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Autore: Europa91    22/01/2021    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Il secondo giorno in quella nuova realtà era inizato in modo insolito. Dazai si era svegliato nell’appartamento che condivideva con Chuuya con il rosso addormentato accanto, in un groviglio disordinato di cuscini e lenzuola. Era bastata quell’insolita visione a fornigli una prova tangibile di quanto tutto fosse reale. In quel momento si trovava in un altro mondo per Odasaku, che non solo aveva scoperto essere ancora vivo, ma uno scrittore di successo. In quella realtà priva di Abilità Speciali, Dazai si era ritrovato anche fidanzato con il suo partner, ma questo era solo un dettaglio irrilevante, come il fatto che lavorasse ancora per la Port Mafia.

Con un balzo si era alzato ed era andato a fare colazione. Avvertiva un leggero cerchio alla testa dovuto al fatto di aver esagerato con il whisky la sera prima. Gettò uno sguardo distratto a Chuuya che si stava risvegliando proprio in quel momento, mentre recuperava in fretta una camicia pulita dall’armadio.

Avevano deciso di dormire nello stesso letto solo per una questione di praticità. Quello presente nella camera degli ospiti non era pronto e nessuno di loro si era scomodato a prepararlo. Dopotutto non si trattava certo della prima volta, era già capitato che dormissero insieme durante qualche missione, soprattutto quelle che si svolgevano sotto copertura. Ora però era una situazione diversa. Dazai lo sapeva, come del resto anche quel Chuuya. In quel mondo loro erano amanti, per quanto il moro cercasse di non pensarci era una verità impossibile da ignorare.

Per tutta la notte non si erano toccati, nemmeno per sbaglio. Erano rimasti ognuno nel proprio lato del letto. Congelati in quelle posizioni. Con la paura che anche solo un leggero sfiorarsi avesse potuto in qualche modo rompere il precario equilibrio che avevano creato.

Dazai si era addormentato a fatica dopo aver provato a formulare una qualche strategia da mettere in atto per avvicinare Odasaku mentre Chuuya; lui stava solo cercando di riordinare le idee.

In un impeto d’impulsività aveva accettato di aiutare quel Dazai. Aveva creduto subito ad una storia così assurda. Una volta a letto, però, ragionando a mente fredda, il rosso era stato assalito dai dubbi. Non era un comportamento da lui, aveva creduto alle parole di uno sconosciuto, di un altro Dazai; di quell’idiota che ora gli dormiva accanto, che aveva ammesso di trovarsi lì solo per salvare un altro uomo. Si chiese dove fosse il suo ragazzo e se stesse bene.

Secondo la spiegazione che l’idiota alternativo gli aveva fornito, il suo Dazai era solo stato momentaneamente sostituito da quel alter ego. Tutto sarebbe tornato al suo posto quando questi se ne fosse andato. Per quello aveva accettato di aiutarlo. Solo per quello. Non c’erano altre ragioni. Quando aprì un occhio non fu particolarmente sorpreso nel trovare quell’ idiota già sveglio e vestito.

«Dove stai andando? Avresti potuto dormire ancora per qualche ora»

Aveva la voce ancora impastata dal sonno, forse per questo gli era uscito un tono più dolce di quello che avrebbe voluto utilizzare. Dazai si limitò ad abbozzare un sorriso. Uno di quei sorrisi falsi, che con il tempo e gli anni Chuuya aveva imparato a riconoscere e smascherare.

«Mori-san mi ha dato solo un giorno di riposo no? Devo tornare al lavoro»

Il rosso si tirò a sedere, lanciandogli un’occhiata abbastanza scettica.

«Da quando sei diventato così diligente? Il Dazai che conosco non si presenterebbe mai in anticipo sul lavoro. Non vorrai che ti scoprano»

Il moro non smise un attimo di sorridere. Era strano vedere Chuuya cosi apertamente preoccupato per lui. Dazai sapeva che anche nel suo mondo il rosso era solito agitarsi per un nonnulla. Però non potè evitare di provare una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Non sapeva davvero come descriverla. Da un lato era contento di aver trovato un alleato nel suo piano per riportare indietro Odasaku, dall’altro aveva paura potesse essere solo il preludio di altro, di un qualcosa che al momento sapeva di non essere pronto affrontare.

Aveva sempre sfruttato Chuuya, da quando erano ragazzini, anche questa volta non avrebbe fatto eccezione, soprattutto se la posta in palio era riavere Odasaku. Si limitò a muovere elegantemente un braccio come se stesse per spiegare un concetto troppo complicato a un bambino capriccioso.

«Non possono scoprirmi. Anche nel mio mondo sono un dirigente della Port Mafia. Credimi, so fare il mio lavoro»

«Il Boss mi ha ordinato di seguirti. È per la scenata che hai fatto nel suo ufficio. Ha intuito che gli stai nascondendo qualcosa. Sta attento».

Dopo quelle parole, Dazai si bloccò. Non si sarebbe mai abituato ad un Chuuya così apprensivo. Non aveva bisogno che gli venisse a elargire consigli. Quando Odasaku era morto nel suo mondo dove si trovava il suo partner? Dove era Chuuya quando aveva avuto più bisogno di lui?

Si limitò a lasciare la stanza, prese ciò che restava del caffè che aveva preparato e uscì dall’appartamento senza degnare il rosso di uno sguardo né di una risposta.

Chuuya non aveva mosso un muscolo. Dopo le sue ultime parole aveva capito di aver toccato un tasto dolente. Non conosceva quel Dazai, per quanto potessero essere simili quello non era il suo ragazzo, e prima lo avrebbe accettato, prima avrebbe potuto davvero aiutarlo. Si chiese cosa sarebbe successo se fosse capitato a lui.

Anche il suo Dazai avrebbe attraversato le dimensioni per riaverlo?

 

***

 

L’ex dirigente se l’era presa comoda. Aveva fatto la strada più lunga per raggiungere il Quartier Generale della Port Mafia. Si era ritrovato a passeggiare sul lungomare ripensando ai fatti delle ultime ore ma soprattutto a Odasaku; a come avrebbe reagito una volta che si sarebbe ritrovato a faccia a faccia con lui.

Rintracciare Oda si era rivelato più facile del previsto, e anche avvicinarlo non sarebbe stato troppo complicato. Doveva solo imbucarsi ad una serata benefica, aveva affrontato missioni decisamente più impegnative. Il vero problema però consisteva nel cosa dire a Odasaku. In quel mondo era un uomo normale, uno scrittore.

All’improvviso Dazai iniziò a vacillare. Non era così sicuro del proprio piano; e se quel Oda fosse stato completamente diverso da quello che ricordava? Era un’ipotesi da prendere in considerazione, dopotutto quelle realtà avevano risvolti imprevedibili. Chuuya si era rivelato abbastanza simile a quello presente nel suo mondo e, se si escludeva la parte in cui erano fidanzati, non aveva riscontrato particolari differenze. Anche il Boss sembrava essere lo stesso, almeno per quel poco che aveva trascorso in sua compagnia.

Al momento però non aveva voglia di spendere altro tempo per indagare, avrebbe pensato ai dettagli una volta che Odasaku sarebbe stato davanti a lui. Sapeva quanto potesse essere inutile preparare delle strategie. Con Oda i suoi piani non avevano mai funzionato, se lo avessero fatto, forse il suo amico non sarebbe morto.

Dazai si spostò un ciuffo ribelle di frangia di lato, doveva rimanere concentrato e non perdere di vista l’obiettivo. Ciò che lo maggiormente lo turbava in quel momento era di non riuscire a prevedere la propria di reazione. Il non sapere in che modo lui avrebbe potuto reagire alla vista di Odasaku. Non dopo che aveva stretto il suo corpo morente tra le braccia.

Con questi pensieri entrò nell’edificio principale della Port Mafia, forse lavorare lo avrebbe distratto un po'.

 

***

 

Quell’evento benefico si stava rivelando più affollato di quanto Dazai si sarebbe mai aspettato. Finalmente quel giorno era arrivato, avrebbe potuto incontrare l’Odasaku di quel mondo, parlargli. L’ex dirigente della Port Mafia era nervoso e continuava a spostare lo sguardo in tutte le direzioni sperando di scorgere la figura dell’amico fra la folla. Non era un comportamento da lui, e nonostante avesse previsto circa duecento scenari possibili per quel fatidico incontro, c’era qualcosa che gli impediva di rilassarsi completamente. Non era un presentimento, era più che altro una sensazione che non ne voleva sapere di abbandonarlo.

«Tieni. Bevi qualcosa e rilassati dannazione»

Chuuya era comparso al suo fianco e gli aveva messo fra le mani un flûte di champagne. Dazai lo bevve tutto d’un fiato ma non servì a nulla. Pensò a quanto fosse assurda quella situazione ma si chiese anche se il suo Odasaku avrebbe mai accettato di prendere parte ad un evento simile.

La paura di trovarsi difronte a uno sconosciuto era sempre più tangibile.

Ora che mancava poco all’incontro, una parte di lui voleva fuggire. Era una cosa irrazionale, del tutto priva di logica. L’ex dirigente in fondo sapeva bene che se in quel mondo non avesse funzionato Murray lo avrebbe facilmente trasportato in un’altra realtà.

Non era questo. Era lui.

Dazai desiderava solo concludere quella storia prima possibile.

Non voleva più sentirsi in quel modo, arrivare ad ubriacarsi praticamente ogni sera perché non riusciva a smettere di pensare alla morte di Oda.

La soluzione ideale sarebbe stata trovare l’amico al primo tentativo. Riportarlo indietro oppure, semplicemente, restare a vivere in quel mondo al suo fianco.

Non aveva parlato con nessuno di quell’ipotesi ma l’aveva da subito presa in considerazione. A conti fatti era più semplice per tutti se lui avesse deciso di rimanere in quel mondo piuttosto che convincere Odasaku a seguirlo.

Nella sua realtà non c’era nulla ad attenderlo.

Non vedeva futuro.

Non c’era niente a cui valesse la pena aggrapparsi.

Una vita senza Odasaku era vuota.

Sarebbe rimasto lì, avrebbe lasciato la Mafia, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Tutto, pur di non provare di nuovo quel dolore. Strinse i pugni, giurando a se stesso che non lo avrebbe perso di nuovo.

Chuuya l’aveva osservato. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo ma era riuscito a leggere nella mente di Dazai. A scorgere cosa lo tormentava. Sapeva che avrebbe fatto l’impossibile per riavere quel uomo nella sua vita, ormai l’aveva capito, non servivano ulteriori spiegazioni.

In quei pochi giorni trascorsi insieme a quel idiota alternativo aveva imparato a conoscerlo e studiarlo. A conti fatti non era troppo diverso dal suo Dazai. Era freddo, spietato e calcolatore. Ma anche egoista, sapeva che avrebbe sacrificato ogni cosa per salvare l’uomo che amava senza badare minimamente alle conseguenze. Aveva accettato di aiutarlo e non si sarebbe certo tirato indietro, tuttavia vederlo in quelle condizioni lo turbava.

Chuuya era presente ogni sera, quando Dazai si trascinava a letto ubriaco. Quando si agitava nel sonno, mormorando frasi sconnesse e il nome di quel dannato scrittore. Aveva visto il suo volto addormentato rigato dalle lacrime. Le sue mani stringere con forza le lenzuola. L’aveva osservato far finta di nulla al mattino. Correre al lavoro, come se volesse allontanarsi il più possibile da lui.

Scappare.

Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando avevano quindici anni e non si fidavano ancora l’uno dell’altro. Quando non si conoscevano. In fondo però era così.

Loro non si conoscevano.

La verità dei fatti lo colse quasi di sorpresa. Sapeva che non doveva preoccuparsi troppo per quel ragazzo. Quel Dazai non era il suo fidanzato, non apparteneva a quel mondo, era un estraneo. Eppure i suoi comportamenti in qualche modo lo ferivano. Come il suo dolore.

A Chuuya semplicemente faceva male vedere Dazai in quello stato. Non gli importava se fosse o meno uno sconosciuto, non riusciva a rimanere impassibile difronte a tutta quella sofferenza. Per quello sperava con tutto il cuore di riuscire a trovare quel dannato scrittore. Voleva mettere anche lui la parola fine a quella storia.

In quei giorni avevano parlato poco. Dazai si era trincerato dietro un muro di silenzio, o forse era più coretto dire che si stavano evitando. Anche sul lavoro facevano il possibile per non incrociarsi. Qualcuno aveva iniziato a porsi qualche domanda, soprattutto il comportamento del moro stava iniziando a destare qualche sospetto; Dazai non aveva ucciso ne torturato nessuno. Si era chiuso nel suo ufficio e si era dedicato alle scartoffie, lasciando tutti a bocca aperta. I più coraggiosi avevano persino chiesto a Chuuya se avessero litigato. Con il passare del tempo stava diventando sempre più palese che quel Dazai non era il solito Dazai.

Il rosso sapeva che quella farsa non avrebbe retto a lungo. Dovevano risolvere tutto quella sera. Non avevano scelta.

Non avrebbe mai voluto trovarsi nella situazione di dover proteggere il moro dalla Port Mafia. Non era sicuro di come si sarebbe comportato o come si sarebbe schierato, ma non voleva scoprirlo.

Intercettò un cameriere e ordinò un altro bicchiere di vino. Sarebbe stata una lunga serata.

 

***

 

Col passare dei minuti Dazai si sentiva sempre più ansioso, oltre che frustrato. Non era ancora riuscito a scorgere la figura di Odasaku nonostante avesse già completato un paio di volte la perlustrazione dell’edificio.

La sua mente iniziava a formulare ipotesi: e se Oda non fosse fisicamente presente all’evento di quella sera? Era plausibile, dopotutto poteva sempre capitare un imprevisto, tendendo presente che il suo amico era una sorta di celebrità in quel mondo. Oppure si stava solo facendo attendere.

Era lui quello che fremeva d’impazienza. Aveva bisogno di vederlo, di sapere se quella folle idea avesse in qualche modo funzionato; se in quel mondo Odasaku fosse davvero ancora vivo.

Fece un lungo respiro, cercando di calmarsi per quanto gli potesse essere possibile in quel momento. Si sentiva teso e concentrato come quando si trovava in missione. Posò lentamente il bicchiere ormai vuoto su un tavolo a caso, e cercò con lo sguardo la figura di Chuuya che si stava muovendo rapido e sinuoso tra la folla attirando qualche sguardo un po’ troppo curioso. Non si stupì più di tanto, il suo partner stava bene vestito in quel modo, aveva un’eleganza innata. Certo, non possedeva un briciolo del suo charme ma poteva cavarsela egregiamente in una serata come quella, sempre se teneva a freno la lingua e sotto controllo l’assunzione di alcolici.

Si scambiarono un veloce sguardo d’intesa. Entrambi non avevano ancora trovato l’obiettivo.

Era passata quasi un’ora dal loro arrivo e di Odasaku nemmeno l’ombra. Ogni minuto trascorso l’umore di Dazai andava peggiorando. Chuuya si era dato alla macchia e ogni volta che il moro scorgeva il suo cappello tra la folla poteva notare come avesse sempre un bicchiere fra le mani. Forse dovevano semplicemente andarsene, e accettare che quell’operazione si fosse rivelata un buco nell’acqua.

Una volta a casa avrebbe escogitato un piano migliore.

Ancora perso nei suoi ragionamenti, Dazai aveva raggiunto la terrazza al piano superiore dell’edificio. Era un ampio balcone dove ci si poteva tranquillamente affacciare per godere di una vista mozzafiato sul centro della città di Yokohama. Per un attimo fu quasi tentato di gettarsi nel vuoto, poi la sua mente gli riportò le immagini di Odasaku e le sue ultime parole.

Morire sarebbe stato troppo facile.

Senza contare che non avrebbe risolto nulla.

Dazai aveva preso una decisione e sarebbe andato fino in fondo. Avrebbe trovato l’Odasaku scrittore, poi pensato alla mossa successiva, creando una strategia ex novo.

Non avrebbe sprecato l’opportunità che Ango gli aveva fornito. Ci sarebbero state altre occasioni per pensare al suicidio, in quel momento trovare Odasaku aveva la priorità su tutto.

Si stava ancora dondolando sul cornicione quando una voce lo riportò bruscamente alla realtà. L’avrebbe riconosciuta fra mille. Solo qualche giorno prima era certo che non avrebbe più avuto occasione di sentirla.

«Fai attenzione. Se ti sporgi troppo potresti cadere»

Dazai si bloccò di colpo. L’oggetto dei suoi pensieri era a qualche metro da lui e gli sorrideva.

«Odasaku»

Fu solo un sussurro quello che gli uscì dalle labbra. Dazai avrebbe voluto dire così tante cose in quel momento ma non riuscì a fare altro se non lasciarsi scappare quel soprannome. Lo scrittore si avvicinò di qualche passo fino ad appoggiarsi accanto a lui. Non diede segno di averlo sentito.

«È una città meravigliosa vero? Yokohama»

All’inizio il giovane dirigente non seppe come replicare. Non aveva previsto di incontrarlo. Non in quel modo o in quel momento. Si limitò a voltarsi nella sua direzione sfoderando il suo sorriso amichevole;

«Già lo penso anche io. Soprattutto di notte. È il momento della giornata che preferisco»

Fu il turno di Oda di voltarsi, mentre estraeva con nonchalance una sigaretta dal soprabito. La accese gustandosi la prima boccata. I suoi occhi però erano ancora fissi sulla figura del moro, come se lo stesse studiando.

«Hai ragione, l’oscurià ha sempre avuto un certo fascino»

Rispose dopo qualche minuto. Dazai pensò che in fondo quel Odasaku non fosse troppo diverso da quello che aveva conosciuto. Gli erano bastate poche parole e aveva avvertito dentro di sé una sensazione familiare, come se si trattasse dello stesso Oda che gli era morto tra le braccia qualche giorno prima. Come se stesse conversando di nuovo col suo amico.

«Ne parlerai nel tuo prossimo libro?»

Oda gli sorrise, facendo un altro tiro prima di rispondere;

«Può darsi, non so nemmeno se ne scriverò un altro»

Dazai non smise per un secondo di studiarlo, stava cercando di carpire più cose possibili su di lui, dettagli, cose che potevano sfuggire facilmente ad una prima occhiata.

Odasaku scrittore indossava abiti costosi ma la marca di sigarette era la stessa di quelle che fumava nel suo mondo; forse per quanto incredibile gli potesse sembrare certi dettagli restavano immutati.

Non doveva lasciarsi sviare, doveva mantenere la concentrazione, ricordarsi il perché lui si trovasse lì.

«Il tuo primo libro, non era male. Anche se ti confesso di non averlo letto tutto, ma solo un estratto»

Oda scoppiò a ridere facendo cadere la sigaretta per terra.

«Deduco che tu non sia un mio fan».

Dazai non potè fare a meno di rispondere con un sorriso imbarazzato, sapeva che doveva inventarsi qualcosa per giustificare la sua presenza a quell’evento. Disse la prima cosa che gli venne in mente, quando si trattava di Odasaku il suo cervello sembrava rallentato, non riusciva a ragionare con la solita lucidità.

«Sono con un amico. È lui che mi ha trascinato qui per un tuo autografo»

Odasaku gli lanciò un’occhiata curiosa ma sembrò accettare quella spiegazione.

«Penso che gli verrà un colpo quando gli dirò dove ci siamo incontrati» aggiunse continuando quella farsa. Per un istante si chiese dove fosse finito Chuuya, e sperò che non avesse esagerato con il vino. Era così contento di aver trovato Odasaku che non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare tutto.

«Sono un essere umano normalissimo, non una celebrità»

Dazai venne nuovamente strappato dai suoi pensieri, non potendo non scorgere una punta d’imbarazzo dietro quelle parole. Eccolo li, l’Odasaku riservato che conosceva.

Quella poteva essere una realtà alternativa dove le Abilità non esistevano e loro non si erano mai incontrati, eppure aveva avuto un ulteriore prova a sostegno della sua ipotesi. Per quanto quei mondi potessero essere differenti certe cose non cambiavano mai, forse era l’essenza stessa delle persone a non mutare.

La loro anima.

Dazai non era certo di possederne una, ma aveva la certezza che quello che ora gli stesse davanti fosse Odasaku, o perlomeno come sarebbe potuto essere vivendo una vita senza poteri.

Avrebbe voluto continuare la conversazione quando una bellissima bionda s’intromise tra loro, andando a cingere il braccio di Odasaku e ignorandolo completamente.

Dazai sbattè le palpebre senza capire. Di solito era il primo a perdersi in complimenti quando una ragazza si avvicinava, ma in quel momento la presenza di quella donna e il modo in cui si avvinghiava ad Oda gli provocavano solo un senso di fastidio.

Avrebbe voluto che si allontanasse in fretta dal suo amico e che tornasse da dove era venuta.

In quel momento però l’uomo si voltò nella sua direzione, gli sorrise come per scusarsi, per poi seguire la sconosciuta dentro l’edificio.

«Scusa, ma sembra che io sia desiderato all’interno»

“Figurati»

Lo salutò, continuando a ostentare il più falso dei sorrisi. Avrebbe tanto voluto fare altro, dire dell’altro ma per il momento non era saggio scoprirsi troppo. C’erano ancora troppi dettagli sconosciuti in quella realtà. Ora che aveva la certezza che Odasaku fosse vivo però si sentiva leggero. Come se stesse respirando per la prima volta dopo giorni di apnea.

Avrebbe voluto abbracciarlo nel momento in cui se l’era trovato davanti, ma alla fine, Dazai aveva deciso di ripartire da zero. Avrebbe ricostruito l’amicizia con Odasaku.

Era la scelta migliore, la più logica. Un giorno forse gli avrebbe raccontato delle Abilità Speciali e del resto, o forse no. Ormai aveva preso la sua decisione: sarebbe rimasto in quel mondo.

Non sarebbe più tornato.

Non poteva.

Non avrebbe sopportato di separarsi di nuovo da Oda.

Si perse ancora per qualche istante ad osservare la figura dell’uomo lasciare il terrazzo, sempre tenendo sotto braccio la bionda. Non notò subito Chuuya, che nel frattempo lo aveva raggiunto.

«Così l’hai trovato eh?»

Disse dandogli una leggera gomitata. Era leggermente brillo ma non a livelli preoccupanti. Dazai però non rispose, stava già pensando alla mossa successiva, a come avvicinare nuovamente Odasaku.

«La moglie è proprio una bella pollastra»

Furono quelle parole a catalizzare l’attenzione del ex dirigente. Afferrò il partner per un polso. Non si preoccupò della stretta, forse troppo forte.

«Cosa hai appena detto?»

Chuuya alzò un sopracciglio curioso. Non protestò per quel trattamento né per la reazione del moro, ebbe solo un presentimento che lo fece sorridere.

«Moglie. Non dirmi che non sapevi che il tuo amico fosse sposato»

Per qualche secondo a Dazai mancò il fiato, tanto che dovette appoggiarsi alla ringhiera per non cadere a terra.

No. Non era possibile. Odasaku non poteva essersi sposato.

Si chiese come potesse essergli sfuggito un particolare simile. Era un’informazione che avrebbe dovuto trovare.

Dazai doveva ammettere di aver fatto un errore o più che altro di essersi distratto.

Era sempre così, quando Odasaku era coinvolto lui non riusciva a ragionare lucidamente, era come se il suo cervello fosse al 50% del suo potenziale, forse anche meno. Per questo non era stato in grado di prevedere il piano di Mori, di salvarlo dalla Mimic, dalla follia di Gide.

Per questo era morto, per la sua distrazione.

Chuuya si fece più vicino, Dazai stava per avere uno dei suoi crolli emotivi. L’aveva già visto accadere in quei giorni. Non avrebbe mai creduto che il suo compagno potesse spezzarsi in quel modo, evidentemente aveva sottovalutato cosa rappresentasse quello scrittore per lui. Nuovamente si chiese se anche il suo Dazai avrebbe sofferto tanto per lui. Cercò di aiutarlo a rialzarsi ma il moro lo spinse via.

«Sto bene. Ho solo bisogno di pensare»

«No, non stai bene. Forse è meglio se ce ne andiamo»

«No. Non ora. Ho trovato Odasaku, non posso andarmene»

«Ma ti senti quando parli? Cos’altro potresti fare?»

Dazai si alzò lentamente da terra, ripulendosi la giacca. Prese a camminare avanti e indietro. Chuuya lo osservava, era preoccupato per lui, ma in quel momento non sapeva cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo.

«Entriamo e teniamolo d’occhio»

Disse il moro dopo interminabili minuti di silenzio.

«Io controllerò la moglie e indagherò su di lei. Tu non perdere di vista Odasaku».

Chuuya avrebbe voluto replicare o esternare le sue perplessità. Sapeva che Dazai in quel momento si stava arrampicando sugli specchi, in un disperato tentativo di salvare il salvabile, quando sarebbe stato più facile per tutti se si fosse arreso. Se per quella volta avesse lasciato perdere.

Al rosso però non era sfugguto quello sguardo.

Non aveva fiatato. Non si era mosso.

Per un attimo gli era parso di avere davanti agli occhi il Dazai quindicenne, l’assassino spietato che non conosceva la differenza tra amici o nemici, bene o male. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riavere quello scrittore, Chuuya lo sapeva, eppure una parte di lui faticava ancora ad accettarlo. Ad accettare un Dazai cosi simile ma allo stesso tempo diverso da quello che conosceva e amava. Eppure gli aveva offerto aiuto, si era lasciato coinvolgere in quell’assurda vicenda. Ogni Dazai riusciva a rigirarselo come voleva o forse era semplicemente lui che non era in grado ad opporsi al suo partner.

Rientrò nel edificio, individuando subito Oda. Si appoggiò ad una colonna, recuperando un altro bicchiere di vino, maledicendo se stesso e tutta quella situazione.

Dazai aveva atteso qualche minuto prima di rientrare, aveva iniziato una veloce ricerca in rete dal suo cellulare. Effettivamente il web era pieno di notizie su Odasaku e la sua bellissima consorte. Trovò numerose copertine di gossip e anche foto del loro matrimonio.

Il giovane dirigente smise di leggere.

Faceva male, troppo male vedere Oda sorridere in quel modo a qualcun altro.

Non doveva esserne così sorpeso, Odasaku era molto attraente, poteva prevedere che fosse sposato. Invece nella sua ricerca di notizie si era focalizzato solo sul lavoro. Gli venne da ridere, non era da lui commettere errori così grossolani, nemmeno un novellino avrebbe tralasciato un particolare così importante. Si rimise il telefono in tasca, stava rientrando nel salone quando non potè fare a meno di incappare in una strana conversazione;

«Quindi abbiamo un accordo vero?»

Era la voce della moglie di Odasaku.

«Certo mia cara, i soldi verranno trasferiti sul tuo conto in mattinata»

La donna alzò il bicchiere proponendo un brindisi.

«Non vedo l’ora che questa farsa abbia fine. Oda-kun ha un bel faccino ma è così noioso, con quella sua fissazione di aiutare gli orfani»

L’uomo, di cui Dazai non riusciva a scorgere il volto, scoppiò a ridere.

«Hai scelto tu il pollo da spennare, sapevi a cosa andavi incontro quando l’hai sposato»

«Ero giovane e ingenua, soprattutto abbaggliata da quei muscoli»

Dazai strinse i pugni. Oda era stato ingannato. Doveva assolutamente scoprire cosa avesse in mente quella donna, prima che fosse troppo tardi.

Aveva un brutto presentimento.

«Bè in qualsiasi caso tra nemmeno ventiquattro ore sarà tutto finito»

Aveva sentito abbastanza, doveva correre ad avvisare Odasaku.

Maledisse Chuuya per avergli impedito di portare armi, avrebbe potuto risolvere la situazione a modo suo e sarebbe andato tutto bene.

Gli tornarono alla mente le ultime parole di Oda.

Sarebbe davvero riuscito a premere il grilletto?

Non poteva saperlo. Quello che sapeva era che Odasaku non era al sicuro.

Entrò quasi correndo nel salone individuando subito la figura dello scrittore, era circondato da molte persone, per il momento non aveva di che preoccuparsi. La conversazione che aveva origliato però lo turbava, cosa aveva in mente quella donna? Voleva davvero sbarazzarsi del marito o era lui ad aver travisato la situazione?

Chuuya lo raggiunse.

«E ora si può sapere perché hai quella faccia? Ok è sposato, non è la fine del mondo»

«La moglie vuole farlo fuori» rispose pacatamente non distogliendo gli occhi dalla figura di Odasaku.

«Stai scherzando?»

«Sono serissimo. Ho origliato una conversazione poco fa».

Chuuya finì l’ennesimo bicchiere di vino.

«Bene. Allora che hai intenzione di fare? Uccidiamo la moglie?»

Dazai non potè evitare di sorridere nonostante la tensione di quel momento.

«L’avrei già fatto se qualcuno non mi avesse impedito di portare armi»

«Esistono molti modi per ammazzare qualcuno signor dirigente»

Dazai dovette ingoiare il rospo e ammettere che Chuuya aveva ragione.

All’ingresso erano passati sotto ad un metal detector quindi anche la moglie di Oda non poteva avere armi con sé. Forse si era immaginato tutto, forse la vita dello scrittore non era realmente in pericolo. Si passò una mano sul volto, era stanco ma non poteva permettersi di perdere di vista Odasaku.

Notò la donna avvicinarsi a lui e prenderlo sottobraccio. Chuuya seguì il suo sguardo. Poteva intuire lo stato d’animo di Dazai, non doveva essere facile per lui quella situazione, come pure il trattenersi dall’ammazzare quella donna. Provò ad aiutarlo avvinghiandosi a lui. Dazai fece per scostarsi;

«Che stai facendo?»

«Andiamo a prendere qualcosa da bere, hai bisogno di rilassarti, così potrai tornare a ragionare lucidamente. Ora sei troppo teso, se vuoi veramente aiutare Odasaku devi prima calmarti»

Per la seconda volta nel giro di pochi minuti Chuuya lo aveva zittito. Dazai si lasciò trasportare verso il buffet dove prese un bicchiere di vino. Per quanto potesse essere seccate, doveva ammettere che rosso aveva ragione, per l’ennesima volta quella sera. Già dopo il primo sorso stava iniziando a pensare con più calma e analizzato la situazione.

Odasaku era un personaggio pubblico, uno scrittore di successo, doveva avere molti soldi, motivo per cui la moglie poteva desiderare la sua scomparsa. Probabilmente sarebbe stata lei l’erede di quella fortuna.

In vita sua, Dazai aveva ucciso per molto meno. Non capiva perché quella scoperta lo avesse così sorpeso, o forse era stato il venir a conoscenza dell’esistenza di una moglie a turbarlo tanto da non riuscire a pensare ad altro.

Terminò il bicchiere e ne prese subito un altro. Per tutto il tempo Chuuya gli era rimasto accanto, in silenzio e aveva sorvegiato Odasaku.

«Il tuo amico appena finito di parlare col sindaco, ora sta nuovamente uscendo sul terrazzo. Muoviti e va da lui»

Disse, levandogli dalle mani il secondo bicchiere. Dazai non se lo fece ripetere. Ritornò sul balcone dove Odasaku si era appena acceso una sigaretta e fissava il panorama. Non appena lo sentì avvicinarsi si voltò, salutandolo con un sorriso;

«Avevo nuovamente bisogno di una boccata d’aria»

«Immaginavo che uno come te si sarebbe rovato a disagio ad una serata come questa»

«Hai immaginato correttamente. Sono un personaggio famoso, ho accettato solo perché il ricavato di stasera andrà a un orfanatrofio; ne ho parlato con il sindaco poco fa»

A Dazai venne quasi da sorridere. Odasaku era sempre lo stesso, sempre pronto ad aiutare gli orfani o chi era in difficoltà. Erano così diversi, eppure, non sapeva come, ma in qualche modo Oda era diventato indispensabile per lui, tanto da tentare l’impossibile per salvarlo.

«Sei sempre stato una persona interessante. Tu cerchi sempre di aiutare le persone»

Oda era confuso ma non si scompose, fece un tiro di sigaretta prima di proseguire;

«Anche io ero un orfano. Sono solo stato fortunato. Tutto qui. Cerco di fare ciò che posso per aiutare chi ne ha bisogno, credo che tutti possano essere salvati e sperare in futuro migliore»

«Se ti dicessi che sono un assassino?»

Oda si voltò a guardarlo prima di scoppiare a ridere.

«Non ti crederei»

«Lo so forse il mio aspetto può trarre in inganno, ma ti assicuro che non sto mentendo, sono stato uno dei dirigenti più spietati nella storia della Port Mafia, ho ordinato la morte di tantissime persone e torturate altrettante. Il mio sangue è nero come la mia anima»

Odasasku si appoggiò meglio sul parapetto ultimando la sigaretta, aveva assunto il suo solito sguardo calmo e comprensivo. Dazai lo trovò per un istante così familiare, come se quel uomo fosse l’Oda di sempre.

«Chiamala deformazione professionale ma nel tuo discorso hai usato il tempo passato. Ciò significa che ora non fai più queste cose»

«Un mio amico, anche se definirlo così è riduttivo, è morto. Gli ho promesso che avrei cambiato vita, che sarei stato dalla parte di chi salva le persone. Lui aveva ragione, per me bene, male, buono, cattivo non vedo alcuna differenza. Ho sempre desiderato conoscere la morte per poter dare un significato all’esistenza, anche se ormai penso che la sua scomparsa mi abbia cambiato. Hai ragione ho usato il passato, semplicemente perché non posso più essere un assassino».

Oda lo aveva osservato per tutto il tempo, Dazai era a qualche passo da lui, eppure gli sembrava così distante, come se la sua mente fosse altrove;

«Sei un bravo ragazzo e sono sicuro che anche il tuo amico lo sapesse, per questo ti ha strappato quella promessa»

Dazai si voltò, fissandolo per qualche minuto con un’espressione meditabonda.

«Ero innamorato di lui sai? Del mio amico. O almeno credo. Non lo so nemmeno io, so solo che è morto prima che potessi capirlo, che potessi dirglielo»

Odasaku mantenne il suo solito sguardo comprensivo, la sua espressione non cambiò di una virgola.

«Sono certo che lui sapesse quanto fosse importante per te»

Quelle parole facevano così male, forse perché a pronunciarle era proprio Odasaku. Quello scrittore non poteva certo sapere che Dazai si stava riferendo a lui.

«Tu ami tua moglie vero?»

Per un attimo Oda parve confuso, il ragazzo aveva cambiato completamente argomento e atteggiamento in un battito di ciglia, non se lo aspettava. Era una continua sorpresa. Si limitò a sorridere.

«Certo che la amo»

«E se ti dicessi che vuole ucciderti»

Anche questa volta Odasaku scoppiò a ridere. Dazai proseguì;

«Ti fidi davvero di lei?»

«Certo» rispose tranquillo

«Non sto scherzando, penso davvero che tua moglie voglia ucciderti Odasaku»

Si scambiarono un lungo sguardo e per la prima volta Oda assunse un atteggiamento diverso;

«Come mi hai chiamato? Senti, non so davvero chi tu sia o cosa tu voglia ma...»

Non riuscì a concludere la frase che improvvisamente si sentì mancare il fiato, si portò entrambe le mani al collo cercando di allentare un po' il nodo della cravatta.

Dazai si precipitò subito ad aiutarlo, anche se dopo una prima occhiava aveva già dedotto cosa stava succedendo: veleno, qualcuno lo aveva avvelenato. Il moro non potè fare altro che inginocchiarsi, cercando di sorreggere Odasaku che dopo interminabili minuti spirò nuovamente tra le sue braccia.

Quando Chuuya raggiunse il terrazzo trovò Dazai a terra mentre abbracciava il corpo senza vita dello scrittore. Controllò che non ci fosse nessuno, prima di avvicinarsi;

«Che diavolo è successo?» chiese inginocchiandosi accanto ai due e controllando il polso dell’uomo. Come aveva temuto non c’era battito.

L’ex dirigente non dava alcun segno di averlo sentito, pensava solo a stringere Oda a sé.

Non piangeva, ormai aveva esaurito le lacrime, aveva già sofferto per la morte di quell’uomo, vederlo spirare per una seconda volta era semplicemente troppo.

Dazai era andato in quel mondo per ritrovarlo, non per perderlo di nuovo.

Si perse qualche minuto a fissare la manica della sua camicia, il polsino era lievemente imbattato di sangue, come le bende sotto di esso. Il parallelismo con la prima morte tornò a prendere possesso della mente del moro, si prese il volto con entrambe le mani.

Non doveva crollare.

Non poteva crollare.

Avrebbe trovato i responsabili, poi sarebbe tornato nel suo mondo. Aveva solo fallito il primo tentativo, Ango gli aveva assicurato che Murray poteva ricreare ucronie infinite.

Non poteva arrendersi.

Osservò ancora per qualche minuto il volto di Oda poi finalmente alzò lo sguardo. Non in direzione di Chuuya che stava ancora cercando di parlargli, ma verso la città di Yokohama. Si alzò lentamente fino a raggiungere il parapetto, avrebbe potuto scavalcarlo e gettarsi nel vuoto.

Per anni aveva cercato di compiere un suicidio perfetto e quanto più indolore possibile ma ora nulla aveva importanza; continuare a vivere senza Odasaku era di per sé una sofferenza. Dazai non era preparato, non riusciva a gestire tutte queste emozioni che lo stavano investendo. Morire sarebbe stata la soluzione più facile. Fece per sporgersi quando si sentì afferrare per il colletto della camicia.

«Si può sapere che cazzo ti sta passando per quel tuo cervello bacato? Se vuoi buttarti fa pure ma fallo dopo essere tornato nel tuo mondo»

Dazai sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Chuuya. Si autodiagnosticò uno stato di shock. Non poteva essere altrimenti. La seconda morte di Oda lo aveva brevemente dissociato dalla realtà, doveva riprendersi e riprendere il controllo della situazione. Il rosso lo afferrò più saldamente;

«Muoviti. Sta per arrivare qualcuno. Quando troveranno il corpo succederà un casino, dobbiamo andarcene»

«Aspetta»

«Ah? Perchè?»

«Prima voglio farla pagare ai responsabili»

Qualsiasi protesta morì sulle labbra di Chuuya quando incrociò lo sguardo del partner. C’erano momenti, come quello, quando Dazai mostrava il suo volto più oscuro. Il rosso sapeva che non si sarebbe fermato, che già aveva preso una decisione. Per un secondo ebbe quasi pietà di quei poveri malcapitati che si erano fatti in Dazai un nemico.

Entrarono nel salone mescolandosi tra la folla. Si tenevano per mano. Poi ad un certo punto il moro fermò la sua corsa.

«Tu va a casa» disse, anche se alle orecchie di Chuuya quello sembrò essere un ordine che non ammetteva repliche.

«Che cazzo hai in mente?»

«La moglie. Ha avvelenato lei Odasaku. La obbligherò a confessare tutto e l’affiderò alla polizia»

Chuuya alzò un sopracciglio scettico.

«Vorrei tanto ucciderla ma non posso. Odasaku la amava, non me lo perdonerebbe mai»

Il rosso avvertì una fitta in pieno petto dopo aver ascoltato quelle parole. Oda Sakunosuke doveva aver qualcosa di speciale per influire così tanto sul comportamento del altro. Fece come detto, con la sola magra consolazione che quello non fosse il suo ragazzo ma un Dazai di una realtà alternativa.

Vide con la coda dell’occhio il moro andare incontro alla bionda, iniziando a lusingarla. Non volle assistere ad altro. Ne aveva avuto abbastanza.

 

***

 

Il giorno dopo tutte le principali testate riportavano in prima pagina la notizia della tragica scomparsa del famoso scrittore Oda Sakunosuke.

Chuuya stava bevendo un caffè mentre osservava la figura di Dazai ancora addormentato sul divano del soggiorno. Non lo aveva sentito rientrare, era rimasto sveglio ad aspettarlo ma evidentemente il moro doveva essere rincasato di primo mattino. Il rosso aveva raccolto un paio di bottiglie di birra dal pavimento e anche qualche pastiglia di dubbia provenienza. Poi si era limitato a coprire il ragazzo con una coperta.

Era una sofferenza vederlo in quello stato, e sapere che non aveva potuto fare molto per aiutarlo era ancora più frustante. Dazai si svegliò poco dopo raggiungendolo in cucina.

«Come sei riuscito a farla confessare?»

Domandò distrattamente allungandogli una tazza di caffè.

«Ma come Chibi non conosci i miei metodi di persuasione? Il Dazai di questo mondo deve essere deludente»

Chuuya non potè evitare di arrossire, conosceva perfettamente il moro, sapeva di cosa era capace. Decise di sviare l’argomento;

«Cosa pensi di fare ora?»

Dazai finì di bere con calma, per poi posare la tazza sul tavolo.

«Userò la mia Abilità di annullamento e tornerò nella mia dimensione originale. Una volta lì ripartirò per un altro mondo dove Odasaku è ancora vivo»

«Non vuoi proprio arrenderti eh?»

«Non posso arrendermi. Questo è semplicemente troppo» e indicò il giornale su cui spiccava la foto di Oda circondata dalle parole: tragicamente scomparso.

«Bene allora penso che questo sia un addio, Dazai alternativo»

Il moro non sapeva bene come reagire, si era solo approfittato di Chuuya, come sempre il suo partner si era affidato a lui senza riserve ed ora lo salutava con un sorriso.

Dazai aveva sempre saputo dentro di sé che Chuuya era il lato umano dell’invincibile Soukoku, e anche in quella paradossale situazione lo stava dimostrando, si stava dimostrando migliore di lui.

Senza rifletterci molto allungò una mano per stringere quella che il partner gli stava porgendo e poi attivò No Longer Human. Non appena il suo potere iniziò a scaturire Chuuya si avvicinò a lui. Dazai sentì lievemente le labbra dell’altro poggiarsi sulle sue, fu solo un tocco leggero, quasi impercettibile, che tuttavia riuscì a scaldarlo e distrarlo dal baratro dei suoi pensieri.

  
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