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Autore: FrenzIsInfected    22/01/2021    1 recensioni
Sequel di "Sangue su Chernobyl".
L'UAZ di Feodor, Olga, Anatoli e Vassili è arrivato a Pripyat. Dell'Honker dove viaggiavano Svatok, Irina, Sergei e Boris, però, è scomparso. Un'esplosione fa presagire il peggio.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo capitolo

3

 

 

Pripyat, Ucraina.

8 Novembre 2009.

Nelle vicinanze della stazione di Yanov.

11:20.

Anatoli Zelenko, Vassili Karavaev.

I due sono sulle tracce di Irina, Sergei, Boris e del soldato Svatok.

 

 

«E’ vero quello che si dice su questo ponte, Anatoli?»

Il poliziotto e il contadino-stalker erano arrivati al Ponte della Morte. Anni addietro, durante quella notte che avrebbe reso tristemente famoso al mondo intero quel posto, centinaia di persone si radunarono sopra il ponte della ferrovia che prima della catastrofe collegava Ovruch a Chernihiv. Voci erano iniziate a circolare, secondo le quali chiunque era lì quella notte sia morto poche settimane dopo.

«Non lo so, Vassili.» sospirò il vecchio. «Molte voci hanno iniziato a circolare su questo posto dopo il disastro. Ma gran parte di esse sono solo frutto di battute di cattivo gusto.»

«Tipo quelle sugli animali con cinque zampe, i cervi con quattro corna e uomini ridotti il cui aspetto ricorda tutto meno quello di un umano?»

Anatoli scosse la testa.

«Faccio lo stalker da una decina d’anni, e tutti gli animali che ho incontrato erano all’apparenza più che sani. In più, non sono mai stato aggredito dai cosiddetti samosely

I due gettarono lo sguardo verso la parte destra del ponte. Tra gli alberi, seguendo il tragitto della ferrovia, si riuscivano a intravedere degli edifici.

«La stazione di Yanov è laggiù.» indicò Anatoli, puntando poi il dito verso il pennacchio di fumo che si alzava poco più in là. «Non è lontana dal luogo dell’esplosione. Inizieremo le ricerche da lì.»

I due oltrepassarono il ponte, svoltando a destra per dirigersi verso i binari passando tra le piante.

«Meglio non restare in strada. Gli spari e l’esplosione avranno attirato altri zombie.» sussurrò Anatoli, cercando di far meno rumore possibile.

Vassili tirò fuori il dosimetro, curandosi di silenziare i bip dell’oggetto. I valori che vide andavano da un minimo di 0.66 a un massimo di 4.23 microsievert.

«È colpa degli alberi.» fece il contadino, raggiungendo le rotaie. «La radioattività è ancora alta nei tronchi, talvolta anche nelle foglie.»

Il poliziotto si sbrigò ad uscire dalla boscaglia, continuando a seguire il compagno.

«Dov’eri, Anatoli? La notte dell’incidente, intendo.»

L’anziano abbassò lo sguardo.

«Abbastanza vicino alla centrale nucleare da averlo visto con i miei occhi.»

Vassili restò a bocca aperta.

«Come sarebbe? Dytyatky è distante almeno 40 chilometri da Pripyat.»

«Ero assieme a un mio amico di Starolesye, Vadim. Le vendite al mercato di Chernobyl andavano bene, ma stavo valutando assieme a mia moglie di aumentare gli introiti vendendo non solo frutta e verdura, ma anche pesce pescato sul fiume Pripyat. Mi aveva proposto di fare una battuta di pesca non lontano da Pripyat, nelle vicinanze del lago di raffreddamento artificiale della centrale nucleare, dove si diceva ci fossero molti pesci, la notte tra il 25 e il 26 aprile. Io e Vadim ci eravamo accampati sulla sponda est del fiume, con lo sguardo rivolto verso la centrale. Non avevamo pescato molto, e ci stavamo relativamente annoiando. Poi, ad un tratto, si è sentito un tonfo sordo in direzione della centrale, per poi vedere il reattore saltare in aria. Restammo impietriti a fissare lo spettacolo, fin quando non iniziammo a sentire in lontananza le sirene dei vigili del fuoco e decidemmo di andarcene. Il resto è storia.»

I due continuarono per diversi minuti, fino a raggiungere la stazione. Sui binari, fermi da decenni, stazionavano vagoni e locomotive arrugginite. L’erba aveva iniziato a sovrastare le rotaie.

«Non venivo qui dal1980.» disse Anatoli, osservando lo stabile della stazione. «Sposai mia moglie in quell’anno, e si trasferì a Dytyatky da me.»

«Immagino tu abbia un sacco di ricordi legati a questo posto.» fece il poliziotto.

«Eccome. La gioia di vedere Anna scendere dal treno era immensa. Vedere la stazione in questo stato mi rattrista enormemente.»

«Non mi hai mai detto perché avete divorziato, ora che ci penso.»

Il vecchio sospirò.

«Conobbe un uomo a Kiev, al mercato. Più ricco, più ‘bello’, a suo dire. Iniziammo a litigare per le più piccole cose, fin quando non chiesi il divorzio. Si è portata via pure Yuri, mio figlio. Non mi è più venuto a trovare, e non l’ho più visto. Non lo vedo dal 1999.»

Vassili mise una mano sulla spalla del compagno.

«Mi dispiace, vecchio.»

La voce di Olga iniziò a propagarsi dalla radio.

«Squadra di ricerca, parla il sergente Olga Petrova dell’esercito ucraino dal “Punto d’osservazione ‘Polyssia’”. Aggiornateci sulla vostra posizione e la situazione. Passo.»

«Qui Vassili Karavaev della squadra di ricerca. Abbiamo raggiunto la stazione di Yaniv. Non li abbiamo ancora trovati. Passo.»

«“Punto d’osservazione ‘Polyssia’” a “Posto di blocco sud-ovest”, avete qualche aggiornamento? Passo.»

«“Punto d’osservazione ‘Polyssia’”, parla “Posto di blocco sud-ovest”. Nessuna attività da segnalare. Passo.»

«“Punto d’osservazione ‘Jupiter’” alla squadra di ricerca. Se non trovate gli obbiettivi alla stazione, continuate verso ovest lungo i binari per due chilometri, poi svoltate verso nord non appena trovare un’intersezione con una strada. Vi troverete a poche centinaia di metri dal “Posto di blocco sud-ovest”.»

«Grazie a tutti. Squadra di ricerca, passo e chiudo.»

Anatoli alzò lo sguardo.

«Andiamo. Troviamo i nostri e torniamo a Pripyat.»

I due proseguirono lungo i binari fino ad arrivare davanti all’edificio principale della piccola stazione.

 

 

Anatoli uscì dalla sua Lada bianca e girò la chiave per chiuderla.

Controllò l’orologio. Le 15:38.

Sono in orario.

Era un caldo pomeriggio d’agosto. Perfetto per uscire con Anna a Pripyat.

Si sistemò la camicia e i pantaloni, dirigendosi verso l’ingresso della stazione.

 

 

«Aspettami qui.» fece il contadino. «Non vorrei che, qualora dovessero arrivare, non ci vedano e proseguano oltre.»

Vassili annuì.

Anatoli aprì l’enorme portone d’ingresso in legno, accendendo una torcia.

 

 

A quell’ora la stazione era pressoché vuota. L’unica tratta che passava di lì era quella che collegava Chernihiv e Ovruch, e poca gente si fermava a Yanov. Pripyat non faceva ancora così gola alla gente del circondario, benché iniziasse a suscitare curiosità.

 

 

La stazione, immersa nell’oscurità, era rimasta la stessa. Riconobbe le panchine dove si sedeva ad aspettare Anna, i muri bianchi e la piccola biglietteria, dove un tempo il compagno Nikolai gli rivolgeva sorrisi a trentadue denti vedendolo arrivare.

 

 

Guardò il tabellone, anche se sapeva l’orario di arrivo del treno. Le 15:43.

«Sono sempre quelli, compagno Zelenko.» gli disse il bigliettaio, sorridendo.

Anatoli ricambiò il sorriso.

 

 

Un rumore lo fece voltare, ma non vide nulla.

«Boris? Irina?»

Nessuna risposta.

Il contadino puntò la torcia verso il tabellone degli orari. Era rimasto lì, seppur ingiallito e sgualcito. Col dito cercò l’orario di arrivo del treno con il quale arrivava Anna, trovandolo poco dopo.

 

 

Un rumore sordo in lontananza lo fece voltare.

«Sta arrivando.» fece Nikolai.

Anatoli si alzò dalla panchina, vedendo arrivare il treno poco dopo. Cerco con lo sguardo la ragazza tra i passeggeri scesi dalle locomotive per svariati secondi.

Poi la vide. Bella, bionda, con un’elegante gonna bianca e una camicia dello stesso colore. Anna Chernova di Buriyakivka.

Il ragazzo sorrise, e le andò incontro, baciandola dolcemente.

 

 

Una lacrima rigò la guancia di Anatoli.

Perché te ne sei andata, Anna?

Un altro rumore, in direzione della biglietteria, lo fece voltare nuovamente. Si diresse verso finestrella della cassa.

«Boris?»

Un urlo lacerò il silenzio.

  
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