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Autore: Atlanteidos    21/01/2021    1 recensioni
Hatfield House non prende il nome dai suoi proprietari, ma dal suo costruttore: non di meno, Rose e le sue cugine l'hanno sempre considerata come una seconda casa.
Quando si riuniscono lì tutte insieme, per la prima stagione della piccola Leslie, nessuna di loro è ancora consapevole di cosa il futuro ha in serbo per loro: solo una cosa è certa, il matrimonio ne deve essere l'atto finale, soprattutto per le sorelle Duvette.
Fra convenzioni e convinzioni, libri, gentiluomini e una famiglia preziosa, la stagione delle ragazze di Hatfield House, attraverso lo sguardo di Rose.
© Tutti i diritti riservati - eventuali riferimenti a persone o eventi reali, odierne o del passato, sono puramente casuali.
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo 1
Di nuovo a Londra

 
Arrivare ad Hatfield House, nei sobborghi brulicanti di vita londinesi, era sempre un’esperienza stupefacente, almeno agli occhi di Miss Rose Griffiths.
L’antica palazzina apparteneva alla famiglia Duvette da meno di due generazioni e doveva il suo nome non ai suoi attuali proprietari, com’era evidente, ma al suo primo costruttore.
Nonostante questo, per la ragazza quella sarebbe per sempre stata la casa dei suoi nonni, Mr. e Mrs. Duvette, il luogo in cui lei e le sue cugine avevano trascorso i loro primi natali e ora, a distanza di anni, tornavano ad abitare.

Era stato un insieme curioso di circostanze a portarle lì, alla vigilia del settantesimo compleanno di loro nonno, tutte sotto lo stesso tetto.
Mr. e Mrs. Griffiths erano in Bretagna, dove avevano passato gli ultimi anni a causa degli affari di suo padre e, quando suo fratello aveva mostrato interesse ad arruolarsi per rendere servizio alla Madrepatria, avevano pensato che i due avrebbe potuto affrontare la traversata insieme, poiché Rose era ben in età da marito e prima che fosse qualche gentiluomo francese a notarla.
Poco importava che Rose dubitasse fortemente che qualsiasi uomo, a prescindere dalla nazionalità, potesse far caso a lei, il suo compito durante quella stagione a Londra era ben preciso.
Le ragioni che portavano a Londra le sue cugine, Miss Ginevra e Miss Leslie Duvette, non erano poi molto diverse: dal momento in cui sua zia si era ammalata, era stato ritenuto necessario un trasferimento permanente dei loro genitori a Bath, dove la donna potesse avere accesso alle migliori cure.
Allo stesso tempo Leslie debuttava quell’anno, e avevano reputato non vi fosse un luogo migliore per farlo che la capitale, in cui i loro nonni avevano molti contatti: così era stato segnato anche il loro destino.
Che questi avvenimenti fossero accorsi durante lo stesso anno, era solo una fortunata coincidenza.
Mrs. Duvette, da parte sua, non sarebbe potuta essere più entusiasta: anziana, ma non ancora stanca della vita, non poteva credere alla sua fortuna, nell’avere tre giovani donne in età da marito sotto la sua ala per tutta la stagione.
La donna le avrebbe volute con sé già nel periodo natalizio, ma tra le insistenze dei suoi genitori e le cattive condizioni del mare nello stretto, non le avevano permesso di partire per Londra fino a quel momento, ben due settimane dopo le sue cugine.
Rose aveva perduto il conto di quante lettere entusiaste sua nonna le aveva inviato durante l’autunno, ordinando rinnovamenti di guardaroba per tutte e tre e tenendole sempre aggiornate su tutto quello che accadeva, in modo tale che avessero piena conoscenza sugli avvenimenti della società prima ancora di entrare per la prima volta in una qualsiasi sala da ballo.
Mrs. Duvette apparteneva ad una generazione che trovava i matrimoni d’amore, più che quelli d’interesse, scandalosi ed aveva scientificamente selezionato, nella sua testa, già tutti i candidati su cui le sue nipoti avrebbero dovuto porre le loro mire.
Non aveva ancora messo a fuoco che, soprattutto gentiluomini abbienti, sempre più spesso, non avendo la necessità di contrarre matrimonio per denaro, preferivano scegliere una moglie con cui avessero piacere di accompagnarsi e farsi vedere insieme.
E Rose era abbastanza sicura di non rientrare nella categoria.
Sin dall’infanzia e poi per tutto il suo percorso scolastico, si era sempre sentita fuori misura, aliena alle sue cugine prima, alle sue compagne poi.
E di certo la sua imbranataggine non l’aveva favorita.
Non erano mancate, nel corso degli anni, le prese in giro da parte delle altre bambine che frequentavano il collegio con lei, che la chiamavano gigantessa e orca, commenti che poi si erano trasformati nelle più sottili allusioni delle amiche di sua madre e delle sarte.
È meglio che tua figlia non indossi colori sgargianti, Anne, per carità, non vorrai mica sia ancora più evidente fra la folla!
 Miss Griffiths, non penso quegli stivali con il tacco sia adatti a lei, non vorrà mica sembrare un gentiluomo! 
 
Così, nel corso del tempo e favorita da un carattere naturalmente poco effervescente, si era abituata a rimanere sul bordo, senza ingombrare troppo.
La questione non le portava sofferenza, solo talvolta un po’ di solitudine: ma era fortunata abbastanza da non avere una spada di Damocle sulla testa come le sue cugine, e quindi aveva accettato di buon grado la sua situazione.
Vi erano di certo non migliaia, ma quantomeno centinaia, di cose che una donna, anche se non sposata, poteva fare, soprattutto se come lei aveva la prospettiva di una qualche tranquillità economica.
Se solo sua nonna e sua madre si fossero potute convincere allo stesso modo!
Ed era così che in quel momento Rose arrivava a Londra, avvolta in una pesante mantella di lana e con il cappellino ben calato sulle orecchie, stanca e infreddolita dal viaggio.
Non soffriva particolarmente il mare, ma il freddo, durante la traversata e poi in treno, l’aveva provata.
Lei e suo fratello si erano separati il mattino dopo essere sbarcati: lui per prendere la via del campo di addestramento, lei la diligenza.
Due giorni prima aveva inviato una lettera dal porto, quando erano sbarcati, augurandosi che arrivasse a destinazione prima di lei, annunciando la data del suo arrivo.
La lettera doveva essere arrivata, perché poteva vedere Leslie e Ginevra con i nasi attaccati alle finestre del primo piano, evidentemente allertate dalle ruote della carrozza sulla strada lastricata, altrimenti silenziosa.
La carrozza aveva fatto appena in tempo a fermarsi davanti alle scale della palazzina, che Mrs. Duvette e le sue due nipoti erano già alla porta, tre identici sorrisi trepidanti sulle labbra.
Sua nonna era vagamente invecchiata, i capelli un tempo biondi ormai imbiancati, e anche Leslie, che l’ultima volta che aveva visto era poco più di una bambina, magra e dinoccolata, sembrava star diventando una donna.
Solo Ginevra, che aveva la sua stessa età, le sembrava sempre uguale, con lo sguardo di chi è appena riuscito a mettere le mani nel barattolo della marmellata.
Rose sorrise a sua volta: era proprio arrivata a casa.

I suoi bauli erano arrivati dalla Francia prima di lei, grazie a certi amici di suo padre, e sua nonna li aveva già fatti sistemare nella sua camera.
Mrs. Duvette le aveva riservato una delle stanze ad est al secondo piano, vicino a quelle delle sue cugine, ma la sua era l’unica con le grandi finestre che davano sulla strada, ben consapevole quanto sua nipote amasse il rumore della vita appena al di là dei vetri.
Cresciuta in città, a differenza di Leslie e Ginevra, non era abituata al silenzio, e senza un brusio di sottofondo non riusciva a prendere sonno.
Rose era arrivata ed era stata travolta dall’entusiasmo di sua nonna e delle sue cugine, che non le avevano fatto neanche togliere la mantella prima di farla sedere nel salottino degli ospiti e riempirla di tè e domande sulla Francia.
Se i suoi nonni erano venuti da loro in visita per il Natale di un paio d’anni prima, con le sue cugine, seppure avessero mantenuto una fitta corrispondenza, si era incontrata l’ultima volta l’estate di cinque anni prima, quando avevano festeggiato l’anniversario di nozze dei suoi zii nella tenuta di famiglia nello …Shire.
Solo quando si erano potute ritenere soddisfatte, sua nonna l’aveva spedita a fare un bagno prima di cena con fare autoritario.
L’acqua della vasca, che le cameriere avevano portato ancora bollente, l’aveva riscaldata fin dentro le ossa, eliminando la stanchezza e il freddo che ancora le aleggiavano sotto pelle. 
Nonostante gli anni passati, Mrs. Duvette continuava ad acquistare sempre gli stessi saponi, che sapevano di infanzia e tempi più semplici, e Rose si era crogiolata nella vasca finché non era apparsa Ginevra a chiamarla per cena, sedendosi sul bordo della vasca.
- Sono contenta che tu sia arrivata, la nonna iniziava a dare segni d’impazienza -
Rose sorrise, strizzandosi i capelli e iniziando a tamponarli con il telo che aveva a portata di mano.
- Immagino. Sono contenta di essere qui, è passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo potuto vederci -
Ginevra si portò una mano al petto, fintamente indignata.
- Mi stai dicendo che mi trovi invecchiata? -

Prima di cena doveva essere rientrato anche suo nonno, che quando la vide scendere le scale le andò incontro per darle un abbracciò che rischiò davvero di incrinarle le costole.
Mr. Duvette era un uomo grasso e vitale, sempre impegnato in qualche cosa e molto amante della compagnia, tanto da organizzare, quando i suoi figli erano piccoli e loro più giovani, le feste più chiacchierate di tutta Londra.
Era forse l’unico a poter competere per contentezza con sua moglie, nell’avere le sue nipoti a casa per i successivi mesi.
Rose si era così ritrovata sul soffice tappeto di uno dei salotti di Hatfield House, seduta davanti al fuoco in attesa che le si asciugassero i capelli, mentre Ginevra la pettinava e suo nonno le ripeteva le stesse domande che sua nonna le aveva posto al suo arrivo.
Leslie era in un angolo, a suonare un po’ incerta il pianoforte, mentre Mrs. Duvette li ascoltava interessata.
- Quindi Augustus ha proprio deciso di arruolarsi? - si stava lamentando  la signora in quel momento, mentre Mr. Duvette la guardava vagamente corrucciato – Proprio come mio fratello. Non è una carriera che augurerei a nessuno, seppure il salario sia dignitoso -
Rose scosse le spalle, sobbalzando appena quando Ginevra incontrò un nodo più intricato degli altri. La ragazza le strinse appena la spalla, a mo’ di scusa, prima di continuare a trattare con più delicatezza i capelli della cugina.
- Eravamo perplessi anche noi, in realtà. Conosci mio padre, è difficile pensare a suo figlio come ad un militare -
Suo nonno emise uno sbuffo che somigliava appena ad una risata, mentre si versava due dita di digestivo in uno spesso bicchiere di cristallo.
- Conosciamo tuo padre, sì -
Rose arricciò il naso a quella affermazione: suo padre e suo nonno non erano mai andati particolarmente d’accordo, soprattutto viste le idee fondamentalmente reazionarie di quest’ultimo e, anche al loro matrimonio, suo nonno non aveva perso occasione di ribadire a sua figlia quanto quell’uomo, che insieme a molte altre cose apparteneva anche ad una classe sociale infinitamente inferiore alla loro, gli sembrasse inadatto a lei.
Se solo sua madre non fosse stata anche lei totalmente avversa alle idee di suo nonno, forse il suo discorso avrebbe funzionato.
Sua nonna stava per aggiungere qualcosa, ma Ginevra la precedette, posando la spazzola per terra e incominciando ad intrecciarle i capelli scuri per la notte – Parliamo d’altro, vi và? Nonna mi diceva proprio stamattina che Miss Cruise si sposerà in primavera, sai Rosie? -
Mentre Mrs. Duvette si lanciò nel racconto delle fortune amorose della figlia di Mrs. Cruise, sua cara amica, e Leslie riusciva a terminare senza errori almeno due righe di pentagramma, Rose si riuscì appena a girare per rivolgere a sua cugina un sorriso riconoscente.
- Rebecca? Ricordo durante qualche cena ci faceva giocare con lei. Con chi si sposa? -
   
 
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