi a tentoni, con una mano appoggiata alla parete degli edifici che circondavano la stradina.
Il silenzio regnava sovrano, o meglio avrebbe regnato se non fosse stato per i gatti.
Decine, dozzine di gatti acquattati nelle tenebre sui tetti tutt’intorno a lui miagolavano e soffiavano riempiendo l’aria con un’insopportabile cacofonia.
Su un tetto più basso degli altri a pochi metri da lui vide brillare nelle tenebre almeno una ventina di occhi.
Con un grugnito l’uomo si chinò e raccolse una pietra. “Tacete fottute bestiacce!” gridò lanciandogliela contro.
Il sasso descrisse un arco sbilenco e colpì qualcosa nell’oscurità emettendo un tonfo sordo.
Un ringhio cupo rimbombò nel vicolo mentre un nuovo paio di occhi si accendeva sul tetto, un paio di occhi molto, molto più grandi degli altri.
“Oh Melitele… proteggimi” mormorò l’uomo sbiancando mentre una sagoma grottesca avanzava verso di lui.
Il minatore si voltò e cominciò a correre.
Alle sue spalle la bestia balzò giù dal tetto ed emettendo l’orrida e gutturale parodia di un miagolio si gettò all’inseguimento.
Disperato, con il cuore che gli pulsava nel cranio e la gola secca dal terrore l’uomo scappava più veloce che poteva, ma sentiva alle sue spalle il fiato della creatura, sempre più vicino, mentre il rumore degli artigli che grattavano il selciato gli straziavano le orecchie.
D’improvviso una luce apparve davanti al minatore, piccola, sottile, guizzante… una torcia!
“Fermo cittadino!” gli intimò la guardia alzando una mano “Perché stai corren…”
“La bestia di Tredgor!” gridò l’uomo superandolo.
“Come la best…” rispose la guardia voltandosi ed allungando la mano verso l’elsa della spada.
Ma non fece in tempo.
Una valanga di muscoli e zanne lo investì in pieno.
Uno schizzo di sangue caldo investì la schiena del minatore e grida terribili si innalzarono nell’aria.
Sentendosi male per lo sforzo l’uomo continuò a correre fino a che non fuoriuscì dal vicolo guadagnando la via principale, mentre alle sue spalle il rumore di carne strappata e ossa frantumate rimbombava tra gli edifici.
 
 
 
Il tenue sole primaverile splendeva timido nel cielo azzurro, riscaldando con i suoi raggi tiepidi il mondo sottostante, ancora impegnato a scrollarsi di dosso il torpore dell’inverno.
Come un grande mare di fronde reso di un verde brillante dalle foglie appena nate, un’immensa foresta si estendeva in ogni direzione, infrangendosi solo contro i ripidi pendii delle montagne innevate che si stagliavano sul filo dell’orizzonte.
Simile ad un taglio sulla tela di un quadro, una larga strada sinuosa si snodava lungo il bosco, intersecandosi di tanto in tanto con piccoli insediamenti di boscaioli e carbonari.
Geralt si portò una mano alla bocca tossendo sommessamente.
La polvere sollevata dai carri che gli scorrevano a fianco gli era entrata in gola e nel naso irritandolo fino ai polmoni.
Una modesta carovana procedeva lungo la via polverosa, per lo più sgangherati trabiccoli di piccoli commercianti Aedirniani e Riviani, intenti a trasportare merci provenienti dalle terre meridionali verso nord, nella speranza di rivenderle per un buon prezzo nei mercati di Tredgor, capitale di Redania.
Se il guadagno poteva essere aleatorio, il polverone che innalzavano avanzando sulla terra battuta era una dolorosa realtà.
Yarpen Zigrin, appollaiato sulla cassetta di un largo carro assieme ad uno dei suoi ragazzi, un altro nano dalla testa rasata e la barba arruffata, scoppiò in una risata fragorosa.
“Che c’è witcher?” domandò dando una pacca sul legno “Uccidi mostri dalla mattina alla sera e poi basta un po’di terra secca per farti tossire come una donnetta?”
“Taci Yarpen!” esclamò il witcher tirando un secondo colpo di tosse “Darebbe fastidio anche te se il tuo naso fosse in grado di fiutare uno Zeghul dentro ad un letamaio!”
“Che femminuccia…” borbottò Yarpen frustando i cavalli con forza “Dovresti prendere esempio da loro!” esclamò indicando con un gesto del braccio i cadaveri impiccati che neri e macilenti penzolavano a decine dai rami degli alberi intorno alla strada “Tutto il giorno qui in mezzo alla polvere, eppure non un lamento o uno starnuto! Come fanno i veri uomini!”
I tre nani che, incastrati malamente tra botti di idromele di Mahakam e pesce salato, sedevano sul pianale alle sue spalle, scoppiarono in una risata fragorosa.
Geralt scosse la testa e sospirando spostò lo sguardo sui cadaveri.
I corpi in decomposizione, a cui i corvi avevano prontamente divorato occhi e labbra, appartenevano per lo più a non umani, sia elfi dai vestiti strappati che nani dalle barbe intrecciate, e persino qualche gnomo.
Tutti con code di scoiattolo sui cappelli, tutti mossi da una leggera brezza quasi fossero macabre campanelle.
“Sono Scoiatel?” domandò Geralt, anche se conosceva già la risposta.
Yarpen emise un fischio di assenso “Scoiattoli, witcher, dal primo all’ultimo, più qualche collaborazionista e…” con un gesto indicò un gruppetto di umani “…e ovviamente il peggio del peggio, gli Hav’careen!”
“Sono tanti...” disse Geralt.
“Già...” rispose Yarpen grattandosi la barba “Fidati, la seconda guerra con Nilfgaard è alle porte! Si vedono sempre più oscuri oltre i confini a sud di Cintra e gli Scoiatel si sono fatti più violenti che mai! Così le forze speciali redaniane li impiccano lungo le strade, per spaventarli, per lanciare un messaggio!”
“E funziona?” domandò Geralt alzando un sopracciglio.
“Beh diciamo che…”
D’improvviso un alto abete crollò davanti alla carovana sollevando una nuvola di polvere ed aghi, impedendo ad i carri di avanzare mentre alle loro spalle un secondo albero cadeva bloccandogli la ritirata.
“AELIREEN!” il grido risuonò tra le fronde, seguito da una pioggia di frecce che colpì gli uomini in testa al convoglio.
“IMBOSCATA!”  gridò Yarpen a pieni i polmoni
I nani sul carro si abbassarono dietro alle botti, incespicando nel tentativo di afferrare le balestre con le dita tozze.
Geralt alzò il braccio verso il fodero della spada d’acciaio, ma una freccia lo colpì alla spalla disarcionandolo.
Rutilia si impennò nitrendo spaventata mentre il witcher sbatteva pesantemente sul terreno.
Dal nulla due elfi armati di spade ricurve sbucarono dal bosco e gli corsero contro.
Il più vicino alzò l’arma e fece per infilzarlo.
Fulmineo Geralt sguainò la spada d’acciaio e spazzò il terreno davanti a sé, mozzandogli il piede sinistro all’altezza della caviglia.
Lo Scoiattolo crollò in ginocchio urlando mentre il sangue schizzava dal moncherino.
Il secondo elfo attaccò con un fendente urlando a squarciagola.
Il witcher agile come un gatto scattò in piedi, deviò il colpo con la lama, poi osservando un lampo di stupore nei suoi occhi gli conficcò la spada nel petto trapassandolo da parte a parte.
Lo Scoiattolo crollò morto all’istante, mentre Geralt estraeva la lama grondante di sangue e con un fendente finiva il ferito mozzandogli la testa.
Un suono sfiorò le sue orecchie.
Corde tese.
Gli arcieri tra i rami stavano per scoccare, tutti su di lui.
Si preparò a lanciare un segno difensivo, ma le frecce non arrivarono mai.
Solo una serie di tonfi rimbombò sorda, mentre i cadaveri degli arcieri cadevano a terra ed i nani di Yarpen abbassavano le balestre.
Geralt fece un cenno di ringraziamento.
Il nano calvo seduto accanto a Yarpen fece per rispondere, ma un elfo sbucato da chissà dove lo afferrò, tentando di trascinarlo giù dal carro.
Fulmineo Yarpen si voltò e fece schioccare la frusta, colpendo lo Scoiattolo dritto in faccia strappandogli uno schizzo di sangue.
Geralt approfittando del momento scivolò sotto al carro e con un movimento unico lo colpì di taglio al ventre.
Urlando l’elfo si accasciò a terra mentre le budella gli penzolavano dalla ferita insieme ad una cascata di fluidi mefitici.
L’amico di Yarpen libero dalla presa si raddrizzò sul cassone.
Geralt rinfoderò la spada.
Nessun suono giungeva più alle sue orecchie.
La battaglia era finita, tutti gli Scoiatel morti o in fuga.
“Che l’inferno li porti!” esclamò Yarpen sputando a terra “Attaccare un pacifico convoglio di mercanti! Senza vergona!” balzò a terra “Forza ragazzi, giù dal carro! Dobbiamo rimuovere quel maledetto tronco! Geralt aiutaci anche tu! Temo che se non raggiungeremo in fretta Tredgor gli amichetti di questi cani potrebbero farci un’altra visita!”
Il witcher si strappò la freccia dalla spalla e annuì con aria seria.
 
 
 
 
La vista dal costone di roccia era magnifica.
Assediata da rampicanti ed alberi dai tronchi deformi la scarpata scendeva a picco verso il mare della foresta, come uno scoglio tra le acque in burrasca
Alcune centinaia di metri più avanti il bosco si interrompeva in modo netto e quasi brutale, lasciando spazio a una miriade di campi coltivati a frumento e segale con le spighe ancora acerbe che dondolavano mosse dalla brezza.
Oltre quel paesaggio agreste punteggiato di villaggi rurali e piccoli fiumiciattoli si innalzava imponente la città di Tredgor.
Piccola al confronto di Novigrad o Vizima era edificata sulla cima di un colle largo e tozzo, circondata da un’alta e solida cerchia di mura, al di sopra della quale solamente le affusolate e pallide torri di chiara fattura elfica appartenenti al palazzo reale svettavano fiere.
Alla base della collina gli squallidi edifici in legno del distretto minerario si estendevano in modo triste e disordinato, come una macchia di muffa su una bella coperta, con le case che si inerpicavano anche sulla parete rocciosa arrivando ad addossarsi fin sotto le mura.
Infine, lungo tutto il fianco del colle i tunnel di accesso alle miniere di rame si aprivano come grandi ferite nere tra i gruppi di baracche, vomitando continuamente polvere biancastra sull’ abitato sottostante.
Trasportato da un vento favorevole il polverone si spandeva in ogni direzione, arrivando a sfiorare le chiome della foresta.
Geralt si raddrizzò sul cavallo, poi si portò nuovamente la mano alla bocca e tossì leggermente.
“Ah la magnifica Tredgor!” esclamò Yarpen sogghignando “Costruita sulle rovine degli elfi e resa ricca dalle miniere scavate dai nani!”
“Un vero fiore all’occhiello degli uomini non c’è che dire!” rispose Geralt “Dannata polvere…” imprecò tossicchiando ancora.
“Oh witcher se ti infastidisce ora, la tua gola farà scintille in città!” si voltò verso di lui “Cosa farai adesso?”
“Penso che cercherò lavoro!” rispose Geralt pensieroso “Avranno sicuramente qualche mostro da ammazzare laggiù… Tu e i ragazzi invece?”
“Ah, consegneremo la fottuta merce che ci è quasi costata la pelle e aspetteremo qualche giorno alla locanda del Gatto Nero prima di ripartire con un altro carico...” si passò una mano sulla barba “A proposito se ti va’ di passare potremmo scolarci un bel barilotto di birra insieme! Io ed i ragazzi siamo in cinque invece…”
“Invece sei è il numero perfetto per fare ogni cosa, lo so… ci penserò Yarpen!” rispose il witcher, poi spronò la giumenta avviandosi lungo la strada che ripida e contorta scendeva a valle.
   
 
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