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Autore: V4l3    21/01/2021    1 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rimase di sale, ferma in quel parcheggio gelido.

Dopo un tempo indefinito, riuscì a voltarsi di nuovo verso Jason e quando trovò il coraggio di incrociare il suo volto, sentì un dolore sordo all'altezza del petto: era forse delusione quello che leggeva in quelle iridi buie?

Non le disse nulla, la sua espressione imperturbabile; allentò la presa sul suo braccio per poi lasciarla completamente e quel gesto le fece sentire improvvisamente un freddo intenso fin dentro le ossa; le diede le spalle senza aprire bocca dirigendosi verso il pickup e lei si trovò a seguirlo a passo svelto, con la preoccupazione a coprirle ogni nervo del suo corpo; salì in auto con l'ansia alle stelle, non riusciva a capire cosa potesse passare per la testa di Jason e aveva anche paura di saperlo.

Lo vide mettere in moto e uscire velocemente dal parcheggio per prendere la strada di casa, Alex lo guardò di sottecchi ancora scottata per quel gesto avventato di Thomas e, sorpresa, per come Jason fosse intervenuto mentre stesse parlando con il ragazzo, chiedendosi cosa avesse fatto scattare in quel modo l'uomo al suo fianco.

Arrivati a casa, Jason scese dall'auto senza aver detto ancora una parola e Alex lo seguì in rigoroso silenzio, ma una volta chiusa la porta di casa, lo vide prendere alcuni pezzi di legno e scaraventarli letteralmente dentro al camino: il suono che si propagò la fece saltare sul posto, vedendolo poi girarsi come una furia verso di lei

-Si può sapere che diavolo aveva intenzione di fare quel coglione?- le urlò in faccia e lei si trovò ad arretrare per lo spavento –Che diavolo di gioco sta giocando il tuo amichetto?- Alex deglutì cercando di calmare il cuore che le correva come un cavallo pazzo nel petto

-Jason, hai capito male- si giustificò e lui arricciò le labbra in un sorriso per nulla rassicurante

-Ma davvero? Quindi mi sbaglio se dico che quell'idiota è tornato solo per poterti convincere a rimetterti con lui! A parlare  di quello che è successo a Londra! Mi Sbaglio?!- urlò, Alex trovò il coraggio di parlare nonostante sentisse il peso di quella rabbia che Jason le stava riversando addosso

-Siamo amici e sì, vuole parlare per chiarirci rispetto a quanto accaduto a Londra- spiegò vedendo lo sguardo dell'uomo diventare ancora più cupo

-Lui non pensa di essere amico tuo, Alex!- le sbraitò addosso –Quello ha altri programmi per te! Maledizione! Perché non vuoi capire?- e lo vide camminare in quel salotto avanti e indietro, Alex lasciò andare un lungo sospiro prima di parlare

-Forse- disse e lui a quel punto si girò a guardarla serio –Quando ero a Londra, Thomas mi aveva chiesto di rimanere a vivere lì con lui- aggiunse vedendo lo stupore dipingersi sul volto di Jason –Non gli ho mai detto nulla della mia situazione e non credo che lo farò, ma quando me ne sono andata, il giorno dopo che sei venuto, lui non ha capito perché tornassi sui miei passi, visto che gli avevo fatto capire che ero andata a Londra perché volevo prendere in mano la mia vita, dandogli forse l'idea di voler stare con lui- si fermò sentendosi in difetto nei confronti di quel ragazzo e dei sentimenti che nutriva per lei, ma che non avrebbe mai potuto ricambiare

-Lui è innamorato di te- il tono di Jason era basso e severo, sembrava un'accusa –cosa provi per lui, Alex?- 

A quella domanda il cuore di Alex si fermò, così come il suo respiro che rimase intrappolato in gola; lo guardò con occhi sgranati non sapendo cosa rispondere.

Eppure era semplice: lei non avrebbe mai amato Thomas, forse non avrebbe amato nessuno all'infuori di una persona che ora era davanti a lei e la guardava in un modo da farle tremare le gambe, ma come poteva dirglielo? Cosa avrebbe pensato nei suoi confronti? Come avrebbe reagito? L'avrebbe derisa? L'avrebbe presa per pazza? Avrebbe capito?

Le sue domande morirono quando lo vide avvicinarsi e superarla a passo deciso, per salire le scale

-Jason!- lo richiamò preoccupata, vedendolo fermarsi in mezzo alla scala, teso come una corda di violino, non si voltò

-Ti chiedo solo di essere prudente con il tuo ragazzo, visto che i funzionari alloggiano all'hotel di Mike, l'ho saputo stasera- Alex sentì la terra tremargli sotto i piedi per quelle parole e quando lo vide riprendere le scale di nuovo lo chiamò, non voleva si allontanasse; Jason si fermò per girarsi appena e a ferirla fu il dolore che lesse in quegli occhi

-Non mi devi spiegare nulla, avevo frainteso che non volessi quel tipo intorno, scusami Alex, non accadrà più- detto questo salì senza più voltarsi chiudendosi nella sua camera.

Il rumore della porta fu come un tuono nelle orecchie di Alex, i suoi occhi si riempirono di lacrime che si riversarono come un fiume.

****

Rimase fermo, in mezzo alla sua camera, sentendo un peso dentro il cuore da fargli credere che prima o poi gli cadesse a terra con un tonfo, si portò una mano sul petto, sentendolo teso, avvertendo quel muscolo corrergli nel petto, eppure aveva la sensazione di faticare per respirare. Si tirò indietro i capelli, girando su sé stesso come se non sapesse cosa fare, come se gli avessero detto che di lì a poco sarebbe morto.

Si strofinò il viso con entrambe le mani in un gesto stizzito, per poi andare verso la finestra.

Fuori il vento soffiava muovendo in una danza nera gli steli d'erba come delle onde silenziose, il cielo era ancora scuro, solcato da strisce di nuvole che si rincorrevano, nascondendo stelle che facevano capolino.

Di nuovo si portò una mano sul petto, sentiva dolore, faceva male, eppure doveva ricordarsi cosa si provava a non essere la persona scelta da colei che si ama.

Appoggiò la fronte al vetro gelido privo di forze; sperò che quel vento freddo riuscisse a fargli volare via, come un aquilone, quel sentimento, che portasse via con un semplice soffio quella sofferenza, che gli permettesse di dimenticare, o anche solo far finta di nulla. I suoi occhi si fecero lucidi e dovette ringraziare il buio di quella notte, una delle tante che assistette alle lacrime di un uomo che ancora una volta aveva commesso l'errore di lasciare andare il cuore a legarsi verso una persona che non gli sarebbe mai appartenuta, che non lo avrebbe mai potuto amare.

E lei non lo sapeva, non l'avrebbe mai saputo dell'amore che nutriva per quel suo viso, per quelle due stelle del color del mare, per quelle labbra, per quella sua voce, la sua risata, il suo profumo, le sue mille espressioni, della gelosia che gli mordeva la carne. Un tremore lo scosse e si staccò dal vetro scivolando a terra, sentendosi completamente distrutto, ferito più da sé stesso che da quello che aveva capito.

Era bastata quella domanda, vedere quell'espressione sorpresa ed imbarazzata, quel leggero arrossire, per fargli capire ciò che aveva avuto sotto gli occhi da tempo: Alex nutriva qualcosa per quel ragazzo.

Un sorriso amaro gli sfiorò le labbra a pensare che quella sera aveva rischiato davvero poco, per ben due volte, di mandarlo all'ospedale.

****

Quella mattina aveva chiamato i funzionari mentendo sul fatto che avrebbe dovuto andare da un suo cliente e quindi rimandare i successivi due incontri, programmati per quel giorno e il giorno successivo, ma non avrebbe retto un colloquio, non in quelle condizioni.

La Larson non sembrò per nulla turbata della cosa, informandolo che stavano soggiornando all'hotel di Mike e prendendo appuntamento per il lunedì successivo.

Aveva passato la notte seduto a terra, nella sua camera, con la testa pronta a esplodergli ad ogni secondo, il sonno era scivolato via, per dare spazio solo ed unicamente alla rabbia, alla frustrazione, alla disperazione, ai ricordi.

Aveva visto l'alba, ricordando quante notti erano state le uniche sue spettatrici di anni passati a contemplare la sua vita senza Emma; ed ora erano di nuovo le uniche a sapere quanto stava nascondendo per Alex, eppure, senza curarsi di lui, quelle notti, proprio come quella appena trascorsa, erano volate via, lasciando che un ennesimo giorno si affacciasse, spegnendo le stelle in cielo e permettendo al chiarore di ridonare il giusto colore a tutto, sfacciatamente brillante, in confronto all'umore e ai sentimenti che lo stavano attraversando e che non lo abbandonavano.

Era in piedi in cucina, con una tazza di caffè bollente tra le mani e un'ennesima sigaretta accesa, ma i suoi pensieri erano bloccati alla sera prima, a quando Alex con un secondo gli aveva improvvisamente aperto gli occhi su quello che ancora non aveva avuto la sensibilità di capire.

Il cuore nel suo petto, ogni volta sembrava borbottare malamente, facendo male.

Poteva una ragazza come Alex, anche solo pensare ad uno come lui? Un amico fidato, colui che per amore nei confronti di sua madre, la stava aiutando, ecco come lo vedeva. Niente di più. E riuscendo a non farsi trasportare dai sentimenti, era più che normale. Aveva vent'anni, una vita davanti, con la possibilità di innamorarsi e amare chi e quanto voleva, commettere errori, rimediare, ma comunque vivere.

Cosa pensava di poter ottenere dal loro rapporto? Cosa aveva sperato? Era lui ad essere andato oltre, aver sognato e agognato qualcosa di irrealizzabile, di impossibile. Si passò una mano sugli occhi rossi, dal poco sonno e altro, cristallizzandosi nel momento in cui la vide sulla soglia della cucina.

Era pallida, lo sguardo spento, leggere occhiaie a contornare quelle pozze di un mare splendete, ora rivolte verso di lui, era sorpresa e imbarazzata, si teneva le braccia strette al petto, indossava quel suo maglione verde scuro, più grande di un paio di taglie rispetto alla sua, sopra a dei pantaloni neri, i capelli erano lasciati sciolti dietro la schiena, sembrava non avesse dormito neanche lei.

Si riscosse con un colpo di tosse, finendo il caffè che bruciò in gola, ma sentì il bisogno di fuggire da lei, da quello sguardo, da quel viso.

-Jason- la voce le uscì flebile e lui posando la tazza sul tavolo si immobilizzò 

- Stanotte..- a quel punto si voltò verso di lei che s'interruppe mordendosi quel labbro con il quale giocava così spesso da farlo sognare di poter fare lo stesso.

-Non ho voglia di riprendere il discorso, Alex- le disse vedendola stringersi nelle spalle

-Volevo chiederti scusa per come si è comportato Thomas- continuò lei e un sorriso amaro arricciò le labbra di Jason che tornò a fissare la sua attenzione al tavolo dove stava ancora tenendo in mano la tazza ormai vuota del caffè

-Ho sbagliato io, dovevo comportarmi da persona matura e ragionevole, lui ha solo fatto quello che ci si aspetta da un ragazzo innamorato- e gli costò lo stringersi dello stomaco pronunciare quelle parole –e comunque non spetta a me decidere con chi devi o puoi stare- aggiunse sentendo il caffè risalirgli la gola

-Jason, io...- la sentì sussurrare, ma lui la fermò nuovamente rivolgendole uno sguardo di scherno

-Non mi interessa, Alex- le disse gelido non avendo la forza di poterla ascoltare –è la tua vita e puoi fare tutto quello che vuoi, stai solo attenta perché ci sono quei tizi in città- detto questo si avviò verso di lei per uscire dalla cucina, ma quando la superò sentì una mano fermarlo per la maglia, bloccandolo; rimase fermo, sorpreso, ma non si girò

-Avevamo i colloqui oggi- gli disse piano e lui soffiò l'aria che stava trattenendo

-Li ho rimandati, ci andremo lunedì, ho da fare- detto questo provò ad andare avanti, ma la presa alla sua maglia non si allentò

-Cosa c'è, ancora?- chiese duro, perché stava continuando a torturarlo così? Perché non lo lasciava andare via?

Quando sentì il corpo di Alex abbracciarlo da dietro credette davvero di stare sognando.

L'incredulità si dipinse sul suo volto, sentendola stringergli la vita e posare la fronte alla sua schiena; ebbe la sensazione che il suo corpo andasse improvvisamente a fuoco, ma non riuscì a muovere un muscolo restando impalato lì su quel corridoio

-Non voglio che litighiamo- la sentì dire con voce strozzata e un tumulto lo scosse nelle profondo, sentendosi un povero idiota, ancora una volta.

-Non abbiamo litigato- si sforzò di dirle e lei lo strinse leggermente scossa da un leggero singhiozzo che lo ferì, sapendo fosse lui la causa di quel pianto

-Alex, non è successo nulla- le disse per cercare di calmarla e calmare il suo animo, posò le sue mani su quelle della ragazza che tremò leggermente a quel contatto procurandogli un altro borbottìo al cuore

-Ero nervoso, lo sono e credo dipenda dai colloqui e da quello che ci aspetta, perdonami- le disse sentendosi un po' meno arrabbiato, lentamente le fece allentare la presa e si girò verso di lei che rimase a testa bassa, portando le braccia lungo ai fianchi.

Un moto di tenerezza gli scosse l'anima, ma si trattenne dall'abbracciarla, come forse avrebbe fatto prima di capire del sentimento che Alex nutriva nei confronti di quel tipo. Ma non riuscì a non portarle una mano sul viso per farglielo alzare e si sentì morire dentro vedendo quello sguardo liquido come le acque di quel mare che tanto amava

-Siamo sotto pressione entrambi, è normale reagire così, ma ti assicuro che non è successo nulla- le disse nuovamente per cercare di tranquillizzarla, ma quel viso non sembrò mutare espressione, sembrava tormentata e ferita; sospirò e le sorrise accarezzandole la guancia bagnata

-Alex, devi essere felice, non conta nient'altro, non devi farti rovinare la vita da uno come me che non sa come gestire certe situazioni- le disse scorgendo uno sguardo diverso in quel viso che lo fissava –non avevo capito che c'era qualcosa tra te e lui, perdonami, ma vista la situazione che stiamo passando tutto mi fa saltare i nervi, ho sempre paura che qualcosa o qualcuno possa minare la possibilità che hai di essere libera dal nome che porti- lei sgranò lo sguardo e lui le sorrise

-Ora devo andare da un cliente- mentì -ci vediamo dopo- e dovette metterci molta forza di volontà per far scivolare la sua mano da quel dolce viso, voltare le spalle e uscire di casa.

L'aria fredda lo schiaffeggiò tagliandogli il respiro che gli si mozzò in gola. Si strinse la giacca e con passo lento salì in auto per partire subito dopo. 

****

Era convinta che Jason si fosse davvero impegnato per farle credere che andasse tutto bene, perché era certa non fosse così. Si chiese dove fosse andato, se fosse vero che doveva andare da un cliente, oppure da Jane e quel pensiero le fece avere un tuffo al cuore: Jane era la donna con cui lui stava da sempre, la donna con la quale aveva condiviso quegli anni e che ora, in ospedale, aveva sicuramente bisogno di lui.

Perché le stava dando così fastidio l'idea di Jane? Lo sapeva, ma in quel periodo aveva come pensato che tra loro le cose fossero cambiate, che forse, Jason si fosse in qualche modo avvicinato a lei, anche se per una situazione sicuramente creata, ma era stato evidente il loro avvicinamento, lo dimostrava il fatto che lei gli avesse raccontato del suo passato e lui, con grande sorpresa, le aveva donato il suo, racchiuso in quella scatola che ora aveva di nuovo tra le mani.

Per non parlare di quegli abbracci, di quei contatti, di quel quasi bacio a Londra che lei si rifiutava di crederci, anche se spesso quell'attimo gli si ripresentava davanti agli occhi, facendole sognare un finale diverso rispetto a quello che avevano vissuto.

Lo amava da sentire ogni fibra del suo essere averne immensamente bisogno, ma allo stesso tempo, aveva paura, il terrore che tutto si potesse dissolvere come il fumo. Aveva il timore che il suo amore non potesse mai essere ricambiato e, razionalmente, sarebbe stato anche normale, ma si chiedeva spesso cosa avrebbe fatto senza di lui, come sarebbe stato vivere sapendo che l'uomo che si ama, avrebbe vissuto la sua vita accanto ad un'altra donna, a Jane magari.

Ecco perché non aveva reagito quando le aveva parlato di Thomas, le era mancato il coraggio di smentire quell'allusione che Jason aveva fatto su lei e il ragazzo

Paura.

Era stata la paura che le uscisse dalle labbra la verità, quella realtà che la tormentava; le si era fermata l'aria in gola al pensiero di quello che lui avrebbe potuto dire sapendola innamorata di lui.

Un profondo sospiro le uscì dalle labbra osservando la foto che ritraeva un bellissimo Jason e sua madre mascherati per una qualche festa ad Halloween, rendendosi conto di quanta vita passata ed esperienze li tenevano così lontani, eppure il suo cuore non voleva darsi pace, continuando a soffrire per quei sentimenti che erano così forti da rendere futile ogni spiegazione per cercare di riportare tutto su una luce più logica.

Quando sentì un'auto davanti casa, si alzò di scatto dal letto e andò a vedere, con la speranza fosse lui, ma riconoscendo Thomas, si sorprese nel constatare che fosse rimasta lì seduta nella sua stanza tutta la mattina, senza fare altro che guardare ciò che conteneva quella scatola rossa.

Scese velocemente le scale dopo essersi data una sistemata, aprendo la porta poco prima che Thomas bussasse

-Ciao- lo salutò e lui dapprima sorpreso le sorrise subito

-Ciao, mi hai spaventato!- rispose divertito, facendole spuntare finalmente un sorriso

-Scusami, ti ho visto arrivare- si giustificò lei spostandosi per farlo entrare, ma vedendolo rimanere fermo lo guardò per capire

- Alex non credo sia il caso che io entri- le disse lasciandola per un attimo senza parole, ma riflettendoci, aveva ragione lui; dopo quanto accaduto la sera prima, era sicuramente meglio non rimanere, ma Jason non sarebbe tornato tanto presto

-Lui non c'è- gli disse –e non tornerà per qualche ora, possiamo stare tranquilli e parlare con calma qui- lui sembrò poco convinto, ma alla fine l'assecondò entrando in casa

-Vuoi una birra?- gli chiese mentre lo aiutò a levarsi il cappotto

-Volentieri, grazie- lei si precipitò in cucina prendendogli una bottiglia di birra, ma ritornando in salotto lo trovò accanto alla finestra ad osservare fuori

-Se vuoi ce ne andiamo, Thomas, non voglio farti stare sulle spine- gli disse, il ragazzo sorrise senza guardarla

-Non sto sulle spine Alex- la sua voce era stranamente calma, lo vide sospirare prima di voltarsi verso di lei

-Al tuo amico, non piaccio e devo dire che la stima è reciproca, ieri abbiamo rischiato di arrivare alle mani, non vorrei ripetere anche oggi- Alex posò la bottiglietta sul tavolino basso e si sedette sentendosi pesante e stanca

-Lo so bene e la cosa è piuttosto preoccupante Thomas- lui sorrise e le si avvicinò sedendosi accanto

-E' preoccupante che stavamo per farlo davanti a te, Alex- le disse facendola sbuffare

-Con me o senza di me non ha importanza!- alzò leggermente la voce indurendo lo sguardo 

–Non voglio pensare che ci sia questa stramaledetta possibilità che veniate alle mani!- subito si pentì per avergli parlato in quel modo, così voltò il capo a guardare verso la finestra sospirando

-Ero pronto a farlo per te- Alex deglutì sentendosi fuori posto davanti a quella schiettezza, alla semplicità con la quale Thomas parlasse di ciò che sentiva nei suoi confronti –e so per certo che quel tizio con cui vivi non si sarebbe di certo trattenuto- Alex incassò il colpo e si sforzò di girarsi a guardarlo negli occhi che dolcemente le sorrisero

-Thomas, io non so bene come comportarmi – confessò in imbarazzo, ma lui rise facendole spuntare un mezzo sorriso

-Credo davvero di aver esagerato, ti ho messo addosso una forte pressione con la mia richiesta a Londra e non era mia intenzione, assolutamente!- le disse prendendo un sorso di birra

–Vorrei chiederti però perché sei tornata- e Alex di nuovo si trovò priva di parole di fronte a quella domanda –avevo capito che volessi ricominciare, avendo bisogno di andartene da qui e prendere la tua vita in mano- e lei avrebbe voluto dirgli che pensava così, ma all'inizio; sperava di avere la forza di andare avanti da sola, di allontanarsi, ma non sarebbe servito a nulla, perché ormai era incastrata in quel piccolo paese in mezzo al nulla, su una scogliera sbattuta da venti freddi ogni giorno, in un luogo circondato dal verde intenso di quelle colline morbide, ma soprattutto si era intrappolata in quegli occhi del colore di quell'oceano rabbioso, in quella voce bassa che pronunciava parole spesso violente, in quella bocca che improvvisamente si apriva in un sorriso da cancellarle ogni minimo dubbio; si era ritrovata ferma, dinanzi a quello che Jason, senza permesso e con una brutalità inattesa gli aveva scosso nel cuore, facendole provare per la prima volta cosa volesse dire amare qualcuno.

-Dovevo tornare- si limitò a dire, vedendo come Thomas non avesse capito cosa intendesse –pensavo di poter andare via, ma non è quello che voglio- aggiunse e lui dopo averla guardata a lungo sospirò abbassando lo sguardo

-E cosa vuoi, Alex?- chiese bevendo un altro sorso di birra.

Si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato tutto più semplice se il suo cuore si fosse innamorato di Thomas; se invece di Jason, battesse per questo ragazzo, dal viso pulito, gli occhi dolci come il cioccolato, il sorriso gentile, i suoi modi che la incantavano e che sicuramente avrebbe reso tutto più proporzionato e adatto, per quello che ci si poteva aspettare.

-Voglio restare qui- rispose semplicemente e lui posò la bottiglietta e la guardò arricciando le labbra in un leggerissimo sorriso

-Vorrei credere che ti piaccia questo posto a tal punto, da non sentire l'esigenza di andare oltre- Alex sospirò abbassando lo sguardo –ma credo ci sia altro- aggiunse facendola sentire in imbarazzo

Non riuscì a rispondere e dopo diversi istanti di assoluto silenzio, lui si alzò dal divano sospirando

-Sei sicura che stare qui equivalga a vivere? Perché non Londra?- chiese –Potresti provare, non necessariamente a casa mia, ti aiuterei però a trovare un posto tutto per te, un lavoro, ti aiuterei ad ambientarti e magari potremmo anche scoprire che non sia così male- Alex sentì il cuore smuoversi da tanta dolcezza, quasi venerazione, che leggeva in quegli occhi 

-Thomas, ci sono cose che non ti ho detto, ma ti prego non chiedermi di parlarne, perché non vorrei aprire ferite che mi porto dietro- si alzò anche lei avvicinandosi –stare qui mi permette di vivere e andare avanti- disse

-Mi stai dicendo che sono stato così idiota da pensare che ci fosse qualcosa tra noi?- le chiese con aria seriosa, Alex sospirò allontanandosi da lui per sistemare il fuoco del camino che in quel tempo si era affievolito e lei non riusciva a scaldarsi, pur sapendo non dipendere dalle fiamme: le sarebbe bastato avere a casa Jason per non sentire quel freddo pungente che sembrava abbracciarla da dentro la carne. 

-Il mio posto è qui, Thomas- e dicendolo sentì i suoi occhi inumidirsi e quando si voltò, Thomas la stava osservando e il suo viso aveva perso ogni nota di dolcezza, sembrava ferito, offeso e la cosa le dispiacque perché non avrebbe mai voluto vedere adombrare la dolcezza che si rispecchiava in quel suo viso, per quello che si stavano dicendo.

-Thomas, io non ho mai avuto un ragazzo- lo vide sgranare leggermente lo sguardo –la mia vita, prima di venire qui, è stata piuttosto complicata e questo mi ha segnato particolarmente- sospirò cercando le parole adatte –sei un ragazzo splendido, non ho mai conosciuto nessuno come te: sempre pronto ad aiutarmi, sempre con il sorriso sulle labbra, dolcissimo- lo vide arrossire leggermente –e all'inizio pensavo davvero che ci fosse qualcosa fra noi, ma ora sono certa che non sia così- Thomas accusò quelle parole come un pugno allo stomaco

-Come fai a dirlo se non hai mai avuto un ragazzo, magari se ci frequentassimo potresti...- ma lei lo interruppe

-I sentimenti non si possono obbligare, Thomas, non si può pensare che le emozioni che si provano verso qualcuno, possano essere dettate solo dal tempo- sospirò prima di andare avanti –è vero che non ho mai avuto esperienze e per questo, all'inizio, pensavo che fosse normale quello che sentivo per te, ma poi ho capito che è affetto, non amore e non potrebbe cambiare- le sue parole lapidarie lo colpirono nel profondo, tanto che i suoi occhi divennero lucidi e la stessa Alex sentì il suo cuore dolere per quello che gli stava facendo –Il tempo non servirebbe a farmi cambiare idea, sarei un'ipocrita a pensarlo e sarei scorretta con te, se ci provassi. Ma sono convinta che l'amore si possa riconoscere anche senza esperienza e sono certa che non sei tu, Thomas, per questo mi dispiace che sia venuto qui con questa speranza- lui sospirò passandosi una mano sul volto, strofinandosi gli occhi, girò un po' nel salotto con espressione affranta

-Pensavo ci fosse qualcosa tra noi- le disse ferito –credevo che quei baci avessero un significato per te, per noi- Alex deglutì sofferente

-E' vero, Thomas, provo qualcosa per te- disse e vide un lampo di speranza colorare il volto del ragazzo-ma non è quello che speri tu- le costò molto dirlo, ma non poteva illuderlo ancora, fargli credere una cosa che non poteva essere vera

–Liz mi ha detto che il tuo cuore già appartiene a qualcuno- le disse lasciandola completamente spiazzata –non dirmi ti prego che centri quel tipo- i suoi occhi forse riuscirono a leggergli dentro, oppure era talmente evidente sul suo viso da essere facilmente leggibile, perché improvvisamente indurì lo sguardo e le sue mani divennero due pugni

-Potrebbe essere tuo padre!- e fece male come uno schiaffo –Ha quasi quarant'anni, Alex! Ti prego dimmi che non è così- la supplicò e lei si allontanò da lui dandogli le spalle

-Non so che cosa provo, Thomas- mentì –ma non credo che debba parlarne con te di quello che sento - replicò, cacciando il magone che sentiva dentro -se pensi che ti abbia illuso, ti chiedo scusa- aggiunse e lui le si avvicinò facendola voltare

-Non mi hai illuso, Alex- parlò dopo attimi infiniti di silenzio -perché ho sentito che provavi qualcosa per me, lo provi tutt'ora altrimenti non mi guarderesti così- le disse –ma forse non sono abbastanza- aggiunse più piano -Se sei così sicura, vuol dire che allora quello che senti per quel tipo è reale – le disse spiazzandola- soffrirai, ma forse è quello che sei disposta ad accettare se dici di amarlo- lei sgranò lo sguardo

-Non l'ho mai detto- e lui le sorrise eloquentemente

-Non serviva- le disse sorridendo amaramente -ma non voglio arrendermi, mi piaci e non voglio rinunciare a te- lei lo guardò stupita nel sentirglielo dire- mi accontento di esserti amico, per ora-

-Perchè vuoi continuare a perdere tempo con me?- gli chiese e lui si ritrovò a sorriderle

-Potrei farti la stessa domanda, perchè continui a perdere tempo con lui?

-Thomas ....-

****

Era seduto su quella panchina da ore. 

Era letteralmente gelato, ma non voleva alzarsi, sarebbe rimasto lì in eterno, se fosse stato possibile. Puntò gli occhi verso il cielo solcato da grandi nuvole grigie che si muovevano veloci spostate dal vento, osservò un gabbiano, fermo in mezzo al cielo, con la sapienza di chi sa domare l'aria per poter rimanere in quella posizione, sfruttando le correnti; lo vide alzarsi, senza fare un movimento con le ali, per poi planare sulla destra e di nuovo fermarsi, qualche istante, per poi sparire ai suoi occhi verso l'oceano. Si strinse nuovamente la giacca addosso, ma il freddo era entrato fin dentro il midollo, accese un'ennesima sigaretta assaporando il bruciare del tabacco in bocca e giù verso la gola; in quel luogo poco tempo prima, aveva visto l'arrivo del Nuovo Anno con Alex ed era stato per lui uno dei momenti più belli: era riuscito a farla smettere di piangere, beandosi dell'espressione sorpresa mentre con gli occhi rivolti verso quell'orizzonte osservava i fuochi d'artificio.

Si passò una mano sul viso ghiacciato esasperato per quello che provava, non riuscendo a trovare un attimo di pace e sentendosi irrimediabilmente perso in quegli occhi che lo avevano fatto andare via con il magone di averla fatta piangere ancora.

Invece di condividere con lei un momento così importante, come l'essersi innamorata di qualcuno, si era rivoltato come un serpente, ferendola; si chiese perché non l'avesse messo in conto.

Perché non gli fosse venuto in mente che forse, si sentissero telefonicamente e magari questo li aveva portati ad avvicinarsi. Vero era che lei, tornando da Londra gli aveva detto che per il momento era solo affar suo la sua vita, senza dover rendere conto a quel damerino, ma poteva davvero aver creduto che le parole di una ventenne potessero essere vere? Era stato così sciocco da pensare che non si sentissero più solo perché lei fosse tornata? L'aveva visto lo sguardo di quel tipo, ed era sicuro che fosse cotto come il tacchino di Natale per Alex, sarebbe stato normale per lui chiamarla, o scriverle messaggi affinché non perdesse la ragazza di cui si era innamorato.

Si portò con il busto in avanti buttando la sigaretta che spense con il piede e si prese la testa tra le mani sentendosi completamente impotente davanti a questi sentimenti.

Lo stomaco doleva, chiuso in una morsa che gli faceva ribollire anche i suoi stessi succhi gastrici. Decise di alzarsi sentendo le gambe completamente bloccate per essere stato seduto tutte quelle ore lì al freddo.

Rimontò in auto con la voglia di dare di stomaco all'idea di tornare a casa e quando vide quell'auto davanti al cancelletto sentì chiaramente il sangue bollirgli nelle vene.

Spense il motore e rimase dentro l'auto con lo sguardo puntato su quel cofano scuro, cercando di calmare la rabbia che iniziò a scorrergli nelle vene.

Si passo una mano sugli occhi sospirando pesantemente, non era neanche riuscito ad entrare con l'auto fermandosi lì davanti come un coglione, con la voglia di entrare dentro e dare di matto.

Cercò con tutto sé stesso di calmarsi, sentendo l'adrenalina scalpitare in lui, strinse le mani in due pugni e decise di entrare sul retro, sperando in un po' di fortuna che non gli facesse incrociare il bel faccino di quel tipo e, se qualche santo lo avesse assistito, magari sarebbe riuscito a sgattaiolare nel seminterrato, senza vedere e sentire nulla.

Aprì la porta della cucina piano, pregando letteralmente che alle sue orecchie non arrivassero suoni strani, ma la voce di Alex lo pietrificò

-..questo per me è un momento delicato, Jason mi sta aiutando ed è l'unico che può farlo ma ti prego tieniti per te i tuoi pensieri, perché non c'è niente tra noi e non potrà mai essere diversamente- Jason sentì chiaramente il suo cuore fermarsi percependo la fermezza di quel tono; il respiro gli si mozzò, trovandosi a guardare davanti a sè il nulla, ferito, mentre quelle parole penetrarono fin dentro al sangue: lei non avrebbe mai potuto ricambiare e ciò che li legava era solo quello che erano stati costretti a subire.

Si appoggiò allo stipite della porta guardando a terra, la testa sembrò girare, il torace  compresso da qualcosa che non gli permetteva di buttare aria nei polmoni.

-Alex, tengo a te e per favore, permettimi di starti vicino e quando vorrai sarò pronto a sentire la tua storia, quella vera- la voce del ragazzo lo portò a guardare oltre l'uscio della cucina, ma ancora sentiva il suo corpo come bloccato, pietrificato.

-Non mi importa di nulla, voglio solo starti accanto- e a Jason sembrò maledettamente vera l'immagine che gli si parò davanti agli occhi nell'ascoltare il silenzio che seguì, gli sembrò di vedere quel ragazzo appropriarsi del volto di Alex e congiungere le loro labbra.

Si portò una mano al cuore, credette di barcollare staccandosi dalla porta, uscì a testa bassa, le gambe pesanti, così come il suo petto, si sentiva malfermo e intontito, come se si fosse risvegliato dopo una sbronza colossale, o se gli avessero menato fino a fargli perdere i sensi. L'auto gli sembrò troppo distante nel raggiungerla; ci salì cercando di inspirare ed espirare con regolarità, mise in moto e sgommando si sbrigò a fare manovra per allontanarsi il più in fretta possibile.

Si staccò da Thomas che l'aveva abbracciata e si avvicinò alla finestra, avendo sentito lo stridere di gomme e quando si affacciò, vide solo lo scorcio dell'auto di Jason che stava andando via e l'ansia l'avvolse completamente

-Alex, che c'è?- Thomas le si avvicinò curioso e lei lo guardò sbiancando –Ehi? Tutto bene?- le chiese accarezzandole una guancia, la vide scuotere la testa

-Era lui- disse semplicemente sentendosi impotente davanti a quel gesto, sarebbe stato furioso nel trovare l'auto di Thomas davanti casa sua

-Allora è meglio che vada via, vogliamo andare a prendere Liz?- le chiese per cercare di cambiare argomento

-Non penso che verrò- e lui la guardò confuso

-Perché? – le chiese –Per lui? Probabilmente vedendo che c'ero ha preferito evitare qualche altra situazione spiacevole come ieri sera, avrei fatto lo stesso anche io- Alex lo guardò incerta, sentiva una strana sensazione al cuore

-Si sarà sicuramente infuriato- disse guardando di nuovo la finestra

-Alex infondo non sei di sua proprietà, mi sembra esagerato tutta questa ansia, dai ci facciamo un caffè e poi ti porto al pub- lei sospirò sperando vivamente che Thomas avesse ragione, ma la sensazione che sentiva la portò a rabbrividire.

 

Note: Scusate l'enorme ritardo! Per cercare di andare un pò avanti con la storia doppia pubblicazione: capitolo 40 e 41! Ancora un enorme grazie a tutti coloro che continuano a seguire la storia di Jason e Alex! Un bacio!

  
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